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mercoledì 13 marzo 2019

La storia del cinema (parte 7): il musical e la commedia fino al non-sense dei fratelli Marx



L’ultima volta che ho trattato della storia del cinema eravamo rimasti intorno agli anni trenta. Alla parte 6 di una rubrica lasciata ferma per un po’. Bene, allora riprendiamo. L’ultima cosa di cui avevo scritto riguardava Hawks, il padre di Scarface (1932). 

Frank Capra
Più o meno nello stesso periodo, a pellicole come questo spettacolare film, si affiancavano produzioni più commerciali, commedie e tanti musical; il che in America fu sinonimo di sempre maggior impegno nella realizzazione di scenografie elaboratissime, scintillanti, davanti alle quali si esibivano ballerini, cantanti e attori del genere. Fu Frank Capra il maggior esponente della commedia e del dramma sentimentale degli anni Trenta in America. Le sue commedie di costume trattavano aspetti della quotidianità con particolare sensibilità e gusto e questo lo rese un autore apprezzato anche all’estero. Se da una parte il genere era limitato dalla forma, il suo stile scorrevole, l’umorismo sottile e in generale il modo in cui i fatti erano trattati, davano allo stesso la possibilità di arrivare ad un pubblico ampio, dalle persone comuni ai critici. Andando avanti nelle produzioni, toccò argomenti anche più riflessivi, sempre al passo con la regola dell’insegnare divertendo. La sua ispirazione però era costituita principalmente dai fatti storici di quel tempo e si esaurì con l’esaurirsi delle conquiste sociali e con lo sciogliersi di stimoli ideali che erano quotidianità nell’America del Presidente Roosevelt. Dalla fine degli anni Venti e per tutto il decennio degli anni Trenta, dunque, il Musical si evolve e diviene un genere di riferimento per le persone che hanno un profondo bisogno di evasione.

Ginger e Fred
Dopo Frank Capra i più grandi furono Florenz Ziegfield, che fu un maestro anche per gli autori degli anni successivi e i più noti Fred Astaire e Ginger Rogers che con i loro film sono certamente i più ricordati tuttora per le meravigliose scene di danza, create con precisione matematica visto il contesto cinematografico e con l’utilizzo di tecniche di movimento della cinecamera, velocissimi cambi di scenografie, angolazioni particolari scelte per sottolineare ogni dettaglio del ballo e la perfetta sincronia da video e suono. Ci fu poi un periodo di maggior staticità per il musical, durante gli anni Quaranta, ma negli anni Cinquanta il cinema del divertimento riprese ad essere molto popolare e diversi furono gli autori e le opere di successo.

Oltre al musical, un altro tipo di cinema commedia era quello dei fratelli Marx, ad esempio. La loro era una commedia sofisticata, che nasceva da spunti totalmente diversi, caratterizzati da un umorismo inconsueto per gli anni in cui erano. Le scene erano basate sull’assurdo, si impegnavano di grottesco. Le rigide regole del musical venivano qui smontate e non era la spettacolarità il fulcro dei film. I cardini erano l’ironia e la volontà di alterare la realtà e distorcere le regole della commedia che fino a quel momento erano state seguite con il musical. Il loro approccio era per certi versi molto simile a quello dei surrealisti e la successione di scene esilaranti e assurde si intrecciava alla volontà di creare una storia che potesse sostanzialmente unire i non – sense l’uno all’altro, capovolgendo la razionalità.

lunedì 19 giugno 2017

La storia del cinema (parte 6): dal muto al sonoro, con Ford e Hawks

Dopo il cinema dadaista degli anni Venti, le avanguardie sostanzialmente morirono. Con l'arrivo del sonoro, delle nuove tecniche e tecnologie e con i maggiorati costi di produzione, le sperimentazioni artistiche si ridussero notevolmente fino a scomparire del tutto negli anni Trenta. Il cinema sonoro nasce infatti proprio intorno alla crisi del '29 e non a caso inizia ad essere una sorta di antidoto alla difficile situazione della società americana e non solo. Il cinema, che già con il muto aveva conquistato il grande pubblico, si rafforzò ulteriormente. E' un momento di evasione dalla realtà, da una quotidianità sicuramente difficile per le persone ed è questo il suo grande punto di forza, come era accaduto in precedenza per il muto. Il primo film sonorizzato (e si parla ancora di musica, non di dialoghi tra attori), fu realizzato dalla Warner, che sperava di risollevarsi dalla crisi in cui si trovava proprio introducendo questa novità.

Nel 1926 dunque, la Warner lanciò il primo film in sonoro ("Don Giovanni e Lucrezia Borgia"), accolto dal pubblico con enorme entusiasmo e Il successo di questa prima realizzazione la portò inevitabilmente a proseguire in quella direzione, fino ad arrivare l'anno dopo alla produzione di film con musica, suoni e parlato. Tutte le case cinematografiche iniziarono perciò a seguire l'esempio della Warner, dall'America all'Europa, portando alla definitiva scomparsa del cinema muto a favore di sempre più numerose produzioni in sonoro. Il periodo Roosvelt, dunque, coincise con una grande ripresa dell'industria del cinema americano, che si impose sempre di più a livello globale. Lo stampo hollywoodiano, con i suoi generi e le sue caratteristiche, diventò il vero punto di riferimento del settore. E' in questo periodo che la figura del produttore cinematografico diviene essenziale, perché è lui, il produttore, ad essere realmente a capo di tutto. Per quanto riguarda il resto del mondo e l'Europa appunto, nonostante l'influenza americana sia la più imponente, si fa strada anche la completamente diversa idea di cinema del mondo sovietico. I sovietici non hanno ancora la tecnica già presente da anni negli Stati Uniti quando iniziano a produrre in sonoro, ma vi si interessano soprattutto perché credono che la nuova tecnologia sia impiegata dagli americani nel modo sbagliato. Per i sovietici, gli americani puntano solo al gradimento del pubblico, mentre per loro, il miglior modo di elevare questa nuova tecnologia è quello di rappresentare la realtà così com'è. In Italia, così come nel resto d'Europa, arrivano pian piano entrambe le influenze, anche se quella americana continua ad essere la più influente. Due registi fondamentali nella storia cinematografica americana, furono John Ford e Howard Hawks.

