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giovedì 17 novembre 2016

La storia del cinema (parte 4): il disegno animato, dalla "Lanterna Magica" a Walt Disney

Walt Disney
Chi di noi non ha amato i classici Disney? Chi di noi non si è appassionato, da bambino – e non solo! - almeno a un film animato? Chi di noi non rimane affascinato, quando si trova a vedere, magari un po' per caso, sul web o in tv, un filmato che illustri le techiche di disegno usate in tempi lontani per creare animazioni fantastiche, così come le techiche odierne, così avanzate e attente al dettaglio? La "quarta parte" di questo susseguirsi di articoli, si concentra proprio sulla nascita del disegno animato. Già intorno agli anni dieci, parallelamente alla produzione comica, i "cartoons", in America, hanno cominciato a farsi notare, anche se le sue primissime origini sono da ricercare addirittura a prima dei fratelli Lumière. La maggior parte di essi, nel muto prima e nel sonoro poi, hanno preso ispirazione dai fumetti, che avevano interessato già da tempo generazioni intere di lettori. Assomigliavano molto, in effetti, ai loro "padri" cartecei. Raccontavano dello stesso tipo di situazioni comiche, avventurose o grottesche e presero sempre più piede nel decennio successivo, quando la produzione comica risultava essere troppo vuota di contenuti. Come in diversi ambiti del cinema però, anche il cinema animato entrò in crisi per almeno un decennio, nel momento in cui i produttori tentarono di passare ai lungometraggi, perché sostanzialmente non si trattava di grandi produzioni. Furono gli anni Trenta a dare vera vita al mondo animato. Se inizialmente si trattava solo di illustrazioni umoristiche in movimento, con l'arrivo di Walt Disney vi fu una vera e propria svolta, nelle tecniche e nei contenuti. Il cartone animato iniziò a raccontare storie più serie, più emozionanti rispetto alle prime produzioni e vi furono poi autori che al tempo stesso cominciarono a considerare il disegno animato un'arte sperimentale, da utilizzare anche per la satira o a scopo pedagogico. Nacquero miriadi di personaggi tuttora conosciuti: dallo storico Popeye, nato dalle "daily strips" e portato all'animazione, sino a Betty Boop (1931-1939), creata appositamente per il cinema. Disney, Warner Bros e Metro-Goldwyn-Mayer furono le prime grandi case di produzione nel campo dell'animazione. La Warner Bros lanciò personaggi quali Duffy Duck, Wile E. Coyote e Bugs Bunny e la casa di produzione Metro-Goldwyn-Mayer/ Hanna e Barbera presentò invece gli intramontabili "Tom e Jerry", "I Flintstones" e "Lo scoiattolo Picchiatello". E' Walt Disney, in ogni caso, ad essere considerato il vero padre del film d'animazione. Egli detiene tuttora un incredibile primato: le sue produzioni vennero candidate all'Oscar ben cinquantanove volte e di queste, ventidue furono le statuette ricevute, senza contare ben quattro Oscar alla carriera e un David di Donatello vinto nel 1956 per "Lilly e il Vagabondo". Walt Disney ebbe una visione nuova e fondamentale fu anche la sua collaborazione con l'eccellente disegnatore ed amico di una vita Ub Iwerks, interrotta solo per sei anni, quando dopo alcuni dissapori Iwerks fondò una propria casa di produzione che però, senza il genio creativo ed imprenditoriale di Walt, non ebbe successo. I due tornarono ben presto a lavorare insieme risolvendo i propri personali screzi e il binomio tra i due fu essenziale nella storia dell'animazione. Walt Disney sviluppò, tra le altre cose, un rapporto tra immagini e musica che mai nessuno aveva usato prima e creò effetti speciali assolutamente innovativi e decisivi. Al tempo, nonostante disegnatori e registi, facessero un lavoro enorme per portare al pubblico i loro film d'animazione, erano più i personaggi a rimanere nella memoria, oscurando un po' le fatiche di chi li aveva creati con grandi sacrifici. Persino Walt Disney ebbe delle difficoltà in questo. Gli fu rubato il personaggio di "Lucky Rabbit" e fu proprio quell'episodio a spingerlo ad aprire degli studi di produzione che portavano ben in evidenza il suo nome. I diritti poi, per il magico Rabbit, furono riconquistati dalla Disney solo nel 2006. Dietro al lavoro di quest'uomo vi furono non anche dei sacrifici naturalmente.. Ad esempio, quando la Warner Bros