giovedì 23 giugno 2011

Volo etereo


Mistico e leggero
il respiro velato,
sconvolgente, ardente,
di questo tempo verace
a confronto con il mondo
e con l' epoca del tempo
senza istanti, senza battiti.
E vedo le vostre anime
fatte vive in pulsioni,
urgenze e pensieri,
note e parole,
come fossero elette
in una danza
lieve ma selvaggia,
un fuoco acceso
che grida in pura libertà.
E quasi tremano le mani,
il cuore sicuro
poiché è la dimensione
dell'eterea bellezza
che disseta il sogno
e comprende la realtà.

mercoledì 22 giugno 2011

Alessandro Zannier Ottodix: musica ed arte visiva tra passato e futuro

 "Sogno di un Avatar" backstage


Alessandro Zannier ha avuto fino ad ora una carriera ricca e artisticamente originale e laterale; in effetti, giusto perché non si fa mancare nulla, oltre ad essere un musicista di successo è anche un artista visivo. Il suo progetto "Ottodix" prende il nome dal pittore tedesco che fu esponente di spicco della "Neue Sachlichkeit" ovvero la "Nuova oggettività". Alessandro si forma al Liceo Artistico e prosegue all'Accademia delle Belle Arti di Venezia, si dedica all'arte contemporanea e alla musica portando avanti la viva attività di artista visivo con mostre ed esposizioni e, al tempo stesso, prosegue la sua scalata musicale. E' un personaggio poeticamente interessante, ama Duchamp, esponente del dadaismo e del surrealismo e infine "miccia" portante nell'avvio dell'arte concettuale, è affascinato dalle atmosfere francesi e per mia intuizione ama Baudelaire. L'elettronica lo accompagna da sempre e si sente, ma giustamente il sound degli Ottodix non è "semplice elettronica" bensì un germoglio nuovo, nato tra il synth pop d'ispirazione wave elettronica e l'amore per la musica d'autore. Nel 2002 Zannier esordisce duettando con Carlo Rubazer in qualità di autore, tastierista e backing vocal. L'anno dopo pubblica il suo primo singolo "Fuori Orario" e il cd "Corpomacchina" a cui seguirà un tour. Dal 2005 in poi Alessandro prende in mano le redini dei suoi progetti in totale indipendenza ed inizia la collaborazione con Garbo, che gli affida il riarrangiamento in chiave elettronica del suo live. Nel 2006 inizia dunque il "Gialloelettrico Tour" e XL di Repubblica segnala il pezzo "Pensieronero" per la gran quantità di download. Il 2006 porta alla nascita il secondo album "Nero" e il video del brano "Ossessione" viene trasmesso sulla "vecchia" All Music spiccando poi sul sito di Mtv per uno special di "Scommettiamo su...". Segue un doppio cd in tributo a Garbo realizzato in collaborazione con Boosta (Subsonica), Krisma/Battiato, Andy (Bluvertigo), Meg, Baustelle, Delta V, Madaski (Africa Unite) e l'ex vocalist dei Delta V G. Kalweit. Nel video di "Grandi giorni" (2007) Alessandro duetta con Garbo stesso. Il video di "Cuore/Coscienza" tratto da "Nero" è realizzato nelle scenografie, nei disegni, nei costumi, nella preparazione in studio e nel montaggio, dallo stesso Alessandro Ottodix (che oltre ad essere il nome del gruppo è lo pseudonimo di Zannier) affiancato dal regista Maurizio Tiella (di cui potete trovare info sul web senza problemi) e riporta ad un mondo che intreccia passato, presente e futuro, raccontando dell'oramai iper diffusa umanità senza coscienza con relativi orrori e presunti progressi. A seguito della partenza del "Nero Tour '08", tra le cui tappe spicca anche la partecipazione degli Ottodix al "Depeche Mode Party" di Milano, Alessandro riprende a lavorare ad ottobre 2008 con una nuova formazione: Mauro Franceschini (percussioni e tastiere), Rocco Preite (testiere e cori) e Antonio Maser (chitarra). Con questa nuova band inizia un mini tour promozionale con l'uscita del singolo "I fiori del male" in anticipazione all'album "Le Notti di Oz", un lavoro ricco di suggestioni cinematografiche e teatrali, tipicamente Zannieriano. Gli Ottodix si ritrovano dunque a collaborare con Luca Urbani, Garbo e Kalweit. Nel 2009 esce il video di "I-Man" girato da Marco Marchesi. Il singolo viene trasmesso in rotazione su Virgin Radio e Radio 105 e il video gira a Mtv Brand New, AllMusic, MatchMusic e Sky (come top video 2009). Nello stesso anno Zannier viene invitato al Festival Internazionale della Filosofia di Modena in qualità di artista visivo; per l'occasione suona e inaugura la mostra "Sogno di un Avatar", ispirata a "Le notti di Oz". Il nuovo singolo "Strananotte" finisce all'ottavo posto della Top ten Musica Indie e viene realizzato a Zurigo il video del pezzo che verrà promosso attraverso interviste a Radio24, Radio Rai International e altri canali radiofonici. "Joker/MeaCulpa" è il quarto singolo (2010) e il video viene proposto in anteprima esclusiva su "Rolling Stone Magazine" per poi essere presentato proprio al "Depeche Mode Party" di Milano da cui, tramite riprese dei fun, viene realizzato un dvd intitolato "Autbootleg" presentato al M.E.I. 2010. Segue il singolo "Rabarbaro Rabarbaro", una live studio session e la rivista Ascension Magazine, giunta al suo decennale, inserisce "Le notti di Oz" tra i top album del decennio. Cio che è dell' Ora, è il presente:

- Ciao Alessandro... dimmi un po' cosa stai facendo con gli Ottodix e se stai invece portando avanti anche progetti laterali come artista visivo....