John Ford
Il primo, per tanti anni si occupò di western con grande successo (vista anche la sua personale interpretazione del genere, spesso presentato con un'impostazione ironica e un linguaggio povero ma mai scontato). In un secondo tempo però, decise di evadere dai cliché del genere, dimostrando così un talento ben superiore a quello mostrato in tutti gli anni precedenti. Si inoltrò in generi diversi, cercando ispirazione nella realtà d'ogni giorno, negli accadimenti storici, nei drammi – spesso – della società, della gente. I suoi personaggi erano caratteristici, complessi e mostrarono al pubblico, con le sue storie, la sua personale visione della realtà, della vita e delle casualità che la stessa a volte pone, in positivo e in negativo. Il suo modo di fare film rende le storie quasi senza tempo, anche se poi il cinema di Ford divenne negli anni un punto di riferimento e certamente lo specchio di un'intera epoca. Il tutto con una grande attenzione per i dettagli.

Howard Hawks
Hawks invece lavorò in modo differente. Rappresentò l'altra faccia dell'americanismo, fu l'esempio perfetto del regista hollywoodiano e fu egli stesso produttore. Hawks rappresentò i costumi e le ideologie americane dagli anni Trenta ai Sessanta, produsse molto e si concentrò sulle trasformazioni che la storia portava. Ciò che più lo interessava erano gli aspetti più strani, inusuali e a tavolta umoristici della realtà. Non gli importava molto degli ideali. I suoi personaggi erano coraggiosi ed eroici, ma apparentemente disinteressati e le sue ambientazioni non avevano nulla a che fare con la cura del dettaglio che oramai miriadi di registi ritenevano fondamentale. Hawks non credeva nel cinema – spettacolo, disprezzava la tecnica e non se ne interessava più di tanto. Il suo intento era quello di raccontare, narrare attaverso personaggi, resi liberi di agire come meglio credevano. Nonostante questa "non curanza" per la spettacolarità e il dettaglio, il risultato è lo stesso. I suoi film sono comunque perfetti e raggiungono sempre il successo popolare, come se dietro ci fosse stato un lavoro preciso e paziente. E a quanto pare fu proprio questo il suo punto di forza.

Dopo aver realizzato nel 1928 il suo primo successo "Barbablù", la sua carriera trovò grande possibilità nella realizzazione di "Scarface", prodotto nel 1930/1931 ed uscito nel 1932. Molti non sapranno in effetti che il gigantesco "Scarface" di Brian De Palma del 1983, interpretato dal'unico e inimitabile Al Pacino, è stato tratto liberamente proprio da questa prima versione di Hawks. L'abilità di Hawks stava nel riuscire a produrre con successo film d'ogni genere, dal noir alla commedia sino al musical. E' lui, in effetti, a dirigere - ad esempio - film quali "Gli uomini preferiscono le bionde" con l'intramontabile Marilyn Monroe. Dagli anni '50 in poi invece, Kawks si dedicò soprattutto al western, esaltando temi a lui cari quali il coragggio e l'amicizia virile.

domenica 29 gennaio 2017

La storia del cinema (parte 5): il cinema degli artisti, le avanguardie


Fin dagli anni Venti, accanto all'evoluzione così detta "tradizionale" del cinema, si sono fatte strada le avanguardie cinematografiche. In contrasto con il divismo e gli scenari che si stavano sviluppando, fecero il loro ingresso nel mondo delle pellicole poeti e pittori. Gli artisti infatti consideravano il linguaggio utilizzato nei film, solo una copia riportata e tra l'altro alquanto automatizzata del linguaggio già in uso nella letteratura e nel teatro. Consideravano così il nuovo mezzo di comunicazione, terreno fertile per lo sviluppo artistico, andando fuori dagli schemi considerati adatti al cinema "di massa". Ogni opera aveva così un valore aggiunto e soprattutto portò modelli estetici e ideologici. L'analisi del linguaggio che gli artisti portavano avanti, permise al cinema d'avanguardia e più in generale a tutto il cinema, di giungere ad un linguaggio proprio, non più legato alla sopracitata letteratura o al teatro. Nuovi elementi espressivi e formali, l'applicazione di nuove vie di sviluppo lontane dalla normale linguistica, portarono negli anni a un sempre più acceso e creativo sviluppo dell'estetica e del linguaggio stesso. Dopo i primi esperimenti da parte dei futuristi, il cinema d'avanguardia si sviluppò parecchio nell'ambiente del dadaismo internazionale, negli anni successivi alla prima guerra mondiale; il dadaismo diede vita a due poetiche: la poetica dell'opera globale e la poetica del caso. Le due poetiche, tra le altre cose, fungevano da punto di collegamento tra autori ed opere molto diversi tra loro. I pittori e i poeti, cercavano con l'avanguardia nuovi legami con le percezioni sensoriali e relative all'esperienza della realtà, attraverso basi morali ed estetiche certamente considerabili come moderne rispetto alla tradizionale visione. Nascono negli anni successivi anche nuovi legami tra cinema e musica e nuove ritmiche nell'immagine e nella narrazione. Il dadaismo, in sostanza, diede il via allo sviluppo delle avanguardie, che poi continuarono ad evolversi negli anni Venti attraverso il surrealismo. Entrambi i movimenti, pur se in modi ovviamente differenti, si ponevano al pubblico come posizione alternativa, un punto di vista nuovo sul mondo, con nuove filosofie dell'arte e della vita. Spesso nelle singole opere, nei singoli autori, si riconoscono anche influenze di avanguardie diverse, quali il futurismo, il cubismo o il razionalismo e l'insieme di questi autori e delle loro diverse influenze va a formare un discorso generale sull'arte e sul cinema – in quanto nuova arte – in periodi di continuo fermento, evoluzione e trasformazione creativa. Fernand Léger, ad esempio, portò un esempio eccezionale di cinema cubista con il suo "Ballet Mécanique" (1924). Léger è stato un pittore, ma anche un creatore di vetrate e arazzi, uno scultore, decoratore, ceramista, scenografo, costumista e illustratore. Questo film ispirò molti altri artisti, pur non avendo una trama. Si concentra infatti su oggetti inanimati e animati, ripetuti in diversi fotogrammi, con prospettive diverse, immagini a specchio, dettagli, dalle forme geometriche a un sorriso, la silhouette di un uomo, un cappello, una bottiglia, un volto che cambia espressione, miriadi di immagini destreggiate in maniera nuova, con tecniche differenti, il tutto presentato e accomiatato da uno Charlot composto da ritagli geometrici. Anche Marcel Duchamp, con "Anemic Cinema" (1926) si mosse in una direzione simile e l'opera è l'insieme di una serie di ricerche portate avanti dall'artista nel campo della cinetica delle forme; riprendendo oggetti in movimento da diverse prospettive, cercava la poliespressività degli stessi. Intorno al 1921 invece, Man Ray, pittore, fotografo e grafico statunitense, aveva scoperto il rayograph, vale a dire la fotografia senza macchina fotografica. Gli oggetti venivano posti su materiale sensibile, generalmente carta fotografica e posti sotto la luce di una semplicissima lampadina. Il risultato era appunto una rayografia (termine che naturalmente prende forma dal nome del suo scopritore). Il primo film di Man Ray, "Ritorno alla ragione" (1923), fu realizzato in una sola notte con diversi materiali cinematografici; durava pochi minuti ed era costruito al di fuori di ogni struttura formale o razionale; un'opera dadaista, che volutamente in contrasto con il suo titolo, determinava un significato culturale d'impatto, infrangendo le convenzioni della cultura e dell'arte. Un' altra opera molto importante per quegli anni fu "Entr'acte" (1924), realizzato da René Clair (attore, sceneggiatore e regista) in collaborazione con il pittore e scrittore Francis Picabia (anche lui francese), che divenne il simbolo del cinema dadaista nonostante le tecniche cinematografiche utilizzate per la realizzazione dello scenario facessero parte di un'avanguardia rifiutata dal dadaismo, ma essenziale nel cinema sperimentale di quegli anni. "Entr'acte" significa "intermezzo", poiché inizialmente doveva essere solo l'intermezzo cinematografico di un balletto, anche se poi, oltre ad essere esteticamente centrato per quel "ruolo", divenne molto di più. Il film rendeva i caratteri del non-sense dadaista: le situazioni, il gioco, la provocazione, la presa in giro antiborghese. La poetica del film dunque, lo rese, al di la' delle tecniche utilizzate, il più significativo esempio di cinema antitradizionale e dadaista; provocatorio e illogico, dedito al caso e al superamento della cultura e dell'arte borghesi.

