Stasera
parliamo di libertà, passione, fatiche e duro lavoro ripagato,
talento, calore, allegria, profondità; parliamo della forza del
suono, degli arcobaleni infiniti delle note musicali e dei ritmi,
parliamo della potenza delle parole, parliamo dell'eccelsa, sublime,
potenza della musica. Ne parliamo con Nic e Michele e parliamo dei
Garrapateros;
perché la loro storia, il loro sound, i loro sogni, i loro
traguardi, sono un perfetto esempio di quanto la musica può fare e
dare. I Garrapateros
definiscono il loro genere “patchanka
rebelde”,
vale a dire “patchanka ribelle”. Il genere patchanka, per chi non
ne sapesse molto, è nato con i Mano Negra, che hanno coniato il
termine dando come titolo al loro primo album, nel 1988, proprio
questa parola. Letteralmente può significare “miscuglio”,
“confusione”, “caos”, nel senso che il genere è una miscela
costituita da diverse sfumature della musica e della tradizione
latina. Ora, aggiungiamo il “rebelde”, ribelle; perché i
Garrapateros sono patchanka, rock, funky, punk. La libertà assoluta
del suono e del ritmo, le cui principali ispirazioni sono i Mano
Negra e Manu Chao, ma anche gruppi quali i Delinquentes, i Calle 13,
gli Ojos de Brujo e i Canteca de Macao, gruppi anche molto diversi
tra loro (consiglio: andate ad ascoltarli se non li conoscete). Quel
che i Garrapateros hanno in più, quello che rende il loro sound “il
loro sound” è... in parte frutto delle loro esperienze musicali
precedenti, punk, rock, rock grunge... e in parte - e qui è la parte
bella dell'Italia che viene fuori - della loro italianità. Il loro
essere italiani fa la differenza, perché l'approccio musicale di un
italiano, per una questione di genuina cultura generale e musicale,
sarà sempre diverso dall'approccio che uno spagnolo ha verso la
musica, così come l'approccio di un francese sarà sempre diverso da
quello di un irlandese ecc ecc. Tutte queste cose, messe insieme,
hanno creato qualcosa che pur avendo una base e riferimenti di un
certo tipo, rendono il loro sound unico per il loro genere,
assolutamente “rebelde”. Conoscevo Michele Cannibal, perché
conoscevo il fantastico progetto grunge rock dei Cronofobia, ai quali
nessun ascoltatore con un minimo di conoscenza musicale può rimanere
indifferente e nel quale era ed è batterista (ma questa è un'altra
storia). Conoscevo Michele appunto e una sera, vado in un locale
della mia zona e per caso me lo ritrovo in duo con Nic Garrapatero,
nella versione acustica che portano in giro qui e la'. Quella sera mi
hanno steso e al secondo live a cui sono andata - un live che
aspettavo con gioia da quando avevo avvistato la notizia della data,
un mese prima - mi hanno steso il triplo. La prima volta, ho scoperto
poi, erano reduci da un viaggio lunghissimo e devastante ed erano
fisicamente a pezzi (oh scusate! non me ne ero accorta ragazzi!),
però poi al secondo live mi sono accorta della differenza, anche se
già al primo mi avevano rapito, buona alla prima. Il loro primo
album “Vida No Mata” l'ho praticamente consumato in macchina, non
riuscivo a smettere di ascoltarlo. Brani del secondo album, il loro
ultimo lavoro “Esperando”, li ho sentiti proprio in questo
secondo live, con successivo inevitabile acquisto del cd. Cos'altro
posso dire? Quando ho iniziato a scrivere questa intro stavo cercando
il modo giusto per “rendere l'idea” e come spesso mi accade, è
la descrizione delle mie stesse emozioni ad aiutarmi a trasmettere i
concetti, perché la musica è questo, è passione pura, emozioni
d'gni sorta, parole e suoni, poesia e ritmi, tradizioni e
scoinvolgimenti. Mi fermo qui, potrei andare avanti per ore, ma è
“pericoloso” perché le mie dita mi porterebbero a parlare di
troppe cose e non arriverei al nucleo. Stasera il nucleo si chiama
