30 agosto, Trescore Balneario (BG). Al Bum Bum Festival aprono le danze i Gambardellas, bravissimi come sempre e che consiglio a chi non li conoscesse. A seguire Daniele Celona con la sua band, per me un nuovo ascolto dai suoni interessanti. Poi arriva lui, Omar, accolto dal boato del pubblico che lo attende con ansia e grande affetto. Ho iniziato a seguire Omar Pedrini praticamente da bimba e il mio primissimo album originale è stato una cassetta (si, c'erano ancora le musicassette) dei Timoria che come dissi a lui mi aiutarono molto, perché Omar è per me e per tanti altri, da sempre, lo Zio Rock. Non è la prima volta che scrivo di lui: una recensione, una bella chiacchierata anni fa per il blog - che con mia sorpresa aveva fatto pubblicare al tempo anche sul suo sito ufficiale - e lui è sempre stato così dolce, affettuoso, protettivo. Omar è una persona meravigliosa, un cuore grande, un uomo che prima di essere un grande artista è un grande essere umano. Quando sale sul palco, per questo concerto che fa parte del tour dedicato ai venticinque anni di "Senza Vento", è proprio quello il pezzo che con grande emozione avvolge tutti. Subito dopo, come una bomba di sensazioni, ricordi, coinvolgimento, "Sangue Impazzito" e la voce di Omar prendono possesso dell'anima di chi Joe lo conosce e anche di chi non lo conosce ancora. E' una voce unica, Omar e noi. "Sono contento che vi ricordiate ancora di Joe", commenta alla fine sorridendo. Durante la serata, zio Rock ci spiega che "se i suoi pezzi sono arrivati anche alle nuove generazioni è merito di tutte le tribute band che negli anni hanno suonato in giro con passione, perché al tempo non c'era you tube e loro sono stati un po' come you tube" e che per questo, pian piano, li sta invitando tutti a salire sul palco con lui, per ringraziarli. E' l'amicizia, importante quanto l'amore, che unisce tutti e il momento di "Freedom" è uno dei più toccanti: tutti insieme, sul palco e giù dal palco, a rendere palpabile le sensazioni dell'amicizia e della libertà, in questo viaggio, in questo cammino, che è la Vita. E poi Frankestein, Angel (incredibile pensare che siano passati già venticinque anni anche da quel momento in cui Kurt ci ha lasciati). Tutti i pezzi si susseguono in una commozione generale evidente, tutti cantano, tutti alzano le braccia al cielo, così come quando risuona nell'aria "Sole Spento". Un Sole spento che in realtà è così acceso da scottare. Scotta ma non brucia: non bruciano quelle chitarre. Carlo si, Carlo brucia le corde e le tastiere, non a caso è soprannominato "Octopus". Eccezionali anche gli altri musicisti che accompagnano Omar: "Largo ai giovani" dice Zio Rock, perché lo sono tutti. Ancora una volta, l'ennesima, sentire la voce splendida di Omar, la sua chitarra, i suoi testi che sono poesia e vedere la sua energia, la sua passione, il suo affetto, mi lascia - ancora - senza parole e senza fiato. Ti vogliamo bene Zio Rock.
Penso sia superfluo tentare di riassumere la storia artistica di Omar Pedrini. Omar ha creato e realizzato talmente tante cose che sarebbe impossibile sintetizzarle senza lasciare da parte qualcosa di importante e bello. Quei pochi dunque che non dovessero conoscerlo, per la sua storia con i Timoria prima e per la carriera solista poi, dovrebbero cominciare prima di tutto ascoltando la sua musica e poi... andando a leggere la sua storia (per esempio sul sito ufficiale: www.omarpedrini.com). Omar è una persona di estrema sensibilità, un uomo riflessivo, un talento innato cresciuto sempre di più attraverso un percorso eccezionale e ricco. Per quel che posso, sono onorata di potervi accompagnare con questa nostra chiacchierata nel mondo dello Zio Rock. Dalla Musica alla Poesia, dalla passione per le arti alle collaborazioni e all'amicizia, dal bene verso gli altri a quella parte di mondo che si è persa per strada...
- Allora Omar... la prima cosa che mi viene in mente di chiederti è... come spiegheresti il termine e il concetto di Musica a qualcuno che non sa che cos'è? Naturalmente senza avere a portata di mano uno strumento musicale e senza cantare!
"Beh... la musica è un concetto primordiale, è stato il primo modo di comunicare dell'uomo, anche un bambino, qualsiasi essere umano sa cos'è... è un linguaggio universale..."
