sabato 31 agosto 2013

"La vedo, la tua voce"


Era il silenzio assoluto; nemmeno il volo di una mosca nella testa di Giulietta. Eppure le era venuto il mal di testa per il gran frastuono. Le luci, i movimenti veloci delle persone, i semafori in continuo scattare di colori, la gente quasi accalcata nel camminare uscendo ed entrando da uffici ed edifici, i negozianti    all'opera, l'effetto sardina in metro. Proprio scendendo le scale per raggiungere la linea di metro che le aveva indicato mamma, notò a poca distanza un gruppo di studenti più o meno della sua età. Parlavano tra loro, scherzavano, forse urlavano nello scherzare perché il signore in parte a loro aveva abbozzato una strana espressione, poi bloccata dal suo improvviso sentirsi osservato, per quel nano secondo, proprio da Giulietta, nell'incrocio fortuito di sguardi. Era abituata a girare per città sconosciute, le era sempre piaciuto prendere il pulman o il treno e andare a visitare posti nuovi; spesso ci andava da sola perché diceva sempre che così "notava di più i dettagli", però le piaceva anche andare in giro con i suoi genitori nei fine settimana. Due personaggi pazzeschi i suoi. Li adorava. Sarebbe stato il primo giorno nella nuova scuola. Frequentava il liceo scientifico - il quarto anno - ed era un piccolo genio; sognava di diventare biologa marina e lo sarebbe diventata di certo. Arrivata a scuola si diresse tutta contenta verso l'ingresso e senza accorgersene urtò lo zaino posato a terra di un ragazzo. Non aveva visto ne lo zaino ne il ragazzo e tanto meno tutto ciò che aveva intorno. Gli studenti, i professori, il personale, non vedeva niente. Era tanto contenta di ricominciare la scuola dopo due settimane di fermo per il trasloco che non stava più nella pelle.

- Ehi! ehi! occhio! - aveva esclamato il ragazzo notando che Giulietta non si era accorta di nulla.

Jimmy si aspettava che si girasse, accennasse uno "scusa" o un sorriso. Niente. Giulietta aveva continuato imperterrita a camminare con passo deciso. Lui però era curioso, aveva capito che era nuova, non l'aveva mai vista prima ed era tanto carina che di certo l'avrebbe notata se non lo fosse stata.

- Ehi! - esclamò ancora sorridendo dopo aver preso lo zaino quasi correndole dietro - ehi! fermati! - voleva presentarsi ma Giulietta continuava a camminare veloce e sparì dietro un gruppo di persone appena entrata nell'edificio.

- Che modi... mi ha ignorato completamente. Non la mangiavo se si girava... bha...

Giulietta subito aveva trovato la sua classe. C'era solo la professoressa che la guardò  e subito chiese:

- Sei la ragazza nuova?
- Sssi.  - rispose lei piano, sorridendo.
- Siediti dove preferisci, dove sei più comoda ok?
- Si. Ggrazie. - Giulietta aveva già compreso che si trattava di una donna dolce. Le bastava guardare lo sguardo di una persona, le sue movenze, per capirlo.

Entrarono gli altri ragazzi. Giulietta si guardava intorno e loro la guardavano chiedendosi da dove arrivasse, qualcuno stranito, qualcun altro entusiasta.

Capì che non stavano facendo un gran casino. Doveva essere una classe abbastanza tranquilla.

Entrò un altro ragazzo ed era proprio Jimmy. Giulietta era girata verso la finestra, stava ammirando un po' persa le fronde degli alberi. Le trasmettevano un senso di pace infinita.

- Ehila... eccoti qui fuggitiva! - affermò appena entrato sempre sorridente.

Giulietta non si girò e lui le si piombò di fronte.

- Perché mi ignori? ti ho chiamato anche prima sai?

Giulietta stupita dalla sua apparizione improvvisa chiese:

- Ppuoi rripetere? ho perso un passagggio - rise.
- Come hai perso un passaggio? ... comunque, dicevo che mi hai ignorato anche prima, ti ho chiamato perché ho capito che sei nuova e nel passare
avevi urtato il mio zaino così volevo presentarmi.
- Ah, scusa, nnon ti ho visto... - disse dolce.
- Ho notato! eh eh! io sono Jimmy.
- Giulietta, piacere.
- La profe è uscita un attimo eh eh... qui parlano tutti, parliamo anche noi!
- Sssi, certo.

Le era passato il senso di frastuono. Il viso dolce del nuovo compagno di scuola l'aveva allietata.