Garrapateros. Stasera, vi presento questo fantastico progetto,
attraverso Nic e attraverso Michele, un percussionista che è solo da
vedere e sentire, inutile descriverlo, non saprei nemmeno come. Nic
Garrapatero... che è partito per la Spagna con qualche soldo da
parte per potersi cercare un lavoro e fermarsi un po', niente
Erasmus; per approfondire la lingua spagnola, perché allora studiava
lingue all'università. Immaginate ora, immaginatelo in testa: un
ragazzo che fino ad allora aveva suonato e ascoltato punk, parte per
la Spagna, borsa in spalla. Arriva, conosce gente, sente profumi,
vede colori, conosce tradizioni, si fa rapire dolcemente dai gitani
che abitano poco distante da lui, comincia ad ascoltare musica che
prima non conosceva e che forse mai avrebbe ascoltato e quando torna,
inizia a fare musica diversa, prima da solo e poi... da Garrapatero,
fonda i Garrapateros. Ora la parola a loro, a Nic
– il mosaico, così l'ho soprannominato dopo questa chiacchierata –
e a Michele,
di poche parole – poche ma ben precise - e tanto ritmo dentro e
tutto intorno.
"Vida
no Mata".
E' il primo pezzo del vostro primo lavoro e da' il titolo all'album
stesso. "La vita non uccide". Il testo è molto intenso,
parla di un uomo che in sostanza odia l'ipocrisia, le menzogne e che
non vuole smettere di lottare. Mi chiedevo se il testo fosse ispirato
a una storia reale visti i riferimenti alla protesta o se fosse nato
da una tua pura riflessione.
Nic:
" “Vida No Mata”... no, in realtà non è
una canzone che prede spunto da una particolare vicenda personale,
bensì... più in generale - dalla visione che ho della realtà,
della quotidianità, da ciò che è questo preciso momento storico e
che sicuramente mi riguarda. L'ho scritta riflettendo su un contesto
globale che rientra poi nella dimensione personale di ognuno
perché... l'informazione, i mass media, “quello che passa” e che
descrive la nostra realtà, ci fa intendere che nonostante siamo su
questa terra... praticamente saremmo “dei morti che camminano”,
ci fa pensare che abbiamo più situazioni su cui piangere rispetto a
situazioni dalle quali prendere spunto in positivo. Il testo dice “La
vida no mata” nel senso che... è un controsenso che la Vita
uccida! la Vita dovrebbe essere una crescita, uno spunto di
riflessione e cambiamento, non certo qualcosa di negativo o un motivo
per pensare di togliersela, la vita. Eppure questa visione negativa
appare in modo sempre più frequente, il messaggio che passa è che
viviamo in una specie di inferno o per spiegarlo meglio se “la
sorte non è dalla tua” sembra che questo significhi non essere
produttivo e che l'unica cosa che puoi fare è quella di disperarti.
Io non credo sia così. “Vida no mata” poi ripende anche una
frase molto familiare agli spagnoli che è “la prisa mata” che
vuol dire “la fretta uccide”; che poi... non è nemmeno la fretta
a uccidere messa a confronto con questo “senso di morte”
diffuso."
Il
secondo pezzo invece "Sevilla
Maravilla"
racconta della vita di strada che presumo tu abbia visto e portato
dentro di te quando eri in Spagna, ma c'è una sorta di
sottolineatura... in strada c'è chi sta meglio e chi sta peggio, ma
in ogni caso c'è fratellanza. Ti riferivi in particolare ai gitani
di quartiere che ti hanno praticamente accolto da quanto ho capito e
che ti hanno fatto scoprire le loro tradizioni, la loro musica... o
era un più discorso generale? Nel testo poi dici che quella è la
parte migliore di Siviglia, al di la' di quello che possono essere le
apparenze, ma mi chiedo: la popolazione spagnola accoglie la realtà
gitana come parte integrante della cultura spagnola o ci sono
pregiudizi come ad esempio accade in Italia per molte diverse realtà?
