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domenica 8 gennaio 2023

Pablo Bacchetti e i Bambini Dell'Asilo


Pablo Bacchetti e i Bambini Dell'Asilo


Presentarvi Pablo non è cosa semplice. Chi conosce già la sua storia e la storia dei Bambini Dell'Asilo è al corrente di tutto o quasi, quindi non c'è bisogno di spiegare quel che avverrà il 4 febbraio 2023 alla Latteria Molloy di Brescia e quel che è accaduto fino ad ora. Vorrei tentare di raccontare a chi non sa di questo meraviglioso e fragile poeta e musicista, il motivo per cui ancora oggi, tante persone, lo sentono vivo. Del resto lo è, con la sua musica, le sue poesie, i suoi disegni. Nemmeno io ho avuto modo di conoscerlo o di vivere i Bambini Dell'Asilo nel periodo di attività, eppure la magia di questo spirito irrequieto che era Pablo, mi ha travolto come se lo avessi conosciuto, più di vent'anni fa, insieme ai suoi compagni d'avventura, Billi ed Ernesto.

Pablo Bacchetti è nato a Salò il 3 febbraio del '75 ed è cresciuto a Vestone (BS). Ha sempre avuto in testa i Bambini dell'Asilo, sin dalle scuole medie, ma non ha trovato subito le persone giuste e così, mentre scriveva ed immaginava il suo sogno, per qualche anno ha fatto parte di altre band, fino a che finalmente "ha incontrato i suoi Bambini Dell'Asilo", come racconta la sorella Alice. In realtà Billi (Roberto Rassegna) e Pablo, già si conoscevano ed avevano suonato insieme in altri progetti. Alle superiori poi, è arrivato Ernesto (Folli, n.d.r.) e tra loro c'è stato un vero e proprio colpo di fulmine, tanto che Ernesto si è messo a studiare batteria proprio per poter suonare nei Bambini Dell'Asilo. Il nome l’hanno scelto ispirandosi alla celebre canzone di Vasco e in particolare alla frase "i bambini dell'asilo stanno facendo casino", il che la dice lunga sullo spirito fanciullesco, ribelle e desideroso di dire la propria tipico di un’età come la loro.

Nascono così i BDA e i tre ragazzi portano i loro pezzi per la prima volta in un live, all'Auditorium di Vestone nel settembre del 1994. Seguiranno naturalmente anche altri concerti, tra i primi anche il ben riuscito evento all'Altaquota di Carpenedolo (BS). Quel che segue è un pot-pourri di live, incontri, amicizie, emozioni forti. Tutti coloro che hanno suonato con i Bambini dell'Asilo li ricordano con grande stima e affetto. C'è chi li avrebbe "adottati in blocco", come dice Franci Omi nello splendido articolo/testimonianza che trovate qui e che vi consiglio di leggere per intero, scoprendo così anche la carriera artistica di Francesco stesso. Tutti coloro che hanno conosciuto Pablo sono tuttora innamorati del suo talento e tuttora, pensandoci, rivivono ogni cosa con la stessa emozionalità che hanno avuto in quegli anni. L'anima di Pablo era difficile, complessa, profonda. Non era certo un ventenne qualunque o non sarei qui, nel 2023, a scrivere di lui.

A guardarlo ora, in fotografia o nei pochi video che girano, vedi un ragazzo giovane, dolce, che si sa divertire, ma anche un ragazzo che ha qualcosa in più e che cela una profonda insofferenza anche quando sorride. Da quando ho ascoltato i pezzi dei BDA, letto i pensieri e le poesie di Pablo, le testimonianze di persone che lo hanno conosciuto, da quando ho visto i suoi disegni, le pagine della Smemo piene di parole, disegni e graffi, riesco a immaginare il suo sguardo come se ce l'avessi di fronte ed è strano, in fondo, perché come dicevo non l'ho vissuto. Eppure Pablo, con il suo talento tormentato, ha ancora questo effetto sulle persone. 

