giovedì 31 marzo 2011

Fermo immagine


Caldi scatti, la tua immagine fermata dall'obbiettivo.
Nemmeno il tempo di vederti e già ti avevano ucciso.

Nelle tue parole, nelle tue scene e poesie
io ti rincorro, sognante.

Ammiro il tuo sogno e lo vivo, pregando la giustizia divina,
per te e per tutti gli altri  ammazzati come cani
dagli inferni senza senso dell'assenza d'anima.

Sono qui a pensare a ciò che ti hanno tolto;
sono qui a pensare alla bellezza di cui ci hanno privato.

E sono qui a sorridere, amaramente,
per coloro che non capirebbero
e che probabilmente non capiranno mai.

mercoledì 23 marzo 2011

Glaciale


L'angelo grida, ma non molla.

Nella brutalità, puntuale e sconvolgente,
c'è la geometria della nebbia neurale.

Privi di senno e di perdono, privi di se persino.

Sarebbe questo un uomo?

sabato 19 marzo 2011

Di passaggio


In quel tratto di strada,
come spesso accade
ho trovato il Pensare,
con il Sole alle spalle
e la Luna di fronte
l'una a salutare l'altra.

Stupita dalle linee di luci sulle nubi,
cosciente e incosciente al tempo stesso
della grandezza eterna del dipinto.

Non potevo fermarle in uno scatto
ma le ho fermate dentro,
quelle nubi e quei colori
che nessun uomo sa creare.

Ha preso corpo l'aria sul volto,
ha preso corpo la percezione assoluta,
mi sono chiesta se intorno
nelle tante macchine di passaggio
ci fosse qualcuno intento
a godere di queste muse.

giovedì 10 marzo 2011

Salita porpora


Vedo una lacrima stremata,
ma la strada è viva.

Sono una sillaba e mille parole,
il suono di un nitido fuoco,
il suono della mia vocazione.

Come porpora tanto amata,
impregno me stessa del rosso divino.

E così non si ferma la salita,
in ogni caso, mollare mai.

Cento e mille e miriadi
d'anime perse nel secondo:

si ritrovano solo se aspettano
di guardarsi in viso, per respirare.

Ora. Basta.


Lontano dal fumo di sigaretta,
dai polmoni anneriti dalla frenesia.
Lontano dalle visioni grottesche
di sorrisi orridamente sporchi.
Lontano dall'ingiustizia,
capillare e disastrosa.
Lontano dai greggi,
dagli eroi falsi,
dalla povertà di cuore.
Lontano dal bisbiglio malvagio
di spiriti senz'anima.
Lontano, lontano da ogni male.

Coccolami, mio pensare,
coccolami, mia parola;
come ora, sempre:
cammina quando cammino,
riposa quando riposo,
proteggimi ed io ti proteggerò;
come ora, sempre:
note di parole e parole di note,
colori come vita,
contro la morte grigia.

Lontano dal torpore,
la verità è tutt'altra;
i miei racconti nuocerebbero
anche al loro cuore spento.

La mia anima s'allaccia al Sole
ogni mattina al risveglio,
s'appiglia alla Luna,
ogni sera prima del sonno,
si svela e si rivela,
con l'alba e col tramonto.

Possibile che il mondo
non voglia godere della vita?

Che non giunga la morte:


Il respiro è di piombo su queste linee nere carbone.
L'impotenza è giunta in fronte ai più giusti;
siano pietrificati dalle loro menzogne,
coloro che fanno di se il tutto e del tutto il nulla.

Le spalle fanno male, troppo peso, troppa fame.
Le mani fanno male, troppo odio, troppe brame.
Il respiro è affannato su queste vie di stenti.

Un tempo erano lamenti, ora è la rovina.
"Bambini non piangete, tutto passerà".
"Ragazzi, lottate, o la morte giungerà".

giovedì 24 febbraio 2011

Da un luogo strano


Places pleins de gens, un concerto rock
e il sorriso d'una conoscente.

Il fuoco dentro barili vuoti,  il freddo fuori.

Guardando il fuoco, s'accende anche lo sguardo.

C'è tanta gente strana. Non c'è nessuno.
S' aggirano, intrisi di vani pensieri.

Un terrier sdraiato accanto al compagno,
si amalgama alla terra, diviene statua divina.

Un nostro amico, sincero ride.
Tu accanto a me. Mi tieni stretta, protetta.

Un uomo che impreca e non ispira fiducia.

Una panca di legno:
la notte di fronte ci stupisce il sapore.

Quell'uomo, mi ha trasmesso terrore.

Fatti strada, facciamoci strada:
"Ici, on a beaucoup de gens, ma non c'è nessuno."

Facciamoci strada, fatti strada tra la gente.