rayografia, Man Ray

domenica 24 luglio 2016

La storia del cinema (parte 3): il cinema comico con Keaton, Laurel e Hardy, Lloyd e Langdon

Buster Keaton
Parte tre. Il genere comico. Fino a un certo punto, per una decina d'anni, il riferimento per questo genere in America è stato Mark Sennet, che ha fatto scuola a molti attori e registi. Verso la fine degli anni dieci però, hanno cominciato ad affermarsi comici caratterizzati da una maggiore indipendenza creativa, che sostanzialmente hanno messo le basi per un nuovo cinema comico, fiorente con l'arrivo degli anni venti. Se con la scuola di Sennet la comicità si basava più sull'aspetto esteriore, con la nascita di questa nuova comicità si è giunti all'approfondimento dei personaggi, che avevano ora una dimensione umana e psicologica. Da quel momento in poi quindi, i comici iniziarono a rappresentare le varie sfumature degli esseri umani, dall'ironia agli atteggiamenti e alle situazioni grottesche, dalla satira al puro semplice divertimento. Questa evoluzione, già presente in Chaplin, si fa sempre più strada con Buster Keaton, un attore particolare, caratterizzato da un'espressione stralunata e un po' triste, famoso per la sua "mimica" e per il suo talento acrobatico nelle gag. Egli fu anche regista e sceneggiatore ed è stato un personaggio fondamentale nel cinema comico americano. 

Stan Laurel e Oliver Hardy
Accanto a lui, l'eterna coppia costituita da Stan Laurel e Oliver Hardy, con i quali la staticità delle situazioni consente poi lo sviluppo di una comicità che si basa proprio sull'attesa delle azioni e delle contro-azioni dei protagonisti. Questa coppia ha lasciato un segno indellebile nella storia del cinema, erano unici ed unica era anche la loro grande ed eterna amicizia. Hanno girato insieme ben centosei film e negli anni d'oro avevano una media di sette/otto film all'anno. Oliver dichiarò: "Il mondo è pieno di persone come Stanlio e Ollio. Basta guardarsi attorno: c'è sempre uno stupido al quale non accade mai niente e un furbo che in realtà è il più stupido di tutti. Solo che non lo sa." I personaggi da loro interpretati erano ben definiti e sempre esilaranti. Nella semplicità assoluta, nella "normalità" per così dire, felice o meno che fosse, riuscivano sempre a lasciare la loro impronta. E' veramente difficile descrivere Stanlio e Ollio e la loro storia a qualcuno che non li conosce o non ha mai visto uno dei loro film, perciò invito i più giovani, magari quelli che di fronte a un film vecchio cambiano canale a priori, a non farlo, a soffermarsi quando capita che vengano trasmessi in tv e se ne hanno voglia ad approfondire. Hanno fatto talmente tanto che è impossibile riassumerlo in poche righe. La loro storia nel cinema, durata dal 1921 al 1951, cominciò a declinare soprattutto per questioni personali, familiari e di salute, ma la loro amicizia e il loro spirito comico rimasero intatti fino alla fine. Quando Hardy si spense, nel 1957, a seguito di un infarto e due ictus che lo portarono al coma, Laurel ne rimase seriamente sconvolto e anche a livello artistico, per rispetto all'amico, decise di non partecipare a nessun altro film. Era stato accanto a lui in ogni istante, fino all'ultimo. Nel 1961 venne consegnato a Laurel il Premio Oscar alla carriera, momento che purtroppo Hardy non poté vivere, così come non poté vedere la nascita di un nuovo interesse nei confronti dei loro film da parte delle nuove generazioni. Quando, nel 1963, il regista Stanley Kramer propose a Laurel un cameo in un suo film, lui rifiutò, . Nel 1965, Laurel venne a mancare e sul punto di spirare ancora riuscì a mantenere il suo spirito ironico e comico, tanto che da rivolgere all'infermiera che lo assisteva la sua ultima gag: "Mi piacerebbe essere in montagna a sciare" e l'infermiera gli chiese: "Le piace sciare, sig. Laurel?". "No, lo detesto, ma è sempre meglio che stare qui.". Lo stesso Keaton riconobbe il loro la coppia più divertente di sempre. 

