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mercoledì 2 luglio 2014

Laura Campisi: quando una voce jazz prende il volo a New York





Laura Campisi. Molti di voi ancora non la conosceranno e d'altronde lo scopo di queste mie presentazioni è proprio quello di mettere in risalto artisti italiani eccezionali ma conosciuti solo in parte e che meritano, meritano molto di più. Laura è una cantautrice italiana eccezionale, nata nella bella Sicilia nel 1984 e immersa nella musica, nel vero senso della parola, fin dalla tenera età. I suoi genitori portavano in giro per la Sicilia brani della tradizione regionale antica, facendo al tempo stesso un lavoro di raccolta e selezione delle composizioni tipiche di ogni paese in cui si trovavano ad esibirsi. E' inevitabile dunque che l'avvicinamento di Laura alla musica sia stato naturale e immediato. “Sono cresciuta con grandi cantate, chitarre e controcanti improvvisati, tra la musica tradizionale e quella dei vari cantautori italiani” dice e aggiunge: “Fu mio padre che, notando questa mia passione, mi chiese un giorno “Ti piacerebbe studiare canto?”. Io risposi di sì senza nemmeno pensarci, come se fosse stata la cosa più naturale da farsi.” Nel 2011 Laura si trasferisce a New York, con la più assoluta spontaneità, dopo aver portato avanti vari progetti in Italia e dopo aver terminato la sua formazione: una laurea in Discipline della Musica, anni di Masterclass e corsi di perfezionamento – tra i quali il “Nuoro Jazz” e il “Roma Jazz's Cool” (con i nomi più illustri del Jazz) - e dopo aver partecipato e vinto diversi concorsi - da solista e da band leader dei “Lalla Into The Garden”; tra gli altri spiccano la vittoria al “Lucca Jazz Donna 2009” e al “Bianca d' Aponte 2010”- il primo è un concorso Jazz al femminile e il secondo un festival che si tiene ad Aversa dove, lo stesso anno, Laura riceve anche il Premio per la Migliore Interpretazione. Vive attualmente a Brooklyn a cui è arrivata dopo essersi resa conto di aver bisogno di nuovi stimoli, nuovi spazi e possibilità concrete per la sua crescita e la sua creatività. Resta naturalmente legata la suo paese, alla musica italiana e ovviamente ai suoi cari: “In Italia cerco di tornare due volte all’anno, per vedere la famiglia e gli amici, ma anche per tenere vive le relazioni artistiche con i colleghi e la scena musicale italiana.” Basta ascoltare la sua voce, il suo stile, la sua interpretazione, per aver voglia di approfondire la sua storia, per aver voglia di scoprire la sua musica.
Allora Laura... è difficile decidere da dove partire con te, hai una miriade di progetti alle spalle e in corso... Direi di parlare principalmente del progetto che stai realizzando ora (a fine articolo potrete leggere altre info e un sunto degli altri progetti, ndr). Si tratta della lavorazione del tuo primo album ufficiale a quanto ho letto sul sito, anche se in realtà non è il primo album che incidi. Raccontaci un po' di cosa si tratta, come si intitolerà, le collaborazioni e, già che ci siamo, dicci per quando è prevista l'uscita dell'album.