Nic:
"Si è un pezzo che racconta l'esperienza quotidiana che ho
avuto in un breve periodo che ho vissuto nella città di Siviglia,
nel quartiere della Macarena. Quello che io ho visto in quel
quartiere - che è un quartiere molto importante a Siviglia
nonostante sia considerato un quartiere a rischio perché è un
quartiere popolare con un forte tasso di immigrazione e una forte
presenza dell'etnia gitana – è molto simile a quello che ho visto
nel quartiere Cabanyal di Valencia, in cui appunto ho vissuto per un
po' di tempo. Nel pezzo dico che è un quartiere in cui “non ci
sono differenze”. Non è del tutto vero in realtà perché è
chiaro che esistono sempre situazioni di discriminazione in una
realtà in cui convivono diverse realtà culturali che condividono lo
stesso spazio geografico e ci sono scontri, è ovvio. Nel pezzo dico
che è la parte migliore di Siviglia nel senso che questi quartieri
sono luoghi che ti sbattono in faccia la realtà, sopratutto per
quanto riguarda il tema dei gitani. L'etnia gitana... non è più
integrata in Spagna rispetto all'Italia, ma sicuramente c'è molta
più accettazione rispetto a qui. Questo perché culturalmente e
storicamente la cultura gitana è assimilata nella cultura del ballo
e della musica spagnola. Ci sono generazioni e generazioni di
cantanti, musicisti, ballerini di flamenco, di etnia gitana. In
Spagna l'arte e la cultura del canto e della musica hanno un
riconoscimento assoluto, molto più che in Italia perché il
sentimento è molto più vivo e radicato e in effetti, tutto ciò che
“di nuovo” si crea in Spagna, ha molte delle sue fondamenta “nel
vecchio” e per forza di cose la cultura gitana ne è parte
integrante. Siviglia con la
Maccarena e Valencia con il Cabanyal, sono esperienze che io ho
voluto fermare, come in uno scatto fotografico, attraverso questa
canzone e sicuramente ho voluto raccontarne il meglio perché è
quello che io stesso sono riuscito a tirare fuori dal peggio di quel
che ho visto."
Passiamo
al nuovo album, "Esperando".
Mi piace moltissimo il fatto che in un modo o nell'altro, nei testi
che scrivi ci sia sempre un incoraggiamento a non mollare, a
continuare a lottare, a continuare a credere nei propri sogni. In "No
falta nada" scrivi "Di quello che c'è non manca niente",
un detto popolare che rende perfettamente il concetto: smettere di
pensare di "non poter fare", perché come scrissi una volta
"il sudore è nobile" e porta sempre a qualcosa di buono.
Non è il "dove arrivo" ma il "come e perché",
il "cosa porto con me e cosa lascio agli altri". Ed anche
in "Querida vida", parli della meravigliosa esistenza di un
insieme di energie che ogni persona può usare per affrontare la
quotidianità, la frenesia, il senso di insofferenza e - anche qui -
si parla di sogni. "Non ho più molto per me, però ho il mio
sogno". Mi piace molto tutto questo, siamo sulle stesse corde.
Questo meraviglioso atteggiamento verso la vita che porti con te, ce
l'hai sempre avuto per carattere o credi che ci sia stato un momento
in particolare in cui hai maturato questa consapevolezza?
Nic:
"Si è vero... in quasi in tutti i pezzi che compongono il
nostro primo album “Vida no mata” e anche il secondo mini album
“Esperando”, c'è sicuramente un incoraggiamento a non mollare.
Io in generale ho avuto un fortissimo cambiamento a partire dalla mia
esperienza in Spagna. Non sono mai stato una persona negativa perché
dal mio punto di vista essere realista significa riflettere su
situazioni anche negative e prenderne spunto per arrivare a qualcosa
di positivo. Le mie vicende ed esperienze personali poi mi hanno
fatto rendere conto, misurandomi con me stesso e con gli altri, che
in sostanza ero molto più pieno di risorse di quanto pensassi e
così... ho maturato una gran voglia di risorgere. “Cenere e fuoco”
già lo dice no? “sotto la cenere c'è ancora un po' di fuoco”.
