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lunedì 6 luglio 2020

"Una melodia nel silenzio" di Francesca Pala - 1a classificata al Concorso L.A. Editing

Aleksandr Ermakov


Non ho molto da dire riguardo a Francesca Pala, se non che la sua naturale semplicità e la sua innata capacità di emozionare hanno fatto la differenza. Credetemi, non è per nulla scontato avere queste caratteriste per natura. Di seguito "Una melodia nel silenzio".

Tommaso si accarezzò la barba leggermente lunga. Era seduto davanti a un pianoforte. La mano incerta, sui tasti bianchi e neri, sembrava chiedere a quel vecchio strumento cosa dovesse fare. Gli occhi infossati sembravano tristi e vuoti, come fantasmi di ciò che erano stati. Alcune dita della mano accarezzarono i tasti e, dopo qualche minuto, una bellissima melodia scacciò il silenzio della solitudine. Chiuse gli occhi e si lasciò trascinare nel mondo che quella musica gli ricordava. Un’unica flebile luce accanto a una vecchia poltrona donava un’atmosfera irreale a quella notte di pioggia. Aveva lasciato andare la donna che più al mondo l’aveva amato. L’aveva cacciata via dalla sua miserabile vita senza domani. Le sue mani si fermarono bruscamente e la stanza ripiombò nel silenzio. Un lampo illuminò tutto per un eterno secondo e poi, il boato del tuono riecheggiò tra gli alberi piegati dal vento. Tommaso si passò una mano sul viso stanco, si chiese cosa avrebbe fatto. Incerto si alzò, guardò oltre la pioggia, oltre gli alberi spogli e vide Laura nella sua mente: la vide danzare nel suo salotto. Appoggiò una mano sul freddo vetro della finestra e rabbrividì mentre quell'immagine di lei svaniva nella notte. Lei meritava un uomo che le stesse accanto, che la ricordasse ogni giorno e quell'uomo non poteva essere lui. A breve, pian piano, la sua memora se ne sarebbe andata e lui con lei. La malattia gli avrebbe rubato i ricordi. La malattia non perdona. Gli era capitato di lasciare il fuoco dei fornelli accesi. Quando se ne accorse si accasciò al suolo e si mise a piangere. Mentre piangeva, tremava al pensiero di ciò che sarebbe potuto succedere, ma dopo un po' - come in una specie di atroce magia - si trovò a ridere vedendo davanti a sé un pagliaccio che non esisteva, se non nella sua mente. Nell’ultimo barlume di lucidità assunse una donna che fosse la sua memoria e lo proteggesse da sé stesso.  Col tempo iniziò a mettersi a sedere sempre sulla solita poltrona, per poi non spostarsi più da lì. Nei mesi successivi il suo salotto diventò ora una strada, ora un vecchio capanno in cui aveva giocato da piccolo. Le persone, così come i luoghi, svanivano e poi ricomparivano in una danza confusa tra realtà e immaginazione. Un giorno, per uno strano scherzo del destino, Laura seppe da un’amica che Tommaso aveva il morbo di Alzheimer e che non riconosceva più nessuno.  Capì che aveva voluto lasciarla libera, quella maledetta sera. Decise così di andare da lui, mentre le sue guance si coloravano di speranza e le mani sudate stringevano il volante. Bussò alla porta e attese che qualcuno aprisse. Una grassottella signora di mezza età la accolse, sorpresa da quell'inaspettata visita. Cosa avrebbe trovato? o meglio, chi avrebbe trovato? Il pianoforte era perfettamente pulito e chiuso: un tempo era stato sommerso di fogli, canzoni mai finite e vecchi spartiti. Guardò Tommaso seduto sulla poltrona: aveva un maglione azzurro e un vecchio paio di jeans. Sembrava sempre lui, con il suo solito buon profumo:

Ciao Tommy…
- Ci conosciamo? – chiese lui con i suoi soliti modi pacati.
Laura smise di respirare. Come poteva aver cancellato tutto? Era questo il dolore dal quale lui l’aveva protetta in quell'anno di silenzio?
- Sono Laura…
- Piacere di conoscerti Laura!
La sua calda voce accarezzò l’animo di lei. Forse Tommaso non era più lì dentro o forse era ingabbiato da quella malattia, legato, imbavagliato e nascosto in qualche posto lontano.
- Come stai? - chiese di nuovo la donna sedendosi.
Guarda, ormai non sopporto più quel cane che continua ad abbaiare per ore. Poi vorrei tanto tornare a casa mia.
Come a casa tua? – chiese Laura stupita.
Lui la guardò e Laura capii: “hai ragione Tommy, ti porto a casa io” pensò tra sé e sé.

Giusto. Andiamo? - lo rassicurò a voce alta.
Ma tu sai dove abito? - la voce di quell'uomo sembrava speranzosa. I suoi occhi la raggiunsero dritta in fondo all'anima. Lui era lì.
Certo, abiti là – affermò indicando lo studio. Lui si girò e sembrò sollevato nel vedere ciò che cercava. 
Esatto!  - sbottò raggiante.
- Si alzò, Laura gli prese la mano e insieme si diressero verso lo studio:
- Vuoi ballare? - invitò Tommaso guardandola negli occhi - Senti che bella musica…

Forse era una follia. Sicuramente era una follia, ma l’unico modo che aveva per ritrovarlo era vivere il suo mondo. Iniziarono a volteggiare nello studio sulle note di una canzone silenziosa. Una melodia che non si sentiva con le orecchie, ma solo con il cuore.

- Sai, conoscevo un uomo così folle che pensava di potermi mandare via.- Davvero? - Tommaso era incuriosito da ciò che quella donna aveva da dire.- Sì, davvero. Non sapeva che io sono più pazza di lui - sussurrò lei quasi fosse un segreto.
Lui rise, dopo tanti mesi di silenzi. Finalmente sentiva di avere qualcuno che lo capiva, che vedeva il suo mondo. Laura, in quel momento, decise che sarebbe stata accanto a lui sempre, pronta per vivere nuove avventure insieme, tra le pareti di casa.