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sabato 30 aprile 2016

Garrapateros: "Garrapata Sound System"


"Garrapata Sound System", il nuovo album dei Garrapateros. Ve li ricordate? (per chi  li avesse scoperti sul blog ); ci avevo fatto una luuunga chiacchierata, molto interessante, andando a fondo, tra i testi, la musica, i pensieri, le visuali di vita (per rileggere cliccate qui). Il nuovo album ha quella formazione della quale Nic mi aveva parlato, nuove entrate nella band che andavano a costruire quel sound nuovo che già al tempo chiamava "Garrapata Sound System". Da bravi spiriti patchanka rebelde, i Garrapateros si sono evoluti ancora di più. E' stato fantastico ritrovare in questo album versioni molto più energiche (nella maggior parte dei casi) e "romantiche" (nel caso di "Cenere e Fuoco") di pezzi ripresi dal primo album "Vida no mata". Le ho percepite come più reali, più palpabili, come nei live e infatti... dei live sentiti/ visti, mi ricordano la struttura musicale, gli arrangiamenti, l'interpretazione, il tutto ripreso e fissato nell'album. Poi, riguardo ai pezzi del primo album che si sono evoluti durante gli innumerevoli live per poi racchiudersi in questo "Garrapata Sound System" (un po' come se i live fossero stati - nel passaggio - il bel paesaggio di fronte a un pittore impressionista), ti vai a riascoltare il prima e il dopo e pensi al fatto che la prima versione ti piace come ti piaceva allora, ma che qui trovi quell'evoluzione, quel groove in più, sempre più patchanka rebelde, la maturazione, il crescendo che in una band ci deve essere o non sarebbe una band di talento. Poi gli inediti. Dopo l'uscita dell'album a novembre 2015, la band presenta come singolo, con video, "Zona Rossa", una bella botta di energia che non manca - perché con un autore come Nic non potrebbe mancare - di profondità di concetti. I testi di Nic non sono mai superficiali, ha da sempre la capacità di scrivere in pochi versi una miriade di cose interpretabili in molteplici modi, sia quando i testi sono più lunghi e dettagliati sia quando sono - solo fisicamente - più brevi. Molto bello il video che rispecchia la canzone a pieno dal mio punto di vista. Il viaggio, gli amici, la vita, lasciare una scia, la scalata, il sudore, l'inizio, il tramonto. "Somos", la mia preferita. Un pezzo che inizia come una poesia, recitata da Nic naturalmente. Perché una poesia? beh, per il testo e per l'intepretazione fantastica che ne da l'autore. Traducendo al meglio possibile... "Mi dici qualcosa che non so, non capisco. Mi dici che non è una storia [questa], è quello che è successo a me (!) e il futuro delle tue parole è presente, qui (!). E non... se ho quindici anni ribellione, se ho quartant'anni responsabilità, se ho ottant'anni fatica o... se non sono ancora nato... innocenza; non tocco, non ascolto, non parlo. Vedo soltanto, eppure penso già [così tanto]: "Chi sono?"." La musica, in questo pezzo, ha addirittura influenze jazz (è patchanka, perché dunque limitarsi?). Si perché senti una batteria che in certi punti lo ricorda, senti un assolo di tastiere che in un pezzo jazz ci starebbe a pennello e senti un "canticchiare" di Nic che dal vivo potrebbe avvicinarsi a uno scat, perché no; senti poi, anche quel tipo di ritmato che ricorda il charleston e con cui è difficile star fermi. "Musica che accarezza la pena", dice, perché come spesso accade Nic ripropone tematiche che puntano alla riflessione sulla vita, su quanto sia dura a volte, ma su quanto sia necessario e sacrosanto godere di ogni momento, crescere e non credere mai che un sogno sia impossibile o che la vita "ammazzi" perché "La vida no mata", è un controsenso no? E così, se c'è una pena... la musica la accarezza. Felice a mille poi, di aver sentito "Hijo de Puta". Durante i live in duo acustico, Nic e Cannibal, avevano già iniziato a deliziare il pubblico con questo pezzo strumentale fantastico nel quale il sound di chitarra e percussioni di due musicisti già bastava a ribaltare un locale. Mai incisa prima, decidono - per fortuna - di farlo con "Garrapata Sound System" e nella versione dell'album arrivano i suoni spaziali dei synth e delle tastiere deliranti. Come ultimo pezzo dell'album, "Sigo" ovvero "Continuo", come il cammino dei Garrapateros, che - per citare il testo - sono come "una lucertola a cui continua a ricrescere la coda, in qualsiasi punto essa sia stata tagliata", perché Nic c'è, perché Cannibal c'è e perché hanno trovato lungo il loro cammino Petardero (basso e cori), Papy Chulo (chitarra elettrica e acustica) e Tio (tastiere, synth e groove), coi quali hanno sentito accendersi la giusta miccia, per continuare a crescere, in questo sogno diventato realtà.