“Querida vida” dice proprio “nonostante io non abbia più
spazio, non abbia più tempo, non abbia più molto per me, ho sempre
il mio sogno” e questo è un pensiero di importanza assoluta nella
mia esistenza perché - oltre ai Garrapateros - i Garrapata Sound
System appena nati, il set acustico Rebelde, come side project...
sono il mio sogno, progetti in cui io credo da morire. Credere nel
mio sogno è la mia identità, è l'identificazione precisa della mia
vita adesso. In passato non era assolutamente così; ero molto più
attaccato a una sorta di linearità di come forse volevo fosse la mia
vita e quindi nell'impossibilità di riuscire a raggiungere questa
linearità stavo male, ero molto meno consapevole su chi fossi, su
cosa volessi e su che cosa rappresentasse per me la musica; poi ho
capito che siamo noi la nostra stessa risorsa. “Di quello che c'è
non manca niente” dice “No falta mada”, vale a dire che da
quello che abbiamo - seppur poco - si può partire, si può iniziare
a costruire il passo successivo, a salire un nuovo gradino, per poi
renderlo sempre più solido e quindi... è un continuo “non
arrendersi”. Anche con il progetto Garrapateros “di quello che
abbiamo in questo momento non ci manca niente” e proprio per questo
ora è nato il “Garrapateros Sound System”, qualcosa che già
esisteva ma che può avere uno sviluppo sempre più consistente.
Basta volerlo."
Allora
Nic... Il vostro nome significa libertà in sostanza, non
letteralmente, ma per il concetto che ha... Spiega tu però, cosa
significa per te, per voi.
Nic:
"Il nome Garrapateros è stato scelto in
omaggio ai Delinquentes, “capitanati” al tempo da Miguel Benítez,
un ragazzo morto molto giovane - a ventuno anni - per un probabile
arresto cardiaco causato dall'abuso di sostanze. Era un poeta, ha
scritto diverse poesie oltre che canzoni stupende. Circa dieci anni
dopo la sua morte il fratello ha pubblicato una raccolta di testi
inediti scritti da Miguel prima di morire e che mai sono stati
registrati e in questa raccolta ci sono anche alcune interviste. In
una di queste Miguel spiega che cosa significa “garrapatero”.
Letteralmente la "garrapata” è la "zecca”. Lui
racconta che quando era piccolo viveva in campagna, aveva molti cani
e gli toglieva spesso le zecche e la zecca è sempre stato un insetto
che in qualche strano modo lo affascinava e dunque ha iniziato a
usare il termine “garrapatero” associandolo però a una
concezione positiva o a qualcosa che a lui piaceva. Ho voluto fare un
omaggio a loro perché è sopratutto grazie ai loro pezzi che ho
cominciato a conoscere la lingua spagnola; il loro modo di
comunicare, il modo di comunicare di Miguel, è stato fondamentale
per me. Adesso - con il progetto “Garrapata Sound System” -
abbiamo voluto staccarci dal termine “garrapateros” perché ad
oggi, se in rete si digita il termine viene fuori di tutto e di più.
Molte cose legate ai Garrapateros, ma anche tante tante band che
fanno cover, per esempio dei Los Delinquentes e che si chiamano
“Garrapateros”. Il Garrapata Sound System è il nuovo progetto,
con cinque elementi, in cui il flauto non compare più e con il quale
vorremmo arrivare un po' di più, rimanendo affezionati alla base -
che è la stessa - ma “togliendo di mezzo” tutta la confusione
che si può fare ora cercando informazioni su di noi e la nostra
musica. Il senso di libertà che io sento in questo termine è
determinato dalla realtà per cui c'è stato un grande cambiamento
per me. La mia propensione naturale è stata quella di slegarmi
dall'origine punk per far ramificare la base in altro; mantenere la
radice, facendo crescere però rami che vanno in direzioni diverse."
