Frank
Zappa era americano, ma non solo. Portava con sé le origini siciliane del padre, un po' di
sangue francese e un altro po' di italiano, da parte di madre. Sangue misto, meticcio, favolosamente
meticcio. Vi chiederete cosa c'entri il sangue misto con la musica. Beh, forse molto, forse poco, ma nel dubbio è una buona informazione. Può esserlo anche pensando alla sua personalità, al suo modo di essere così geniale, creativo e severo, contradditorio e coerente con le sue stesse contraddizioni, appassionato e passionale. Dire che Zappa fosse un meticcio musicale è riduttivo. Zappa era, è e sarà sempre molto più di questo; per la musica e non solo. Ispirato, nel senso più alto del termine. È difficile scrivere di lui, era Tanto con una T enorme ed io "...non ho alcuna convinzione per come è
intesa dalla gente del mio secolo. [...] Solo i briganti sono
convinti - di che? - di dover riuscire. Così riescono. [...].
Tuttavia ho qualche convinzione, in senso più elevato, e che non può
essere capita dalla gente del mio tempo" (Charles, quanto lo
adoro). In effetti, ci sarebbero una miriade di cose da dire. So che molti
di coloro che leggeranno sapranno benissimo di chi si parla, ma so
anche che, purtroppo, tantissime persone non ne avranno la minima idea. È successo e continua a succedere per molti grandi del passato, di un tempo definito lontano, ma che a dire il vero non lo è così tanto (a volte sì, ok, ma
l'arte non può essere storicizzata. "Non per come lo intendono
gli uomini del nostro tempo"). Qualcuno potrebbe averlo sentito
nominare molte volte senza pensare a chi fosse e a cosa facesse,
potrebbero aver visto il suo volto - una faccia che ti rimane nel
cervello a vita quando la vedi - senza sapere
nulla di lui. La cosa triste è proprio questa: in Italia c'è
una non cultura così diffusa da far star male chi la musica la ama,
la vive, sa come funzionano le cose e perché. C'è un enorme buco, lasciato lì a ingoiare strascichi di curiosità e sete perduta, ammalata, deturpata. Pur essendo un dato di
fatto che è così, che tanta gente se ne frega e non si pone il
problema, come non se lo pone per la mancanza di rispetto assoluta
per l'arte tutta, è più forte di me; è una cosa che non riesco ad accettare e continuerò a sognare che le cose cambino e che
anche piccole gocce in un oceano di persone, a loro modo, possano riuscire a rivoluzionare tutto. Sto divagando? In verità, no. Frank ha lottato parecchio per la musica e non "solo" per quella. È stato musica d'ogni sorta, purché buona. Un po' come nella ben nota frase di Einstein. Frank era parole, testi diretti, crudi fino allo stremo. Era arte nell'arte, dentro al mondo e fuori dal mondo; solo che, per chi non lo conosce, questa frase può sembrare insensata. Chitarrista, compositore,
interprete, produttore discografico, direttore d'orchestra e
arrangiatore. Un genio della musica, passato dal cantautorato rock al rock blues fino al rock più contaminato, tanto che per alcuni "puritani" del genere era persino troppo; ha suonato e composto musica rock, jazz, fusion, classica e classica sperimentale. È passato, in compagnia della sua musica in mezzo al cabaret, per giungere alla satira, poiché i suoi testi sono sempre stati onesti, viscerali, crudi dicevo, come una bistecca rosso vivo. Era volontariamente esagerato, tanto diretto da non essere immediatamente colto da gran parte del
pubblico del suo tempo (...) e, come spesso accade, compreso perlopiù in seguito. Non era facile Frank, ma quale genio potrebbe esserlo? Frank Zappa è stato un perenne funambolo; un funambolo spericolato e consapevole che si spostava avanti e indietro e saltellava di qui e di là s'una bella corda posizionata il più possibile ad alta quota. Immaginatelo: lui che cammina, beato, sulla corda meravigliosa del
teatro dell'assurdo e del jazz, iper protagonista e iper creativo. Era come se danzasse attorno a un fuoco camminando sulla sua folle corda. Volontariamente e incantevolmente folle. Professionalmente impeccabile,
preparatissimo, contaminato nelle ispirazioni da miriadi di sfumature
e riferimenti diversi. Geniale. Un aneddoto che mi ha colpito nella sua storia, l'ho trovato in un articolo che parlava di un concerto tenutosi nel 1982, nel quale fece installare un, allora ancora poco diffuso, megaschermo. Sullo stesso fu proiettata una partita di calcio e la sua
spiegazione al pubblico, prima di iniziare una delle sue epiche performance fu semplicissima: "Chi non capisce
un tubo della musica che faccio, può tranquillamente guardarsi le
partite... così non ha buttato i soldi del biglietto". "Does
Humor Belong in Music?". Oh, si che può. Zappa ne era un maestro
e questo è il titolo di un suo live album e di un tour, con
grandiosi musicisti al seguito naturalmente, del quale vi propongo sotto un
video. In particolare, qui si tratta dello storico "Live At The
Pier" e del brano "Keep it greasey". Dopo un minuto e
trenta secondi dall'inizio, sul finire di "Bobby
Brown" e collegando simpaticamente i due pezzi, Frank Zappa
annuncia: " Watch me now because the name of this song is "Keep
it greasey" ". Si tratta di un brano che fa parte di un concept
album suddiviso in tre atti, pubblicato nel '79 e che narra le
avventure e le disavventure del protagonista Joe. Nel caso di "Keep
it greasey", Joe è prigione da un po' e Zappa ne narra le
disavventure. Come parlare di una realtà terribile, trasmettere un
messaggio forte e riderci sopra? Presto detto: "Keep it
greasey".