giovedì 23 giugno 2016

Non siate indifferenti


Non siate indifferenti, perché l'indifferenza ha portato a questo e a tutto il resto. Non date tutto per scontato, non pensate che sia inutile perché l'inutilità è l'accettazione di qualcosa che non deve essere accettato. Se chi ha vissuto sulla propria pelle momenti storici difficili, con grandi lotte che ci hanno portato alla libertà, per quanto possa essere considerata relativa, fosse rimasto indifferente, in un angolo, impaurito e senza prese di posizione, noi non saremmo qui a discutere, a parlare, a scrivere, ad ascoltare musica o a protestare. Se tutti fossero indifferenti molte battaglie portate avanti per la nostra Terra nel silenzio mediatico non sarebbero state vinte. Tutti sappiamo, pochi si mettono in gioco, anche quando si tratta di cose piccole, ma così grandi, come usare un minuto del nostro tempo per fare qualcosa di buono. Continuare a restare nell'indifferenza, significa portare ai noi, ai nostri figli, ai nostri nipoti, un futuro per il quale non c'è possibilità di ritorno. Inutile protestare, pur se giustamente, sui temi d'attualità, se intorno a noi la nostra casa, la nostra Terra, si sgretola a causa nostra. E' tutto inutile, se non proteggiamo quel che abbiamo. Se abbiamo un compito certo, nella vita, è quello di custodire questo grande capolavoro che è la nostra casa, al massimo delle nostre possibilità. Non vi chiedo di diventare persone impegnate in questa lotta quotidianamente, come molte persone fanno... non è da tutti e non è nelle possibilità di tutti, ma... un minuto, un minuto del vostro tempo, credo proprio non vi costi nulla e se rimanete indifferenti, farete parte anche voi dei grandi Indifferenti del mondo, quei poteri che così tanto ci opprimono, in un modo o nell'altro, quegli esseri che sparsi per il mondo bramano solo potere e ricchezza e il cui motto è "non importa come". Dunque, non date loro una mano, fate questo piccolo grande gesto e pensateci, non dimenticatevelo, ci sono tanti piccoli gesti che si possono fare... tanti piccoli gesti che insieme diventano grandi, enormi e che possono renderci fieri e certamente migliori.

"Insegnate ai vostri figli tutto ciò che noi abbiamo insegnato ai nostri: che la Terra è la madre di tutti. Tutto ciò che capita alla Terra capita anche ai suoi figli. Sputare a Terra è sputare su sé stessi. La Terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla Terra. Tutto è collegato, come il sangue che unisce una famiglia. Ciò che capita alla Terra, capita anche ai figli della Terra" (David Servan-Schreiber)




martedì 21 giugno 2016

Odissea 2016: Festa della Valle dell'Oglio, 16a edizione


Segnalo questa manifestazione per tutti coloro che possano essere interessati e che abbiano la possibilità di raggiungere le varie località coinvolte. Dal sito di Piccolo Parallelo, ecco le informazioni riguardanti questa splendida serie di spettacoli sparsi nel territorio delle province di Brescia, Cremona, Bergamo e Mantova.

"LA VITA TI SFIDA — SFIDA LA VITA

Sfida è la parola chiave di questa sedicesima Odissea. La sfida è qualcosa che vuole dimostrare, autonomamente ed "eroicamente", ciò che si ritiene ai limiti del possibile o, addirittura, al di là del possibile. Confida in qualcosa, magari di nascosto, ma che è dentro di noi, a nostra disposizione, che chiede coraggio e dedizione per essere portato alla luce. Il che poi, sul piano pratico, vuol dire compiere azioni, imprese, gesti. Questa "ODISSEA 16" racconterà di sfide. Sfide per sopravvivere o forse perché insite nella propria natura, sfide per la voglia/necessità di inventarsi un proprio mondo.