Inizialmente
sei partito da solo, poi avete iniziato a suonare insieme tu e
Michele e pian piano si sono aggiunti gli altri ragazzi della band.
Se tu e Michele non vi foste trovati, pensi che avresti cercato prima
o poi altri musicisti con cui portare avanti il tuo progetto? Avevi
già in mente di creare una band o è stato un effetto “Sliding
doors” per cui le cose sarebbero andate diversamente perché
inizialmente non ci pensavi? E se tu avessi continuato da solo? Cosa
pensi avresti fatto? Come sarebbe andata secondo te?
Nic:
"Beh... quando sono tornato dalla Spagna ho sentito la necessità
di portare quello che avevo assimilato in Italia. Il distacco dalla
Spagna all'Italia per me è stato molto forte, avevo bisogno di
ritrovarmi a casa mantenendo però le stesse vibrazioni che avevo
percepito e sviluppato là e ho portato con me lo stesso intento che
là avevo maturato, di farmi conoscere con questa musica, diversa da
quella che solitamente facevo e alla quale la gente che mi conosce
era abituata. Ho iniziato da solo, ma dopo un po' che suonavo da solo
- cosa che non avevo mai fatto avendo avuto in precenza una punk rock
band - durante i live non potevo condividere con nessuno né le gioie
né i dolori ed avendo comunque consapevolezza di quel che avrei
voluto fare, già immaginavo sul palco con me un'altra persona
proprio per... riedere insieme o “prenderci male” insieme. Con
Michele è stato sicuramente un effetto “sliding doors”, nel
senso che l'intenzione da parte mia di creare un'alternativa al
onemanband c'era sicuramente, però per esempio, io e Michele ci
conoscevamo abbastanza superficialmente al tempo e mai avrei pensato
allora di trovarmi spalla a spalla con quello che ora per me è un
fratello, dopo cinque anni. C'è stato ovviamente intresse da parte
sua, dopo due giorni si era già procurato un cajòn flamenco. E'
stato anche quello che tra i Garrapateros si è arricchito sempre di
più, veniva dal rock, dal grunge, generi che a volte non vanno
proprio d'accordo con quello che ho portato io, molto più leggero e
anche spensierato se vogliamo, meno “pesante” rispetto al grunge
che proprio per la sua storia è legato a situazioni molto più
introspettive, anche se in realtà – come hai ben descritto tu
stessa - nel genere dei Garrapateros questa “leggerezza” e
“spensieratezza” è apparente, c'è sempre un'interiorizzazione
della realtà e la volontà di buttar fuori questa interiorizzazione
e renderla esplicita nelle canzoni. Sicuramente io avrei creato una
band perché sono “un animale sociale” fondamentalmente, da solo
mi sarei stato un po' stretto, però ecco, nel corso del tempo si
sono create tutte le collaborazioni, sempre comunque con un effetto
“sliding doors”. Non so come sarebbe andata se non avessi
incontrato Michele... avrei magari incontrato qualcun'altro, ma
probabilmente non così bravo..."
Michele,
te lo devo chiedere............... ma perché “Cannibal”?!?
Michele:
"Cannibal... eheh... semplicemente perché ho ascoltato e
ascolto tuttora i Cannibal Corpse; è dunque un riferimento alla
fissa che ho per questo gruppo, niente di più semplice. In
adolescenza gli amici con cui suonavo, un giorno mi hanno chiamato
così e da quel momento ho deciso che sarebbe stato il mio nome
d'arte!"
A
parte gli scherzi... tu che vieni da un progetto come i Cronofobia...
come ti sei avvicinato a questa musica, cosa ti ha catturato? Nic ha
avuto esperienze che lo hanno avvicinato (per fortuna aggiungo) a
questo mondo musicale... e tu? Cosa è successo dentro di te? Qual è
stato il tuo viaggio?