Realizzare un sogno, creare una band a cui pensavi e sulla quali facevi progetti da anni, iniziare a incidere il primo album sul serio, dopo aver raggiunto già i cuori di tantissime persone. Il tutto grazie a pezzi che giravano su una semplice cassetta prima (registrati in sala prove con una grande radio) e su una demo poi, una versione "più pulita", realizzata grazie a Francesco e al cugino Davide “Dade” Mahony (musicista e produttore). Sono tutte belle emozioni, intense e appassionate, che chi ha una band che fa pezzi propri conosce bene. Eppure, qualcosa in Pablo non andava per il verso giusto. Alternava periodi di tranquillità, in cui era sereno, entusiasta, sognante ed energico, a periodi in cui i suoi turbamenti si leggevano chiaramente sul suo bel viso e nei suoi occhi scuri. Periodi nei quali si perdeva, ma dai quali è sempre tornato, fino a un certo punto.

Franci Omi, nell'articolo di cui sopra, scrive che persino la sera in cui hanno registrato la demo, Pablo sembrava felice e al tempo stesso turbato. Pensavano fosse per un piccolo incidente avuto con un'altra auto prima di entrare a incidere i pezzi, ma - Francesco scrive - "la storia futura avrebbe dimostrato che forse non era solo per quello". Fatto è che grazie alla demo, nel giro di un anno i Bambini Dell'Asilo sono diventati un punto di riferimento della scena bresciana e coloro su cui si accentravano le attenzioni di tutti nell'ambiente musicale della provincia e non solo.

Dopo il concerto all'Altaquota tutti erano felici ed entusiasti per quel che avrebbe portato il futuro. Tutti tranne Pablo che, il giorno seguente, chiamò Francesco dicendogli che avrebbe voluto smettere di suonare perché il live gli creava troppa agitazione; era molto giù di morale, ma Billi ed Ernesto, che lo conoscevano da anni, sapevano che dopo momenti di esaltazione e gioia, Pablo tendeva ad avere momenti di sconforto anche pesanti, solo che poi se ne andavano così com'erano venuti. In effetti, così successe anche in quel caso e i BDA, dopo una pausa, ricominciarono a fare le prove. Passava, insomma, dalle fasi creative, agitate, iperattive, a fasi di completo buio. Quel che è certo è che l'arte (e soprattutto la musica) era il suo modo per comunicarlo, per comunicare tutto. Si vedono, si sentono, nelle parole e nella voce, la sua sofferenza, la rabbia, la non accettazione di determinate cose e al tempo stesso la voglia di cambiamento, l’ironia e il sarcasmo. Me lo immagino come un bel tipetto, che quando stava bene non riusciva a star fermo un attimo per tanta era la creatività che il suo spirito e la sua mente generavano. Una mente che andava a mille all’ora, piena di idee ed entusiasmo. 

I momenti di equilibrio purtroppo erano sempre più rari e brevi, ma le cose peggiorarono seriamente quando in macchina Pablo investì un motociclista procurandogli dei danni abbastanza seri. A quanto si sa, non era nemmeno stata colpa sua, ma al di là di chi potesse essere stato a causare l'incidente, questo evento per lui fu un colpo fortissimo. Iniziò a scrivere sempre meno, anche se sempre meglio. 

Me lo vedo, ora, che sorride, scrive, suona, mentre osserva tutto quel che sta accadendo con orgoglio, libero da qualsiasi sofferenza, forse un po’ nostalgico, ma felice. Come potrebbe non essere felice, adesso, vedendo quanto amore, negli anni, è stato dimostrato a lui e ai Bambini Dell’Asilo? E quanta ammirazione, quanti segni positivi hanno lasciato nelle vite delle persone, in così poco tempo.

Riprendiamo, però, con la storia: in quel periodo Francesco e la sua band "Il Grande Omi" erano sotto contratto con il C.P.I., il Consorzio Produttori Indipendenti nato dalla fusione dell'etichetta "I Dischi del Mulo" con la casa di produzione "Sonica Factory". Pablo aveva mostrato picchi di creatività e voglia di fare, come quando una notte gli aveva fatto sentire "Diva", registrata al volo in quel momento e arrivata a noi grazie alla prontezza del fonico Carlo dell’Asta, che viveva ai tempi con Francesco e la sua compagna. Francesco, in seguito, fece ascoltare i pezzi dei ragazzi a Gianni Maroccolo, che per chi non lo sapesse è stato uno dei fondatori del C.P.I., insieme a Massimo Zamboni e Giovanni Lindo Ferretti dei C.C.C.P., con Giovanni Gasparini, Marzio Benelli e Gianni Cicchi.  Se volete capire meglio di cosa si tratta cercate semplicemente su Google. Nonostante in quel momento l'etichetta non fosse nel suo miglior periodo ed avesse diversi problemi con la Polygram, Gianni mostrò grande interesse. Anche lui era stato conquistato da Pablo e dai Bambini Dell’Asilo.