 



lunedì 18 maggio 2015

Garrapateros. "Compartìr", "Con - dividere". Patchanka rebelde!


Stasera parliamo di libertà, passione, fatiche e duro lavoro ripagato, talento, calore, allegria, profondità; parliamo della forza del suono, degli arcobaleni infiniti delle note musicali e dei ritmi, parliamo della potenza delle parole, parliamo dell'eccelsa, sublime, potenza della musica. Ne parliamo con Nic e Michele e parliamo dei Garrapateros; perché la loro storia, il loro sound, i loro sogni, i loro traguardi, sono un perfetto esempio di quanto la musica può fare e dare. I Garrapateros definiscono il loro genere “patchanka rebelde”, vale a dire “patchanka ribelle”. Il genere patchanka, per chi non ne sapesse molto, è nato con i Mano Negra, che hanno coniato il termine dando come titolo al loro primo album, nel 1988, proprio questa parola. Letteralmente può significare “miscuglio”, “confusione”, “caos”, nel senso che il genere è una miscela costituita da diverse sfumature della musica e della tradizione latina. Ora, aggiungiamo il “rebelde”, ribelle; perché i Garrapateros sono patchanka, rock, funky, punk. La libertà assoluta del suono e del ritmo, le cui principali ispirazioni sono i Mano Negra e Manu Chao, ma anche gruppi quali i Delinquentes, i Calle 13, gli Ojos de Brujo e i Canteca de Macao, gruppi anche molto diversi tra loro (consiglio: andate ad ascoltarli se non li conoscete). Quel che i Garrapateros hanno in più, quello che rende il loro sound “il loro sound” è... in parte frutto delle loro esperienze musicali precedenti, punk, rock, rock grunge... e in parte - e qui è la parte bella dell'Italia che viene fuori - della loro italianità. Il loro essere italiani fa la differenza, perché l'approccio musicale di un italiano, per una questione di genuina cultura generale e musicale, sarà sempre diverso dall'approccio che uno spagnolo ha verso la musica, così come l'approccio di un francese sarà sempre diverso da quello di un irlandese ecc ecc. Tutte queste cose, messe insieme, hanno creato qualcosa che pur avendo una base e riferimenti di un certo tipo, rendono il loro sound unico per il loro genere, assolutamente “rebelde”. Conoscevo Michele Cannibal, perché conoscevo il fantastico progetto grunge rock dei Cronofobia, ai quali nessun ascoltatore con un minimo di conoscenza musicale può rimanere indifferente e nel quale era ed è batterista (ma questa è un'altra storia). Conoscevo Michele appunto e una sera, vado in un locale della mia zona e per caso me lo ritrovo in duo con Nic Garrapatero, nella versione acustica che portano in giro qui e la'. Quella sera mi hanno steso e al secondo live a cui sono andata  - un live che aspettavo con gioia da quando avevo avvistato la notizia della data, un mese prima - mi hanno steso il triplo. La prima volta, ho scoperto poi, erano reduci da un viaggio lunghissimo e devastante ed erano fisicamente a pezzi (oh scusate! non me ne ero accorta ragazzi!), però poi al secondo live mi sono accorta della differenza, anche se già al primo mi avevano rapito, buona alla prima. Il loro primo album “Vida No Mata” l'ho praticamente consumato in macchina, non riuscivo a smettere di ascoltarlo. Brani del secondo album, il loro ultimo lavoro “Esperando”, li ho sentiti proprio in questo secondo live, con successivo inevitabile acquisto del cd. Cos'altro posso dire? Quando ho iniziato a scrivere questa intro stavo cercando il modo giusto per “rendere l'idea” e come spesso mi accade, è la descrizione delle mie stesse emozioni ad aiutarmi a trasmettere i concetti, perché la musica è questo, è passione pura, emozioni d'gni sorta, parole e suoni, poesia e ritmi, tradizioni e scoinvolgimenti. Mi fermo qui, potrei andare avanti per ore, ma è “pericoloso” perché le mie dita mi porterebbero a parlare di troppe cose e non arriverei al nucleo. Stasera il nucleo si chiama Garrapateros. Stasera, vi presento questo fantastico progetto, attraverso Nic e attraverso Michele, un percussionista che è solo da vedere e sentire, inutile descriverlo, non saprei nemmeno come. Nic Garrapatero... che è partito per la Spagna con qualche soldo da parte per potersi cercare un lavoro e fermarsi un po', niente Erasmus; per approfondire la lingua spagnola, perché allora studiava lingue all'università. Immaginate ora, immaginatelo in testa: un ragazzo che fino ad allora aveva suonato e ascoltato punk, parte per la Spagna, borsa in spalla. Arriva, conosce gente, sente profumi, vede colori, conosce tradizioni, si fa rapire dolcemente dai gitani che abitano poco distante da lui, comincia ad ascoltare musica che prima non conosceva e che forse mai avrebbe ascoltato e quando torna, inizia a fare musica diversa, prima da solo e poi... da Garrapatero, fonda i Garrapateros. Ora la parola a loro, a Nic – il mosaico, così l'ho soprannominato dopo questa chiacchierata – e a Michele, di poche parole – poche ma ben precise - e tanto ritmo dentro e tutto intorno.