Buster Keaton
E tornando a parlare proprio di Buster Keaton, pseudonimo di Joseph Francis Keaton, egli ebbe una carriera – iniziata nel 1917 – di appena un decennio, ma già dopo tre anni dal suo esordio fu considerato uno dei maggiori comici americani. La sua carriera fu dunque breve, ma folgorante. I film di Keaton erano ricchi di gag divertenti, molto apprezzate dal pubblico, tanto che i suoi film, anche a livello di incassi erano sempre in posizioni molto alte. Anche quando Keaton non lavorò più a pieno regime, una sua apparizione, un piccolo cameo, davano ai film un tocco speciale. Nonostante il successo con il pubblico fosse ampio, in realtà Keaton non fu capito seriamente da molti, ma solo da una ristretta cerchia di ammiratori. Veniva chiamato "l'uomo che non ride mai" e la sua comicità sembrava essere apparentemente distante dalla realtà quotidiana degli spettatori. In realtà, la sua mimica, facciale e corporea, il suo approccio alla comicità, erano volontariamente uno specchio deformato proprio della realtà circostante. Il suo "non ridere" venne percepito perlopiù come una costante del personaggio, ma in realtà, osservando bene i suoi lavori, chi più era attento poteva percepire nelle sue espressioni, nei suoi grandi occhi, tanta vita e molteplici sentimenti, la realtà deformata dalla fantasia, ma pur sempre realtà. Altri due comici noti negli anni venti furono Harold Lloyd e Harry Langdon, entrambi attori, registi e produttori cinematografici, molto diversi tra loro ed entrambi stelle del cinema muto di quegli anni. Lloyd approdò, a differenza di Langdon, anche al cinema sonoro, ma l'affacciarsi di una nuova generazione di comici e commedianti, di nuove espressioni, portò entrambi a ritirarsi dalla scena. Nel 1952, Lloyd fu premiato con un Oscar alla carriera per essere stato "un maestro della commedia e un buon cittadino". La comicità di Sennet e delle slapstick si era dunque modificata durante gli anni venti, si erano creati personaggi con caratteristiche precise e il cinema comico era maturato, diventando poi un pilastro del sistema cinematografico. In contemporanea allo sviluppo e alla crescita del cinema comico/ commedia, vi fu una grande produzione di film animati, essenziali sia nel cinema muto che nel sonoro. Questa però, è un'altra storia... alla prossima!

venerdì 17 giugno 2016

La storia del cinema (parte 2): dalla nascita del divismo a Chaplin e von Stroheim