I Bambini Dell'Asilo, con Omi e Carlo dell'Asta (fonico, come dicevo, e collaboratore della band di Francesco), si spostano dunque, per iniziare la pre produzione del loro primo album. I ragazzi, come per il demo tape, lavorano benissimo e tutto è molto veloce. Iniziano prima Billi ed Ernesto, poi Pablo registra le chitarre e, nonostante sia giù di corda, fa un gran lavoro. Il giorno dopo, dopo due tracce, Pablo molla la chitarra, annuncia che la tensione per lui è troppa e che non avrebbe mai più suonato.

Billi ed Ernesto si preoccupano, ma pensano sia un momento passeggero, com’ è già successo in altre occasioni; tutti tornano a casa, in attesa del momento migliore per riprendere e definire gli ultimi dettagli dell’album.

Il giorno dopo, però, Pablo non c’è più e il gelo avvolge un mondo in un lampo. L’album dei Bambini Dell’Asilo si ferma lì, dove Pablo lo aveva lasciato, congelato anch’esso, immobile.

Qualche tempo dopo, suo padre Mauro Bacchetti (compositore e musicista), fa in modo che l’album venga pubblicato. Alice lo aiuta con gli aspetti più formali, come l’iscrizione dei brani alla SIAE. La musica dei Bambini Dell’Asilo, così, non smette mai di suonare.

Tanti sono i pezzi inediti, rimasti su cassette e demo, senza la possibilità di farsi sentire e così accade che oggi, nel 2023 (iniziando mesi e mesi fa), Gianluca Braga, uno dei cari amici ed estimatori di Pablo e dei Bambini Dell’Asilo, in collaborazione con la Latteria Molloy di Brescia, crede sia il momento di fare una festa per lui e per rendere giustizia a quei magnifici pezzi rimasti inascoltati. Così, avviene una magia. Ventidue band partecipano a un enorme progetto in onore dei BDA e di Pablo. Ad alcune band viene proposto di reinterpretare brani editi dei BDA (dal loro primo ed unico album, postumo) e di riarrangiarle a seconda del proprio stile e delle proprie emozioni. Altre band hanno l’onore di portare alla luce brani inediti. Totalmente inediti. Rimasti solo su cassettine registrate alla meno peggio in sala prove, mentre venivano create e di cui erano nate le basi. I testi di Pablo, le melodie, i primi abbozzi ritmici di quando una band va in sala e inizia a mettere giù un pezzo.

A queste ventidue band si aggiungono altri due progetti musicali e tutti loro incidono i pezzi. Ventiquattro canzoni dei Bambini Dell’Asilo, dunque, saranno racchiuse in un album realizzato come tributo e omaggio ai BDA, alla loro storia e all’arte di Pablo. E mentre il tutto è in lavorazione, tante persone si muovono per continuare nell’organizzazione dell’evento. Sabato 4 febbraio, esattamente il giorno dopo il compleanno di Pablo, ventidue band si esibiranno sul palco della Latteria Molloy, per festeggiare la continuità, eterna, del talento. Per ricordare il viso fanciullesco di Pablo e la sua immensa profondità. Per rendere giustizia a brani rimasti praticamente inascoltati e rendere omaggio ai Bambini Dell’Asilo con tutti i pezzi che saranno portati sul palco, in quella che sarà certamente una serata da pelle d’oca e che, se ci sarete, non potrete dimenticare mai. Io di certo la porterò sempre con me, ne sono certa sin da ora, lo so già. L’energia di Pablo regna tra le note di ogni basso, ogni chitarra, si adagia dolce tra le sue parole, nel canto di ogni cantante che le pronuncerà. L’energia di Pablo è in ogni colpo di rullante, di tom, di piatto. L’energia di Pablo è, e sempre sarà, in ogni battito.