"Vida no Mata". E' il primo pezzo del vostro primo lavoro e da' il titolo all'album stesso. "La vita non uccide". Il testo è molto intenso, parla di un uomo che in sostanza odia l'ipocrisia, le menzogne e che non vuole smettere di lottare. Mi chiedevo se il testo fosse ispirato a una storia reale visti i riferimenti alla protesta o se fosse nato da una tua pura riflessione.

Nic: " “Vida No Mata”... no, in realtà non è una canzone che prede spunto da una particolare vicenda personale, bensì... più in generale - dalla visione che ho della realtà, della quotidianità, da ciò che è questo preciso momento storico e che sicuramente mi riguarda. L'ho scritta riflettendo su un contesto globale che rientra poi nella dimensione personale di ognuno perché... l'informazione, i mass media, “quello che passa” e che descrive la nostra realtà, ci fa intendere che nonostante siamo su questa terra... praticamente saremmo “dei morti che camminano”, ci fa pensare che abbiamo più situazioni su cui piangere rispetto a situazioni dalle quali prendere spunto in positivo. Il testo dice “La vida no mata” nel senso che... è un controsenso che la Vita uccida! la Vita dovrebbe essere una crescita, uno spunto di riflessione e cambiamento, non certo qualcosa di negativo o un motivo per pensare di togliersela, la vita. Eppure questa visione negativa appare in modo sempre più frequente, il messaggio che passa è che viviamo in una specie di inferno o per spiegarlo meglio se “la sorte non è dalla tua” sembra che questo significhi non essere produttivo e che l'unica cosa che puoi fare è quella di disperarti. Io non credo sia così. “Vida no mata” poi ripende anche una frase molto familiare agli spagnoli che è “la prisa mata” che vuol dire “la fretta uccide”; che poi... non è nemmeno la fretta a uccidere messa a confronto con questo “senso di morte” diffuso."