La storia di questo album è un racconto ancora in fase di scrittura. Non so ancora quando uscirà e se verrà pubblicato da un’etichetta o se sarà invece un’auto produzione dalla A alla Z. Al momento comunque, io ne sono stata la produttrice esecutiva ed artistica, con l’aiuto fondamentale di un generoso deus ex machina dietro le quinte e naturalmente degli stupendi musicisti che hanno collaborato. È infatti una soddisfazione nonché un privilegio aver raccolto una squadra davvero d’eccezione per un progetto direi poco usuale: un doppio trio (due bassi e due batterie) ad accompagnare una voce. Il gruppo è composto da Gregory Hutchinson (celebre musicista americano) alla batteria, Ameen Saleem al contrabbasso (mio carissimo amico, americano di Washington DC e membro fisso del Roy Hargrove Quintet e Big Band), Gianluca Renzi (ciociaro trapiantato a New York) al basso elettrico e al contrabbasso e il mio concittadino espatriato a Londra Flavio Li Vigni, alla batteria. Non mancano anche due stupendi special guests: Giovanni Falzone alla tromba e Vincent Herring al sax. Il repertorio è una miscela di pezzi riletti e reinterpretati dalla tradizione jazzistica, rock e più in generale “moderna” con mie composizioni in lingua inglese. La band si è andata formando pian piano, dapprima nella mia mente per poi diventare reale, come un bel puzzle. La disponibilità e la professionalità di ognuno dei ragazzi che hanno preso a cuore il progetto ognuno a proprio modo, ha reso quest’esperienza unica. Ho imparato tantissimo da ognuno di loro, e sto imparando molto anche da me stessa; dagli errori commessi imparo a rialzarmi ogni volta e ad inventarmi e reinventarmi sotto luci e ruoli diversi.
Premettendo che la tua voce è jazz, è vibrazione pura e lo è anche quando non stai cantando una canzone dalle evidenti sonorità jazz dal mio punto di vista, sul tuo sito si trovano pezzi in cui l'anima jazz si percepisce fin dalle prime note, proprio perché come accennavo le caratteristiche del jazz sono ben percepibili, ma si possono ascoltare anche pezzi più legati alla musica cantautorale italiana, pur se affrescata da un tocco alternativo e ho potuto ascoltare anche un delizioso pezzo in dialetto siciliano... Tu come come ti vedi? come ti senti? Più vicina al jazz in ogni caso o... come dire... una miscela di stili?
Diciamo che non sento la necessità di definirmi e credo sarebbe anche un compito abbastanza arduo... Sono nata col Jazz ma sono sempre stata attratta da tutta la buona musica e in ogni fase della mia esperienza artistica fino ad oggi posso ritrovare le influenze non solo di quello che ho studiato e cantato, ma anche di quello che ho ascoltato, ballato, fischiettato. Per ciò sì, mi sento più una miscela di stili. Questo vale sia per ciò che canto che per ciò che scrivo. Anzi, è proprio nella scrittura che i vari stili e generi hanno totale libertà di confluire creando contaminazioni.
E come ti sei innamorata del jazz? in che contesto lo hai scoperto?
Al Jazz sono arrivata quasi per caso: la scuola di canto che ho frequentato a Palermo per vari anni era una scuola di musica Jazz ed è così che mi sono avvicinata a quel genere; prima solo durante le lezioni, poi sempre di più nei miei ascolti di piacere e nella vita quotidiana. Anche se quando ho cominciato a studiarlo, a tredici anni, non lo ascoltavo ancora, nel cantarlo ho sentito da subito una profonda affinità, un senso di appartenenza, come uno specchio nel quale riconoscermi.