- Certo ma... se davvero esistesse un posto in cui non c'è musica?
"Beh... da quando esiste l'uomo esiste la musica, dall'uomo primitivo che la faceva percuotendo tamburi all'aborigeno che la crea soffiando nei suoi didgeridoo … da sempre l'essere umano comunica con la musica, quindi... forse potrebbe non esistere in un popolo fatto solo di sordomuti, ma la musica è un linguaggio che è... questo... è una vibrazione ancestrale. La spiegherei probabilmente, se parliamo di un “mondo fantascientifico", dicendo che il battito del cuore di ogni essere umano o di ogni mammifero è già musica, è ritmo, percussione, quindi la paragonerei al battito del cuore se proprio dovessi spiegarla a parole..."
- Ok... Sei un amante della poesia, nel 2001 hai pubblicato anche una raccolta, "Acqua d'amore ai fiori gialli" ... qual è o quali sono il poeta o i poeti che più ti hanno lasciato il segno? E, domanda conseguenziale, un libro che ti ha dato più di tutti gli altri?
"Ecco il termine giusto è proprio amante della poesia e non poeta; ci tengo a sottolinearlo, per quanto riguarda ciò che pubblico. Le mie passioni sono tante, quindi ti dirò i nomi che per primi mi vengono in mente perché sono stati sicuramente i più importanti. Quindi ti direi... Pavese, Majakovskij, Pablo Neruda... questi su tutti, poi più recentemente Kavafis. Mi fermo qui perché sono già quattro nomi molto molto importanti direi!"
E un libro che ti ha fatto crescere più di altri, che ti è rimasto nel cuore?
"Beh, i libri della mia crescita sono sicuramente quelli di Herman Hesse; sono stati i libri della mia adolescenza, quindi certamente quelli e poi i classici ... l'Odissea e i testi Omerici..."
Sei un musicista, un intellettuale, un autore, un poeta, sei stato attore, sei un produttore... come definiresti la tua "lente artistica"? come vede il mondo intorno Omar Pedrini?
"Eh … io il mondo lo vedo molto male per quanto riguarda i nostri tempi; credo siano tempi molto superficiali, in cui si stanno perdendo le capacità primordiali di quella che dovrebbe essere la civilizzazione; l'uomo sta perdendo tutto, sta tornando primitivo e maleducato però se faccio questo lavoro è perché cerco di parlare alla parte più sensibile dell'umanità e a volte lo faccio anche con altre forme d'arte, è importante per me... per esempio esprimermi con il teatro. “Intellettuale" è una parola che rifuggo perché per essere intellettuali oggi basta saper usare il congiuntivo purtroppo, un tempo la parola intellettuale aveva un altro peso …"
Infatti non intendevo “intellettuale di plastica"…
"La cosa importante per me quando insegno all'Università o durante i concerti è comunicare; ecco mi sento un comunicatore, forse è questa la mia dote, la mia essenza..."
Hai realizzato diversi progetti interculturali, come Brescia Music Art e hai partecipato anche a iniziative artistiche nate e portate avanti per beneficenza...
"Per quanto riguarda le cose benefiche beh... sono un' "ossessione" che non riesco a superare perché si rivolgono a me tantissime persone e dico sempre di si; spero un giorno di riuscire a limitare gli interventi benefici perché spreco tante energie, mi pago le spese e tra un po' dovranno fare beneficenza a me! Se anche solo una persona, tra quelle che hanno beneficiato dei miei concerti, comperasse un mio album sarei Ligabue! Questo per dirti che non lo si fa assolutamente per un ritorno perché ritorno non ce n'è. Poi purtroppo ci sono persone che beneficiano di te, del tuo modo di essere e poi se ne dimenticano... ti ringraziano, ti stringono la mano, ma poi non è che ti mandano i biglietti di auguri per Natale, salvo rarissimi casi... Oramai c'è questa idea per cui l'artista è sensibile e quindi... e nel mio caso purtroppo è così e ti chiedono sempre ti far qualcosa e tu non riesci a dire di no..."
Ma poi spesso ci rimani male...