Non sarà difficile in fondo. Forti così,
ci siamo solo noi qui attorno.

"Proteggimi, lo so che  lo farai."
"Proteggimi, io so che lo farò."

Marì: storia d'ogni giorno

Vedo una ragazza camminare a testa alta, col Sole in fronte, accanto al suo personale muretto del ritorno, con il sorriso di chi sa che non è finita la lotta; eppure ancora è li e inizia a correre con il vento. Scende le scale dal tetto di un'alta maison di cemento e smette di correre per guardare la gente intorno, tanto rumore. I conducenti delle auto imprecano stressati da se stessi, due donne condividono i loro volti e i volti dei loro bimbi in fasce. Come automi altre centinaia di persone passano velocemente, quasi temono lo sguardo degli altri e tengono la testa dritta e tesa davanti a se, ghiacciata verso quell'unica direzione. Dolce Marì continua a camminare e a guardare, con le mani in tasca, tornando verso casa, un po' spaventata. "Dammi un po' di musica e sono apposto" pensa. "E sia". Non sente più il frastuono con le cuffie in testa, si perde nel suo mondo e sta bene. "Occhio!!" sente urlare. Stoppa la musica e si rende conto di essere in mezzo alla strada. Corre veloce col semaforo rosso all'altro capo e ringrazia con un cenno l'uomo che ha gridato. Marì. Cammina Marì, cammina ancora. Prima o poi arriverà a casa. Nel frattempo l'unica protezione che sente di avere è quella musica. "Dove vogliono arrivare?"; stanno costruendo qualcosa di immenso in centro, non si sa quanti piani abbia e cosa sia di preciso, ma sarà il più alto edificio della città. "Dove? Dove vogliono arrivare?". Taglia la strada Marì, entra in un vicolo, quello di sempre, vede i muri, quelli di sempre, vede i "quasi vicini di casa", quelli di sempre. Gira l'angolo, entra nel suo cancelletto dopo aver litigato con le chiavi, sale le scale. "Vado in camera mamma" e mamma sorride: "Ciao amore"; "Ciao", risponde Marì. Apre la porta, chiude la porta. Il letto è in ordine, lo ha messo apposto lei. "Le darò un bacio poi. I libri, devo mettere apposto i libri... lo faccio dopo, ora leggo." Marì legge, poi ascolta musica, poi studia, poi chiama un'amica, poi guarda fuori: piove, fa freddo, intravede un clochard giù per strada dalla sua finestra; alza gli occhi e scorge la Luna tra le nubi. Due lacrime le rigano il viso, ma - pensa lei - non sa perché. A cena con mamma, papà arriva più tardi e per fortuna andrà ad abbracciarla come al solito mentre studia; le darà il suo buffetto di incoraggiamento e continuerà ad amarla sempre. Lei vede in tv frasi sconnesse, poi torna in camera a studiare e davanti a se ha ancora la pioggia, le nubi, la Luna, il clochard. "Non è finita. Non ho paura.".

Vibrazioni


Vibra il passo,
vibra la tua mano sul tavolo,
vibra il gatto, dall'albero a terra,
vibra la ciliegia, cade, rotola.
Vibra la lira, l'arpa, vibra il piano battuto.
Vibra la penna sulla carta,
l'occhio che legge, l'orecchio che ascolta.
Vibra la percezione nella scoperta,
vibrano i polmoni nel respiro,
vibra l'eccellenza, vibra la ricerca.
Vibra il piede che gioca,
vibra la casa costruita.
Vibra il vento rapito da te,
vibri tu, immensamente, con me.

martedì 22 febbraio 2011

I figli del mondo piccolo


Sento un gran freddo,
se mi trovo accanto
ai figli del mondo piccolo.
Mi sembra di impazzire,
quando vedo la loro ascesa
e il sangue pulsante dei giusti
colare sulla terra, come frammenti
di un bicchiere di glassa, stanchi.
I figli del mondo piccolo,
che hanno perso l'anima
tra denaro e presunzione,
che hanno perso di vista l'uomo,
e vedono quel che più li aggrada.
Malati di se, persi.
Credono d'essere vivi,
ma non sanno: che il sangue
è vivo e continua a pulsare,
anche quando credono
d'aver ottenuto la gloria.

Madri al fronte


Il partigiano, morente, pensava: "Chissà, se è servito a qualcosa".
Il soldato, ferito lo guardava, sorridente gioiva: "Ho vinto, ho vinto e tu muori".

La madre del primo piangeva: "Mio Dio.. mio Dio, perché?!"
La madre del secondo gridava: "Mio Dio, Dio mio... perché?!"

Entrambe, accasciate al suolo: "Dov'è il mio bambino.. dov'è?!!"