"Ciao Lara, piacere. Sto facendo di tutto in questo periodo: in effetti sto ultimando il nuovo album previsto entro l'anno dal titolo "Robosapiens", preparando una personale mostra d'arte che inaugurerò a Marsiglia il 20 settembre con lo stesso titolo e mettendo a punto una difficile, estenuante quanto esaltante, versione live teatrale/multimediale di "Le Notti Di Oz" assieme alla band che ieri sera è andata in scena in anteprima, a porte chiuse, per un pubblico di addetti ai lavori interessati al progetto e ripresa da Uno TV (che produce lo spettacolo), dal titolo "Sogno di Un Avatar". E'un sogno che si sta realizzando a cinque anni dalla stesura della fiaba-soggetto e del concept album omonimi, anche grazie al lavoro di riscrittura fatto dalla compagnia Ailuros e dalla regista Barbara Riebolge che ha capito subito il mio immaginario."

- Nei tuoi asseblaggi mi è sembrato di scorgere un certo amore per la  "scomposizione picassiana"", ma anche nei progetti grafici se non erro... per certi versi mi hai ricordato anche Dalì... o sbaglio? Il tutto accompagnato da suggestioni in stile avanguardistico...

"E' una domanda a cui è complicato dare una risposta. Di certo il mio amore per le avanguardie storiche è noto, anche nei videoclip e soprattutto nello spettacolo ora citato. Sicuramente ho fatto mie delle scomposizioni picassiane, ma sono oramai patrimonio comune degli artisti nati dopo di lui. Riguarda soprattutto la mia produzione grafica legata a ritratti immaginari, in cui da tempo adopero la sovrapposizione di differenti connotati ad un unico soggetto-azione. Più volti in uno, più maschere sociali, più sguardi. Magari uno ufficiale davanti alla "camera" ed altri che scappano altrove rivelando altre personalità e spesso dei mostri.  Come per tutta l'arte contemporanea, finita la corsa al nuovo e agli "ismi" si attinge alla sconfinata tavolozza degli stili in funzione di un proprio concetto personale. Ecco perché non mi sento di sovrapporre il mio percorso in modo così netto nella direzione di un Picasso o di un Dalì, quest'ultimo, sinceramente, abbastanza lontano dal mio mondo. In ogni caso mi sembra anche strano sentirmi rapportato a personaggi di tale levatura. Forse Duchamp è l'unico vero faro, in quanto per  sua stessa definizione "anartista". Saltava tra gli "ismi", ne carpiva l'estetica piegandola alla sua personalissima ricerca e poi ne fuggiva, ma fuggiva anche dal mondo dell'arte dedicandosi agli scacchi per anni e anni, irridendola, mentre quest'ultima lo celebrava. Ammiro la sua ironia del lasciare il segno nei dibattiti, ma del "chiamarsene fuori". Il suo stile di vita è sicuramente una grande fonte d'ispirazione, prima ancora del suo fare arte. Ma questi sono mostri sacri, non sono certo l'unico a pensarla così."

- Dimmi un po' del progetto  "Fear: generatore di paura  "...

"Fear è un progetto nato prima per iscritto, poi realizzato secondo i rigorosi dettami di disegni tecnici fatti a mano. La vera opera è il testo scritto che illustra la costruzione di cinque "macchinari emotivi" allegorici. Un generatore centrale di energia neutra, dalla forma di una campana di plexiglass trasparente, con all'interno due organismi gemelli e speculari divisi da uno specchio che si contendono uno spazio producendo attrito, quindi energia. La paura del proprio simile, la contesa dello spazio, generano scontro, attrito, paura, ma se ben incanalate anche curiosità e creatività. Questa grande macchina "celibe" centrale alimenta simbolicamente due marchingegni positivi (creatività ed eros) e due negativi (omicidio e invidia), a loro volta aventi un funzionamento interno. E'stata creata in un periodo in cui realizzavo assemblaggi in materiale povero: legno, corda, carte, gomme, metallo ed oggetti, con una figurazione a metà tra l'astrazione e la scultura organica/concreta.  Da sempre comunque, lavoro sul dualismo tra meccanismo e sentimento, tra organico e inorganico, tra virtuale e reale, tra artificiale e naturale, soprattutto quando le differenze cominciano a non percepirsi più e vengono esaltati i paradossi etici di queste delicate relazioni. Il progetto è poi stato apprezzato e referenziato da Achille Bonito Oliva nel 2005, anno in cui l'ho esposto per l'unica volta."

- Musicalmente quali sono stati i tuoi ispiratori, oltre ai Depeche Mode e.. forse a Bowie?

"Beh, certo sono due nomi di punta, sento poi una specifica affinità elettiva col mondo sonoro di Martin Gore. Aggiungerei il periodo del trip hop di Bristol (Massive Attack e Tricky su tutti), ma anche la straordinaria Goldfrapp del primo album, i Tuxedomoon e gli Einsturzende, certe colonne sonore e, andando all'infanzia, i Beatles. Chi cresce conoscendo bene le strutture melodiche e il mondo onirico di questi quattro signori ha in mano praticamente tutti gli archetipi della musica pop in pochi album."

- Che direzione hai deciso di prendere per il prossimo album? e quali sono state, secondo te, le evoluzioni di Ottodix negli anni?