lanciò il primo film animato sonoro, Walt Disney, capendo di dover dare una svolta alle proprie produzioni, arrivò a vendersi l'automobile pur di raccogliere il denaro necessario per realizzare il primo film in sonoro di Topolino (un personaggio che poi, come sappiamo, diede il via ad altri meravigliosi soggetti, quali Minnie, Paperino ec ecc). Oggi ci sono film d'animazione a dir poco meravigliosi e tante volte ci pare quasi che i personaggi e le loro emozioni siano reali. Il film animato è diventato un mezzo per lanciare messaggi sociali, ma anche un modo per ricordare agli adulti cosa significa essere bambini o per sottolineare con dolcezza valori di pace ed amicizia che nel nostro tempo l'umanità fatica a portare con se. La fantasia, l'immaginazione, sono tra le cose più preziose che abbiamo e di certo, nel film animato, sono un ingrediente essenziale; ma torniamo più indietro, molto più indietro. Si perché, se fino ad ora vi ho raccontato di cose che più o meno tutti sappiamo, forse la maggior parte di noi – io compresa, prima di fare ricerche – non sa che i primordi del disegno animato risalgono addirittura al 1675. Si, avete letto bene! Il lontano 1675 è infatti l'anno in cui il gesuita e filosofo tedesco Athanasius Kircher inventò la "lanterna magica", il primo esempio di proitettore di immagini fisse. Grazie a questo strumento era possibile proitettare su vetri trasparenti disegni ingranditi e dipinti, utilizzando come fonte luminosa lanterne o candele. La "lanterna magica" conquistò tanto le persone da diffondersi in tutto il mondo e fu il primissimo passo verso l'invenzione di numerosissimi strumenti che portarono poi alla nascita ufficiale del disegno animato, nel 1892, con il "teatro ottico" di Émile Reynaud. L'ingegnoso strumento di quest'ultimo aveva il nome di "prassinoscopio" (1877) ed era costituito da un prisma di specchi, posizionati al suo interno in diverse angolazioni che permettevano una visione più chiara delle immagini riflesse. Prima di quest'invenzione invece, uno strumento d'animazione diffuso era il "cineografo" (1868), un piccolo libro illustrato in ogni sua pagina che sfogliato molto velocemente dava vita a piccole storie animate. Impossibile non citarlo, visto che molti di noi da bambini hanno provato a crearne uno! Passando per sperimentazioni e continue invenzioni (arrivando anche alla decisiva invenzione dei fratelli Lumière), si giunse alla creazione del primo cartone animato moderno nel 1908, con Emile Cohl. Egli creò infatti il primo vero e proprio personaggio, un piccolo clown di nome Fantôche sul quale Cohl lavorò per tre lunghi mesi per un prodotto finale di un paio di minuti. Per comprendere il perché di un periodo di lavorazione così lungo, basta pensare al fatto che quei due minuti d'animazione erano frutto di ben settecento disegni. Settecento. Avete presente quanti sono settecento disegni? Il problema di Cohl fu che non depositò mai un brevetto per le sue invenzioni e questo lo portò ad essere superato dagli americani che presero spunto dalle sue tecniche durante il suo soggiorno in terra statunitense. Nonostante avesse prodotto durante la sua carriera ben trecento film, morì in miseria e senza riconoscimenti e solo in tempi più recenti è stato ricordato e riconosciuto per il suo grande lavoro. Molti registi europei, oltre a Chol, viaggiarono oltreoceano e fu proprio questo, come accennato in parte prima, a dare il via anche in America a questo genere cinematografico. Prima di Walt Disney, nonostante come già detto gli anni Venti non si distinguano per giganteschi passi avanti perlomeno per quanto riguarda la parte tecnica, vi furono tre persone, in particolare, a risultare storicamente importanti per lo sviluppo di quest'arte: Pat Sallivan, creatore della serie "Felix the Cat" (1919) e i fratelli Max e Dave Fleisher inventori di "Popeye the sailor" e "Betty Boop", ma anche di "KoKo", un clown protagonista di diverse avventure. Pat Sallivan ebbe una vita molto travagliata; ebbe infatti una contesa per l'attribuzione della creazione di Felix, passò nove mesi in carcere e morì a soli quarantasei anni per alcoolismo e polmonite. La contesa fu mossa da Otto Messmer, che rivendicava la paternità di Felix. Ci fu un ricorso e alcuni sostengono che anche al giorno d'oggi non