Rodolfo Valentino

Eravamo rimasti ad Ince, Sennett e Griffith, i primi tre grandi del cinema e... agli anni dieci, con relativi sviluppi, innovazioni e nascita di generi cinematografici, tra i quali il western americano. Dunque ora il passo successivo: nei primi anni della Grande Guerra. In quegli anni Hollywood si consolidò del tutto a capitale mondiale del cinema, grazie a una base finanziaria solida, vasti canali di distribuizione, miriadi di artisti, tecnici, attori e produttori che contribuirono a rendere il cinema americano tipico e ben distinguibile e grazie a una prestigiosa organizzazione tecnica che faceva la differenza, insieme a tutti gli altri aspetti sopracitati. Negli anni dalla fine della prima guerra mondiale sino alla crisi del '29, si trovò nel cinema americano uno specchio della realtà nei suoi molteplici aspetti e due artisti, in particolare, fecero la differenza: Eric von Stroheim e Charlie Chaplin, i migliori allievi – rispettivamente – di Griffith e Sennett. I due iniziarono a creare quelle che poi sarebbero state e rimaste nel tempo le migliori opere del cinema americano degli anni '20. La struttura artistica e produttiva americana di stampo hollywoodiano si impose con il marchio di fabbrica di grandi case cinematografiche come la Fox, L'Universal, la Paramount e la First National, che fin da allora furono sinonimo di qualità. Nacquero in quel periodo, i primi divi del cinema. Il divismo era frutto del crescendo di una realtà che sempre più diventava per il pubblico un mondo a se, lontano dalle leggi comuni della società. Il pubblico non distingueva più, così, la realtà dalla finzione, la vita privata degli attori da ciò che era solo frutto del lavoro artistico. La vita e l'arte di apparteneva a questo mondo, si fondevano in un'unica dimensione dell'esistenza. Gli spettatori che affollavano le sale riversavano le proprie preoccupazioni, le proprie angosce e speranze, nel sogno che lo schermo poteva dare agli occhi e al cuore a poco prezzo e la stabilità, la libertà che avevano i registi, gli attori, i produttori, permetteva al grande cinema di distinguersi dalle produzioni fatte solo per "il consumo"; potevano essere così affrontati argomenti d'ogni sorta, c'era una grande varietà di generi e potevano essere affrontati argomenti anche profondi e attuali. Fin da allora poi, nacquero due tipologie di "divo" o "diva". Per intenderci, attori quali Douglas Fairbanks (eroico e cavalleresco) e la moglie Mary Pickford (chiamata anche "la fidanzatina d'america", "la piccola Mary" ed altri appellativi simili) rappresentavano "i buoni" e divennero modello di un certo tipo di americanismo, sia in patria che all'estero, che portò loro grande un grande successo, anche al di là delle loro reali capacità di attori. Furono la prima coppia celebre del cinema americano. Fairbanks era vitale, simpatico, acrobatico e pur se non fu un grande attore, aveva tutte le qualità per essere, appunto, un divo, un personaggio che incarnava il mito dell'autoesaltazione come strumento del successo. La moglie, dal canto suo, fu anche produttrice e fondatrice dello studio cinematografico United Artists e una dei trentasei fondatori dell' Accademy of Motion Pictures Arts and Sciences. Al divismo "buono", considerato "educativo" e che poteva essere "d'esempio agli spettatori", si contrapponeva il divismo "trasgressivo", quello scandaloso, provocatorio, di attori quali Theda Bara e Rodolfo Valentino. Theda Bara fu la prima "vamp" (termine che deriva tra l'altro da "vampire", non a caso). Venne portata al pubblico come la donna tentatrice, la donna fatale e perversa che si diverte a rendere gli uomini suoi schiavi per poi liberarsene una volta conquistata la loro adorazione. Il tutto palesemente progettato, fin dal nome d'arte, fin dal primo ruolo secondario con il quale venne lanciata dalla Fox: un melodramma, "La vampira" (1915), attraverso il quale nacque per l' appunto il suo pseudonimo di Theda Bara, anagramma di "Arab Death". Immagini conturbanti in abiti egizi, contornate da ragnatele e serpenti. Ecco come è nata la "cattiva ragazza" del cinema di quei tempi. E Rodolfo Valentino? Beh, anche chi non è un grande appassionato di cinema, almeno una volta nella vita avrà sentito dire qualcosa che lo riguarda. Ancora oggi è considerato il divo per eccellenza. Latino, passionale, non il "cattivo" in realtà, quanto piuttosto l'uomo fuori dai canoni del tempo, il primo vero sex symbol, il "Latin Lover", con qualità recitative e uno stile inconfondibile ammirato da tanti grandi del cinema, tra i quali anche Charlie Chaplin. Bello e provocatore, ballerino eccelso e grande attore, venne ben presto consegnato alla leggenda come "il divo insuperabile". Il marchio di fabbrica hollywoodiano, con la sua adattabilità di temi, la sua qualità palesata, la sua meccanizzazione a livello di "industria cinematografica", si considera essere stata rappresentata al meglio dal regista Cecil Blount De Mille che passò da opere drammatiche a film passionali che diedero il via alla "commerdia libertina" e posero le basi per i successivi "anni folli", per poi occuparsi di western ed altri temi leggeri e ricambiare, ancora, proponendo "I Dieci Comandamenti", un film biblico di grande spettacolarità, senza lasciare da parte però le sue produzioni drammatico-passionali. Il cinema di De Mille porta gli spettatori, in ogni caso e al di la' delle tematiche trattate, fuori dalla realtà; ipnotizza il pubblico, addirittura troppo preso dalle immagini che scorrono, per poter avere il tempo di riflettere sulle tematiche che gli vengono proposte.

Charles Spencer Chaplin
Charles Specer Chaplin. Anche lui si affermò negli anni dieci. Iniziò dal teatro - come anche altri del resto – e giunse al cinema muto nel 1914, lavorando per Sennett. Con il cinema poteva finalmente dar libero sfogo a tutto ciò che il teatro, per tempi e spazio, non poteva consentire. Il personaggio che lo rese celebre, Charlot, ebbe una sua evoluzione, fino al perfezionamento raggiunto dall'attore nel 1915, quando Chaplin smise di lavorare con la Keystone di Sennet e firmò un contratto con la Essanay che gli permetteva di scrivere e dirigere i propri film. In questo passaggio la comicità esteriore si fa più profonda e porta al personaggio quella velata amarezza che non vuole nascondere gli aspetti più negativi della società e della realtà. Nel 1916 Chaplin passa alla Mutual e con questa casa di produzione il personaggio di Charlot perde totalmente il carattere della "macchietta". La poesia di Chaplin non ha più limitazioni e diventa simbolo di contestazione verso il sistema borghese e capitalistico, non si tratta più di sola satira di costumi e umorismo, bensì di un personaggio che ha le sue radici nel giudizio della società e della politica, un personaggio ideologico che mette in risalto tutte le contraddizioni di quei sistemi che contesta. Chaplin non smette mai di far evolvere il suo personaggio e successivamete, pur mantenendo lo schema del film comico e pieno di gag, il sentimento prende il sopravvento, il nucleo del dramma non è solo la solidutine di Charlot e la critica, la satira, prendono forme umanamente più dolci, nonostante non manchi mai, in ogni caso, l'accenno alla critica stessa. Charlot si raffina nel tempo anche dal punto di vista stilistico e pur mantenendo come base la mimica del personaggio, lo spessore psicologico del personaggio si fa sempre più nitido, le tecniche espressive sempre più fini e si arricchiscono così anche le ambientazioni e la tempistica, che diviene sempre più ritmata e scorrevole. Con l'arrivo della crisi del 1929 Charlot riacquisisce le sue caratteristiche principali, con opere comico-politiche di stampo chiaramente satirico (v. "Tempi Moderni", 1936). Trovandosi nel mezzo della prima e della seconda guerra mondiale, Chaplin riesce con le sue opere a concludere il ciclo di tutto il lavoro precedentemente proposto con il personaggio di Charlot. Nell'alta tensione internazionale degli anni appena precedenti al '40, progetta una continuazione del personaggio che si rivelerà poi con l'uscita de "Il dittatore" (1940), la prima esperienza di Chaplin nel cinema sonoro. Nel 1947 esce "Monsieur Verdoux" e il personaggio di Charlot è sostituito appunto dal sig. Verdoux: cinico, egoista, avventuriero e cattivo, Verdoux è il simbolo della perdita dei valori morali dell'umanità, amarissimo ritratto di un mondo in cui l'interesse dei singoli o di un gruppo prevale su qualsiasi cosa, un mondo in cui il delitto è diventato solo un mezzo del potere, giustificabile, per gli assassini, come se nulla fosse. Nei periodi successivi escono film legati alle esperienze personali di Chaplin ("Luci della ribalta", 1952 - "Un re a New York", 1957 e "La contessa di Hong Kong", 1967). "La contessa di Hong Kong", tra l'altro, è l'unico film da lui creato e diretto in tempi recenti, in cui egli stesso non appare come attore, il suo unico film a colori e l'ultimo film della sua incredibile carriera di attore e produttore. E' un film in cui i protagonisti sono la nostra meravigliosa ed eterna Sophia Loren e il grande, memorabile, Marlon Brando. Da sottolineare inoltre, è che Chaplin è sempre stato anche il creatore delle musiche presenti nelle sue produzioni. Un artista a tutto tondo, che è stato e rimarrà sempre unico, conosciuto da tutti ma non abbastanza (nei tempi d'oggi) è diventato modello difficilmente superabile di arte pura, leggera e brillante, senza sconti e in continua fase di trasformazione, proprio come il mondo che lo circondava. In una posizione di unicità, rispetto allo sfondo delle produzioni hollywoodiane.