"L'ultimo album sarà sicuramente e volutamente più pop, ma pieno di letture sotto traccia. Lo volevo più scorrevole all'apparenza, con molta elettronica nuova e retrò, effettistica da fanta film vintage, theremin e quant'altro. E'comunque un album tematico, ma non un concept come "Le Notti Di Oz". Ho iniziato a scriverlo nel 2008 quando ancora stava per uscire Oz ed ora ha trovato una sua forma compiuta, quasi interamente ispirata alla fantascienza classica dagli anni '50 agli '80, usata come allegoria per studiare le generazioni dai trentenni ai cinquantenni di oggi, cresciute col mito del futuro, della tecnologia, dei robot giapponesi, della corsa spaziale ed ora destabilizzate dall'accelerazione che il futuro stesso ha avuto, con le sue chimere e lusinghe. E' dedicato alla generazione dei disillusi e degli indecisi perpetui, degli insoddisfatti. La mia. Dirai "e che c'entra la fantascienza?"... Ascolta e mi dirai. Si intitolerà "Robosapiens", come un giocattolo in voga anni fa."

- Credo di poter intuire la risposta ma... ti senti più artista visivo o più musicista?
  
"Mi sento un artista contemporaneo, quindi abbastanza libero dalle definizioni di genere."

- Come pensavo... L'uomo Alessandro Zannier. Racconta chi sei.....

"Sono uno che guarda avanti, ma che non riesce ad abbandonare nulla per la strada; spesso è un problema e mi destabilizza. Vorrei fare stare nella mia valigia vecchi ideali, vecchie scommesse, vecchie amicizie,  interfacciate perfettamente con quelle nuove e future. E'molto difficile, ma è pur sempre uno scopo, un progetto. Senza progetti non saprei stare. Sto lavorando in modo schizofrenico e anarcoide, saltando da una parte all'altra per testare la tenuta di certe mie convinzioni, nell'attesa di arrivare a vedere un disegno d'insieme. E'come infilare una serie di perle infinite, di valore o meno, cercando di tener presente che la propria etica è il filo unificante e la collana è l'obiettivo finale, la chiusura del cerchio."

- Cosa manca nel mondo e cosa elimineresti?

"Qualunque cosa io risponda sarà una banalità. Direi che manca ancora potere decisionale equi distribuito con le donne. Eliminerei una buona dose di potere dalle mani dei maschietti e lo darei alle donne e alle future intelligenze artificiali, in grado di applicare con matematica precisione la vera equità nel distribuire risorse. Quello delle risorse sarà il problema più grande del futuro imminente. Altro che fantascienza."

- Come definisci la tua lente artistica....?

"Mmm.. ho probabilmente un occhio che è tipico del regista di colossal che usa il grandangolo o il banco ottico; sono affascinato dalle visioni d'insieme. Non sono un artista che lavora nel dettaglio per parlare dell'universale. Piuttosto un artista che è affascinato dal caos, dalla moltitudine di dettagli che compongono un tutto. Mi piace scoprire, suggerire  o immaginare meccanismi generali, disegni più grandi che diano un senso al brulicare delle cose quotidiane."

Alessandro Zannier è un mondo tutto da scoprire. Credo che chi  leggerà quest'intervista se ne renderà conto da se. Ascoltate la sua  musica, indagate la sua arte, guardate nella sua lente, ve lo consiglio.


Link:

@Lara Aversano

martedì 21 giugno 2011

Calchi


Grigiastro è il sibilo dei calchi,
che stridono imperterriti sbattendo,
spalla contro spalla, nell'indifferenza.

Svuotati del contenuto, sono nati
nel tempo del falso progresso.
Si stanno perdendo
il tempo dell'amore e il tempo dell'affetto.

