Pixies. Li conoscete? ve li ricordate? molti li avranno scoperti
(o forse sentiti senza sapere chi fossero), nella colonna sonora (scena finale)
del geniale film diretto da David Fincher (tratto dall'omonimo romanzo di Chuck
Palahniuk), "Fight Club" (1999). Per chi non lo sapesse, i Pixies
sono un gruppo alternative rock, considerato tra le più influenti band
americane del genere. Hanno aperto le porte a uno stile musicale particolare,
una combinazione di noise, power pop, garage rock, surf (rock e pop). La band è
nata nell'86, a Boston, dall'unione di Black Francis (chitarra e voce), David
Lovering (batteria), Kim Deal (basso) e Joey Santiago (chitarra). Negli anni
'80 spopolavano e dopo anni di fermo per via dello scioglimento avvenuto nel
'93, si sono riuniti nel 2004 tornando alla ribalta con una serie di tour
mondiali di grande successo, con pubblico in delirio e Paz Lenchantin al basso.
Se non li conoscete e volete approfondire un po', potete trovare la discografia
completa sul loro sito ufficiale www.pixiemusic.com. Per dirvene una,
Kurt Cobain, affermò di essersi ispirato alle loro dinamiche per la
composizione di "Smell Like Teen Spirit": "Stavo cercando di
scrivere per i Nirvana la canzone pop definitiva. In realtà devo ammettere che
stavo derubando i Pixies. Quando li ho sentiti per la prima volta mi sono
immedesimato subito. Ho pensato che avrei voluto suonare con loro, o almeno
essere in una cover band dei Pixies. Abbiamo usato il loro stesso tipo di dinamica
sonora: prima morbidi e tranquilli, poi rumorosi e duri." Ai tempi, i
R.E.M. rappresentavano "i buoni" e loro "i cattivi", anche
se in realtà come spesso affermato da Black Francis, erano ragazzi
tranquillissimi, solo che nessuno ci credeva. Forse per il mix tra voce
instabile, il nome d'arte un po' nerd e un po' all'opposto e l'aspetto
trasandato. Vi ripropongo qui sotto "Where is my mind?", non solo
perché le sonorità di questo brano mi mandano in estasi, ma il testo, ragazzi,
il testo è un viaggio con molti retroscena. In pochi versi, ci sono diverse
esperienze di vita, interpretabili in mille modi. Quindi, pezzo e traduzione a
seguito, senza dimenticare però di aggiungere il video di un altro paio di
brani altrettanto gustosi.
Gianni
Cazzola. Ecco. Dire Gianni Cazzola è come dire "jazz", è come dire "swing". Se non lo conoscete, ve lo
presento io (giovani e non, siate furbi, accorrete). Quando io e mio
marito lo abbiamo incontrato è stato incredibile. Sentivo in me un
subbuglio emozionale ascoltandolo parlare e pensando a quanto ha
fatto questo artista, quest'uomo, nella sua vita. È un uomo gentile,
molto dolce e ha il fare saggio di chi ha visto il mondo e conosce
la vita e, più di tutto, la musica. Settantanove anni di carica,
grinta, voglia di suonare, suonare e suonare ancora; di gioire e far
gioire attraverso la musa. Per rendere un po' l'idea di chi sia, per chi non lo
conoscesse, questo batterista è citato nell'enciclopedia Treccani
"Tra i musicisti di alto livello espressi dal jazz italiano" e lo presenta così: "Mr. Cazzola è più di un musicista: è un pezzo della storia
del jazz. I suoi tamburi hanno sostenuto, suonato e corroborato i più
grandi jazzisti che il globo abbia ospitato". Per citarne alcuni, beh, si parla di Billie Holiday, Art Farmer, Johnny Griffin, Clark
Terry, Dexter Gordon, Gerry Mulligan, Tommy Lee Flanagan e molti
altri padri del jazz internazionale; artisti italiani quali Gianni
Basso, Renato Sellani, Giorgio Azzolini, Guido Manusardi e l'elenco è
lungo, molto lungo. Si è cimentato anche nel pop, con Mina e
l'Orchestra di Augusto Martelli. Non credo di dover scrivere molto
altro, perché penso che già quel che ho scritto possa rendere
l'idea della sua grandezza. Sentire e vedere suonare Gianni Cazzola,
per un amante della musica, è come ammirare le radici di
un'imponente quercia, per un amante della natura. Chiacchierare con
lui, direi che è una forma di poesia. Alza la cornetta e si
preoccupa subito di sapere come sto, ci facciamo due risate e
iniziamo a parlare...