 

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domenica 9 gennaio 2022

Noi

dimensioni, multiverso, noi

Come viole, le stelle,
profumano il cielo di luce.
Come sentieri, le scie,
contornano e definiscono
il palpabile e l'impalpabile.
Come calore che si vede,
l'aura d'una piuma si specchia
e il suo riflesso è un mondo oltre,
che posso vedere, almeno in parte, grazie a te.

domenica 21 maggio 2017

Lorenzo Riccardi: "È la canzone a guidarmi"

Lorenzo Riccardi, ph Rosa Maria Peralta Fernandez
Lorenzo Riccardi. L'ho scoperto grazie a un amico e se non lo conoscete vorrei farlo conoscere anche a voi. Lorenzo Riccardi è un eccezionale cantautore nato a Pavia, nel giugno del '64. La sua storia (andate a leggerla) la potete trovare sul suo sito ufficiale www.lorenzoriccardi.it, dunque io vorrei parlarvene in un altro modo, semplicemente attraverso le sue canzoni. In particolare abbiamo scambiato qualche parola riguardo a due pezzi che io amo molto e sui quali gli ho posto un paio domande."La canzone del porto" (da "Strade perse", 1997) e "Il diavolo nella bottiglia" (da "Tra fiamma e candela", 2003). Prima delle risposte del gentilissimo poeta, i testi dei due brani. A seguire, due video live, in cui non potrete non vedere e sentire tutta la sua intensità...

"Il diavolo nella bottiglia":

C'è il diavolo nella bottiglia
nera, nera con il tappo blu
ma la sete, ma la sete mi piglia
e il diavolo lo butto giù.
Bevi, bevi che ti passa la fame
e la sete, intanto non c'è più .
Il diavolo nella bottiglia vuota
con la scritta: Belzebù.

Nessuno uscirà da qui,
nessuno uscirà vivo,
nessuno uscirà da qui,
nessuno uscirà vivo.

Hai visto terra e mare,
lo spazio intorno al mondo,
sei stato sulla luna
nell'abisso più profondo
e in nome del profitto
o per falsa umanità:
veleni, fame, guerra,
queste ed altre oscenità.

Nessuno uscirà da qui,
nessuno uscirà vivo,
qualcuno pensa di si,
speranze appese a un filo.

E la signora fila il filo
e un filo è da tagliare,
è per la pecora nel bosco
sgozzata da un maiale.
Nessuno uscirà vivo
nemmeno un generale
nessuno uscirà da qui
sempre ammesso che sia male.

E davanti al nulla si può finire
facendo imitazioni
come immagini, riflessi
di chi conta e fa milioni.
Di chi canta controvento,
di chi pensa positivo,
nessuno uscirà da qui
fino a quando sarà vivo.
Ahi ahi ahi ahi …

Nessuno uscirà da qui,
nessuno uscirà vivo,
qualcuno crede di si,
speranze appese a un filo.
Nessuno uscirà da qui,
nessuno uscirà vivo,
non resterà più niente
del programma interattivo.

Ma in cielo nasce il sole
che muore quando è sera
e il correre del tempo
a volte fa paura,
ognuno col suo viaggio
come sabbia tra le dita,
ma tutti chiusi dentro a questa
maledetta vita.

"La canzone del porto":

C'è una nave all'orizzonte,
ad un tiro di cannone,
non c'è nessuno sopra il ponte
a reggere il timone,
non ha bandiera non ha nome
sulla sua fiancata,
è una goletta portoghese
spero non sia pirata.

Ora la vedo meglio
e vada come vada
è sempre più vicina
è ancorata nella rada,
non segnala non minaccia
ma io conosco il trucco,
meglio vederci chiaro prima di
concedere l'atracco.

Io sono il porto dove arrivano le navi
dopo la tempesta,
dove si svegliano i marinai
il giorno della festa,
dove si piangono gli amori
finiti infondo al mare,
dove si lasciano i dolori
prima di salpare.

Quindi dimmi il punto esatto,
dimmi da dove sei venuta,
cosa mi spetta per contratto
quando sarai partita,
quali colori usi
per dichiarare guerra
e quanto tempo hai navigato
senza toccare terra.
Io sono il porto dove arrivano le navi
dopo la tempesta,
dove si svegliano i marinai
il giorno della festa,
dove si piangono gli amori
finiti infondo al mare,
dove si lasciano i dolori
prima di salpare.

Come sono nati questi splendidi pezzi...? 