mercoledì 15 giugno 2011

Intervista: Sergio Endrigo raccontato dalla figlia Claudia


Pola (attuale Croazia, nel 1947 era capoluogo dell'Istria), 15 giugno 1933: nasce Sergio Endrigo, uno dei grandi padri della musica italiana. Romeo Endrigo e Claudia Smareglia danno vita a un uomo che regalerà un mondo a generazioni e generazioni di giovani e meno giovani. Il padre di Sergio diviene uno scultore molto conosciuto nella sua città tanto che se uno di noi si ritrovasse a visitare il cimitero di Pola potrebbe ancora ammirare le sue sculture e i suoi bassorilievi in marmo oppure ancora se ci ritrovassimo nelle stanze degli uffici comunali potremmo vedere i busti in gesso di Mussolini e Vittorio Emanuele III che sono stati scolpiti dalle sue mani; Romeo era anche un tenore autodidatta e dal 1922 al 1924 cantò, riscuotendo parecchio successo, esibendosi al Teatro Dal Verme di Milano ne "La Bohème" e nella "Madama Butterfly". La Scala era chiusa a causa dei bombardamenti della prima guerra mondiale e di conseguenza il Dal Verme era il teatro più importante nella Milano del tempo. Sergio Endrigo non riesce però a conoscere veramente suo padre poiché dai tre ai sei anni resta dagli zii a Trieste e proprio quando Sergio ha sei anni il padre muore. Sergio scopre la sua vocazione incredibile al canto all'età di circa dieci anni. Al tempo vive con la madre in una soffitta al quarto piano e sotto casa c'è un'osteria nella quale ogni tanto la mamma lo manda a prendere un po' di vino. Beppi Mustaccia, il padrone del locale, soprannominato così per i suoi enormi baffi, accoglie sempre Sergio con affetto, tanto che lo incita a cantare per la sua clientela mettendolo su un tavolo di fronte al suo primo pubblico. Endrigo canta ogni volta "La Donna Immobile" brano chiaramente impegnativo, soprattutto per un bambino di quell'età e ad ogni esibizione riceve i complimenti e gli applausi del padrone e del pubblico guadagnandosi anche qualche lira (consideriamo che al tempo erano un bel gruzzoletto un paio di lire per un bambino visto che al cinema si entrava con si e no settanta centesimi). Legge tanto il piccolo Sergio, a cominciare da "Il Corriere dei Piccoli" e a otto o nove anni si appassiona al veronese Salgari, noto per essere uno dei precursori del genere fantascentifico in italia ed autore iper prolifico di una miriade di storie fantastiche e di romanzi d'avventura.  La prima chitarra, il quattordicenne Endrigo, la acquista con i soldini guadagnati dalla vendita di una collezione di francobolli regalatigli da uno zio; siamo quasi negli anni cinquanta e Sergio sta per andare in Collego a Brindisi dove rimarrà per tre anni a causa dell'espatrio forzato degli italiani dalla regione dell'Istria (riconosciuta alla Jugoslavia appunto nel '47).  Endrigo affermò poi di aver scelto la chitarra perché al tempo i soldi per un pianoforte non c'erano di sicuro, ma anche perché era uno strumento semplice da trasportare e adatto ad accompagnare la propria voce. Anni prima avrebbe voluto studiare il violino, ma la povertà non lo permise. Continua la passione per la lettura e prima di andare al collegio di Brindisi, nel periodo in cui rimane dagli zii, Sergio si immerge nella lettura di qualsiasi genere di libro, scegliendoli dalla ricca libreria dello zio: Henrik Ibsen ed Henri René de Maupassant i suoi favoriti. Al collegio invece ha occasione di leggere opere dello scrittore scozzese Cronin e dell'americano Steinbeck che Sergio ama particolarmente. All'età di diciassette anni viene espulso dal collegio per aver svolto un tema con un argomento a suo piacimento invece che quello dettato dalla professoressa. Nel 1950 Sergio torna a Venezia con la madre che lavora come domestica presso un maresciallo della Guardia di Finanza; questo permette a Claudia Smareglia di mantenere il figlio in una pensioncina familiare dietro a Piazza S. Marco. Iniziano i primi lavori: fattorino alla Mostra del Cinema, lift-boy all'Hotel Splendin Swisse e ufficiale di censimento. Nel 1953 ha l'occasione, tramite una conoscenza della madre, di entrare a far parte delle Poste a Venezia come portalettere per poi arrivare allo sportello delle raccomandate a seguito della partecipazione ad un concorso interno. Sergio però non è uno "spirito da ufficio" e rifiuta, promettendo alla madre che non gli avrebbe mai chiesto aiuto. Sergio tenta di emigrare in Canada, ma non riesce e rimanendo a Venezia continua a cantare con gli amici, appassionato dalle canzoni americane dell'epoca; predilige Bing Crosby, Frank Sinatra, i Mills Brothers e Jhonny Mathis, le cui canzoni lo avrebbero accompagnato per sette anni, periodo durante il quale canta nei night club suonando la sua amata chitarra, con la quale del resto creerà tutti i suoi pezzi. Nel '52 partecipa a un concorso per cantanti dilettanti e porta la meravigliosa "Semptember Song" di Sinatra arrivando però secondo a un interprete alquanto discutibile, cosa che ovviamente non gli andrà giù. Dopo aaver lavorato per un periodo al Roxy Bar del Lido guadagnando qualche soldo, passa alle Balere, ai dancing e night - club ... da Mestre a Cortina d'Ampezzo fino a Milano e di nuovo a Venezia al famoso Hotel Bauer Grunwald. Nel 1954 presta il servizio militare e nel 1959 entra a far parte del compesso di Riccardo Rauchi nel quale suona il contrabbasso e canta; con quel gruppo incide sei dischi per l'etichetta "La Voce del Padrone". Decide poi di abbandonare i night club per tentare la carta discografica come solista anche perché giunto all'età di ventisei anni non lo entusiasma l'idea di rimanere contrabbassista a vita nei night- club, nonostante il divertimento e il buon tenore di vita; Sergio però vuole andare oltre, per nostra fortuna aggiungerei. Traminte Mario Minasi, suo impresario di allora, firma un contratto come cantante con la Ricordi nel 1960. Dopo aver superato egregiamente il provino con il Maestro Giampiero Boneschi, Nanni Ricordi e Franco Crepax creano il reparto di musica leggera composto dai grandi Gino Paoli, Luigi Tenco, Umberto Bindi, Giorgio Gaber. Il meglio del meglio insomma. Ad accompagnare il loro lavoro in qualità di arrangiatori ci sono i fratteli Reverberi. Appena dopo la frima del contratto, Nanni Ricordi chiede ad Endrigo se per caso scrive canzoni ed egli risponde con un no. Tornato a casa da quel colloquio prende in mano la chitarra e scrive "Bolle Di Sapone", la sua prima canzone in assoluto. Da li in poi prende il via e scrive "I Tuoi Vent'anni", "La brava gente" e "Chiedi Al Tuo Cuore". I quattro pezzi vengono pubblicati poi con la firma Calibi - Toang perché al tempo non è ancora iscritto alla SIAE. Calibi era lo pseudonico di Mariano Rapetti, padre di Mogol, mentre Taong era lo pseudonimo di Renato Angiolini, musicista della Ricordi. Nel '62 Nanni Ricordi lascia la casa discografica per approdare alla RCA di Roma e Sergio Endrigo lo segue ottenendo il suo primo grande successo con "Io che amo solo te" che lo portò ad essere un artista apprezzato anche all'estero. Seguono altri successi come "Aria Di Neve", "Via Broletto 34", "Viva Maddalena", "Era d'estate", "La Rosa Bianca" (da una poesia del cubano Josè Martì). Nel '63 iniziano i live e ad accompagnare Sergio al pianoforte c'è Enzo Iannacci. Inizia la collaborazione col maestro Bacalov che darà origine a pezzi meravigliosi. Come era accaduto per "La rosa bianca", Sergio Endrigo si ritrova a musicare anche una poesia dell'eccelso PierPaolo Pasolini intitolata "Il soldato di Napoleone". Nel '65 Endrigo lascia la RCA e passa alla Fonit Cetra; l'anno dopo partecipa al Festival di Sanremo per la prima volta con "Adesso si". Nel '67 canta al Festival "Dove credi di andare" e nel '68 vince con "Canzone per te" (in coppia con Roberto Carlos). Lo stesso anno Endrigo partecipa al Festival Europeo della canzone con il brano "Marianne" e a Canzonissima con "Camminando e cantando". Nel '69 con "Lontano dagli occhi" arriva secondo al Festival di sanremo e nel '70 ottiene il terzo posto con "L'arca di Noe". Continuano i successi e Sergio Endrigo arricchisce la sua già grandiosa vita professionale interpretando diverse canzoni per bambini scritte con il poeta brasiliano Vinicius De Moraes e musicando alcuni testi di Gianni Rodari. Nel '71 partecipa al Festival della canzone italiana con "Una storia" e nel '73 con "Elisa Elisa" vince il premio come miglior interprete maschile e per il miglior testo. Nel '76 e nell'86 partecipa rispettivamente con "Quando c'era il mare" e con "Canzone italiana". "Angiolina", nel '72, è portata invece a "Un disco per l'estate". Seguono ancora album e grandi successi e Sergio Endrigo canta i suoi pezzi girando tutto il globo e interpretando i brani anche in spagnolo, inglese, greco, francese, slavo. Sono circa duecentocinquanta le canzoni che Endrigo regala all'Italia e al mondo per non parlare delle collaborazioni e dei progetti teatrali e cinematografici. Nel 1995 Endrigo pubblica anche un libro intitolato "Quanto mi dai se mi sparo?" che l'editore stampa con tiratura limitata (verrà poi ristampato nel 2004). Dagli anni '60 Endrigo vive a Mentana per poi trasferirsi con la moglie Giulia Bertolacci, la figlia Claudia e la madre nella bella Roma, nel mezzo degli anni '90. Nel 2000 il maestro Franco Battiato include nel suo album "Fleurs" i due brani di Endrigo "Te lo leggo negli occhi" e "Aria di neve" mentre Ornella Vanoni inciderà in seguito "Io che amo solo te". Nel 2001 gli viene atrribuito il premio Tenco e durante la manifestazione vengono interpretati da più artisti una quindicina di suoi brani; i pezzi verranno racchiusi nel cd "Canzoni per te". A tutto ciò seguono ancora grandi successi, attività sociali legate alla musica, progetti teatrali e orchestrali nonché televisivi fino a che ... il 6 settembre 2005 Endrigo ci lascia dopo una lunga malattia, lasciando a tutti noi la sua musica eterna.