sia possibile sapere quale sia la verità, anche se in realtà, come sottolineato da molti, nel 1917 Sallivan aveva già creato un prototipo di Felix con un film intitolato "The Tail of Thomas Cat" e la grafia in "Feline Folies" nel quale Felix fu inserito, era la sua. Arrivato dall'Australia, il giovane Sallivan iniziò lavorando come assistente ad un altro animatore e dopo aver fatto un po' di esperienza, creando anche un paio di strisce a fumetti, decise nel 1916 di aprire un proprio studio e creò un cartone animato chiamato "Sammy Jhonsin" al quale aveva iniziato a lavorare anni prima. Il suo vero e proprio boom però arrivò proprio con Felix, il famoso gattino nero alle prese con avventure giornaliere. Il progetto ebbe un successo fenomenale, sia per la storia creata da Sallivan che per le tecniche utilizzate e così il famigerato gatto divenne una vera e propria star del cinema muto, tanto da arrivare anche in Italia con il "Corriere dei Piccoli", che pubblicava le sue storie ribattezzandolo Mio Mao. Così come lo aveva creato però, Sallivan lo distrusse. Alla fine degli anni Venti, con un successo sempre più in crescere di Mickey Mouse, egli si rifiutò di aggiungere il sonoro alla serie e la interruppe. Negli anni Trenta, volendo rilanciare il personaggio, annunciò che avrebbe convertito il suo Felix al sonoro, ma oramai era evidentemente troppo tardi e per il pubblico il divertente gattino era già un ricordo. Max Fleisher, a differenza di Sallivan, ebbe una vita più tranquilla. Nel 1914 inventò con il fratello Dave la tecnica del "rotoscopio", brevettata l'anno successivo, che permetteva una resa decisamente migliore nel movimento delle immagini e garantiva un aspetto dei personaggi nettamente superiore. Con il rotoscopio le immagini del cartone animato venivano prima di tutto fotografate; in seguito, le stesse venivano proiettate su un pannello trasparente ed ogni fotogramma era poi ricalcato con lo stile del fumetto ma in modo molto più realistico. Questa tecnica permise loro di dare vita a molti personaggi di successo e in particolare, come già detto, agli ancora amatissimi Betty Boop e Braccio di Ferro (1930/1933). Oltre a questi due noti personaggi però, la tecnica venne utilizzata con grande successo nella serie "Out of the Inkwell" (1918-1929), nella quale venne adottata una "tecnica mista" per la quale attori reali e cartoni animati potevano "recitare" insieme e così fu anche per la splendida invenzione del clown Koko. E' interessante, tra l'altro, il modo in cui Koko il clown fu ideato. Il prototipo usato per realizzarlo infatti, fu proprio il fratello di Max, Dave, che venne fotografato da lui vestito da clown proprio per sperimentare sulla sua nuova invenzione. Koko, che nel tempo fu modificato ed evoluto e cambiò anche diversi nomi, prendeva spesso vita nel cartone uscendo da un calamaio ed interagendo poi con oggetti, animali ed anche con il suo stesso disegnatore. Con il capolavoro di Betty Boop, Fleisher introdusse anche Braccio di Ferro, che fece la sua prima apparizione proprio in un episodio della bella e seducente ragazza jazz. Purtroppo, la serie di Betty Boop, anche se molto amata, dovette essere interrotta dopo nove anni a causa di diverse proteste. Il personaggio, seducente ed ironico, non piaceva a tutti perché "troppo succinto" secondo alcuni. Betty ricordava tra l'altro una cantante molto popolare in quegli anni, soprattuto per la sua voce da bambina e la cantante, Helen Kane, fece causa a Fleisher per aver utilizzato senza permesso la sua personalità nel personaggio creato, anche se poi in realtà perse la causa. Quando però, nel 1934, vi furono ampie proteste da parte del pubblico conservatore, Betty Boop venne rilegata in abiti diversi, venne vestita molto di più e portata ad occuparsi di faccende di casa e simili. Il che ovviamente le tolse tutto lo charme che l'aveva portata al successo e la serie fu per l'appunto interrotta, nel 1939. A livello commerciale, Fleisher continuò ad avere grande successo e guadagno per i diritti riguardanti le animazioni di Braccio di Ferro che addirittura divenne il più diretto concorrente di Mickey Mouse. E' importantissimo sottolineare però chi fu il padre originale di Braccio di Ferro. Fleisher lo portò all'animazione, ma il suo disegnatore