Il secondo pezzo invece "Sevilla Maravilla" racconta della vita di strada che presumo tu abbia visto e portato dentro di te quando eri in Spagna, ma c'è una sorta di sottolineatura... in strada c'è chi sta meglio e chi sta peggio, ma in ogni caso c'è fratellanza. Ti riferivi in particolare ai gitani di quartiere che ti hanno praticamente accolto da quanto ho capito e che ti hanno fatto scoprire le loro tradizioni, la loro musica... o era un più discorso generale? Nel testo poi dici che quella è la parte migliore di Siviglia, al di la' di quello che possono essere le apparenze, ma mi chiedo: la popolazione spagnola accoglie la realtà gitana come parte integrante della cultura spagnola o ci sono pregiudizi come ad esempio accade in Italia per molte diverse realtà?

Nic: "Si è un pezzo che racconta l'esperienza quotidiana che ho avuto in un breve periodo che ho vissuto nella città di Siviglia, nel quartiere della Macarena. Quello che io ho visto in quel quartiere - che è un quartiere molto importante a Siviglia nonostante sia considerato un quartiere a rischio perché è un quartiere popolare con un forte tasso di immigrazione e una forte presenza dell'etnia gitana – è molto simile a quello che ho visto nel quartiere Cabanyal di Valencia, in cui appunto ho vissuto per un po' di tempo. Nel pezzo dico che è un quartiere in cui “non ci sono differenze”. Non è del tutto vero in realtà perché è chiaro che esistono sempre situazioni di discriminazione in una realtà in cui convivono diverse realtà culturali che condividono lo stesso spazio geografico e ci sono scontri, è ovvio. Nel pezzo dico che è la parte migliore di Siviglia nel senso che questi quartieri sono luoghi che ti sbattono in faccia la realtà, sopratutto per quanto riguarda il tema dei gitani. L'etnia gitana... non è più integrata in Spagna rispetto all'Italia, ma sicuramente c'è molta più accettazione rispetto a qui. Questo perché culturalmente e storicamente la cultura gitana è assimilata nella cultura del ballo e della musica spagnola. Ci sono generazioni e generazioni di cantanti, musicisti, ballerini di flamenco, di etnia gitana. In Spagna l'arte e la cultura del canto e della musica hanno un riconoscimento assoluto, molto più che in Italia perché il sentimento è molto più vivo e radicato e in effetti, tutto ciò che “di nuovo” si crea in Spagna, ha molte delle sue fondamenta “nel vecchio” e per forza di cose la cultura gitana ne è parte integrante. Siviglia con la Maccarena e Valencia con il Cabanyal, sono esperienze che io ho voluto fermare, come in uno scatto fotografico, attraverso questa canzone e sicuramente ho voluto raccontarne il meglio perché è quello che io stesso sono riuscito a tirare fuori dal peggio di quel che ho visto."

Passiamo al nuovo album, "Esperando". Mi piace moltissimo il fatto che in un modo o nell'altro, nei testi che scrivi ci sia sempre un incoraggiamento a non mollare, a continuare a lottare, a continuare a credere nei propri sogni. In "No falta nada" scrivi "Di quello che c'è non manca niente", un detto popolare che rende perfettamente il concetto: smettere di pensare di "non poter fare", perché come scrissi una volta "il sudore è nobile" e porta sempre a qualcosa di buono. Non è il "dove arrivo" ma il "come e perché", il "cosa porto con me e cosa lascio agli altri". Ed anche in "Querida vida", parli della meravigliosa esistenza di un insieme di energie che ogni persona può usare per affrontare la quotidianità, la frenesia, il senso di insofferenza e - anche qui - si parla di sogni. "Non ho più molto per me, però ho il mio sogno". Mi piace molto tutto questo, siamo sulle stesse corde. Questo meraviglioso atteggiamento verso la vita che porti con te, ce l'hai sempre avuto per carattere o credi che ci sia stato un momento in particolare in cui hai maturato questa consapevolezza?