Per noi, la figlia Claudia Endrigo:

Dunque Claudia... la premessa è la stessa che ti feci quando ci siamo presentate ovvero che parlare con la figlia di Sergio Endrigo, sapere che sei sangue del suo sangue, mi da un brivido non indifferente... la prima cosa che mi viene spontaneo chiederti è ... qual è il ricordo più immediato che hai di tuo padre?

"L' odore del suo sigaro, impregnava tutto... tende, mobili, auto .... e io lo detestavo... Ora quando sento il suo odore mi commuovo..."

La sua musica ti ha accompagnato fin da quando eri piccina ovviamente... cosa pensi ti abbia donato, al di la' del fatto che era ed è musica di tuo padre?

"Credo mi abbia insegnato ad amare la musica di qualità e ad avere un gusto personale, senza seguire nessuno..."

Mi hai detto che nella vita porti avanti attività legate al ricordo di tuo padre.. raccontaci qualcosa a riguardo...

"Purtroppo riesco a fare ben poco... però ho un sogno: mi piacerebbe che Roma gli regalasse un grande concerto, magari all'aperto..."

Che musica ama Claudia Endrigo? musica di ieri, di oggi?

"Non ho un artista prediletto, salto da Chet Baker ai Rolling Stones, da Aretha Flanklyn a Cristicchi... Insomma  la bella e buona musica la amo tutta!"

Il pranorama musicale odierno è più basato sul commercio rispetto agli anni del grande Endrigo... tu come vedi la situazione dei nostri tempi?

"Maluccio aimè... è pieno di veri talenti, ma non gli viene data la possibilità di emergere..."

Cosa ha comportato per te essere sua figlia? 

"All'inizio non molto, per me era un padre come tutti gli altri. Devo confessarti che solo dopo la sua morte ho capito appieno cosa aveva dato alla musica italiana..."

Dimmi, se tu dovessi descrivere papà Sergio ... e poi il grande Sergio Endrigo cantautore che ha segnato la storia della musica italiana... che diresti..?

"Mah, io posso dirti che è stato un padre meraviglioso; ho auvto due genitori che mi hanno molto amata e mi hanno regalato un'infanzia splendida, insegnandomi l'amore e il rispetto per la natura e per tutti i suoi "abitanti"..."