Sfide alle convenzioni/convinzioni sociali e artistiche ricordando tre grandi personaggi che a distanza di 400 anni l'uno dall'altro hanno saputo opporsi alle convenzioni del loro tempo: Frida Khalo di Annalisa Asha Esposito, Caravaggio di Piccolo Parallelo e la monaca Hildegarde Von Binghen con il concerto Lux Vivens. Sfide portate ai limiti estremi ricordando una incredibile vicenda della montagna raccontata da A.T.I.R con (S)Legati. La conferenza/spettacolo L'azzardo del giocoliere di Federico Benuzzi smaschererà i meccanismi del gioco d'azzardo. Sfida tutta artistica quelle delle Jellyfish, presenti in forma "stabile" e itinerante che con Teatro su ordinazione offriranno un loro menù artistico in più lingue. Sfide lanciate al futuro: gli adulti/bambini non potranno perdere Mattia Coti Zelati e la sua Merenda robotica per imparare a programmare un robot o Maurizio Patella con Loro. Storia vera del più famoso rapimento alieno in Italia. Racconteremo di altre piccole sfide quotidiane non meno importanti di quelle grandi, eclatanti. Come quella lanciata alla legge di gravità che gli eVenti Verticali sfideranno con Wonted il primo spettacolo del festival ancora una volta in verticale

Piccolo Parallelo sarà presente con tre serate: lo spettacolo Caravaggio ... i furori che celebrerà il ventesimo anno di repliche offrendo ai primi cento spettatori alcune gocce del profumo "Caravaggio" creato da Laura Tonatto (fra le più rinomate profumiere del mondo) in occasione della presentazione dello spettacolo al Museo Hermitage di San Pietroburgo; un reading di L'aria veloce del nord ultima recente scrittura di Enzo Cecchi, che sarà anche la guida/celebrante del Respiro del Fiume — Variazioni di matrimoni sulle acque. La vaganza notturna dentro e lungo l'Oglio che unirà i partecipanti in un ideale sposalizio con l'acqua e aprirà il festival sabato 18 giugno.

Complessivamente 17 appuntamenti in 14 Comuni che coprono le 4 Province bagnate dall'Oglio. Questa 16a edizione di Odissea gode del patrocinio della Regione Lombardia e delle Province di Brescia, Bergamo, Cremona e Mantova. E' realizzata grazie al contributo di 10 Comuni: Borgo San Giacomo, Chiari, Orzinuovi, Palazzolo, Pumenengo, Roccafranca, Rudiano, Torre Pallavicina, Verolavecchia, e grazie al Parco Oglio Sud i Comuni di Ostiano, Commessaggio e San Martino dall'Argine. Altri ancora, Soncino e San Paolo, ospiteranno appuntamenti grazie al Parco Oglio Nord e ad alcuni sponsor privati. Vi aspettiamo dunque, ancora una volta per questa nuova sfida.

Marco Zappalaglio — Enzo Cecchi"


venerdì 17 giugno 2016

La storia del cinema (parte 2): dalla nascita del divismo a Chaplin e von Stroheim

