Vedo una ragazza camminare a testa alta, col Sole in fronte, accanto al suo personale muretto del ritorno, con il sorriso di chi sa che non è finita la lotta; eppure ancora è li e inizia a correre con il vento. Scende le scale dal tetto di un'alta maison di cemento e smette di correre per guardare la gente intorno, tanto rumore. I conducenti delle auto imprecano stressati da se stessi, due donne condividono i loro volti e i volti dei loro bimbi in fasce. Come automi altre centinaia di persone passano velocemente, quasi temono lo sguardo degli altri e tengono la testa dritta e tesa davanti a se, ghiacciata verso quell'unica direzione. Dolce Marì continua a camminare e a guardare, con le mani in tasca, tornando verso casa, un po' spaventata. "Dammi un po' di musica e sono apposto" pensa. "E sia". Non sente più il frastuono con le cuffie in testa, si perde nel suo mondo e sta bene. "Occhio!!" sente urlare. Stoppa la musica e si rende conto di essere in mezzo alla strada. Corre veloce col semaforo rosso all'altro capo e ringrazia con un cenno l'uomo che ha gridato. Marì. Cammina Marì, cammina ancora. Prima o poi arriverà a casa. Nel frattempo l'unica protezione che sente di avere è quella musica. "Dove vogliono arrivare?"; stanno costruendo qualcosa di immenso in centro, non si sa quanti piani abbia e cosa sia di preciso, ma sarà il più alto edificio della città. "Dove? Dove vogliono arrivare?". Taglia la strada Marì, entra in un vicolo, quello di sempre, vede i muri, quelli di sempre, vede i "quasi vicini di casa", quelli di sempre. Gira l'angolo, entra nel suo cancelletto dopo aver litigato con le chiavi, sale le scale. "Vado in camera mamma" e mamma sorride: "Ciao amore"; "Ciao", risponde Marì. Apre la porta, chiude la porta. Il letto è in ordine, lo ha messo apposto lei. "Le darò un bacio poi. I libri, devo mettere apposto i libri... lo faccio dopo, ora leggo." Marì legge, poi ascolta musica, poi studia, poi chiama un'amica, poi guarda fuori: piove, fa freddo, intravede un clochard giù per strada dalla sua finestra; alza gli occhi e scorge la Luna tra le nubi. Due lacrime le rigano il viso, ma - pensa lei - non sa perché. A cena con mamma, papà arriva più tardi e per fortuna andrà ad abbracciarla come al solito mentre studia; le darà il suo buffetto di incoraggiamento e continuerà ad amarla sempre. Lei vede in tv frasi sconnesse, poi torna in camera a studiare e davanti a se ha ancora la pioggia, le nubi, la Luna, il clochard. "Non è finita. Non ho paura.".
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giovedì 24 febbraio 2011
venerdì 17 dicembre 2010
Sono il pazzo
Eccomi, sono il pazzo. Quello che hanno portato via da casa tanti anni fa perché risultava essere pericoloso per se stesso e per gli altri. Io mi taglio le braccia d'impulso e nemmeno so perché. Mi perdo guardando fuori da questa stanza bianca che sa di disinfettante e gli alberi mi parlano, ma questa è una delle poche certezze che ho. Ci sono momenti in cui mi metto a urlare, poi smetto e non parlo per ore e pensano tutti di sapere perché, ma non è così perché se non lo so io non possono saperlo loro. In realtà, io lo so, ma non l'ho mai detto a nessuno, dunque come possono pensare di aver capito tutto gli altri? Lo sanno davvero perché all'età di tredici anni ho cominciato a essere come sono?
Eccomi, sono il pazzo e quello che penso è che ci sono tanti pazzi al mondo, solo che non lo sanno oppure lo sanno, ma non lo ammetteranno mai, nemmeno a se stessi.
Ci sono vari tipi di pazzi ed ora ve li descrivo, però aspettate un attimo: devo finire di strappare questo pezzo di stoffa, mi dà fastidio.