I testi dei tuoi pezzi li hai sempre scritti tu e sono poetici, accurati, colmi di emozione. Ciò che si percepisce è la volontà di trovare la parola giusta per ogni secondo per poi interpretarla per come quella singola parola va interpretata e vestita. Questa è la mia impressione insomma. La stesura dei tuoi testi è sempre stata un atto spontaneo, istintivo, fin da quando hai iniziato a cantare e magari ancora non avevi un gruppo o c'è stato un momento in particolare che, come dire, "ti ha dato il La"?
In realtà ho cominciato a scrivere molti anni dopo aver cominciato a cantare. La scrittura è arrivata per caso, senza bussare, è sempre stato un atto istintivo e, come tale, spesso repentino ma anche poco costante. Ci sono stati naturalmente periodi in cui ho scritto di più e periodi in cui non ho scritto, momenti in cui era difficile mettere insieme le idee e altri in cui la scrittura ha invece rappresentato un vero e proprio strumento di chiarezza e guarigione ed è così tutt'ora.
E scrivi "solo" testi di canzoni o ti dedichi anche alla scrittura in generale?
Delle mie canzoni scrivo tutto, sia la musica (melodia e armonia) che i testi, ma mi è anche capitato di scrivere testi per pezzi già esistenti o di tradurre e, per meglio dire, creare liriche italiane su canzoni pre-esistenti in inglese. Ho scritto versioni in italiano per due brani di Tom Waits (“San Diego Serenade” e “Long way home”) e per lo standard jazz “Never will I marry” e creato testi su pezzi strumentali come “Nardis” (Miles Davis e Bill Evans), “Naima” (John Coltrane), Torre Ligny (Salvatore Bonafede), “Mirella” (della pianista romana, da molti anni a New York, Patrizia Scascitelli – brano che, con il mio testo originale, è parte della colonna sonora del documentario sul Jazz del regista Gianluca Bozzo “Walnut Street Station, di recente presentato in Italia). Mi piacerebbe molto provare l’esperienza della scrittura a quattro mani, collaborare con altri cantautori e musicisti, magari anche ritrovarmi a dover scrivere la musica su un testo pre-esistente.
Oltre alla musica qual è la disciplina artistica che più ti attrae?
Amo leggere e mi attrae l’ipotesi di scrivere, sono affascinata dal mondo del giornalismo, soprattutto della critica. Ho la sensazione che prima o poi mi ritroverò a scrivere dei racconti o un romanzo. D’altra parte anche le canzoni sono racconti a modo loro e sarebbe stupendo potermi ritagliare del tempo per cimentarmi in qualcosa di tanto nuovo per me.
La mia amata e spesso utilizzata richiesta finale. Dimmi tu ora, quello che ti passa per la testa per concludere...
Naturalmente un ringraziamento a te per questa opportunità di raccontare qualcosa di me e per costruire un ponte in più con la scena italiana, dalla quale manco – se non per brevi tratti – da quasi tre anni ormai (quattro se si considera la prima volta che mi sono innamorata di New York). Spero di trovare sempre più opportunità per portare la mia musica dove sono nata e dove mi sono fatta le ossa, come spero che l’Italia presto si risollevi da un momento tragico non soltanto per la musica e l’arte, ma per tutti. Quello che sento di dire in conclusione è che è bello avere due cuori, uno qui e uno là.
Laura Campisi... Ora qualcosa in più di lei lo sapete, ma credetemi non basta... Potrete leggere di seguito, come promesso, il sunto dei suoi principali progetti, ma soprattutto... entrate nel suo sito e andate a ascoltare la sua musica, le sue composizioni, la sua voce incredibile.