Rodolfo Valentino

Eravamo rimasti ad Ince, Sennett e Griffith, i primi tre grandi del cinema e... agli anni dieci, con relativi sviluppi, innovazioni e nascita di generi cinematografici, tra i quali il western americano. Dunque ora il passo successivo: nei primi anni della Grande Guerra. In quegli anni Hollywood si consolidò del tutto a capitale mondiale del cinema, grazie a una base finanziaria solida, vasti canali di distribuizione, miriadi di artisti, tecnici, attori e produttori che contribuirono a rendere il cinema americano tipico e ben distinguibile e grazie a una prestigiosa organizzazione tecnica che faceva la differenza, insieme a tutti gli altri aspetti sopracitati. Negli anni dalla fine della prima guerra mondiale sino alla crisi del '29, si trovò nel cinema americano uno specchio della realtà nei suoi molteplici aspetti e due artisti, in particolare, fecero la differenza: Eric von Stroheim e Charlie Chaplin, i migliori allievi – rispettivamente – di Griffith e Sennett. I due iniziarono a creare quelle che poi sarebbero state e rimaste nel tempo le migliori opere del cinema americano degli anni '20. La struttura artistica e produttiva americana di stampo hollywoodiano si impose con il marchio di fabbrica di grandi case cinematografiche come la Fox, L'Universal, la Paramount e la First National, che fin da allora furono sinonimo di qualità. Nacquero in quel periodo, i primi divi del cinema. Il divismo era frutto del crescendo di una realtà che sempre più diventava per il pubblico un mondo a se, lontano dalle leggi comuni della società. Il pubblico non distingueva più, così, la realtà dalla finzione, la vita privata degli attori da ciò che era solo frutto del lavoro artistico. La vita e l'arte di apparteneva a questo mondo, si fondevano in un'unica dimensione dell'esistenza. Gli spettatori che affollavano le sale riversavano le proprie preoccupazioni, le proprie angosce e speranze, nel sogno che lo schermo poteva dare agli occhi e al cuore a poco prezzo e la stabilità, la libertà che avevano i registi, gli attori, i produttori, permetteva al grande cinema di distinguersi dalle produzioni fatte solo per "il consumo"; potevano essere così affrontati argomenti d'ogni sorta, c'era una grande varietà di generi e potevano essere affrontati argomenti anche profondi e attuali. Fin da allora poi, nacquero due tipologie di "divo" o "diva". Per intenderci, attori quali Douglas Fairbanks (eroico e cavalleresco) e la moglie Mary Pickford (chiamata anche "la fidanzatina d'america", "la piccola Mary" ed altri appellativi simili) rappresentavano "i buoni" e divennero modello di un certo tipo di americanismo, sia in patria che all'estero, che portò loro grande un grande successo, anche al di là delle loro reali capacità di attori. Furono la prima coppia celebre del cinema americano. Fairbanks era vitale, simpatico, acrobatico e pur se non fu un grande attore, aveva tutte le qualità per essere, appunto, un divo, un personaggio che incarnava il mito dell'autoesaltazione come strumento del successo. La moglie, dal canto suo, fu anche produttrice e fondatrice dello studio cinematografico United Artists e una dei trentasei fondatori dell' Accademy of Motion Pictures Arts and Sciences. Al divismo "buono", considerato "educativo" e che poteva essere "d'esempio agli spettatori", si contrapponeva il divismo "trasgressivo", quello scandaloso, provocatorio, di attori quali Theda Bara e Rodolfo Valentino. Theda Bara fu la prima "vamp" (termine che deriva tra l'altro da "vampire", non a caso). Venne portata al pubblico come la donna tentatrice, la donna fatale e perversa che si diverte a rendere gli uomini suoi schiavi per poi liberarsene una volta conquistata la loro adorazione. Il tutto palesemente progettato, fin dal nome d'arte, fin dal primo ruolo secondario con il quale venne lanciata dalla Fox: un melodramma, "La vampira" (1915), attraverso il quale nacque per l' appunto il suo pseudonimo di Theda Bara, anagramma di "Arab Death". Immagini conturbanti in abiti egizi, contornate da ragnatele e serpenti. Ecco come è nata la "cattiva ragazza" del cinema di quei tempi. E Rodolfo Valentino? Beh, anche chi non è un grande appassionato di cinema, almeno una volta nella vita avrà sentito dire qualcosa che lo riguarda. Ancora oggi è considerato il divo per eccellenza. Latino, passionale, non il "cattivo" in realtà, quanto piuttosto l'uomo fuori dai canoni del tempo, il primo vero sex symbol, il "Latin Lover", con qualità recitative e uno stile inconfondibile ammirato da tanti grandi del cinema, tra i quali anche Charlie Chaplin. Bello e provocatore, ballerino eccelso e grande attore, venne ben presto consegnato alla leggenda come "il divo insuperabile". Il marchio di fabbrica hollywoodiano, con la sua adattabilità di temi, la sua qualità palesata, la sua meccanizzazione a livello di "industria cinematografica", si considera essere stata rappresentata al meglio dal regista Cecil Blount De Mille che passò da opere drammatiche a film passionali che diedero il via alla "commerdia libertina" e posero le basi per i successivi "anni folli", per poi occuparsi di western ed altri temi leggeri e ricambiare, ancora, proponendo "I Dieci Comandamenti", un film biblico di grande spettacolarità, senza lasciare da parte però le sue produzioni drammatico-passionali. Il cinema di De Mille porta gli spettatori, in ogni caso e al di la' delle tematiche trattate, fuori dalla realtà; ipnotizza il pubblico, addirittura troppo preso dalle immagini che scorrono, per poter avere il tempo di riflettere sulle tematiche che gli vengono proposte.