"La vera beneficenza è quella che facciamo noi, nella nostra vita privata e soltanto le persone che mi stanno vicino potrebbero dirtelo... La beneficenza la faccio perché se la chiedono a me o altre persone che non si impegnano nella beneficenza solo per due concerti all'anno in piazza dove tutti possono vederli, ma anche in tanti concertini, tante partecipazioni, è perché ci sono dei vuoti... ci sono dei vuoti nella politica, nella società e le persone che avrebbero bisogno di aiuto sono lasciate sole... quindi … ecco perché a volte gli artisti sono “costretti" ad andare a fare delle cose; non sarebbe il nostro mestiere no? Perché per esempio non fanno fare certe cose ad altre categorie, molto più ricche di tanti musicisti, come i dentisti, gli avvocati... i calciatori..? se tu dai un'occhiata su Internet il novanta per cento della beneficenza è fatta da musicisti, scrittori... si, ci sono due o tre eventi all'anno in tv, ma di solito hanno anche un ritorno pubblicitario... Insomma mi rendo conto, dopo tanti anni di carriera che quasi sempre è fatta dai musicisti, dai cantanti e tutto questo lo trovo di “cattivo costume" perché noi, come dice Vasco - che invece è uno che non fa mai niente di benefico pubblicamente, ma fa molto in privato - “la beneficenza io la faccio privatamente, non chiedetemi concerti benefici". Questo è sintomo di onestà e di verità perché spesso nel nostro ambiente ci si mette in mostra attraverso la beneficenza, siamo arrivati anche a questo oggi! Magari qualche anno fa era una cosa più intima e sentita, mentre ora anche riguardo alla beneficenza... non si sa mai se sia un modo per dire “guardate come sono bravo e sensibile" o se invece si tratta di un sentimento vero. Quindi tocchi un tasto su cui mi sto ponendo tante domande ultimamente. Vedo che alcuni miei colleghi fanno solo le cose più grandi, altisonanti, dove c'è la radio o la tv e alla fine sono sempre quei pochi a fare le cose più piccole. Te ne parlo con un po' di dubbi, di tristezza..."
Certo... Nella Capanna dello zio rock c'è una splendida rivisitazione di “Mandami un messaggio" in cui duetti con Morgan che a quanto so è anche un amico oltre che un collega...
"E' sicuramente soprattutto un amico. Se faccio qualcosa, delle collaborazioni, le faccio sempre con amici più che con colleghi perché sono molto geloso della mia musica, quindi solitamente coloro che entrano a far parte della mia musica, dei miei album, sono prima di tutto persone a cui voglio bene e così è anche per Morgan..."
E perché hai scelto proprio Morgan tra i tuoi amici...?
"Ho scelto lui perché siamo stati a lungo amici, compagni di merende, si usciva alla sera... quando ho letto che era in difficoltà mi sono riavvicinato a lui, poi mi sono accorto che quel testo era perfetto e gli ho detto “dai facciamo qualcosa insieme". Noi per stare insieme dobbiamo fare qualcosa che sia del nostro mondo, la nostra musica, il nostro lavoro, altrimenti non ci si vede mai perché vedi, quando c'è da fare qualcosa insieme ci si trova per le prove, si va in studio, poi si va a cena perciò siamo stati tre giorni insieme e se ascolti le parole di quel testo ti rendi conto del perché tante persone, essendo venute a conoscenza delle difficoltà avute da Morgan e sentendo il pezzo sono rimaste colpite. Io sono uno in perenne difficoltà e quando diciamo “Partiremo insieme se lo vuoi, questo oro è finto/ Lasceremo insieme se lo vuoi questo labirinto/Fuggiremo insieme se lo vuoi, questo oro è finto" … beh tanta gente che non aveva mai sentito “Mandami un messaggio" ha detto: caspita, l'hai scritta proprio per lui! per un amico che offre una mano tesa a un altro amico; invece, come tu sai, la canzone era già uscita con i Timoria, anche se devo dire che questa collaborazione ha dato nuova linfa al pezzo e credo sia stata una cosa positiva. Penso tu abbia fatto bene a parlarne, credo sia il momento più toccante de “La capanna dello zio rock" o sicuramente uno di essi..."
Sai che amo l'argomento emergenti quindi... hai qualcuno da segnalare?
"Per gli emergenti ti segnalo un'emergente già mamma, già grande e bravissima che è Gildalì; lavora con me ed è una donna di una dolcezza infinita, quasi surreale. E' una mamma, una persona ed un'artista delicatissima, quindi in questo momento segnalerei proprio lei... Il suo non è rock, è un genere completamente diverso dal mio ma è molto toccante, delicata..."
Che mi dici riguardo alle esperienze di insegnamento all'Università di Milano, Brescia...?