Per quanto riguarda invece la storia professionale di Eric von Stroheim, si parla di un uomo fortemente influenzato dal fascino che aveva, rispettivamente, per il mondo aristocratico e per quello militare. Figlio di un cappellaio viennese ebreo, egli si ritagliò inizlamente ruoli da "rampollo aristocratico", ebbe poi molti ruoli in cui interpretava ufficiali di vario grado dell'esercito americano e, durante la seconda guerra mondiale, diversi furono anche i ruoli in cui interpretava ufficiali nazisti. Il suo stile e il suo carattere rigido si adattavano bene a ruoli duri e divenne così, in quel periodo, la rappresentazione cinematografia del cattivo per eccellenza. Alcune scene da lui intepretate come soldato tedesco, tra l'altro, suscitarono grande scalpore e sdegno nell'opinione pubblica. Questo però era il suo ruolo. In un' America oramai in guerra, egli doveva portare al pubblico l'immagine del cattivo contro il quale il Paese stava combattendo. Stroheim fece molta fatica ad iniziare la carriera di attore, anche se poi, tra altri e bassi, fu interpete di molteplici pellicole. Quando poi si dedicò alla creazione e alla regia (una volta finita la guerra e con la fine delle richieste di attori che interpretassero quel tipo di ruoli), riscontrò sempre grossi problemi con i produttori, poiché era tanto pignolo, duro e maniacale si può dire, da metterci ore ed ore ed ore già solo per girare una scena di apertura. Questo lo screditò parecchio naturalmente, poiché i suoi lavori da regista risultavano troppo lunghi e costosi, ache se essendo a corto di offerte talvolta riuscì a risollevarsi con lavori più adatti al cinema hollywoodiano, per poi ripiombare nelle problematiche con i produttori una volta riottenuta carta bianca. Per intenderci, uno dei suoi lavori, arrivò a durare otto/dieci ore e fu integralmente proiettato una sola volta in forma privata, per poi essere tagliato dai produttori fino a una durata di due ore e rivenduto come film di serie B (cosa che ovviamente non fece piacere al suo creatore, ma appunto, questo suo modo di girare, fu in sostanza la sua rovina come regista). Dopo diversi tentativi di proporre questo suo anomalo ma allo stesso tempo geniale e titanico stile, si dedicò di nuovo solo alla recitazione e negli anni ebbe ruoli talvolta nella scrittura di sceneggiature o altri lavori come il tecnico, l' aiuto regista ecc... E' stato definito in sostanza un altro grande della storia del cinema, capace di creare capolavori riconosciuti quali "Rapacità", nel quale realismo e mertafore visive si fondevano in un'unica cosa, con la ricostruzione scenografica in studio, tra l'altro, di un'intera strada di San Francisco dell'ottocento, curata nei minimi dettagli. Usando, a differenza della gran parte dei registi americani del tempo, la profondità di campo, egli creò sfondi ricchi di dettagli, meno facili da accogliere per lo spettatore ma più ricchi di significati diversi tra loro, anche contrapposti a quelli portati dalle immagini in avanpiano. Nel 1955, Abel Gance – regista, attore, sceneggiatore, produttore e montatore cinematografico fancese – disse di lui: "Un genio, un uomo di immense capacità che è stato messo nell'impossibilità di nuocere, costretto per vivere a fare l'attore agli ordini di registi mediocri."

lunedì 6 giugno 2016

La storia del cinema (parte 1): dai fratelli Lumière al western americano

I fratelli Lumière
Stavo pensando a tanti film che mi sono piaciuti, a quelli che ho adorato a quelli che proprio non mi hanno convinto. Ho pensato a grandi registi, attori e attrici, al grande lavoro che c'è dietro a ogni film che vediamo, a quante persone al mondo vedono film ogni giorno; mi sono venuti in mente i fratelli Lumière e così mi sono detta: ma poi? Dopo di loro che è successo? E qui è partita la ricerca che tenterò di condividere con voi al meglio. In effetti, addetti ai lavori e studenti/ studiosi del settore a parte, credo siano rare le persone che conoscono quello che è stato il grande percorso che ha portato fino ad oggi, dunque, eccomi qui a riassumere il più possibile quel che ho scoperto nelle mie ricerche, con un primo articolo dedicato, a cui seguiranno poi altri articoli.