Charles Spencer Chaplin
Charles Specer Chaplin. Anche lui si affermò negli anni dieci. Iniziò dal teatro - come anche altri del resto – e giunse al cinema muto nel 1914, lavorando per Sennett. Con il cinema poteva finalmente dar libero sfogo a tutto ciò che il teatro, per tempi e spazio, non poteva consentire. Il personaggio che lo rese celebre, Charlot, ebbe una sua evoluzione, fino al perfezionamento raggiunto dall'attore nel 1915, quando Chaplin smise di lavorare con la Keystone di Sennet e firmò un contratto con la Essanay che gli permetteva di scrivere e dirigere i propri film. In questo passaggio la comicità esteriore si fa più profonda e porta al personaggio quella velata amarezza che non vuole nascondere gli aspetti più negativi della società e della realtà. Nel 1916 Chaplin passa alla Mutual e con questa casa di produzione il personaggio di Charlot perde totalmente il carattere della "macchietta". La poesia di Chaplin non ha più limitazioni e diventa simbolo di contestazione verso il sistema borghese e capitalistico, non si tratta più di sola satira di costumi e umorismo, bensì di un personaggio che ha le sue radici nel giudizio della società e della politica, un personaggio ideologico che mette in risalto tutte le contraddizioni di quei sistemi che contesta. Chaplin non smette mai di far evolvere il suo personaggio e successivamete, pur mantenendo lo schema del film comico e pieno di gag, il sentimento prende il sopravvento, il nucleo del dramma non è solo la solidutine di Charlot e la critica, la satira, prendono forme umanamente più dolci, nonostante non manchi mai, in ogni caso, l'accenno alla critica stessa. Charlot si raffina nel tempo anche dal punto di vista stilistico e pur mantenendo come base la mimica del personaggio, lo spessore psicologico del personaggio si fa sempre più nitido, le tecniche espressive sempre più fini e si arricchiscono così anche le ambientazioni e la tempistica, che diviene sempre più ritmata e scorrevole. Con l'arrivo della crisi del 1929 Charlot riacquisisce le sue caratteristiche principali, con opere comico-politiche di stampo chiaramente satirico (v. "Tempi Moderni", 1936). Trovandosi nel mezzo della prima e della seconda guerra mondiale, Chaplin riesce con le sue opere a concludere il ciclo di tutto il lavoro precedentemente proposto con il personaggio di Charlot. Nell'alta tensione internazionale degli anni appena precedenti al '40, progetta una continuazione del personaggio che si rivelerà poi con l'uscita de "Il dittatore" (1940), la prima esperienza di Chaplin nel cinema sonoro. Nel 1947 esce "Monsieur Verdoux" e il personaggio di Charlot è sostituito appunto dal sig. Verdoux: cinico, egoista, avventuriero e cattivo, Verdoux è il simbolo della perdita dei valori morali dell'umanità, amarissimo ritratto di un mondo in cui l'interesse dei singoli o di un gruppo prevale su qualsiasi cosa, un mondo in cui il delitto è diventato solo un mezzo del potere, giustificabile, per gli assassini, come se nulla fosse. Nei periodi successivi escono film legati alle esperienze personali di Chaplin ("Luci della ribalta", 1952 - "Un re a New York", 1957 e "La contessa di Hong Kong", 1967). "La contessa di Hong Kong", tra l'altro, è l'unico film da lui creato e diretto in tempi recenti, in cui egli stesso non appare come attore, il suo unico film a colori e l'ultimo film della sua incredibile carriera di attore e produttore. E' un film in cui i protagonisti sono la nostra meravigliosa ed eterna Sophia Loren e il grande, memorabile, Marlon Brando. Da sottolineare inoltre, è che Chaplin è sempre stato anche il creatore delle musiche presenti nelle sue produzioni. Un artista a tutto tondo, che è stato e rimarrà sempre unico, conosciuto da tutti ma non abbastanza (nei tempi d'oggi) è diventato modello difficilmente superabile di arte pura, leggera e brillante, senza sconti e in continua fase di trasformazione, proprio come il mondo che lo circondava. In una posizione di unicità, rispetto allo sfondo delle produzioni hollywoodiane.