"Beh è bello! è bello perché sicuramente ho a che fare con un “élite" intellettuale e quindi lì posso favorire il mio lato più sottile e lasciare in eredità qualcosa del mio percorso; quando sono lì cerco di lasciare a questi ragazzi le “armi" acquisite durante il mio percorso per affrontare il mondo dello spettacolo e della comunicazione, basandomi sul mio vissuto insomma."
Le tue collaborazioni sono state tantissime, con artisti italiani e stranieri. Ce n'è una che ti ha lasciato qualcosa di più? Che ti ha aiutato a crescere più di altre?
"Fammi pensare... l'incontro con Jodorowsky è stato molto toccante..."
Per spiegare a chi non lo conosce chi è cosa diresti ?
"E' impossibile raccontare Jodorowsky. Bisogna conoscere il suo approccio magico alla realtà, quindi invito ad andare a vedere con un click tutto ciò che ha fatto! con il cinema, nella letteratura, nel teatro... perché non sono degno di spiegare Jodorowsky! siamo ai confini tra la realtà e altre forme di energia! posso dirti certamente che è un incontro che mi ha segnato molto."
Il tuo incontro con il Dalai Lama...
"Dalai Lama significa oceano di saggezza quindi... è come abbracciare quest'oceano di saggezza, è... luce pura. L'ho incontrato tre mesi fa l'ultima volta, ho questo privilegio. Lo direbbe chiunque incontra persone di un tale carisma, un po' come per chi ha incontrato Giovanni Paolo II; certamente ha provato emozioni di questo tipo. Però il Dalai Lama rappresenta anche un popolo che è perseguito, ucciso e che sta per essere eliminato con la pulizia etnica dalla Cina; è anche un leader politico ferito in questo momento sua Santità, non è soltanto un leader religioso..."
Omar, il colore del tuo spirito è...
"Il mio spirito spero... non saprei dirlo in realtà. Nasciamo con lo spirito... trasparente, poi purtroppo con l'età anche il mio … cerco di tenerlo tale, però … nel tempo mi sono anche armato di forza e a volte anche di rabbia... per difendere l'arte, per difendere il mio lavoro, per difendere i più deboli, quindi sono un “poeta armato" come ho detto in “2020 Speedball". Io se fossi il Dalai Lama cercherei di difendere il mio popolo quindi pur non amando la violenza... probabilmente adesso è grigio..."
La parola che ami di più...
"La parola che amo di più è … TERRA."
Terra. Quante cose dice questa parola... Grazie Omar, di tutto. Per la tua musica, per le tue parole, per i tuoi silenzi, per i tuoi sospiri e i tuoi percorsi. Per questa chiacchierata e per tutte le chiacchierate che fai con tutti coloro che ti seguono, attraverso la tua arte.
Omar Pedrini ieri sera si sentiva come a casa. Quinzano d'Oglio (Bs), sede del fanclub fondato in suo onore, lo accoglie al "Festorio", una festa che di anno in anno diventa sempre più bella e grande grazie alla passione e all'impegno degli organizzatori e di tutti coloro che ci lavorano, con una bella dose di entusiasmo. Fan storici giunti dal Piemonte stanno in prima linea davanti al palco con gente del posto in attesa del suo arrivo, mentre altre persone, giovani e non, si siedono alle loro spalle. Dopo aver gironzolato qui e la' dando un'occhiata ai libri sulle bancarelle e tentando di reidratarmi con acqua frizzante vista l'afa, cominicio a prendere posto vicino al mixer, il punto migliore per ascoltare il concerto. Luci: una sagoma comincia a sputare dal retro, Omar è arrivato e viene accolto naturalmente da un caloroso applauso. Nei saluti d' inizio concerto decide di raccontare le ragioni della serata parlando di "incroci di energie" e appunto, del suo sentirsi a casa... Ed è proprio questo sentimento ad introdurre la meravigliosa "Casa mia", portata a Sanremo con i Timoria nel 2002 e che lo stesso Omar dedica al pubblico bresciano variando sul finale in un bell'incrocio con "L'isola di Wight". Omar si augura che le nuove generazioni possano vivere in situazioni migliori delle attuali e sa per esperienza che spesso il vento va nel verso opposto al nostro percorso; la vita è piena di sorprese, ma il coraggio sta anche nel saper prendere il volo, anche controvento; saper combattere per i propri sogni e ideali nonché per il proprio diritto alla Vita. E' con l'augurio alle nuove generazioni che introduce "Senza vento", altro brano di grande