- Posso chiederti una cosa? - propose Jimmy girando la testa per un attimo verso gli altri.
- Come scusa...? ho di nuovo perso il passaggio.
- Cosa... significa che perdi il passaggio? e ... scusa se te lo chiedo, è giusto per sapere... sento che parli un po' strano... come mai?
- Pperrdere il passagggio per me vuol dire che non ssono riuuscita a legggere le labbra del mio interlocuutore perché non era rivollto verso di me e uhm parlo sstrano perché nnnon mi sento. O meglio, non sento nulla! ah ah! - Giulietta si era messa a ridere di gusto, era sempre stata molto auto ironica. Aveva due occhi grandi azzurro cielo e quando rideva le si illuminavano ancor di più.
- Dunque sei sordomuta giusto? - sorrise Jimmy.
- Eh già, pperò non faccio ffatica nelle scuole normali. Leggo le labbra, ppreferisco.
- Beh, meglio così in effetti! - sorrise Jimmy - Beh, posso dirti subito una cosa allora.
- Cosa?
- Hai una voce splendida. - Jimmy era rimasto colpito ancor prima di averle parlato e ora ancor di più.
- Anche tu!  Ah ah! - rispose Giulietta ridente.
- Come anche io? e come fai a saperlo?
- La vedo, la tua voce. Non sso come spiegarlo, identifico la voce nei ggesti, nel modo in cccui una persona si muove, nnnegli occhi. Nello sgguardo e nelle eespressioni del vviso.
- Uau! che storia! eh eh...
- Eh ssi.
- E dimmi... cosa ti piace fare?
- Girare per ccittà che non conosco, legggere, sstudiare, balllare - ma solo per sfogare le enerrgie quando sono a casa e ... la musica, le vibrazioni della musica e ... la natura. Adoro tutto ciò che è oceano, mmare. Vorrei diventare biologa mmarina.
- Fantastico...
- E tu?
- Per ora sono intento a scoprirti... - sorrise e la professoressa entrò.

Giulietta si  era messa in prima fila per non perdere passaggi della lezione, Jimmy era dietro di lei e ancora la guardava. Lei gli fece segno verso la professoressa e poi accennò con la mano un "Dopo continuiamo".

La professoressa iniziò poco dopo a spiegare; sapeva che Giulietta era allo stesso punto del programma anche nella scuola che frequentava prima e che durante le due settimane di fermo aveva continuato a studiare con l'aiuto dei suoi vecchi professori che le inviavano materiale online. Sapeva anche che era un genietto, comunque si assicurò che lei si sentisse a suo agio e le disse di chiedere in qualsiasi momento qualsiasi cosa.

Era l'insegnante di inglese e stava leggendo in quell'istante la poesia di un autore che a Giulietta piaceva da matti. Una poesia meravigliosa.

La bella accoglienza della professoressa prima e di Jimmy poi ed ora la Poesia. Amava parecchio la Poesia.
- Che belle voci... - pensò.

