Quando si parla di Beat
Generation è impensabile non parlare di "On the road", titolo
originale di "Sulla strada" di Jack Kerouac. Anche perché
l'espressione Beat Generation l'ha creata proprio lui, che però la intendeva in
modo molto diverso da come è stata poi sentita e vissuta dalla maggior parte
degli scrittori del movimento. Per Kerouac "beat" era
"beato", aveva un significato spirituale. Per molti degli altri
invece era un termine politico, cosa che Kerouac non considerava minimamente.
Quando lessi "Sulla strada" capii al volo perché mi era stato detto
che una persona che scrive lo deve assolutamente leggere. Jack Kerouac ha messo
a nudo parte di sé stesso con questo libro, portando i suoi personali viaggi,
le sue avventure sulla strada e le sue emozioni, negli occhi e nelle dita dello
scrittore Sal. Rilevante quanto il protagonista è anche Dean, il più folle
della situazione. Sono bastate pochissime parole a Kerouac per far capire che
tipo fosse il caro Dean, ma questo in realtà vale per qualsiasi altro
personaggio. Poche parole, dicono tutto. Partendo dai suoi appunti di viaggio,
Kerouac ha scritto quest'opera nel giro di tre settimane. Tre settimane per un
capolavoro intramontabile. Dean, nella vita reale, era lo scrittore Neal
Cassady che pubblicò nel 1971 il suo "The First Third", in cui
racconta tutta la sua storia (la prima edizione italiana fu pubblicata nel 1980
con il titolo di "Vagabondo" e la successiva fu nel 1998 con il
titolo modificato in "I Vagabondi", n.d.r.). Se rimarrete affascinati
dal personaggio di Dean e volete saperne di più, vi basterà leggere tutta la
sua storia in questo libro che Neal scrisse tra il '48 e il '54. Kerouac ha uno
stile unico, inimitabile, Kerouac. "Kerouac" usato come aggettivo per
definire lo stesso autore è il modo più semplice e vero di descriverlo. Dovete
leggerlo se non lo avete fatto o non potrete capire cosa intendo. Aveva un viso
da attore hollywoodiano Jack, uno sguardo parlante e un "je ne se
quoi" che mostrava in sostanza quel che scorreva nelle sue vene. Un po' di
Francia, un po' di Canada, un po' d'America, un po' di questo e quello:
ingredienti mescolati a regola d'arte. Così come la bellezza di un'infanzia
felice, trascorsa "correndo giorno e notte per i campi e lungo le banchine
del fiume", mescolata alla tragedia della perdita prematura del fratello
proprio negli anni della fanciullezza. Fu proprio Jack a parlare di questo
ossimoro: un'infanzia serena, ma colpita a fondo da un dolore come pochi. A
soli undici anni scrisse la sua prima opera e non si fermò più. Era brillante,
ottimo anche negli sport tanto che grazie a questi ottenne anche una borsa di
studio. Tra la crescita in un ambiente cattolico e le vicissitudini familiari
(tra cui anche i problemi del padre e poi anche della madre con l'alcool), a un
certo punto Jack riuscì a spiccare il volo incontrando persone che sarebbero
state importanti per tutta la sua vita. Nel '43, dopo 10 giorni di partenza per
il servizio militare, gli fu diagnosticata una forma di schizofrenia per la
quale fu definito "non pericoloso" - né per sé né per gli altri - ma
che di certo non lo aiutò, soprattutto quando iniziò a bere e a fare uso di
droghe. Nel '44, con l'incontro tra Kerouac, William S. Burroughs e Allen
Ginsberg, nacque la base del movimento della Beat Generation. Fu dopo la morte
del fratello Leo e la conseguente ulteriore sofferenza che Jack incontrò il
giovane Neal, nel 1946. Jack aveva già avuto le prime conseguenze dovute
all'abuso di droghe, ma a quanto pare poco gli importava. Viaggiò con Neal a
lungo, scrisse e pubblicò "La città e le metropoli", visse come un “hobe”
(termine usato per definire coloro che viaggiavano volontariamente con uno
stile di vita da senzatetto) e poi con molti altri, in un avanti e indietro
continuo tra avventure ed eccessi. Nel '51, tornato a casa dalla moglie,
Kerouac finì "Sulla strada", fino a quel momento solo abbozzato in
una prima stesura iniziata nel '48. Nel tempo sopracitato, con quella che
definì essere la sua "prosa spontanea", mise ordine ai suoi appunti e
definì quello che al tempo non fu solo un capolavoro letterario, ma un vero
pugno in faccia a coloro che non volevano ammettere quanto la realtà fosse
diversa dal classico sogno americano propinato a tutti. Dopo due giorni mise
fine al suo matrimonio, durato solo sei mesi e iniziato fondamentalmente perché
lei era rimasta incinta e non perché fosse un grande amore. Continuò a viaggiare,
sperimentare, esagerare, lavoricchiare e scrivere. Nel '52 nacque sua figlia
Albany, ma a causa delle sue dipendenze non riuscì a garantirle sempre il
mantenimento dovuto. Albany ebbe una vita davvero difficile e morì a 44 anni
per abuso di stupefacenti. Dire che la vita di Kerouac è stata caotica e
tormentata, è ancor poco e se volete saperne di più vi consiglio di
approfondire. Pubblicò comunque altre opere ed ebbe un periodo sereno intorno
al 1955, ma non durò molto e l'anno dopo già era ripiombato nell'abuso di alcool
e sostanze. Anche l'arrivo del successo con la pubblicazione nel '57 di
"On the road", non lo aiutò a smettere di autodistruggersi. Tra il
1944 e il 1966 si era già sposato tre volte. Dopo altre pubblicazioni, declini,
tentativi di risalita e nuovi declini, l'avvicinamento al buddhismo, i periodi
a casa con la madre, poi di nuovo da solo, il viaggio in Italia, il ritorno
dalla terza moglie... accadde quell'ultimo fatto che lo distrusse
definitivamente: la morte dell'amico Neal, nel 1968. Se prima di allora non
aveva dato limiti alle sue dipendenze, da quel momento in poi si può
tranquillamente dire che cercò la morte in tutti i modi. La morte lo accontentò
il 20 ottobre del 1969, raggiungendolo in maniera cruda, sanguinosa,
sofferente, come lo era stata la sua intera strada. Provate a immaginare, voi
che ancora non l'avete letto, cosa può un autore di così tanto talento, un tale
genio e un tale tormento vivente, aver trasmesso nella descrizione di quei
viaggi e soprattutto in che modo può averlo fatto. È Kerouac, se non lo leggi
non lo sai.