"La canzone del porto è nata una mattina all'inizio degli anni novanta: ricordo che dalla chitarra mi uscì quella specie di minuetto vagamente mozartiano che costituisce la frase musicale dell'introduzione, poi mi venne l'idea del porto che parla e si rivolge alla nave come ad un'amante e la canzone ha preso forma. De Il diavolo nella bottiglia non ricordo molto, deve essere cominciato tutto con “Nessuno uscirà da qui, nessuno uscirà vivo”. Posso dire che il titolo e l'idea del diavolo chiuso dentro la bottiglia vengono dall'omonimo racconto di Robert Louis Stevenson, nel quale una bottiglia con dentro il diavolo passa da un personaggio all'altro con varie conseguenze. Nella canzone, invece... tutti noi esseri umani siamo chiusi in una bottiglia, che è la vita, con il male da noi stessi generato."

Quali erano gli "intenti" – se così si possono chiamare - di questi brani, se effettivamente c'erano/ ci sono? 

"Quasi tutte le mie canzoni sono nate di getto, musica e parole insieme; capita che una frase o un ritmo comincino a ronzarmi nella testa e capisco che devo mettermi li, magari con la chitarra, e registrare o scrivere. In genere dopo un'oretta la canzone ha preso forma almeno nelle sue linee essenziali. Josè Saramago diceva che la gente crede che gli scrittori scrivano certe cose perché vogliono esprimere una determinata idea o sentimento e invece le scrivono perché suonano bene. Sono d'accordo e penso che, per motivi squisitamente tecnici, sia ancora più vero per la canzone, almeno per le mie. Non credo quindi di poter parlare di intenti ne di intenzione perché in realtà è la canzone a guidarmi, nel senso che la struttura, il ritmo, le rime suggeriscono delle assonanze, dei contrasti e delle immagini che vanno necessariamente seguiti, cioè sono io con il mio bagaglio tecnico e umano a condurre il gioco ma fino a un certo punto. Probabilmente tutta una serie di stimoli, idee, stati d'animo, emozioni, esperienze si accumulano e quando il tutto giunge a maturazione nasce una canzone. Io stesso scopro cosa dice la canzone una volta che è finita e a sua volta chi ascolta, sulla scorta delle esperienze personali, della propria sensibilità, del momento, da la sua interpretazione, emotiva o razionale che sia." 




Grazie Poeta!

sabato 7 settembre 2013

Versi d'oltre confine


Ruba il fuoco e lo fa suo,
prende in un balzo fogli d'aria
e li aggrada di versi sontuosi,
gioca con le onde di un lago
allietato da foglie brillanti,
sa vedere oltre le montagne,
oltre ogni confine o muro,
crede nell'essere inebriato
dalle scolpite gioie del cielo,
adora provare a descrivere
l'anima e i suoi sapori.
Il gusto della terra
si impregna nei suoi occhi
e può portarlo così
allo sguardo del mondo.

sabato 31 agosto 2013

"La vedo, la tua voce"


Era il silenzio assoluto; nemmeno il volo di una mosca nella testa di Giulietta. Eppure le era venuto il mal di testa per il gran frastuono. Le luci, i movimenti veloci delle persone, i semafori in continuo scattare di colori, la gente quasi accalcata nel camminare uscendo ed entrando da uffici ed edifici, i negozianti    all'opera, l'effetto sardina in metro. Proprio scendendo le scale per raggiungere la linea di metro che le aveva indicato mamma, notò a poca distanza un gruppo di studenti più o meno della sua età. Parlavano tra loro, scherzavano, forse urlavano nello scherzare perché il signore in parte a loro aveva abbozzato una strana espressione, poi bloccata dal suo improvviso sentirsi osservato, per quel nano secondo, proprio da Giulietta, nell'incrocio fortuito di sguardi. Era abituata a girare per città sconosciute, le era sempre piaciuto prendere il pulman o il treno e andare a visitare posti nuovi; spesso ci andava da sola perché diceva sempre che così "notava di più i dettagli", però le piaceva anche andare in giro con i suoi genitori nei fine settimana. Due personaggi pazzeschi i suoi. Li adorava. Sarebbe stato il primo giorno nella nuova scuola. Frequentava il liceo scientifico - il quarto anno - ed era un piccolo genio; sognava di diventare biologa marina e lo sarebbe diventata di certo. Arrivata a scuola si diresse tutta contenta verso l'ingresso e senza accorgersene urtò lo zaino posato a terra di un ragazzo. Non aveva visto ne lo zaino ne il ragazzo e tanto meno tutto ciò che aveva intorno. Gli studenti, i professori, il personale, non vedeva niente. Era tanto contenta di ricominciare la scuola dopo due settimane di fermo per il trasloco che non stava più nella pelle.