Gianni...
come ti sei avvicinato alla musica? Ricordi una scena, un momento
particolare di te bambino, ragazzino, in cui hai pensato per la prima
volta che non avresti mai potuto farne a meno?
"Io
mi sono avvicinato alla musica... e alla batteria chiaramente,
vedendo mio fratello. Lui era un dilettante, un autodidatta e suonava
nelle orchestrine da ballo in Emilia, negli anni '50. Siamo nati in
campagna, vicino a Bologna - e stavamo in questa tipica casa in mezzo
alla natura nella quale lui, in una stanza, teneva la batteria ed io
vedendola ne rimasi subito fulminato, fin dalla prima volta. Così
nacque la passione. Forse capii che quella era la mia storia e doveva
andare così... Vidi questa stupenda batteria verde, era di una marca
che ora non c'è più - Super Alberti si chiamava - ed era molto
bella, grande; allora usavano le batterie grandi. Quando lui andava a
lavorare io mi fiondavo nella stanza e suonavo. "Picchiavo"
più che altro. Inizialmente così, un po' senza senso, poi ho capito
- anzi, mi hanno fatto capire - che avrei potuto suonarla veramente.
Ero piccolino all'inizio, avevo nove anni. Sono un autodidatta
completo, non ho mai studiato con nessuno, dunque sono proprio un
musicista della strada... ho imparato ascoltando gli altri."
Cosa
ti ha portato ad amare in particolare jazz e swing?
"Eh
sai, in casa in quel periodo avevamo un vecchio grammofono e mio
fratello aveva i V-Disk, "I dischi della vittoria" della
seconda guerra mondiale. In quei album c'erano tutti i grandi: Duke
Ellington, Louis Amstrong, Gene Krupa, che al tempo era il mio
idolo... e a me piaceva un sacco quella musica; mi piaceva il ritmo,
mi piacevano le melodie, dunque il jazz mi è entrato nel sangue fin
da allora e poi la passione è cresciuta nel tempo..."
Hai
suonato con tanti grandi, ma essendo io particolarmente affezionata a
Billie Holiday... ("Ehhh... una bella passione", aggiunge
teneramente), ti chiedo... come la ricordi? Come vi siete incontrati?
"Beh,
io suonavo in un club di Milano nel 1958, con un mitico quintetto,
famosissimo, che si chiamava "Basso Valdambrini Quintet"*
e con loro stavo iniziando la mia carriera; abbiamo suonato
tantissimi anni insieme. Avevo iniziato l'anno prima con Franco
Cerri, poi fui scritturato da loro e, quell'anno, suonammo in questo
club che si chiamava "Taverna messicana". Era frequentato
da tutti i musicisti perché era un club fantastico, in cui si
suonava jazz. E una sera... la vidi entrare: vidi questa donna
stupenda scendere le scale con la sua pelliccia meravigliosa e
(ride)... si sedette vicino a noi. Era lì per ascoltare la musica,
la sera prima era stata in un famoso teatro di Milano - "Lo
smeraldo" - e lei era molto... triste; però là, quella sera,
avevamo degli amici comuni e pensarono che avrebbe potuto farle
piacere se l'avessero portata da noi e così... dopo un po' cantò con noi, tre
pezzi. Era una donna dolcissima. Alla fine la ringraziai, lei mi
carezzò la schiena e mi disse "Yeah baby...", con la sua
voce roca... un'emozione molto bella..."
*Nato
nel 1950 da Gianni Basso - sassofonista, direttore d'orchestra e
compositore - e Oscar Valdambrini – trombettista tra i massimi
esponenti del jazz italiano, il quintetto fu esteso talvolta fino a
un ottetto, a seconda delle esigenze. I componenti dello
straordinario progetto si esibirono in tutta Italia e all'estero,
collaborando con molti dei grandi del jazz italiano. Da Dino Piana e
Mario Pezzotta (trombonisti) a Glauco Masetti e Attilio Donadio
(sax), Gianni Cazzola – appunto – alla batteria e Renato Sellani
(al pianoforte) - ndr.