Per quanto riguarda invece la storia professionale di Eric von Stroheim, si parla di un uomo fortemente influenzato dal fascino che aveva, rispettivamente, per il mondo aristocratico e per quello militare. Figlio di un cappellaio viennese ebreo, egli si ritagliò inizlamente ruoli da "rampollo aristocratico", ebbe poi molti ruoli in cui interpretava ufficiali di vario grado dell'esercito americano e, durante la seconda guerra mondiale, diversi furono anche i ruoli in cui interpretava ufficiali nazisti. Il suo stile e il suo carattere rigido si adattavano bene a ruoli duri e divenne così, in quel periodo, la rappresentazione cinematografia del cattivo per eccellenza. Alcune scene da lui intepretate come soldato tedesco, tra l'altro, suscitarono grande scalpore e sdegno nell'opinione pubblica. Questo però era il suo ruolo. In un' America oramai in guerra, egli doveva portare al pubblico l'immagine del cattivo contro il quale il Paese stava combattendo. Stroheim fece molta fatica ad iniziare la carriera di attore, anche se poi, tra altri e bassi, fu interpete di molteplici pellicole. Quando poi si dedicò alla creazione e alla regia (una volta finita la guerra e con la fine delle richieste di attori che interpretassero quel tipo di ruoli), riscontrò sempre grossi problemi con i produttori, poiché era tanto pignolo, duro e maniacale si può dire, da metterci ore ed ore ed ore già solo per girare una scena di apertura. Questo lo screditò parecchio naturalmente, poiché i suoi lavori da regista risultavano troppo lunghi e costosi, ache se essendo a corto di offerte talvolta riuscì a risollevarsi con lavori più adatti al cinema hollywoodiano, per poi ripiombare nelle problematiche con i produttori una volta riottenuta carta bianca. Per intenderci, uno dei suoi lavori, arrivò a durare otto/dieci ore e fu integralmente proiettato una sola volta in forma privata, per poi essere tagliato dai produttori fino a una durata di due ore e rivenduto come film di serie B (cosa che ovviamente non fece piacere al suo creatore, ma appunto, questo suo modo di girare, fu in sostanza la sua rovina come regista). Dopo diversi tentativi di proporre questo suo anomalo ma allo stesso tempo geniale e titanico stile, si dedicò di nuovo solo alla recitazione e negli anni ebbe ruoli talvolta nella scrittura di sceneggiature o altri lavori come il tecnico, l' aiuto regista ecc... E' stato definito in sostanza un altro grande della storia del cinema, capace di creare capolavori riconosciuti quali "Rapacità", nel quale realismo e mertafore visive si fondevano in un'unica cosa, con la ricostruzione scenografica in studio, tra l'altro, di un'intera strada di San Francisco dell'ottocento, curata nei minimi dettagli. Usando, a differenza della gran parte dei registi americani del tempo, la profondità di campo, egli creò sfondi ricchi di dettagli, meno facili da accogliere per lo spettatore ma più ricchi di significati diversi tra loro, anche contrapposti a quelli portati dalle immagini in avanpiano. Nel 1955, Abel Gance – regista, attore, sceneggiatore, produttore e montatore cinematografico fancese – disse di lui: "Un genio, un uomo di immense capacità che è stato messo nell'impossibilità di nuocere, costretto per vivere a fare l'attore agli ordini di registi mediocri."

lunedì 6 giugno 2016

La storia del cinema (parte 1): dai fratelli Lumière al western americano

I fratelli Lumière
Stavo pensando a tanti film che mi sono piaciuti, a quelli che ho adorato a quelli che proprio non mi hanno convinto. Ho pensato a grandi registi, attori e attrici, al grande lavoro che c'è dietro a ogni film che vediamo, a quante persone al mondo vedono film ogni giorno; mi sono venuti in mente i fratelli Lumière e così mi sono detta: ma poi? Dopo di loro che è successo? E qui è partita la ricerca che tenterò di condividere con voi al meglio. In effetti, addetti ai lavori e studenti/ studiosi del settore a parte, credo siano rare le persone che conoscono quello che è stato il grande percorso che ha portato fino ad oggi, dunque, eccomi qui a riassumere il più possibile quel che ho scoperto nelle mie ricerche, con un primo articolo dedicato, a cui seguiranno poi altri articoli.