Nic: "Si è vero... in quasi in tutti i pezzi che compongono il nostro primo album “Vida no mata” e anche il secondo mini album “Esperando”, c'è sicuramente un incoraggiamento a non mollare. Io in generale ho avuto un fortissimo cambiamento a partire dalla mia esperienza in Spagna. Non sono mai stato una persona negativa perché dal mio punto di vista essere realista significa riflettere su situazioni anche negative e prenderne spunto per arrivare a qualcosa di positivo. Le mie vicende ed esperienze personali poi mi hanno fatto rendere conto, misurandomi con me stesso e con gli altri, che in sostanza ero molto più pieno di risorse di quanto pensassi e così... ho maturato una gran voglia di risorgere. “Cenere e fuoco” già lo dice no? “sotto la cenere c'è ancora un po' di fuoco”. “Querida vida” dice proprio “nonostante io non abbia più spazio, non abbia più tempo, non abbia più molto per me, ho sempre il mio sogno” e questo è un pensiero di importanza assoluta nella mia esistenza perché - oltre ai Garrapateros - i Garrapata Sound System appena nati, il set acustico Rebelde, come side project... sono il mio sogno, progetti in cui io credo da morire. Credere nel mio sogno è la mia identità, è l'identificazione precisa della mia vita adesso. In passato non era assolutamente così; ero molto più attaccato a una sorta di linearità di come forse volevo fosse la mia vita e quindi nell'impossibilità di riuscire a raggiungere questa linearità stavo male, ero molto meno consapevole su chi fossi, su cosa volessi e su che cosa rappresentasse per me la musica; poi ho capito che siamo noi la nostra stessa risorsa. “Di quello che c'è non manca niente” dice “No falta mada”, vale a dire che da quello che abbiamo - seppur poco - si può partire, si può iniziare a costruire il passo successivo, a salire un nuovo gradino, per poi renderlo sempre più solido e quindi... è un continuo “non arrendersi”. Anche con il progetto Garrapateros “di quello che abbiamo in questo momento non ci manca niente” e proprio per questo ora è nato il “Garrapateros Sound System”, qualcosa che già esisteva ma che può avere uno sviluppo sempre più consistente. Basta volerlo."

Allora Nic... Il vostro nome significa libertà in sostanza, non letteralmente, ma per il concetto che ha... Spiega tu però, cosa significa per te, per voi.

Nic: "Il nome Garrapateros è stato scelto in omaggio ai Delinquentes, “capitanati” al tempo da Miguel Benítez, un ragazzo morto molto giovane - a ventuno anni - per un probabile arresto cardiaco causato dall'abuso di sostanze. Era un poeta, ha scritto diverse poesie oltre che canzoni stupende. Circa dieci anni dopo la sua morte il fratello ha pubblicato una raccolta di testi inediti scritti da Miguel prima di morire e che mai sono stati registrati e in questa raccolta ci sono anche alcune interviste. In una di queste Miguel spiega che cosa significa “garrapatero”. Letteralmente la "garrapata” è la "zecca”. Lui racconta che quando era piccolo viveva in campagna, aveva molti cani e gli toglieva spesso le zecche e la zecca è sempre stato un insetto che in qualche strano modo lo affascinava e dunque ha iniziato a usare il termine “garrapatero” associandolo però a una concezione positiva o a qualcosa che a lui piaceva. Ho voluto fare un omaggio a loro perché è sopratutto grazie ai loro pezzi che ho cominciato a conoscere la lingua spagnola; il loro modo di comunicare, il modo di comunicare di Miguel, è stato fondamentale per me. Adesso - con il progetto “Garrapata Sound System”  - abbiamo voluto staccarci dal termine “garrapateros” perché ad oggi, se in rete si digita il termine viene fuori di tutto e di più. Molte cose legate ai Garrapateros, ma anche tante tante band che fanno cover, per esempio dei Los Delinquentes e che si chiamano “Garrapateros”. Il Garrapata Sound System è il nuovo progetto, con cinque elementi, in cui il flauto non compare più e con il quale vorremmo arrivare un po' di più, rimanendo affezionati alla base - che è la stessa - ma “togliendo di mezzo” tutta la confusione che si può fare ora cercando informazioni su di noi e la nostra musica. Il senso di libertà che io sento in questo termine è determinato dalla realtà per cui c'è stato un grande cambiamento per me. La mia propensione naturale è stata quella di slegarmi dall'origine punk per far ramificare la base in altro; mantenere la radice, facendo crescere però rami che vanno in direzioni diverse."