Grazie a te Laura, ti auguro il meglio del meglio e che il mondo della musica ti scopra davvero come meriti, all'estero come in Italia.

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Performance e collaborazioni:
Laura ha suonato con varie formazioni musicali in tutta Europa e America e continua a produrre una vasta gamma di musica: dal jazz al folk e al rhythm&blues sino alla tradizionale musica siciliana e mediterranea. Scrive canzoni in inglese, italiano, siciliano e canta in italiano, inglese, spagnolo, portoghese, francesce, siciliano e napoletano. Da segnalare tra le performance internazionali e nazionali il tour italiano a Gennaio 2014, con il "Back Home Trio" (special guest l'internazionale sassofonista Gianni Gebbia), ma anche quello del Gennaio 2013, con il "Laura Campisi Roma Quartet" e ancora, un'apparizione nel documentario del registra Nello Correale nel film documentario "La voce di Rosa" ottenuta grazie al suo ruolo attivo nella diffusione della musica e della cultura siciliana nel mondo. E poi New York, con il tour avviato nell'inverno 2010, il primo posto al al "Bianca d'Aponte Award" e al "Lucca Jazz Award" e una performance, assolutamente da sottolineare, all'Ambasciata italiana a Lisbona per la Festa della Repubblica. Nel 2008 un tour a Parigi e una serata anche al "Langau Jazz Festival" nel 2004, in Svizzera. Nel 2014 Laura appare anche nel film documentario dedicato alla scena jazz amercana e italiana intitolato "Walnut Street Station", del regista italiano Gianluca Bozzo. Si esibisce regolarmente con il bassista Ameen Saleem ed ha suonato con numerosi musicisti affermati a livello internazionale: Jon Davis, Tommy Campbell, Saul Rubin, Paul Jeffrey, Salvatore Bonafede, Gianluca Renzi, Fabio Morgera, Christos Rafalides and Gianpaolo Casati, per nominarne alcuni. Laura si sta anche cimentando in una collaborazione con la comunità culturale pakistana a New York, suonando con musicisti del luogo e mescolando così le sonorità tipiche della cultura pakistana con il jazz e la musica italiana, sperimentando tra l'altro le tradizionali composizioni in sanskrito e la musica Panjabi. Di recentissimo avvio anche un gruppo al femminile ("The Shook Ones") di genere completamente diverso, un'esperienza punk rock. Si è esibita in molti prestigiosi locali e luoghi di New York, tra i quali "The Kitano", il "Bar Next Door", il "Zeb's", la "New York University", il "Westchester Italian Cultural Center" e l' "Italian American Museum" nonché al "Lincoln Center’s Avery Fisher Hall", con un bel pubblico di tremila persone, in compagnia della SGI Youth Ensemble.

Progetti:

"Vedrai Vedrai" Luigi Tenco & More:
Un progetto che parte dalla selezione dei pezzi più intimi del grande Luigi Tenco e passa per gli altri grandi cantautori italiani, da Fabrizio DeAndrè a Sergio Endrigo sino a Ivano Fossati. Miscelando con i suoi musicisti il cantautorato italiano con le sonorità jazz, Laura traduce pezzi italiani in inglese, senza rinunciare però a qualche assaggio in siciliano e napoletano. Un viaggio musicale arricchito da pezzi firmati proprio da lei.

"Overseas Quartet":
Quattro musicisti, tutti nati a Palermo e un dialogo musicale. Questo è il "quartetto d'oltreoceano", un progetto nato nell'inverno di quest'anno dalla riunion di Laura Campisi con il bassista Gabrio Bevilacqua e che sarà presentato al pubblico, con molta probabilità, proprio quest'estate. Ed è così che Laura ha incontrato anche Marcello Pellittieri, anche lui stabilitosi a New York, batterista e insegnante al Berklee College of Music. I tre, con l'arrivo del pianista Mauro Schiavone, diventano appunto un quartetto e propongono un repertorio sofisticato, che spazia dagli standard jazz ai classici italiani e americani, fino a composizioni proprie, portando al pubblico la propria, a dir poco unica, voce.

"Face & Bass":
Un duo, voce e contrabbasso, un incontro musicale che Laura ha sempre amato e che l'accompagna sin dai suoi inizi in Sicilia. Con il suo caro amico e bassista affermato Ameen Saleem, propone un divertente, scintillante, repertorio. Unendo sensualità e ironia, intimità e scalanatura, questo duo mostra contagiosa allegria e la bellezza di un dialogo musicale basato sull'ascolto reciproco e la vera interazione.

"Lalla Into The Garden": E' il primo progetto cantautorale di Laura Campisi. Iniziato nel 2009 nella sua terra d'origine come sestetto (voce, due chitarre, violoncello, fisarmonica e percussioni), si trasformò negli anni continuando a mutare nella tipologia di strumenti e nelle sonorità sperimentate. Il nocciolo però è sempre stato lo stesso: i pezzi in italiano di Laura Campisi, alcuni dei quali l'hanno portata a vincere diversi premi nazionali e internazionali.

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