E che ricordi hai di altri musicisti che erano presenti nella vita professionale e privata di tuo padre?

"Il ricordo più intenso è sicuramente quello di Vinicius De Moraes, sono praticamente cresciuta sulle sue ginocchia..."

Qual è per te la cosa più importante nella vita secondo te?

"Il sentirsi liberi in tutti i sensi. Sono davvero poche le persone che riescono a vivere in questo modo, liberi dagli schemi e dalle convinzioni sociali e se io ci sono riuscita lo devo ai miei genitori..."

Come vedi la musica in Italia oggi, cosa manca e cosa c'è invece in più rispetto ai tempi in cui c'era tuo padre? 

"La musica oggi la vedo in mano a gente che non ne capisce nulla... Peccato... In più non c'è assolutamente niente. Ripeto, ci sono tantissimi bravi artisti, ma i così detti scopritori di talenti come fu a suo tempo il grande Nanni Ricordi...  non esistono più..."
Grazie di tutto, dolcissima Claudia.

www.sergioendrigo.it 





sabato 11 giugno 2011

Intervista a Livio Magnini: la forza di un'idea.


Dei Bluvertigo si sa tutto o quasi. Non è necessario, credo, riprendere la loro storia che è stata raccontata in mille modi e da miriadi di persone. A me, con quest'intervista, interessa Livio Magnini, compositore, musicista, produttore. Mi interessa Livio Magnini uomo ed artista. Una persona che come altri artisti hanno fatto, ha lasciato il segno e continua a lasciarlo, nella vita di tante persone, come nella mia. Mi interessa parlare di lui e di ciò in cui crede perché credo che, soprattutto per quanto concerne le nuove generazioni, non si sia andati molto a fondo rispetto ad alcuni aspetti umani ed artistici di quest'eccellente artista come del resto di altri, conosciuti per qualcosa di grande di cui hanno fatto parte, ma non quanto meriterebbero come singoli musicisti. Lui è modesto, “non crede di aver avuto una carriera brillante" e si capisce che lo dice con sincerità, per la grande umiltà che fa parte di lui, ma è un dato di fatto Livio, hai avuto una carriera brillante... anche se capisco che tu sia giustamente portato al miglioramento continuo, come ogni grande e vero artista desidera fare...


Allora Livio, comincio col chiederti cosa stai facendo attualmente, così tagliamo la testa al toro subito. Progetti in corso, collaborazioni, tour... dove, come, quando, ti vedremo in Italia? visto che per la maggior parte del tempo lavori fuori patria se non erro ...
"Allora da Febbraio 2010 sono in tour mondiale con i Bloody Beetroots Death Crew 77, la versione live dei Bloody Beetroot (sono stato contattato Da Bob Rifo per mettere in piedi la band dal loro progetto di DJ), sono co - produttore artistico del tour oltre che sound engineer per tutto, ovvero mixo il concerto dal palco e gestisco tutta la parte audio, sequenze dub etc,etc. Per il resto sto producendo il disco solista di Max Zanotti per la Carosello e coproducendo la colonna sonora del film True love (Y o N) dei Fabio&Fabio. Poi sto mettendo in piedi un bel progettone super Top secret!!"

Attualmente, nel panorama musicale italiano, quali sono le cose che più ti intrigano e che secondo te dovrebbero avere più spazio sulla scena? sia parlando di "generi musicali" che di singoli artisti o gruppi più o meno conosciuti...Qualcosa e/o qualcuno su cui consiglieresti di puntare il binocolo, diciamo così...
"Ti risponderò con un manifesto che ho scritto con Flavio Ferri dei Delta V:

