"Fenesta vascia". Conoscete questa canzone? Questo pezzo è una
memorabile raffinatezza della storia folkloristica napoletana. Il
testo riporta la storia di un amore senza speranze di un giovane,
innamorato perdutamente di una ragazza che abita dietro, appunto, la
"finestra vascia". "Vascia" significa "bassa",
nel senso di "misera" ed è "misera" perché...
perpetuamente "chiusa". Un amore d'altri tempi,
intensamente espresso nei versi della canzone e nella sua melodia
dolce e malinconica, un'intensità "porpora", non so se mi
spiego. La cosa ancor più bella è che questa "intensità
porpora", come la definisco io, viene dal 1500. La canzone
originale non è giunta fino ai giorni nostri, ma per fortuna è
comunque arrivata all'età moderna grazie alla cura di Guglielmo
Cottrau, compositore ed editore napoletano che si occupò della
trascrizione musicale del pezzo, affidando la cura del testo a Giulio
Genoino. Cottrau è ritenuto uno dei padri della musica napoletana
perché fondamentalmente si era preso cura di questo pezzo come di
molti altri dei secoli a lui precedenti, affidandone i testi e gli spartiti a poeti
e musicisti locali, per non farli perdere nel tempo; poeti e
musicisti appunto, quali ad esempio Luigi Biscardi e Mariano
Paolella, "dimenticati" in qualche modo, a causa delle
vicende storiche del 1860. Il testo poetico, aulico, di "Fenesta vascia" viene appunto affidato al valente poeta e letterato Giulio
Genoino, anche lui, dimenticato dalla storiografia letteraria
italiana, addirittura confuso, spesso con un omonimo consigliere di
Masaniello che nulla aveva a che fare con lui. Genoino riportò
fedelmente il testo del 1500, adattandolo alla lingua parlata nel
1800, per esempio per quanto riguardava termini allora in disuso o
completamente rimossi dal napoletano moderno del tempo. Il risultato è ciò
che oggi abbiamo a disposizione. E' affascinante, meraviglioso, tutto
questo. Il testo di "Fenesta Vascia" ha una poetica impeccabile, è
composto da due "ottave siciliane" di endecasillabi, con
rima alternata AB, molto usata dai poeti aulici. Ogni ottava ha un tema diverso, ogni distico forma
una frase a se, indipendente, ma sempre collegata logicamente alle
altre. La rima è perfetta all'ascolto, pur se imperfetta nel testo
scritto; questo perché nella dizione corretta osco-napoletana, il
finale di ogni frase, delle parole, è sempre sfumato, il genere è
indefinito e diviene definito solo per diretto collegamento alle
parole che vengono prima, articolo o aggettivo che siano. La "e",
ad esempio, delle parole in rima contenute nella prima strofa, è pronunciata "alla francese", sfumata appunto ed è proprio questo che determina le rime stesse; e
così accade anche per rime successive. La musica fu scritta per il
Calascione, uno strumento a plettro partenopeo oramai in disuso ed
è stata poi reinterpretata suonandola con il mandolino, che esprime
al meglio il timbro partenopeo originale, dolcemente sottile,
dolcemente malinconico ed intenso. Non è facile
tradurre il testo di "Fenesta Vascia", per la ricercatezza
delle parole, per la tecnica con la quale il colto poeta che le ha
scritte ha utilizzato, il fraseggio; un poeta che è rimasto anonimo,
non si sa se per scelta o per convenienza; colto di certo, perché
per come è scritto, questo testo, non poteva essere di un
cantastorie, poteva solo essere ed è, assolutamente, di un poeta che
sapeva, sapeva molto bene, cosa stava facendo. La punteggiatura,
notatela, non fatevela sfuggire.
"Fenesta
Vascia":
Fenesta vascia 'e
padrona crudele,
quanta suspire
mm'haje fatto jettare!...
Mm'arde stu core,
comm'a na cannela,
bella, quanno te
sento annommenare!
Oje piglia la
'sperienza de la neve!
La neve è fredda e
se fa maniare...
e tu comme si' tanta
aspra e crudele?!
Muorto mme vide e nun
mme vuó' ajutare!?...
Vorría addeventare
no picciuotto,
co na langella a
ghire vennenn'acqua,
Pe' mme ne jí da’
chisti palazzuotte:
Belli ffemmene meje,
ah! Chi vó' acqua...
Se vota na nennella
da llá 'ncoppa:
Chi è 'sto ninno ca
va vennenn'acqua?
E io responno, co
parole accorte:
Só' lacreme d'ammore
e non è acqua!...
"Finestra
Misera":
Finestra bassa di una
padrona crudele,
quanti sospiri mi hai
fatto sprecare!.....
Questo mio cuore arde
come una candela,
bella, se sento il
tuo nome pronunciare!
Orsù prendi esempio
dalla neve!
La neve è fredda ma
si fa accarezzare….
Ma tu sei così aspra
e crudele?!
Mi vedi morire e non
mi vuoi aiutare!?....
Vorrei diventare un
bel garzone,
che con la brocca va
vendendo l’acqua,
e poter gridar tra
questi caseggiati
“Mie belle donne,
ah! chi vuole l’acqua…..”
Si volge una ragazza
in su dall’alto:
“Chi è il bel
garzone che vende l’acqua?”
Le risponderei con
parole dosate:
“Sono lacrime
d’amore, non è acqua!.....”
"Fenesta Vascia" nella versione di Massimo Ranieri, 1974
Per ulteriori approfondimenti: www.ilportaledelsud.org