Inizialmente sei partito da solo, poi avete iniziato a suonare insieme tu e Michele e pian piano si sono aggiunti gli altri ragazzi della band. Se tu e Michele non vi foste trovati, pensi che avresti cercato prima o poi altri musicisti con cui portare avanti il tuo progetto? Avevi già in mente di creare una band o è stato un effetto “Sliding doors” per cui le cose sarebbero andate diversamente perché inizialmente non ci pensavi? E se tu avessi continuato da solo? Cosa pensi avresti fatto? Come sarebbe andata secondo te?

Nic: "Beh... quando sono tornato dalla Spagna ho sentito la necessità di portare quello che avevo assimilato in Italia. Il distacco dalla Spagna all'Italia per me è stato molto forte, avevo bisogno di ritrovarmi a casa mantenendo però le stesse vibrazioni che avevo percepito e sviluppato là e ho portato con me lo stesso intento che là avevo maturato, di farmi conoscere con questa musica, diversa da quella che solitamente facevo e alla quale la gente che mi conosce era abituata. Ho iniziato da solo, ma dopo un po' che suonavo da solo - cosa che non avevo mai fatto avendo avuto in precenza una punk rock band - durante i live non potevo condividere con nessuno né le gioie né i dolori ed avendo comunque consapevolezza di quel che avrei voluto fare, già immaginavo sul palco con me un'altra persona proprio per... riedere insieme o “prenderci male” insieme. Con Michele è stato sicuramente un effetto “sliding doors”, nel senso che l'intenzione da parte mia di creare un'alternativa al onemanband c'era sicuramente, però per esempio, io e Michele ci conoscevamo abbastanza superficialmente al tempo e mai avrei pensato allora di trovarmi spalla a spalla con quello che ora per me è un fratello, dopo cinque anni. C'è stato ovviamente intresse da parte sua, dopo due giorni si era già procurato un cajòn flamenco. E' stato anche quello che tra i Garrapateros si è arricchito sempre di più, veniva dal rock, dal grunge, generi che a volte non vanno proprio d'accordo con quello che ho portato io, molto più leggero e anche spensierato se vogliamo, meno “pesante” rispetto al grunge che proprio per la sua storia è legato a situazioni molto più introspettive, anche se in realtà – come hai ben descritto tu stessa - nel genere dei Garrapateros questa “leggerezza” e “spensieratezza” è apparente, c'è sempre un'interiorizzazione della realtà e la volontà di buttar fuori questa interiorizzazione e renderla esplicita nelle canzoni. Sicuramente io avrei creato una band perché sono “un animale sociale” fondamentalmente, da solo mi sarei stato un po' stretto, però ecco, nel corso del tempo si sono create tutte le collaborazioni, sempre comunque con un effetto “sliding doors”. Non so come sarebbe andata se non avessi incontrato Michele... avrei magari incontrato qualcun'altro, ma probabilmente non così bravo..."

Michele, te lo devo chiedere............... ma perché “Cannibal”?!?

Michele: "Cannibal... eheh... semplicemente perché ho ascoltato e ascolto tuttora i Cannibal Corpse; è dunque un riferimento alla fissa che ho per questo gruppo, niente di più semplice. In adolescenza gli amici con cui suonavo, un giorno mi hanno chiamato così e da quel momento ho deciso che sarebbe stato il mio nome d'arte!"

A parte gli scherzi... tu che vieni da un progetto come i Cronofobia... come ti sei avvicinato a questa musica, cosa ti ha catturato? Nic ha avuto esperienze che lo hanno avvicinato (per fortuna aggiungo) a questo mondo musicale... e tu? Cosa è successo dentro di te? Qual è stato il tuo viaggio?