- Ehi! ehi! occhio! - aveva esclamato il ragazzo notando che Giulietta non si era accorta di nulla.

Jimmy si aspettava che si girasse, accennasse uno "scusa" o un sorriso. Niente. Giulietta aveva continuato imperterrita a camminare con passo deciso. Lui però era curioso, aveva capito che era nuova, non l'aveva mai vista prima ed era tanto carina che di certo l'avrebbe notata se non lo fosse stata.

- Ehi! - esclamò ancora sorridendo dopo aver preso lo zaino quasi correndole dietro - ehi! fermati! - voleva presentarsi ma Giulietta continuava a camminare veloce e sparì dietro un gruppo di persone appena entrata nell'edificio.

- Che modi... mi ha ignorato completamente. Non la mangiavo se si girava... bha...

Giulietta subito aveva trovato la sua classe. C'era solo la professoressa che la guardò  e subito chiese:

- Sei la ragazza nuova?
- Sssi.  - rispose lei piano, sorridendo.
- Siediti dove preferisci, dove sei più comoda ok?
- Si. Ggrazie. - Giulietta aveva già compreso che si trattava di una donna dolce. Le bastava guardare lo sguardo di una persona, le sue movenze, per capirlo.

Entrarono gli altri ragazzi. Giulietta si guardava intorno e loro la guardavano chiedendosi da dove arrivasse, qualcuno stranito, qualcun altro entusiasta.

Capì che non stavano facendo un gran casino. Doveva essere una classe abbastanza tranquilla.

Entrò un altro ragazzo ed era proprio Jimmy. Giulietta era girata verso la finestra, stava ammirando un po' persa le fronde degli alberi. Le trasmettevano un senso di pace infinita.

- Ehila... eccoti qui fuggitiva! - affermò appena entrato sempre sorridente.

Giulietta non si girò e lui le si piombò di fronte.

- Perché mi ignori? ti ho chiamato anche prima sai?

Giulietta stupita dalla sua apparizione improvvisa chiese:

- Ppuoi rripetere? ho perso un passagggio - rise.
- Come hai perso un passaggio? ... comunque, dicevo che mi hai ignorato anche prima, ti ho chiamato perché ho capito che sei nuova e nel passare
avevi urtato il mio zaino così volevo presentarmi.
- Ah, scusa, nnon ti ho visto... - disse dolce.
- Ho notato! eh eh! io sono Jimmy.
- Giulietta, piacere.
- La profe è uscita un attimo eh eh... qui parlano tutti, parliamo anche noi!
- Sssi, certo.

Le era passato il senso di frastuono. Il viso dolce del nuovo compagno di scuola l'aveva allietata.

- Posso chiederti una cosa? - propose Jimmy girando la testa per un attimo verso gli altri.
- Come scusa...? ho di nuovo perso il passaggio.
- Cosa... significa che perdi il passaggio? e ... scusa se te lo chiedo, è giusto per sapere... sento che parli un po' strano... come mai?
- Pperrdere il passagggio per me vuol dire che non ssono riuuscita a legggere le labbra del mio interlocuutore perché non era rivollto verso di me e uhm parlo sstrano perché nnnon mi sento. O meglio, non sento nulla! ah ah! - Giulietta si era messa a ridere di gusto, era sempre stata molto auto ironica. Aveva due occhi grandi azzurro cielo e quando rideva le si illuminavano ancor di più.
- Dunque sei sordomuta giusto? - sorrise Jimmy.
- Eh già, pperò non faccio ffatica nelle scuole normali. Leggo le labbra, ppreferisco.
- Beh, meglio così in effetti! - sorrise Jimmy - Beh, posso dirti subito una cosa allora.
- Cosa?
- Hai una voce splendida. - Jimmy era rimasto colpito ancor prima di averle parlato e ora ancor di più.
- Anche tu!  Ah ah! - rispose Giulietta ridente.
- Come anche io? e come fai a saperlo?
- La vedo, la tua voce. Non sso come spiegarlo, identifico la voce nei ggesti, nel modo in cccui una persona si muove, nnnegli occhi. Nello sgguardo e nelle eespressioni del vviso.
- Uau! che storia! eh eh...
- Eh ssi.
- E dimmi... cosa ti piace fare?
- Girare per ccittà che non conosco, legggere, sstudiare, balllare - ma solo per sfogare le enerrgie quando sono a casa e ... la musica, le vibrazioni della musica e ... la natura. Adoro tutto ciò che è oceano, mmare. Vorrei diventare biologa mmarina.
- Fantastico...
- E tu?
- Per ora sono intento a scoprirti... - sorrise e la professoressa entrò.