Gianni,
come spiegheresti la musica a una persona che ipoteticamente non sa
cosa sia?
"Ah
beh, questo è un bel casino! (ride) Non è per niente facile
risponderti! La musica si percepisce, si sente, non si può spiegare.
Come un swing, come fai a spiegarlo? è una cosa che hai o non
hai, non la studi. Siccome ha il swing lo ha studiato... no, no..."
Lo
so, ma te l' ho fatta a posta questa domanda, ero curiosa di sentire
cosa avresti risposto tu! ah ah!
"Eh
davvero, è un po' dura rispondere qui, ah ah..."
Ellade
Bandini, visto che ne abbiamo parlato quando ci siamo visti... Come
ti dissi lo adoro, è un musicista incredibile e una persona
dolcissima...
"Beh,
è un fratello per me, lo sai. Ci vediamo spesso, si, si..."
Come
vi siete avvicinati voi due?
"All'inizio
è lui che si è avvicinato a me. Lui ha otto/nove anni in meno di me
e mi seguiva, mi veniva ad ascoltare in giro. Dov'ero io, lui
arrivava. Mi ha sempre seguito perché ha sempre amato il mio modo di
suonare. E io pure ho amato il suo, molto. Lui è veramente un
grande... nel senso che oltre a suonare bene il jazz, è il
batterista più completo che io conosca, anche nella musica più
commerciale per dirti. Ha suonato con tutti i più grandi come ben
sai".
Altra
domanda abbastanza classica, ma vista la tua grande esperienza non
è fattibile che manchi. Cosa dovrebbe tenere sempre presente un
musicista emergente, secondo te?
"Ascoltare.
Ascoltare con umiltà i vecchi musicisti, ascoltare la tradizione.
Oggi ci sono troppi musicisti che... magari suonano anche bene, ma
suonano "la moda". Non conoscono nemmeno, magari, certi
batteristi, trombettisti, sassofonisti... perché oggi è cambiata la
storia, non è più come prima. Prima era un ascoltarci continuo,
adesso se la tirano pure."
E
a volte sono pure delle schiappe e pensano di essere chissà chi...
ne ho beccati a bizzeffe così – (commento io, ridendo per... non
piangere?)
"Esatto!!!
ah ah ah! è proprio così!"
E
invece guarda caso, di solito i più grandi hanno anche un'umiltà
pazzesca. Come dico sempre, se un artista perde l'umiltà...
"Ah
si, manca tutto, perde tutto."
Ecco,
una domanda che mi è venuta adesso. Visto che inizialmente ti veniva
un po' da ridere perché in tutti questi anni, più o meno, ti hanno
fatto sempre le stesse domande. C'è una domanda che magari avresti
voluto ti venisse posta, ma non te l'hanno fatta? e se si dammi la
risposta! ah ah!
"Ehh non mi viene (ride, in maniera dolcissima). Piuttosto, parliamo di
questa cosa, a cui tengo molto. Ho creato, anzi non io perché è un'idea
del grande Sandro Gibellini, un gruppo sulle musiche di Fats Waller
che si chiama "Fatsology": è una delle cose più belle che
io abbia fatto negli ultimi trentacinque anni di carriera. La
formazione comprende appunto Sandro Gibellini alla chitarra, Alfredo
Ferrari al clarinetto, Marco Bianchi al vibrafono, Roberto Piccolo al
contrabbasso, io alla batteria e Alan Farrington alla voce. Questo è
davvero un bellissimo progetto; saremo anche all'Umbria Jazz, tra le
altre cose."
Com'è
la tua anima Gianni?
"Tre
volte jazz e cinque volte swing..."
Concludo
con la mia domanda "canone". Dimmi, di che colore sei....
"Eh...
il colore, beh, rosso blu! sono del Bologna! (ride di gusto) Però
il mio colore preferito è il verde, fin da piccolo ho sempre amato
questo colore. Forse perché sono nato in campagna e ho sempre visto
un sacco di verde, che ne so, ah ah!"
Gianni, il primo sulla destra, con Billie Holiday e il Basso Valdambrini Quintet
O
forse, ho pensato poi io, anche perché la prima batteria con la
quale ha iniziato era... verde?
Grazie
Gianni... e come dici sempre tu: "Un grande abbraccio swing"...