peso nella storia dei Timoria: "Qualcosa di mio lo lascerò in questo mio tempo. Saltando nel vuoto aspetterò il nostro momento. Sono pronto, per volare senza vento". Coraggio ragazzi, siamo forti. Da qui il collegamento ad un accenno di "Riders On The Storm" (Doors)... [c'è un lieve venticello, più tardi pioverà?] e l'atmosfera si fa certamente ancora più magica. A fine del brano Omar chiama sul palco Enrico Ghedi, storico amico e tastierista dei Timoria con il quale si ritrova per questo tour e che va ad unirsi al bravissimo Giancarlo Zucchi che fino a quel momento ha suonato con Omar: tastiera, chitarra, voce. Niente di più semplice, ma come Omar stesso ricorda, le cose semplici, spesso non sono semplici da realizzare e sono generalmente le meglio riuscite. Per farla breve: "semplice" non è, ovviamente, da confondere con "semplicistico". Quanto adoro il peso delle parole. Bellissimi gli sguardi d'intesa tra i musicisti, fanstastica l'energia che si crea sul palco fin dall'inizio. Divertentissimo lo sketch iniziale all'entrata del maestro Ghedi: Omar ed Enrico decidono di salutarsi in stile giapponese e con un accenno di Omar, dal testo personalizzato e dedicato all'amico, de "Il ballo del mattone": ".... con te! con te! con te! che sei la mia passione! io suono, Via Padana Superiore!". Omar ci tiene a ricordare il libro scritto e pubblicato dal maestro Ghedi affermando che "trasuda sangue e vita" ed è in quel momento che Ghedi comincia ad accompagnare il poeta Igor Costanzo nella lettura di una delle poetiche contenute nel libro. A fine poesia, Ghedi e Costanzo scendono dal palco per tornare successivamente. Ghedi risale sul palco poco dopo e insieme danno il via alla precedentemente citata "Via Padana Superiore": "Cade la pioggia e piovono i ricordi, a questo foglio non so che dire ormai"; la voce di Omar è calda, bella, direi "in forma". Continuando a ringraziare Giancarlo Zucchi (o Giancarlo 'Manzarek' Zucchi, come lo chiama Pedrini) arriva il momento di "Lulù" e "l'incantesimo delle sue labbra" riempie l'aria attarverso la voce del cantautore. Ecco, ora è dura. Arriva... sta per arrivare... Personalmente "Sangue impazzito" mi "distrugge", positivamente questo è certo. Omar introduce il pezzo raccontandone la nascita: una mattina, di ritorno da una serata di eccessi, Omar incontra alcune persone che stanno per andare in chiesa e qualcosa scatta dentro di lui, così nascono i meravigliosi versi di una delle canzoni/poesie, che a parer mio e non solo, rimane una delle più belle in assoluto del repertorio Timoria: "... e penso che un tempo, quel tempio era mio e mi chiedo perché un giorno ho detto... addio ". Dopo aver coinvolto anche uno degli storici fan nei cori, oltre che il maestro Ghedi e Gilda Reghenzi, Omar ricorda l'intramontabile "Joe" e lo spettacolo continua. "Scalda la voce Gilda, che fra poco tocca a te!" - e in effetti poco dopo Gilda risale sul palco per cantare "Ultima Poesia" un brano scritto da Omar proprio per lei. Arriva poi un altro momento di personale grande emozione: "Sole Spento". Gilda rimane sul palco, Ghedi e Zucchi "play together" (in tutti i sensi: suonano e giocano). Nell'esecuzione del brano c'è spazio anche per una deviazione su "Get Up, Stand Up" di Bob Marley, per poi ritornare sulla meravigliosa "Sole spento". Dopo questo brano Omar e tutti gli altri fanno una breve pausa e al richiamo dei fan più vicini Pedrini rientra, parlando del delicato tema delle morti sul lavoro e introducendo così "Giorno per giorno" (da "La capanna dello zio Rock"), una canzone scritta in occasione della tragedia che colpì gli operai della Tissen. Un pezzo richiesto, non previsto ma ben riuscito: "Iniziamo. In Là minore" dice. Si è quasi giunti alla fine ed Omar ricorda di quando, ricoverato in ospedale... diciamo così: "rimase colpito" dalla bellezza di una delle infermiere che lo assistevano e in particolare racconta di come fu positivamente "scioccato" da un episodio che coinvolse la donna e che gli ispirò per l'appunto il brano "Shock" (da "Pane, burro e medicine"): divertente, ironico, realistico. A chiudere il concerto un'improvvisata "Mexico" e i saluti finali: "Grazie a tutti, al prossimo anno e auguri Hidalgo". Alla prossima Omar...