I fratelli Lumière - Louis e Auguste - furono i primi, alla fine del 1895, a far scoprire il cinema al pubblico e questo lo sappiamo più o meno tutti. Come naturale che sia, non è che la cosa sia nata all'improvviso e i due fratelli, prima di questa prima proiezione, sperimentarono a lungo, si impegnarono in messe a punto e richerche tecniche fino a che Louis riuscì a creare l'apparecchio da cui tutto è iniziato: il Cinematografo. L'apparecchio aveva le funzioni di ripresa e riproduzione di immagini fotografiche animate; era azionato a manovella e consentiva la riproduzione delle immagini per un tempo abbastanza lungo da rappresentare azioni compiute e continue. Vista la scoperta ed essendo consapevoli di quanto potesse avere successo una tale innovazione, i fratelli Lumière, si cimentarono nella commercializzazione su vasta scala della loro invenzione, ottenendo, fin dal primo spettacolo del dicembre 1895, un grande riscontro da parte del pubblico. Nelle prime proiezioni lo spettacolo era costituito da una serie di brevi film di un minuto o poco più ciascuno, per un totale di mezzora di spettacolo intervalli compresi ed era costituito da scene familiari, di attualità, piccoli sketch comici e informazione documentaristica. Immaginate lo stupore degli spettatori. Noi siamo abituati al grande cinema, ma pensate a quei primi spettatori, alla loro meraviglia, la curiosità, le emozioni, nel vedere per la prima volta nella storia, persone ed oggetti, la realtà, enfatizzata nei dettagli drammatici come in quelli comici, riprodotta sotto forma di spettacolo animato. La cinecamera era fissa e sembrava proprio essere come una porta aperta su un mondo fino ad allora sconosciuto. La produzione dei due fratelli si intensificò tra il 1895 e il 1899 e si concentrò soprattutto sull'informazione alternativa, non pilotata, e documentaristica. Nel 1896 assunsero alcuni fotografi e questi signori avevano il compito di assicurarsi della corretta riproduzione degli spettacoli e allo stesso tempo di catturare fotograficamente scene, panorami francesi, stranieri ed esotici, durante la loro permanenza nei diversi luoghi dove lo spettacolo veniva proposto. Nacquero così anche la "carrellata" e altri effetti cinematografici inventati da Eugène Promio, un operatore francese d'origini italiane, che studiò questi espedienti tecnici durante le riprese di alcuni film girati in differenti parti del mondo. Andando avanti il cinema divenne sempre più un mezzo d'informazione, con la funzione di far conoscere luoghi lontani e di presentare fatti di cronaca tramite i primi veri e propri inviati della storia. Iniziò così una folle corsa, la corsa dei vari produttori di film dell'epoca per essere sempre i primi ad arrivare sul posto dove qualcosa accadeva. Questa continua corsa, così intensta, portò poi alla riproduzione di fatti accaduti realmente, d'attualità e cronaca appunto, in scenari ricostruiti in studio. Anche l'illusionista francese Geroge Méliès rimase ammaliato dal cinematografo, poiché vide nella macchina la possibilità di riprodurre illusioni che aveva già proposto a teatro. I fratelli Lumière però decisero per questioni commerciali e di profitto di non vendergli il Cinematografo e Méliès, nel 1896, costruì un proprio apparecchio (il Kinetografo), dando il via a spettacoli di fotografie animate, non molto lontani - per il primo anno di attività cinematografica - dai primi lavori dei Lumière. L'anno successivo però, fece un balzo di qualità, aprì un vero e proprio studio cinematografico con il quale realizzò poi "film con trucchi", che diventeranno la sua specialità ed erano sostanzialmente una continuazione e un'amplificazione del suo lavoro teatrale. L'illusione ottica, la meraviglia, il mistero, erano alla base dei suoi lavori teatrali e il cinema permetteva di amplificare tutto questo. Fu Mélies, in questo senso, a dare vita allo spettacolo cinematografico. Furono girati negli anni diversi film fantastici, d'avventura e anche comici, continuò la produzione del cinema a trucchi portando le sue illusioni in scena e rispetto agli altri aveva anche tecniche e approcci diversi. I suoi film erano più lunghi, suddivisi in scene ed episodi, erano ricchi di ambientazioni e personaggi e lo schema era tratto dal dramma tradizionale o dal romanzo d'avventura, con uno stile di recitazione molto teatrale da parte degli attori. Gli stessi fratelli Lumière riconobbero Mélies come il creatore dello spettacolo cinematografico che avrebbe dato i natali a tutte le successive produzioni. Nonostante ciò, nel 1912, la sua produzione si fermò a causa delle grandi case cinematografiche che non lasciavano più spazio ai produttori indipendenti e alle piccole case. Nei primi quindici anni dalla creazione del Cinematografo, il cinema si era già evoluto in qualcosa di molto più ampio, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista commerciale. Nacque in Francia, Stati Uniti e in Gran Bretagna, una vera e propria industria del cinema, con produzione e distribuzione delle pellicole. Il cinema continuò ad arricchirsi, visto il grande gradimento del pubblico, grazie ai produttori e naturalmente ai creatori dei film e così nelle principali città vennero aperti numerosi studi. Il primo grande industriale cinematografico, che creò a partire dal 1896 un vero e proprio impero di produzione, distribuzione e noleggio dei film, fu Charles Pathé, per molti anni dominatore del mercato mondiale (in particolare tra il 1903 e 1909). Tra i suoi primi collaboratori vi fu Ferninand Zecca (relizzazione, supervisione, produzione dei film e creazione di un'equipe di persone specializzate: registi, operatori e tecnici). Insieme, i due, daranno vita a film di ogni genere. Pathé cominciò a ridimensionare il suo impero intorno al 1918, pressato dalla concorrenza e nel 1929 decise di ritirarsi. Nel frattempo, nel 1895, anche Lèon Gaumont aveva dato vita alla sua società di produzione. Precedentemente impiegato in una fabbrica di materiale ottico e fotografico, intraprese la via delle grandi produzioni cinematografiche; inventore e costruttore di apparecchi di proiezione e cineprese, commercializzò anche macchine di altri inventori e la sua modalità di commercializzazione era ben precisa: la vendita di ogni apparecchio era accomagnata da pellicole dimostrative, che tra l'altro erano create dalla segretaria della società, Alice Guy, considerata la prima regista donna. Nel 1911, il Gaumont Palace di Parigi divenne la sala cinematografica più grande al mondo, con 3400 posti a sedere. Nel 1930 la società