I fratelli Lumière - Louis e Auguste - furono i primi, alla fine del 1895, a far scoprire il cinema al pubblico e questo lo sappiamo più o meno tutti. Come naturale che sia, non è che la cosa sia nata all'improvviso e i due fratelli, prima di questa prima proiezione, sperimentarono a lungo, si impegnarono in messe a punto e richerche tecniche fino a che Louis riuscì a creare l'apparecchio da cui tutto è iniziato: il Cinematografo. L'apparecchio aveva le funzioni di ripresa e riproduzione di immagini fotografiche animate; era azionato a manovella e consentiva la riproduzione delle immagini per un tempo abbastanza lungo da rappresentare azioni compiute e continue. Vista la scoperta ed essendo consapevoli di quanto potesse avere successo una tale innovazione, i fratelli Lumière, si cimentarono nella commercializzazione su vasta scala della loro invenzione, ottenendo, fin dal primo spettacolo del dicembre 1895, un grande riscontro da parte del pubblico. Nelle prime proiezioni lo spettacolo era costituito da una serie di brevi film di un minuto o poco più ciascuno, per un totale di mezzora di spettacolo intervalli compresi ed era costituito da scene familiari, di attualità, piccoli sketch comici e informazione documentaristica. Immaginate lo stupore degli spettatori. Noi siamo abituati al grande cinema, ma pensate a quei primi spettatori, alla loro meraviglia, la curiosità, le emozioni, nel vedere per la prima volta nella storia, persone ed oggetti, la realtà, enfatizzata nei dettagli drammatici come in quelli comici, riprodotta sotto forma di spettacolo animato. La cinecamera era fissa e sembrava proprio essere come una porta aperta su un mondo fino ad allora sconosciuto. La produzione dei due fratelli si intensificò tra il 1895 e il 1899 e si concentrò soprattutto sull'informazione alternativa, non pilotata, e documentaristica. Nel 1896 assunsero alcuni fotografi e questi signori avevano il compito di assicurarsi della corretta riproduzione degli spettacoli e allo stesso tempo di catturare fotograficamente scene, panorami francesi, stranieri ed esotici, durante la loro permanenza nei diversi luoghi dove lo spettacolo veniva proposto. Nacquero così anche la "carrellata" e altri effetti cinematografici inventati da Eugène Promio, un operatore francese d'origini italiane, che studiò questi espedienti tecnici durante le riprese di alcuni film girati in differenti parti del mondo. Andando avanti il cinema divenne sempre più un mezzo d'informazione, con la funzione di far conoscere luoghi lontani e di presentare fatti di cronaca tramite i primi veri e propri inviati della storia. Iniziò così una folle corsa, la corsa dei vari produttori di film dell'epoca per essere sempre i primi ad arrivare sul posto dove qualcosa accadeva. Questa continua corsa, così intensta, portò poi alla riproduzione di fatti accaduti realmente, d'attualità e cronaca appunto, in scenari ricostruiti in studio. Anche l'illusionista francese Geroge Méliès rimase ammaliato dal cinematografo, poiché vide nella macchina la possibilità di riprodurre illusioni che aveva già proposto a teatro. I fratelli Lumière però decisero per questioni commerciali e di profitto di non vendergli il Cinematografo e Méliès, nel 1896, costruì un proprio apparecchio (il Kinetografo), dando il via a spettacoli di fotografie animate, non molto lontani - per il primo anno di attività cinematografica - dai primi lavori dei Lumière. L'anno successivo però, fece un balzo di qualità, aprì un vero e proprio studio cinematografico con il quale realizzò poi "film con trucchi", che diventeranno la sua specialità ed erano sostanzialmente una continuazione e un'amplificazione del suo lavoro teatrale. L'illusione ottica, la meraviglia, il mistero, erano alla base dei suoi lavori teatrali e il cinema permetteva di amplificare tutto questo. Fu Mélies, in questo senso, a dare vita allo spettacolo cinematografico. Furono girati negli anni diversi film fantastici, d'avventura e anche comici, continuò la produzione del cinema a trucchi portando le sue illusioni in scena e rispetto agli altri aveva anche tecniche e approcci diversi. I suoi film erano più lunghi, suddivisi in scene ed episodi, erano ricchi di ambientazioni e personaggi e lo schema era tratto dal dramma tradizionale o dal romanzo d'avventura, con uno stile di recitazione molto teatrale da parte degli attori. Gli stessi fratelli Lumière riconobbero Mélies come il creatore dello spettacolo cinematografico che avrebbe dato i natali a tutte le successive produzioni. Nonostante ciò, nel 1912, la sua produzione si fermò a causa delle grandi case cinematografiche che non lasciavano più spazio ai produttori indipendenti e alle piccole case. Nei primi