Michele: "Mi sono interessato ai gusti musicali di Nic semplicemente per curiosità... Non avevo mai suonato musica Spagnola ed essendone incuriosito mi è sembrata la cosa più giusta da fare, mi ha subito attirato l'idea di fare una nuova esperienza. Ed è stata la scelta più giusta perché grazie a questo ho imparato una miriade di cose, proprio come musicista; ho imparato ad essere più dinamico nel suonare batteria e percussioni, ho iniziato a cantare ed ho anche imparato a conoscere e ammirare un sacco di persone che ballano i vari generi della musica spagnola."

"Il destino è un pazzo che gioca coi fili". Tema ricorrente nei pezzi dei Garrapateros. Ditemi qualcosa di più. Nic, Michele, parlatemi del destino.

Michele: "Io personalmente non credo nel destino, credo più alla fortuna. Ritengo una grande fortuna il poter sentire il ritmo in ogni cosa che faccio, lo sento nelle vene!" Nic: "Il tema del destino, associato anche al tema della casualità quindi all'effetto “sliding doors” di cui parlavamo prima, è una medaglia a due faccie che io non ho ancora ben identificato a dire il vero. Intendo dire che... in me è più presente “la visione della casualità”; quando scrivo del destino in “Huele a Pasado” per esempio, quello è un testo molto personale, una canzone dal gusto agrodolce, una tristezza consapevole - che non ti porta a buttarti giù da una finesta ma come dicevo anche prima serve per cercare di crescere. A volte... fa un po' parte della natura umana colpevolizzare qualcuno e in quella canzone io colpevolizzo il destino. Il destino che è appunto “un burattinaio”, è capriccioso, in questo pezzo. Completamente diversa invece è la visione di quando ho scritto “Casualidad” che è uscita nel 2012. Li scrivo che la vita è una casualità da quando inizia a quando finisce, ma è anche una possibilità, “sfrutta il momento e non te ne pentirai”. Il caso e il destino sono due cose che spesso fanno molta paura, perché rappresentano quel che non si conosce, ma allo stesso tempo quel che non si conosce incuriosisce. Molti lo temono e lo vivono con angoscia, io lo vivo con interesse, sono curioso di sapere quel che mi accadrà, anche se non credo che le persone siano legate a una predestinazione, questo no; sarebbe molto triste pensare che tutto è già scritto. In ogni caso mi ritengo una persona molto fortunata, perché ho un sogno e non tutti ce l'hanno. Per me è vitale. Avere un sogno, portarlo avanti, è una cosa... molto rara, una cosa preziosa... Che sia allora una casualità, destino... nellla mia vita c'è questo sogno, che è la mia vita stessa. Nella canzone in cui ho scritto che è “un pazzo che gioca coi fili” ho cercato di stare nel mezzo tra casualità e destino anche per... “impersonificare” la casualità stessa e facendone una “casualità personificata” allora non è più “casualità”, diventa un qualcosa, qualcuno, senza nome né cognome, a cui poter dare la colpa e che crea una serie di eventi che possono sembrare anche casuali, ma nel caso di questa voluta “personificazione” molto probabilmente non lo sono."

Allora.... so che nel vostro percorso musicale avete avuto grandissime soddisfazioni, tantissimi live, l'apertura del concerto agli Ska-P, a Tonino Carotone, il calore del pubblico, i vostri fantastici viaggi e tutto ciò che avete scatenato. Al di la' però di queste fantastiche esperienze, qual è stato per voi il momento in cui avete pensato “va alla grande, stiamo realizzando il nostro sogno”? Una scena, un ricordo, un momento, un'immagine, una riflessione.