Michele:
"Mi sono interessato ai gusti
musicali di Nic semplicemente per curiosità... Non avevo mai
suonato musica Spagnola ed essendone incuriosito mi è sembrata la
cosa più giusta da fare, mi ha subito attirato l'idea di fare una
nuova esperienza. Ed è stata la scelta più giusta perché grazie a
questo ho imparato una miriade di cose, proprio come musicista; ho
imparato ad essere più dinamico nel suonare batteria e percussioni,
ho iniziato a cantare ed ho anche imparato a conoscere e ammirare un
sacco di persone che ballano i vari generi della musica spagnola."
"Il
destino è un pazzo che gioca coi fili". Tema ricorrente nei
pezzi dei Garrapateros. Ditemi qualcosa di più. Nic, Michele,
parlatemi del destino.
Michele:
"Io personalmente non credo nel destino, credo più alla
fortuna. Ritengo una grande fortuna il poter sentire il ritmo in ogni
cosa che faccio, lo sento nelle vene!"
Nic: "Il
tema del destino, associato anche al tema della casualità quindi
all'effetto “sliding doors” di cui parlavamo prima, è una
medaglia a due faccie che io non ho ancora ben identificato a dire il
vero. Intendo dire che... in me è più presente “la visione della
casualità”; quando scrivo del destino in “Huele a Pasado” per
esempio, quello è un testo molto personale, una canzone dal gusto
agrodolce, una tristezza consapevole - che non ti porta a buttarti
giù da una finesta ma come dicevo anche prima serve per cercare di
crescere. A volte... fa un po' parte della natura umana
colpevolizzare qualcuno e in quella canzone io colpevolizzo il
destino. Il destino che è appunto “un burattinaio”, è
capriccioso, in questo pezzo. Completamente diversa invece è la
visione di quando ho scritto “Casualidad” che è uscita nel 2012.
Li scrivo che la vita è una casualità da quando inizia a quando
finisce, ma è anche una possibilità, “sfrutta il momento e non te
ne pentirai”. Il caso e il destino sono due cose che spesso fanno
molta paura, perché rappresentano quel che non si conosce, ma allo
stesso tempo quel che non si conosce incuriosisce. Molti lo temono e
lo vivono con angoscia, io lo vivo con interesse, sono curioso di
sapere quel che mi accadrà, anche se non credo che le persone siano
legate a una predestinazione, questo no; sarebbe molto triste pensare
che tutto è già scritto. In ogni caso mi ritengo una persona molto
fortunata, perché ho un sogno e non tutti ce l'hanno. Per me è
vitale. Avere un sogno, portarlo avanti, è una cosa... molto rara,
una cosa preziosa... Che sia allora una casualità, destino... nellla
mia vita c'è questo sogno, che è la mia vita stessa. Nella canzone
in cui ho scritto che è “un pazzo che gioca coi fili” ho cercato
di stare nel mezzo tra casualità e destino anche per...
“impersonificare” la casualità stessa e facendone una “casualità
personificata” allora non è più “casualità”, diventa un
qualcosa, qualcuno, senza nome né cognome, a cui poter dare la colpa
e che crea una serie di eventi che possono sembrare anche casuali, ma
nel caso di questa voluta “personificazione” molto probabilmente
non lo sono."
Allora....
so che nel vostro percorso musicale avete avuto grandissime
soddisfazioni, tantissimi live, l'apertura del concerto agli Ska-P, a
Tonino Carotone, il calore del pubblico, i vostri fantastici viaggi e
tutto ciò che avete scatenato. Al di la' però di queste fantastiche
esperienze, qual è stato per voi il momento in cui avete pensato “va
alla grande, stiamo realizzando il nostro sogno”? Una scena, un
ricordo, un momento, un'immagine, una riflessione.