quindici anni dalla creazione del Cinematografo, il cinema si era già evoluto in qualcosa di molto più ampio, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista commerciale. Nacque in Francia, Stati Uniti e in Gran Bretagna, una vera e propria industria del cinema, con produzione e distribuzione delle pellicole. Il cinema continuò ad arricchirsi, visto il grande gradimento del pubblico, grazie ai produttori e naturalmente ai creatori dei film e così nelle principali città vennero aperti numerosi studi. Il primo grande industriale cinematografico, che creò a partire dal 1896 un vero e proprio impero di produzione, distribuzione e noleggio dei film, fu Charles Pathé, per molti anni dominatore del mercato mondiale (in particolare tra il 1903 e 1909). Tra i suoi primi collaboratori vi fu Ferninand Zecca (relizzazione, supervisione, produzione dei film e creazione di un'equipe di persone specializzate: registi, operatori e tecnici). Insieme, i due, daranno vita a film di ogni genere. Pathé cominciò a ridimensionare il suo impero intorno al 1918, pressato dalla concorrenza e nel 1929 decise di ritirarsi. Nel frattempo, nel 1895, anche Lèon Gaumont aveva dato vita alla sua società di produzione. Precedentemente impiegato in una fabbrica di materiale ottico e fotografico, intraprese la via delle grandi produzioni cinematografiche; inventore e costruttore di apparecchi di proiezione e cineprese, commercializzò anche macchine di altri inventori e la sua modalità di commercializzazione era ben precisa: la vendita di ogni apparecchio era accomagnata da pellicole dimostrative, che tra l'altro erano create dalla segretaria della società, Alice Guy, considerata la prima regista donna. Nel 1911, il Gaumont Palace di Parigi divenne la sala cinematografica più grande al mondo, con 3400 posti a sedere. Nel 1930 la società venne messa in liquidazione e riaperta con nuovo nome nel 1938. Accanto alle grosse produzioni, si mantennero comunque attive produzioni meno spettacolari, con scenografie meno costose, a cui però partecipavano attori di fama e letterati. Al centro di queste produzioni c'era l'attenzione per lo spettacolo cinematografico in se, l'evoluzione dell'espressione artistica (oltre che tecnica). In particolare con Emile Cohl, Max Linder, Louis Feuillade e le loro produzioni nei primi decenni del novecento, si ebbero le maggiori novità dal punto di vista artistico/espressivo. Negli Stati Uniti invece fecero da pionieri Thomas Edison (inventore, tra le altre cose, del Kinetoscopio e fondatore della sua casa di produzione, la Edison appunto), William Kennedy Dickinson (casa di produzione Biograph), Stuart Blackton e Albert E. Smith (fondatori della Vitagraph). L' approccio americano però – più che in altri Paesi – fu fin dall'inizio palesemente speculativo, perciò per diversi anni le produzioni americane non riuscirono ad avere una struttura tecnico/artistica che gli permettesse di realizzare produzioni di qualità come invece accadeva in Francia. Visto lo svilupparsi di una vera e propria guerra ai brevetti, durata negli Stati Uniti fino al 1908, nel 1909 venne fondata la "Motion Pictures Patent Company", che raggruppava le sette più importanti case produttrici americane (Edison, Biograph, Vitagraph, Essanay, Selig, Lubin e Kalem) e che aveva lo scopo di mettere ordine nel settore, eliminando anche le piccole case indipendenti che venivano inglobate dalle grandi case. Fu dal 1905 in poi che la produzione statunitense cominciò a prendere una reale forma, con la costruzione di sale specializzate. Anche in America le produzioni si concentrarono inizialmente sull'attualità, sulle pellicole comiche, storiche, avventurose o documentaristiche, con micro film che messi insieme porgevano all'attenzione del pubblico uno spettacolo di circa mezzora, come accadeva in Francia. Il primo esempio di cinema narrativo per come viene inteso ancora oggi però, è attribuito proprio all'americano Edwin Porter, che realizzò il progetto per Edison nel 1902. Le immagini documentaristiche dell'intervento di una squadra di pompieri, vennero unite alla storia di una mamma e del suo bambino: in pericolo tra le fiamme in cui viene avvolta la loro casa, c'è una successione di momenti di tensione, che porta infine al salvataggio di entrambi. Happy Ending. Pur non utilizzando ancora le techiche di montaggio e varietà di piani che verranno usate in seguito, Porter diede una svolta essenziale al cinema americano e ancora di più e in modo decisivo lo fece con le produzioni successive. Si devono a lui i primi film con suspance, i primi prototipi di western, le prime storie di gangster e le prime narrazioni di dramma sociale. Se la Edison puntava molto sulla messa in