Giulietta si  era messa in prima fila per non perdere passaggi della lezione, Jimmy era dietro di lei e ancora la guardava. Lei gli fece segno verso la professoressa e poi accennò con la mano un "Dopo continuiamo".

La professoressa iniziò poco dopo a spiegare; sapeva che Giulietta era allo stesso punto del programma anche nella scuola che frequentava prima e che durante le due settimane di fermo aveva continuato a studiare con l'aiuto dei suoi vecchi professori che le inviavano materiale online. Sapeva anche che era un genietto, comunque si assicurò che lei si sentisse a suo agio e le disse di chiedere in qualsiasi momento qualsiasi cosa.

Era l'insegnante di inglese e stava leggendo in quell'istante la poesia di un autore che a Giulietta piaceva da matti. Una poesia meravigliosa.

La bella accoglienza della professoressa prima e di Jimmy poi ed ora la Poesia. Amava parecchio la Poesia.
- Che belle voci... - pensò.

mercoledì 4 aprile 2012

Sifda la sfida


Prendo e desto e guardo e resto,
in piedi, resisto, arguisco, impazzisco e testo.

Nel testo, testo, il tosto pestar di testa,
lesta, profumata frutta di campane.

Sfido, il tuo senso, perché senso c'è,
credo, all'impresa, perché verità è.

giovedì 29 marzo 2012

Poetami _ Carme


Portami con te, mia pace.

Basta il flebile tocco delle tue tempeste
per regalarmi riposo, per regalarmi

rinfrescato giacilio dal quotidiano
peso che frastuona i sensi.

Adoro la tua forza,
semplice parola, bellezza.

Semplice respiro di muse, di te, 
geniale creazione del Poeta più grande.

venerdì 5 agosto 2011

Non solo un brivido


È stato come ballare
un istintuale accento creolo,
come sentire sul dorso della schiena
l'ispirazione divina del corallo rosso.
Corniola aggiunta al mio sangue,
ancora di più. Ancora di più.
Come l'opale si dice
schiarisca le idee, rafforzi la memoria,
incredibilmente, per amor di musica e poesia,
a tali parole si è ulteriormente
allargato questo familiare universo.

martedì 5 luglio 2011

Donna poesia


È blu elettrico, sussurro di beatitudine, stranezza del falco più bizzarro, il lungometraggio senza fine che ti avvolge, la pioggia e il sereno in una stanza; è aria fatta dei veli che indossa, è la corsa verso la Luna ed il Sole che l'aspettano, è niente solitudine.

Si scrolla di dosso il timore e vibra nel canto di una forza melodica e acuta, come una chitarra che canta il suo respiro la sera d'estate.

Il solleticare di un tempo trascorso di pentagrammi vissuti e così ancora vivi,  accompagna i suoi sogni; è l'eco nitido di un concerto che non ha fine, la bellezza della vicinanza. 

E le parole dei poeti sono come il risveglio, il profumo della neve e dell'estate, la percezione tiepida e cordiale dei suoni e dei canti, delle nuvole e dei boschi inventati, delle canzoni, dei passi, del calore e del colore; la parola che è preghiera e dono e amore, è lume che si dà vita da sé come fosse sempre esistito, come se dovesse esistere sempre; non esiste abbandono né dolore, nemmeno quando il dolore arriva. È la pazienza eccelsa che il cuore ti dona sopportando i deliri, dandoti luce luce e ancora luce.

È la liberazione assoluta, la libertà dei sensi e senza limite, infinita come il tutto, spiana i rovi e crea la vita, crede in te perché la ami e sa cosa vuol dire, ululare di se che è divina.

domenica 7 novembre 2010

Amo lei:


Nel mentre, Lei ascolta il respiro di neve sciolta,
il rossore di questo foglio che si impregna.

Ascolta il sottosuolo che scalpita per emergere.
Percepisce il dubbio di un "non so, veramente".

Cos'è che ti fa vibrare?

Lei ammira la maturità di questo dipinto che avvolge i nostri vuoti.

Custodisco il segreto d'un amore che si chiama poesia, tento di prendermene cura.

Tra i lumi accesi e quelli spenti, Lei vede, senza spiegazione, qualcosa di più.