lunedì 19 agosto 2013

La storia della musica, l'amore per la musica

Storia della musica - Il cammino - Lara Aversano

"Stòria della mùsica: disciplina che analizza la musica in senso cronologico, attraverso le epoche e le culture, con particolare riferimento alla musica colta occidentale" (dall'Enciclopedia Treccani online - ndr). Mi è saltato in mente di scrivere qualcosa che riguardasse la musica nei tempi antichi. Prima di iniziare, penso che al di là della musica degli esseri umani, primitiva o recente che sia, i più naturali musicisti sono in effetti gli animali. Un pensiero naturale direi. Gli uccellini, i grilli, le cicale, i delfini e le balene: gli esempi sono infiniti. Gli animali, che per istinto cantano, si lanciano segnali ritmici per comunicare, parlano danzando coi suoni. Se non è uno show meraviglioso questo... Mi domando: esisterà al mondo una persona a cui non piace il canto di un uccellino o di un grillo o di un qualsiasi altro animale? perché se in effetti al mondo non esistesse essere umano a cui non piace almeno uno di questi canti o, magari, la musica prodotta da un ruscello o dalle acque scoscianti di una cascata... allora quando una persona dice: "A me la musica non piace" - che di per sé è già un'affermazione che non riesco a concepire nel mio mondo personale - beh, in ogni caso, mente. "Eh ma non è la stessa cosa" direbbe forse la tal persona, ma pur sempre una forma di musica è no? Ad ogni modo: sappiamo tutti che gli antichi greci sono stati grandi artisti in tutti i sensi, ma non tutti - tranne coloro che hanno studiato greco -  sanno che il termine "musikè" nell'antica Grecia indicava insieme le discipline di danza, musica e poesia. Cosa che in fondo ogni appassionato sente. Quante volte è capitato di dire "la musica è poesia", "la poesia è musica" o simili? Di certo per un appassionato di danza è la medesima cosa. La danza è l'espressione corporea della musica e per sillogismo aristotelico "se la musica è poesia e la danza è musica, allora la danza è poesia" giusto? oppure "se la poesia è musica e la musica è danza, allora la poesia è danza"? (chissà se il filo c'è: da quanto tempo non sperimentavo un sillogismo aristotelico?!?). Comunque sia, i ragionamenti in se filano. Quando studiai (per mia curiosità) la filosofia dei pitagorici, approfondii anche in parte quel che già avevo sentito dire degli stessi riguardo alla musica, vale a dire che i pitagorici - che in pratica cercavano di dare spiegazione a qualsiasi cosa attraverso la matematica - erano grandi appassionati di musica, in quanto forma matematica iper interessante. Non è difficile comprenderne il perché: la musica greca in generale, come quella romana, fu in gran parte persa a causa della trasmissione orale. Ben pochi frammenti sono arrivati a noi; si sa molto di più invece degli studi dei Pitagorici sulla teoria e l'acustica musicale anche grazie al fatto che poi la tradizione della scuola pitagorica è stata portata avanti nel Medioevo da Boezio. Giunsero i primi canti cristiani, i canti gregoriani (chi non ne ha mai sentito parlare?), le prime forme di polifonia, il mottetto (che ho scoperto essere un'antica composizione musicale - vocale o vocale strumentale - di argomento religioso - magari l'avevo pure già sentito, ma chi se lo ricordava?), gli inni latini e la lauda in Italia fino ad arrivare alle composizioni dell'ars nova ovvero le innovazioni in campo musicale riguardanti la teoria, lo sviluppo polifonico e la notazione. La scuola fiamminga, che diede il massimo valore alla musica polifonica e poi il predominio della musica sacra italiana nel Cinquecento. A Venezia poi nacque la prima musica profana in Italia, con Monteverdi all'inizio del Seicento. Il recitar cantando, l'opera, la musica strumentale - dunque le sonate da chiesa o da camera, il concerto grosso e il solistico). Andando avanti con la storia poi si incontrano sempre più nomi indimenticabili, nomi di artisti che - anche per una persona poco appassionata - sono noti. Da Vivaldi a Bach fino Mozart, Chopin, Listz... Nacquero le prime scuole nazionali, fu recuperato il folklore, la storia andò avanti... Personalmente adoro ascoltare un Debussy o uno Chopin di tanto in tanto, così come amo il cantautorato. Amo il punk rock di qualità come amo anche Battiato ad esempio e ho ascoltato durante la mia crescita gruppi di musica tanto diversa e tutta tanto meravigliosa da far venire la pelle d'oca. Dai Pink Floyd ai Doors, dai Led Zeppelin ai Nirvana, da De André al punk rock (di tutto e di più!). Certo ho generi che amo di più e altri meno, ma in sostanza amo tutta la buona musica, così come ogni persona che se ne intende un pochino. Il saper dire "ok, questo non è esattamente il mio genere, ma è buona musica" è veramente bello e non è necessario essere dei professori o dei tecnici per capirlo. Non comprendo personalmente le persone "quadrate", che non riescono ad apprezzare null'altro che un solo singolo gruppo o un solo esclusivo genere musicale. Al di là di ciò, penso che la musica, l'arte - tutta l'arte - sia una cosa innata. Per crearla o per saperla apprezzare, devi prima di tutto averla dentro, come i primi uomini dell'età primitiva, che sentirono l'impulso di battere legno contro legno per creare dei ritmi su cui danzare o emettere suoni. Chi ha l'opportunità di vivere la musica da dentro poi, che suoni o meno, ha davvero una grande, inestimabile fortuna intorno a sé. Perché ho scritto tutte queste cose? Riflettevo, curiosavo, leggevo e così "con - divido. "Senza la musica la vita sarebbe un errore" (Nietzsche, ndr). Davvero non posso immaginare la mia esistenza senza musica, per me è parte naturale dell'albero della vita. Non potrei mai stare senza, è come il respiro.