Nic: "Le situazioni in cui... ho pensato “va alla grande, stiamo realizzando il nostro sogno”... sono tantissime... Non voglio sembrare banale ma... “vivere il presente” è sicuramente una cosa che mi caratterizza, penso al futuro ma in una prospettiva che si basa però sempre sul vissuto del presente, dunque si, l'elenco sarebbe molto lungo. Da quando ho iniziato a fare tanti concerti da solo – cosa che comunque non avevo mai fatto avendo avuto prima una band – a quando ho iniziato a suonare con Cannibal e abbiamo fatto esperieze stupende per cui a volte ti dici e chiedi: “Fanstastico! cosa succederà dopo...?”. Tanti live, tante esperienze diverse, quindi... ogni passo che si fa è vitale. Dalle cose più belle come l'apertura agli Ska – P e a Tonino Carotone fino alle “porte in faccia” che ti fanno dire “sta diventando sempre più vero”. Ad oggi, ti dico con ancora più convizione “Va alla grande, stiamo realizzando il nostro sogno”. Siamo in contatto con una casa discografica, con booking... non c'è ancora niente di ufficiale dunque al momento non posso fare “nomi” per così dire, ma c'è qualcuno che è molto interessato al nostro progetto e che ci aiuterà nella produzione... dunque... questo sicuramente è il raccolto di una serie di grandi soddisfazioni che ci hanno dato sempre più la carica per andare avanti, che mi ha fatto andare avanti con l'entusiasmo che ho tuttora." Michele: "Ricordo con grande piacere molta gente che non ci aveva mai sentito, che non sapeva chi fossimo e non conosceva la nostra musica, ballare e divertirsi con grande energia. Per me questa è sempre una soddisfazione. E poi... fare così tanti concerti fa pensare ad un futuro da musicista anche a livello lavorativo... il che è fanstastico..."

Come immaginate il vostro futuro...?

Nic: "Il mio futuro io lo immagino... in tour... con i Garrapata Sound System - dunque gli elementi nuovi che hanno creato un sound stupendo e con i quali c'è un intesa perfetta - visitando posti che non ho mai visto, facendo la cosa che più amo al mondo che ovviamente è suonare. Lo immagino... pensando che quel che ora è una passione e un lavoro part-time – per rendere l'idea – si trasformi nel mio lavoro a tutti gli effetti e di fatto già ora ho un tetto sulla testa e vivo grazie a questo. Condividere e vivere grazie a questo, così vedo il mio futuro." Michele: "Riguardo al futuro e a quel che si vuol credere a riguardo... so solo che ci vuole un grande impegno per realizzare i propri sogni e unicamente il grande impegno può portare ad avere la fortuna di fare esperienze grandiose, come è successo a noi, per esempio potendo suonare a concerti fantastici, con grandi artisti."

Parole. Colori. Sono due realtà che spesso – alternativamente - introduco nelle domande che faccio nelle chiaccherate su "Il cammino". Due mondi che dicono molto. A voi desidero proporre entrambi i mondi... dunque... di che colore siete? e qual è o quali sono le parole più significative per voi?

Nic: "I colori e le parole... io sono bianco e nero, sono gli estremi... e sto lavorando, negli anni, per trovare il compromesso tra gli estremi. Sono... sono un lunatico, altalenante, sono... un giorno a cento e un giorno a zero. Nella musica però è diverso, cerco sempre di essere a cento e mi impegno per esserlo, anche perché so che se do' il massimo nella musica, tutto il positivo che ne nasce mi ritorna e mi arrichisce anche per altri aspetti della mia vita. Anche nei Garrapateros sono bianco e nero e i ragazzi sicuramente lo hanno visto negli anni, a volte "sclero", a volte mi sento troppo rigido, ma poi comunque anche queste cose hanno portato a qualcosa di buono il più delle volte. I Garrapateros invece... per me... sono un colore unico fatto di miriadi di colori o per meglio spiegarlo... spettri di luce, miriadi di colori diversi che vanno a formare la luce stessa. La parola che più mi ha rapito invece... è sicuramente... "Compartir", "Condividere" e ... penso non ci sia bisogno di dire altro" (sorride, ndr). Michele: "Io sono porpora! Assolutamente porpora. E le parole che amo di più sono sicuramente... Consapevolezza, Gusto e Pensiero..."