Nic:
"Le situazioni in cui... ho pensato “va alla grande, stiamo
realizzando il nostro sogno”... sono tantissime... Non voglio
sembrare banale ma... “vivere il presente” è sicuramente una
cosa che mi caratterizza, penso al futuro ma in una prospettiva che
si basa però sempre sul vissuto del presente, dunque si, l'elenco
sarebbe molto lungo. Da quando ho iniziato a fare tanti concerti da
solo – cosa che comunque non avevo mai fatto avendo avuto prima una
band – a quando ho iniziato a suonare con Cannibal e abbiamo fatto
esperieze stupende per cui a volte ti dici e chiedi: “Fanstastico!
cosa succederà dopo...?”. Tanti live, tante esperienze diverse,
quindi... ogni passo che si fa è vitale. Dalle cose più belle come
l'apertura agli Ska – P e a Tonino Carotone fino alle “porte in
faccia” che ti fanno dire “sta diventando sempre più vero”. Ad
oggi, ti dico con ancora più convizione “Va alla grande, stiamo
realizzando il nostro sogno”. Siamo in contatto con una casa
discografica, con booking... non c'è ancora niente di ufficiale
dunque al momento non posso fare “nomi” per così dire, ma c'è
qualcuno che è molto interessato al nostro progetto e che ci aiuterà
nella produzione... dunque... questo sicuramente è il raccolto di
una serie di grandi soddisfazioni che ci hanno dato sempre più la
carica per andare avanti, che mi ha fatto andare avanti con
l'entusiasmo che ho tuttora." Michele: "Ricordo con
grande piacere molta gente che non ci aveva mai sentito, che non
sapeva chi fossimo e non conosceva la nostra musica, ballare e
divertirsi con grande energia. Per me questa è sempre una
soddisfazione. E poi... fare così tanti concerti fa pensare ad un
futuro da musicista anche a livello lavorativo... il che è
fanstastico..."
Come
immaginate il vostro futuro...?
Nic:
"Il mio futuro io lo immagino... in tour... con i Garrapata
Sound System - dunque gli elementi nuovi che hanno creato un sound
stupendo e con i quali c'è un intesa perfetta - visitando posti che
non ho mai visto, facendo la cosa che più amo al mondo che
ovviamente è suonare. Lo immagino... pensando che quel che ora è
una passione e un lavoro part-time – per rendere l'idea – si
trasformi nel mio lavoro a tutti gli effetti e di fatto già ora ho
un tetto sulla testa e vivo grazie a questo. Condividere e vivere
grazie a questo, così vedo il mio futuro." Michele:
"Riguardo al futuro e a quel che si vuol credere a riguardo...
so solo che ci vuole un grande impegno per realizzare i propri sogni
e unicamente il grande impegno può portare ad avere la fortuna di
fare esperienze grandiose, come è successo a noi, per esempio
potendo suonare a concerti fantastici, con grandi artisti."
Parole.
Colori. Sono due realtà che spesso – alternativamente - introduco
nelle domande che faccio nelle chiaccherate su "Il cammino".
Due mondi che dicono molto. A voi desidero proporre entrambi i
mondi... dunque... di che colore siete? e qual è o quali sono le
parole più significative per voi?
Nic:
"I colori e le parole... io sono bianco e nero, sono gli
estremi... e sto lavorando, negli anni, per trovare il compromesso
tra gli estremi. Sono... sono un lunatico, altalenante, sono... un
giorno a cento e un giorno a zero. Nella musica però è diverso,
cerco sempre di essere a cento e mi impegno per esserlo, anche perché
so che se do' il massimo nella musica, tutto il positivo che ne nasce
mi ritorna e mi arrichisce anche per altri aspetti della mia vita.
Anche nei Garrapateros sono bianco e nero e i ragazzi sicuramente lo
hanno visto negli anni, a volte "sclero", a volte mi sento
troppo rigido, ma poi comunque anche queste cose hanno portato a
qualcosa di buono il più delle volte. I Garrapateros invece... per
me... sono un colore unico fatto di miriadi di colori o per meglio
spiegarlo... spettri di luce, miriadi di colori diversi che vanno a
formare la luce stessa. La parola che più mi ha rapito invece... è
sicuramente... "Compartir", "Condividere" e ...
penso non ci sia bisogno di dire altro" (sorride, ndr). Michele:
"Io sono porpora! Assolutamente porpora. E le parole che amo di
più sono sicuramente... Consapevolezza, Gusto e Pensiero..."