Il primo gruppo è quello dei "convinti", quelli che sono così fuori di testa da pensare di aver capito tutto e credono di sapere un'infinità di cose e che questo possa essergli utile nonostante la mancanza di cuore. Poi ci sono i pazzi "mitomani", con sottoinsiemi tipo "dittatori", "celebrità di tipo squallido" e "potenti vari". A seguire, ci sono i pazzi di tipo frenetico, quelli che non vedono nulla, non sentono nulla, passano e basta; li vedi correre come dei disperati convinti che questo possa farli sentire meglio. Ci sono i pazzi incoscienti. Quelli che sono troppo consci insomma. Ci sono i freddi, ci sono i vili, gente di vario tipo... Dai su, la lista sarebbe troppo lunga, si sa.
Eccomi, sono il pazzo, lo avevo già detto? Sto scrivendo perché in questo momento sono in me. Non mi piace tanto, però, essere in me, perché quando ci sono non ci sono davvero. SÌ, è così. Ho capito. Ora che sono lucido (e mi capita di rado) ho capito che forse sono più presente quando non lo sono. È solo l'estremizzazione di ciò che tanti umani pensano, la mia vita, ma in me non so perché diventa reale. SÌ, perché... in fondo quante volte avreste voglia di gridare mentre siete in ufficio o in fabbrica e il datore di lavoro vi umilia? Quante volte avreste voglia di prendere una sedia e buttarla contro un muro come ho fatto io poco fa perché avete litigato con qualcuno, perché le cose vanno male, perché vi sentire repressi? Quante volte vi siete sentiti soffocare perché attorno a voi l'aria era sporca e velenosa e cupa?
Lalalalalala........... Sì. Eccomi. Sono il pazzo. Lo avevo detto che sono il pazzo?
Quanti poi, di voi, avrebbero una gran voglia di potersi dedicare più tempo, di dedicarlo alla propria famiglia, alle vostre passioni, alla vostra vita? E quando siete esausti e il cervello vi fuma, vi fanno male le braccia, le ossa, quasi anche la pelle, i polmoni... e avreste voglia solo di prendere il vostro corpo e la vostra mente, il vostro spirito e la vostra voglia di vivere, e non di sopravvivere come state facendo, e portarvi via da lì dove siete per fare altro altrove? E quando siete tanto arrabbiati con voi stessi o con il mondo intorno che piuttosto di continuare così vi stacchereste un braccio a morsi, metaforicamente parlando? Beh, io di metaforico ho poco, non so perché. O meglio lo so, ma a voi non lo dico, sono pazzo.
Eccomi, sono io, sono sempre il pazzo. Il medico laggiù sta arrivando da me per portarmi una serie di intrugli sperimentali da farmi ingurgitare per guarirmi. Io dico che non servono a molto nel mio caso.
Sono pazzo perché lo sono e quel che sono è pazzia voluta. Voluta e non voluta, diciamo così. Sono pazzo perché quando ero "normale" non mi quadrava nulla, invece ora non c'è bisogno che le cose siano quadrate o circolari per capirle. Io capisco le spirali e i quadrati. Gli altri capiscono solo i quadrati. Poi, a dire il vero, i miei preferiti sono i parallelepipedi.
Eccomi. Il pazzo. Ora vi dico una cosa ancora, poi torno nella mia "non lucidità".
Gli unici pazzi - ma pazzi veramente - a esser sani, sono gli artisti. Loro possono essere folli senza risultare strani perché la loro stranezza è un mondo che allieta i sensi e i cuori, a volte persino i cuori dei pazzi allo stato brado. Sì, insomma, proprio voi.
Forse è per questo che se vedo un quadro o una fotografia, se leggo una poesia o ascolto musica... sto bene. Gli artisti sono gli unici pazzi che adoro. Tutti gli altri sono troppo pazzi per me.
Ora ho voglia di prendere a schiaffi l'infermiera, credo che lo farò, tanto sono pazzo. Voi che fate?
Oggi è il giorno del pazzo. Là vedo gli alberi, comunque.
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