scena della realtà, la Vitagraph si sviluppò maggiormente nella direzione della qualità tecnica e Stuart Blackton fu infatti un grande esperto di cinematografia e un grande sperimentatore. La tecnica a scatto singolo, con la quale è possibile animare oggetti inanimati, deve la sua diffusione ai suoi film d'animazione e fu il successo dei suoi lavori a spingere anche altre case di produzione a dedicarsi al ramo del disegno animato. Negli anni la Biograph aumentò le sue produzioni affiancando la Edison per tipologia e generi. Furono proprio le due case a porre le basi dell'odierna Hollywood. Fu in quel periodo infatti che i produttori cominciarno a girare film in esterna e la California, Hollywood, con il suo clima più mite, era la meta ideale degli addetti ai lavori e portò così truppe di registi, attori e operatori a radunarsi per lavorare sulle coste californiane. Da segnalare assolutamente è inoltre il lavoro del regista David Wark Griffith (Biograph) che, ancora in piena corsa ai brevetti, fu artefice di un cambiamento fondamentale: cominciò a considerare il cinema un'arte e non un oggetto di consumo. Il suo approccio diverso , i suoi lavori, il buon fiuto nello scovare talenti tra gli attori e il suo modo di dirigerli, lo misero in tempi brevi in primo piano, per quel che concerne la storia del cinema. Introdusse forme espressive nuove, elaborate, trasformò l'idea di cinema per come era stata concepita fino a quel momento dagli altri registi e produttori. Per lui il cinema era un linguaggio artistico ed espressivo autonomo, la psicologia dei personaggi era accurata, umana, i personaggi non erano più solo "mascherine", bensì uno specchio realistico dei sentimenti del pubblico. Dalla Biograph passò poi alla Mutual, ottenendo ancora grandi successi e ponendo le basi espressive per rendere il cinema l'arte popolare che è tuttora. In Europa nel frattempo il cinema continuò il suo sviluppo in diversi paesi e in particolar modo in Gran Bretagna con i lavori di George Sadoul e la sua "scuola di Brighton". Quest'ultima, aveva come principali caratteristiche l'utilizzo dei primi piani e dei montaggi alternati. Prima ancora di Sadoul, fondamentali furono anche i lavori di Robert William Paul, che partendo da film semplici sullo stile dei fratelli Lumière ampliò gli orizzonti del paese verso nuove direzioni, producendo anche quello che viene considerato il primo film comico britannico. Paul sul fronte dello spettacolo cinematografico, James Williamson e George Albert Smith – sempre della scuola di Brighton – sul fronte del realismo, diedero così i natali alle produzioni più innovative. Nonostante ciò, nemmeno in Gran Bretagna, come negli altri paesi europei, vi fu un reale salto di qualità. Per vedere l'affermarsi di alcune realtà cinematografiche nazionali (Italia, Danimarca, Svezia, Germania, Spagna ecc.) si dovrà attendere a lungo, ovvero gli anni appena precedenti alla prima guerra mondiale. In Italia, ad esempio, le prime produzioni sono considerate "ambulanti", in quanto erano perlopiù spettacoli da fiera e ad ogni modo la produzione era perlopiù francese (nonostante l'italiano Filoteo Alberini avesse brevettato nel 1895 il Kinetografo). Aprirono diversi anni dopo le prime sale e nel frattempo Alberini e Santoni, diedero i natali a "Il Primo Stabilimento di Manifattura Cinematografica Alberini e Santoni", trasformata l'anno dopo nella "Cines", che diventò in seguito una delle più importanti case di produzione italiane. In contemporanea, in Francia e Stati Uniti, nacquero nel 1913 i "serials". Vi fu, in sostanza, un passaggio dalla carta stampata allo schermo di quel tipo di narrazioni a puntate che erano così diffuse sui giornali e che sempre più avevano avuto successo negli anni. In breve tempo i serials si diffusero diventando addirittura una moda. Per quanto riguarda il cinema d'oltre oceano, fu il western a diventare il genere americano per eccellenza, soprattutto con l'arrivo degli anni dieci e Thomas Harper Ince ne fu immediatamente il rappresentate più qualificato. Con il western il pubblico poteva apprezzare l'apertura dell'uomo verso spazi infiniti, l'azione, il sentimento storico di un tempo non molto lontano e il richiamo alla tradizione culturale e alla letteratura. Per questi motivi la gente lo amò fin da subito. Dopo il 1912 Ince, dopo centinaia di film, lasciò il testimone ad altri registi e in particolare a Ford, Barker e Hart. Hart, come attore e regista, fu per anni il simbolo del West e i suoi film furono spesso prodotti in collaborazione con Barker. Ebbero comunque una rilevante supervisione da parte dello stesso Ince, che in sostanza divenne il terzo grande del cinema americano accanto a Sennett e Griffith.