"Amici presenti passati e futuri, Vi scriviamo per raccontarvi un’idea che ci è venuta in mente negli ultimi giorni. Visto la situazione non proprio rosea, diciamo pure di merda, in cui versano sia la musica che tutto il resto, abbiamo pensato che i musicisti e tutti coloro che lavorano in questo simpatico ambiente debbano fare qualcosa, dare un segno vita, cambiare le cose. Non proponiamo nessuna rivoluzione anche se, nel caso qualcuno fosse della partita , non ci tireremmo indietro. Abbiamo pensato che anche da noi sia giunta l’ora di superare le barriere, spesso costruite da altri, che ci dividono. Vogliamo creare un movimento, una “scena" italiana (anzi tante scene per quanti sono i generi musicali che ognuno di noi rappresenta) che possa farsi sentire non solo nel nostro paese ma anche fuori dai nostri confini. Cooperare. Come? Abbiamo individuato per ora due diverse azioni da intraprendere: una che riguarda l’Italia e una che riguarda “l’altrove". Spesso, anzi sempre, ci lamentiamo del fatto che la nostra musica sia troppo spesso schiava delle radio, dei network che non ci passano, che non ci danno spazi, che hanno relegato la musica a un sottofondo per le chiacchiere dei conduttori. In Francia, da quasi 30 anni, un gruppo di musicisti e scrittori ha fondato una radio che si chiama Radio Nova che ha rivoluzionato il modo di fare e ascoltare la radio e che ha aiutato a fare emergere prima in Francia e poi nel mondo intero un vero e proprio movimento. Certo, sarebbe bello creare anche da noi una radio gestita dai musicisti, dagli artisti, da chi veramente vuole proporre qualcosa di diverso dal vendere spazi pubblicitari. La legge sull’emittenza non ce lo consente. Comprare una frequenza radio su Milano, ad esempio, costa almeno tre milioni di euro. Però è anche vero che in Italia esistono più di tremila radio locali che hanno una forte presenza sul territorio. Proposta: e se noi dessimo a tutte queste radio un programma giornaliero fatto da noi, presentato da noi, con la musica che ci piace, con la musica che facciamo, non sarebbe un primo passo che dimostra che anche in Italia c’è una volontà da parte degli artisti di fare qualcosa? In pratica sarebbe molto semplice: a turno ognuno di noi, in coppia con altri artisti, in compagnia del proprio cane, di un giornalista musicale, di un filosofo o di un clown potrebbe registrare (e i mezzi tecnici per farlo oramai li abbiamo tutti) una o più puntate di un paio d’ore in cui potrebbe fare tutto quello che gli pare e poi metterle su un ftp da cui le radio locali potrebbero scaricarlo e trasmetterlo. A loro non costerebbe assolutamente nulla e sarebbero felicissimi di farlo (i contatti li abbiamo già presi). Noi copriremmo tutta l’Italia e riusciremmo a farci sentire e conoscere per chi siamo veramente. Tutto questo avrebbe una ricaduta positiva sul nostro lavoro, sul lavoro di tutti noi. Pensate al fatto che dopo qualche mese, se la cosa funzionasse potremmo cercare sponsors che possano finanziare i progetti della nostra comunità (festival, eventi e quant’altro). Pensate al fatto che arrivando sul territorio potremmo aumentare l’interesse di promoters locali. Tutto questo in maniera assolutamente semplice, onerosa ed impossibile per un singolo ma facile e senza costi per una comunità che abbia gli stessi intenti. Col tempo si potrebbe sviluppare anche una web radio (ma senza l’etere in Italia si corre il rischio di passare inosservati), si potrebbero sviluppare contatti che per un singolo sarebbe impossibile sviluppare. E qui parte l’idea dell’ “altrove" il presupposto è sempre lo stesso. Perché all’estero non riusciamo a far passare la nostra musica? Perché non riusciamo a suonare con assiduità anche fuori dai nostri confini? Perché all’estero quando parli di musica italiana passa solo l’idea del mandolino suonato da pulcinella? Perché negli USA, in Australia o in Inghilterra nessuno sa che gruppi come i Lacuna Coil, i Bloody Beetroots o i Crookers (giusto per citare alcuni esempi di successi all’estero di nostri amici) sono italiani? Perché tutti sanno che i Daft Punk o i Justice sono francesi? Perché lì c’è una scena forte, perché i musicisti cooperano, si aiutano si scambiano contatti e consigli. Qui da noi c’è la tendenza a coltivare il proprio orticello avendo paura che quello dell’altro sia più grande. Prepariamo degli zip di musica prodotta in Italia e facciamoli scaricare gratis pubblicizzando la cosa da tutti su tutti i social networks. Con i fondi degli sponsors raccolti dall’operazione delle radio potremmo pagare uffici stampa stranieri che parlino del movimento di musica italiana. In questo modo si riuscirà a scavalcare le frontiere piano piano ma in massa. Come hanno fatto negli anni ’60 la “british invasion" Necessario per tutto questo è dimenticare l’egoismo e la paura che altri possano avere più successo di noi. Collaborare insieme senza perdere la propria individualità. Collaborare insieme con l’idea che il bene degli altri è anche, e soprattutto, il nostro. Se volete far parte del circo non ci sono né soldi né gloria ma la forza di un’idea. Rispondeteci applaudendo o insultando, proponendo o distruggendo. Noi partiamo da oggi. Flavio e Livio"
Tutti coloro che agiscono al di fuori dei mezzi ordinari di comunicazione e discografia.. e poi dai un occhio sul nuovo singolo dei Lambda Necrologie d'amour e assolutamente il nuovo disco di Max Zanotti oltre che quello di Congo rock!!"
Hai presente battaglia navale Livio? Ecco, direi che mi hai colpita e affondata! Dunque proseguiamo perché non saprei cosa altro aggiungere... sono fisicamente a bocca aperta dalla gioia per ciò che mi hai risposto! Dunque.......... direi di proseguire..................
Hai avuto una carriera brillante fino ad ora, si sa, ma cosa ti piacerebbe fare in futuro? quali sono le tue aspirazioni?
"Non credo di avere avuto una carriera brillante , ma punto sempre a migliorarmi e se possibile confrontarmi con il mondo e non solo con l'Italia. Vorrei produrre qualcosa in campo internazionale e poi fare un bel tour mondiale dove suonare e non solo!!"

Quali sono le cose che ami di più in assoluto oltre alla musica? 
"Amo la cucina anche se non si direbbe , mi piace molto cucinare e mangiare , amo la filosofia orientale e quindi in qualche modo anche essere sempre in contatto con il mio corpo attraverso lo Yoga , ma non sono un adepto della "new age". Mi piace trovare ciò che c'è di valido in ogni tipo di dottrina e filosofia. Amo la scienza, ma anche la spiritualità. E non per ultimo amo l'amore verso tutti e tutto."
E non per ultimo amo l'amore verso tutti e tutto" ... e ... La musica che ascolti di più?
"Tutta!! Ultimamente classica ed elettronica (electro, dubstep, new wave)."
I migliori artisti italiani del nostro tempo secondo te?
"Non riesco a stilare classifiche e sicuramente dimenticherei qualcuno. Comunque direi Battiato, DeAndrè, Battisti, DeGregori, Dalla ed altri."
Tu sei anche produttore cosa consigli ai giovani, agli emergenti che tentano la strada della musica?
"Fate quello in cui credete senza preoccuparvi del successo e credendo fino in fondo in ciò che fate. Siate autocritici e severi con voi stessi e non cercate il successo facile, la qualità paga sempre. Datevi da fare , il musicista del 2011 non è solo musicista , ma è cittadino del mondo e conosce i mezzi di comunicazione. Si auto - produce, si finanzia , si promoziona , insomma ha una visione a 360 gradi."
Di qualcosa che ti viene in mente adesso...
"Se dobbiamo vivere nella globalità cerchiamo di conoscere il mondo in tutte le sue forme, razze e colori. L'ignoranza distrugge la civiltà e senza cultura siamo poco più che animali pensanti."
Grazie Livio, sei eccezionale.