originale, fumettista, fu Elzie Crisler Segar. Se non fosse uscito dalla sua matita, è ovvio che non sarebbe esistito nemmeno il cartone animato, così come per tutti i disegnatori, padri reali di molti dei personaggi che abbiamo amato. Proseguendo nella sua carriera, Fleicher si cimentò nell'animazione di altri personaggi già esistenti, tra i quali anche Superman e nonostante i costi fossero stati molto alti, egli riuscì ad ottenere grandi soddisfazioni anche da questo lavoro. La crisi per Fleisher giunse con alcune scelte sbagliate, tra le quali il tentativo – che non ebbe appunto grande successo – di animare “I viaggi di Gulliver”. A questo si aggiunse lo scoppio della seconda guerra mondiale e alla fine, dopo aver lavorato ad alcune pellicole didattiche per l'esercito ed aver avuto problemi anche con il fratello, Max perse il controllo dei suoi Studios e passò a lavorare dalla Paramount alla Columbia. Nel 1958 si risollevò producendo altri cento episodi di “Out of the Inkwell”, stavolta a colori e destinati alla tv. Contemporaneamente al lavoro di Sallivan e dei fratelli Fleisher vi furono ovviamente altri animatori d'interesse, anche se loro rimangono quelli di maggior successo e in sostanza sbaragliarono la concorrenza, perlomeno fino a che Walt Disney e le altre grosse case di produzione non iniziarono seriamente ad essere un passo avanti rispetto a tutti gli altri. Gli anni Quaranta e Cinquanta, in ogni caso, furono terreno fertile per la creazione di miriadi di personaggi, alcuni dei quali inventati e animati anche da disegnatori e tecnici che avevano lasciato gli Studios della Disney a seguito di uno sciopero, per creare – negli anni Quaranta - una propria casa di produzione, nota come U.P.A. (United Production of America). Questa diede i natali, tra gli altri, a personaggi come “Mr. Magoo” (di John Hubley), un miope personaggio alquanto scontroso e “Dick Tracy” (del fumettista Chester Gold), incorruttibile poliziotto di Chicago le cui avventure vennero ambientate negli anni Trenta. Rispetto ai lavori della Disney, della Warner e della Metro-Goldwyn-Mayer che puntavano molto alla resa realistica delle animazioni, la U.P.A. utilizzava sfondi meno realistici e personaggi molto più bidimensionali, ma nonostante questo, le loro tecniche – anche se più semplici – vennero apprezzate e riprese da diverse case di produzione fino agli anni Sessanta e Settanta. La U.P.A. chiuse ufficialmente nel '64, mantenendo licenze e diritti su personaggi come Mr. Magoo e rimanendo fonte di ispirazione per molte case che ripresero i loro personaggi, come ad esempio la Columbia Pictures, per la quale già prima aveva prodotto diversi cortometraggi di animazione. Per quanto riguarda l'Italia, i primi lungometraggi uscirono intorno agli anni Cinquanta. Il primo si intitolava “La rosa di Bagdad”, prodotto e diretto da Anton Gino Domenighini e il secondo, uscito lo stesso anno (1949), fu “I fratelli Dinamite”, prodotto da Nino Pagot. “La rosa di Bagdad” era una storia in Technicolor e narrava dell'amore tra Zelia, figlia di un sultano, e il flautista di corte Amin. Nella storia i due ragazzi vengono ostacolati da un visir, Jafar, che a tutti i costi vuole sposare la ragazza e impadronirsi del regno, anche se poi l'amore vince e i due giovani riescono a sposarsi e a vivere felici. La pellicola venne però apprezzata più all'estero che in Italia, anche se successivamente è stata rivalutata e restaurata. Ci sarebbe davvero molto altro da dire sulla storia del disegno animato, dai personaggi degli animatori francesi, terra dalla quale tutto era nato, agli altri innumerevoli capolavori della Disney (“Biancaneve e i sette nani”, “Dumbo”, “Pinocchio”, “Fantasia”, “Alice nel Paese delle Meraviglie”, “Cenerentola”, “Peter Pan”...). Dalla nascita, con MGM dell'Orso Yoghi e Braccobaldo, fino all'arrivo dell'animazione giapponese, di tutt'altro stampo e con una storia e uno stile molto diversi.

Tutte queste cose possono farci capire quanto il mondo animato sia una forma di cinema con una storia indipendente e al tempo stesso incrociata a quella del cinema "tradizionale" e quanto sia enorme, incredibile, l'evoluzione che quest'arte ha avuto in centinaia di anni. Da quella “lanterna magica”... fino ad oggi.

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