Link:

giovedì 9 giugno 2011

Grazie


Dove mi porterà
questa strada lunga e grama?
saltello da un sasso all'altro,
tra un filo d'erba e l'atro,
tra un ramo secco
e una bacca caduta a terra.
Dove mi porterà
il cielo che sto vedendo?
Piango e rido,
mi arrabbio e mi proteggo,
ti abbraccio e mi rafforzi...
Se non ci fossi tu,
nemmeno ci sarebbe la strada,
se non ci fossi tu,
nemmeno mi chiederei
dove la strada possa portarmi
e, probabilmente, non sarei più qui.
Se non ci fossi tu,
sarei già soffocata tra i rovi
e non vedrei più i miei sogni
e i miei oceani di parole.

sabato 4 giugno 2011

No silence


Sono seduta sul divano e la mia dolce metà è già a nanna perché domani lavora. Gli unici rumori che sento sono il leggero ticchettio dell'orologio da parete - a forma di batterista che suona - , il grillo di fuori, che ora ha smesso ma fino a che non ci ho pensato ha continuato a cantare (sarà telepatico? forse un mentalista?) e il fruscìo di qualche automobile che passa ogni tanto. Penso di aver accoppato tutte le mosche che stanotte potrebbero infastidirmi e ho appena finito di leggere qualche pagina di un bel libro (che avendo fatto "il suo dovere" ora sta godendo del meritato riposo sul tavolino bianco). Tornando a noi e al motivo per cui l'istinto mi ha portato alla penna, penso che il modo più giusto di iniziare sia quello di raccontarvi cosa la mia mente ha immaginato, in pochi secondi, prima di iniziare a scrivere. Ho visto la chiara immagine di un quadro vivente: era un monotono di color ocra giallo scura e la rappresentazione in movimento (pur se lieve), era costituita perlopiù da sagome di persone; un gruppo di persone sulla destra, come se fossero un'unica amalgamata chiazza di colore senza definizione tra le sagome: quasi una mistura di colla e acrilico se devo dare materia all'immateriale. Dunque, ho visto queste persone appostate su un pavimento e uno sfondo dello stesso colore, parlare tra loro, borbottare, chiaccherare. E' la prima immagine che la mia testa - e ovviamente il mio spirito - hanno associato al pensiero del silenzio inteso in modo "universale" o che dir si voglia "plurisignificante". Tutto questo "viaggio mentale" ha avuto origine dalle pagine di quel libro: parlavano di un' Italia che stava perdendo i suoi valori (trentasei anni fa). Non potevano, quelle pagine, non farmi partire quello che io giocosamente chiamo "il criceto del cervello". Dove voglio arrivare? calma e sangue freddo: il criceto ha i suoi tempi. D'altra parte lessi un giorno che "quando la vita è sogno, la libertà è romanzo" e in questi momenti mi ritrovo sempre nel sogno e nel romanzo, pur parlando di cose concrete. Bene (o meglio sarebbe dire male visto l'argomento): il silenzio lo vedo nel decadimento generale, lo vedo nella diffidenza (spesso giustificata e per questo ancora più triste). Il silenzio lo vedo "nel mercato", lo scorgo nella scelta di non dir nulla di tanti. Lo vedo negli occhi rattristiti, preoccupati, amareggiati. Lo vedo in quegli occhi che invece strabuzzano fuori "dalle loro orbite" per smania di potere, fama, soldi. Il silenzio lo vedo nelle menzogne spacciate sino allo sfinimento come verità. Lo vedo nella freddezza e nelle persone che per disperazione non credono più che qualcuno possa voler dare tanto senza voler nulla in cambio e che lo fanno solo perché credono in qualcosa di grande. Il silenzio lo vedo in tanti giovani che, più fragili di altri, hanno smesso di lottare. Lo vedo persino nella sigaretta che sto per accendere anche se non potrei. Lo vedo nei "casi irrisolti", nei "misteri" così falsamente indecifrabili; lo vedo nella perdita di passione nella vita e per la vita. Lo vedo nelle poche possibilità dei talenti di emergere, ma anche in coloro che hanno smesso di tentare di cogliere quelle poche. Lo vedo nella mancanza di occasioni per il futuro dei più, nella paura diffusa, ma anche nella perdizione diffusa (e di perdizioni ce ne sono tante). Lo vedo nell'incoscoscienza di coloro che fanno delle nozioni tutto e del sapere il nulla. Lo vedo nelle brutalità degli uomini verso altri uomini (serve un elenco?). Lo vedo nella mancanza di giustizia e verità, nella falsa tolleranza che già nell'uso è intollerante e per questo intollerabile. Lo vedo nelle lacrime ignorate e per forza di cose in coloro che le ignorano. Lo vedo ovunque il silenzio, in tutte le forme possibili.. parlando in questo momento delle sue forme negative naturalmente. Si perché, io dico, è certamente meglio il silenzio paradisiaco che mi circonda in questo momento (il grillo intanto ha ricominciato a cantare). Ad ogni modo, per mia natura, non riesco proprio a tacere.