venne messa in liquidazione e riaperta con nuovo nome nel 1938. Accanto alle grosse produzioni, si mantennero comunque attive produzioni meno spettacolari, con scenografie meno costose, a cui però partecipavano attori di fama e letterati. Al centro di queste produzioni c'era l'attenzione per lo spettacolo cinematografico in se, l'evoluzione dell'espressione artistica (oltre che tecnica). In particolare con Emile Cohl, Max Linder, Louis Feuillade e le loro produzioni nei primi decenni del novecento, si ebbero le maggiori novità dal punto di vista artistico/espressivo. Negli Stati Uniti invece fecero da pionieri Thomas Edison (inventore, tra le altre cose, del Kinetoscopio e fondatore della sua casa di produzione, la Edison appunto), William Kennedy Dickinson (casa di produzione Biograph), Stuart Blackton e Albert E. Smith (fondatori della Vitagraph). L' approccio americano però – più che in altri Paesi – fu fin dall'inizio palesemente speculativo, perciò per diversi anni le produzioni americane non riuscirono ad avere una struttura tecnico/artistica che gli permettesse di realizzare produzioni di qualità come invece accadeva in Francia. Visto lo svilupparsi di una vera e propria guerra ai brevetti, durata negli Stati Uniti fino al 1908, nel 1909 venne fondata la "Motion Pictures Patent Company", che raggruppava le sette più importanti case produttrici americane (Edison, Biograph, Vitagraph, Essanay, Selig, Lubin e Kalem) e che aveva lo scopo di mettere ordine nel settore, eliminando anche le piccole case indipendenti che venivano inglobate dalle grandi case. Fu dal 1905 in poi che la produzione statunitense cominciò a prendere una reale forma, con la costruzione di sale specializzate. Anche in America le produzioni si concentrarono inizialmente sull'attualità, sulle pellicole comiche, storiche, avventurose o documentaristiche, con micro film che messi insieme porgevano all'attenzione del pubblico uno spettacolo di circa mezzora, come accadeva in Francia. Il primo esempio di cinema narrativo per come viene inteso ancora oggi però, è attribuito proprio all'americano Edwin Porter, che realizzò il progetto per Edison nel 1902. Le immagini documentaristiche dell'intervento di una squadra di pompieri, vennero unite alla storia di una mamma e del suo bambino: in pericolo tra le fiamme in cui viene avvolta la loro casa, c'è una successione di momenti di tensione, che porta infine al salvataggio di entrambi. Happy Ending. Pur non utilizzando ancora le techiche di montaggio e varietà di piani che verranno usate in seguito, Porter diede una svolta essenziale al cinema americano e ancora di più e in modo decisivo lo fece con le produzioni successive. Si devono a lui i primi film con suspance, i primi prototipi di western, le prime storie di gangster e le prime narrazioni di dramma sociale. Se la Edison puntava molto sulla messa in scena della realtà, la Vitagraph si sviluppò maggiormente nella direzione della qualità tecnica e Stuart Blackton fu infatti un grande esperto di cinematografia e un grande sperimentatore. La tecnica a scatto singolo, con la quale è possibile animare oggetti inanimati, deve la sua diffusione ai suoi film d'animazione e fu il successo dei suoi lavori a spingere anche altre case di produzione a dedicarsi al ramo del disegno animato. Negli anni la Biograph aumentò le sue produzioni affiancando la Edison per tipologia e generi. Furono proprio le due case a porre le basi dell'odierna Hollywood. Fu in quel periodo infatti che i produttori cominciarno a girare film in esterna e la California, Hollywood, con il suo clima più mite, era la meta ideale degli addetti ai lavori e portò così truppe di registi, attori e operatori a radunarsi per lavorare sulle coste californiane. Da segnalare assolutamente è inoltre il lavoro del regista David Wark Griffith (Biograph) che, ancora in piena corsa ai brevetti, fu artefice di un cambiamento fondamentale: cominciò a considerare il cinema un'arte e non un oggetto di consumo. Il suo approccio diverso , i suoi lavori, il buon fiuto nello scovare talenti tra gli attori e il suo modo di dirigerli, lo misero in tempi brevi in primo piano, per quel che concerne la storia del cinema. Introdusse forme espressive nuove, elaborate, trasformò l'idea di cinema per come era stata concepita fino a quel momento dagli altri registi e produttori. Per lui il cinema era un linguaggio artistico ed espressivo autonomo, la psicologia dei personaggi era accurata, umana, i personaggi non erano più solo "mascherine", bensì uno specchio realistico dei sentimenti del pubblico. Dalla Biograph passò poi alla Mutual, ottenendo ancora grandi successi e ponendo le basi espressive per rendere il cinema l'arte popolare che è tuttora. In Europa nel frattempo il cinema continuò il suo sviluppo in diversi paesi e in particolar modo in Gran Bretagna con i lavori di George Sadoul e la sua "scuola di Brighton". Quest'ultima, aveva come principali caratteristiche l'utilizzo dei primi piani e dei montaggi alternati. Prima ancora di Sadoul, fondamentali furono anche i lavori di Robert William Paul, che partendo da film semplici sullo stile dei fratelli Lumière ampliò gli orizzonti del paese verso nuove direzioni, producendo anche quello che viene considerato il primo film comico britannico. Paul sul fronte dello spettacolo cinematografico, James Williamson e George Albert Smith – sempre della scuola di Brighton – sul fronte del realismo, diedero così i natali alle produzioni più innovative. Nonostante ciò, nemmeno in Gran Bretagna, come negli altri paesi europei, vi fu un reale salto di qualità. Per vedere l'affermarsi di alcune realtà cinematografiche nazionali (Italia, Danimarca, Svezia, Germania, Spagna ecc.) si dovrà attendere a lungo, ovvero gli anni appena precedenti alla prima guerra mondiale. In Italia, ad esempio, le prime produzioni sono considerate "ambulanti", in quanto erano perlopiù spettacoli da fiera e ad ogni modo la produzione era perlopiù francese (nonostante l'italiano Filoteo Alberini avesse brevettato nel 1895 il Kinetografo). Aprirono diversi anni dopo le prime sale e nel frattempo Alberini e Santoni, diedero i natali a "Il Primo Stabilimento di Manifattura Cinematografica Alberini e Santoni", trasformata l'anno dopo nella "Cines", che diventò in seguito una delle più importanti case di produzione italiane. In contemporanea, in Francia e Stati Uniti, nacquero nel 1913 i "serials". Vi fu, in sostanza, un passaggio dalla carta stampata allo schermo di quel tipo di narrazioni a puntate che erano così diffuse sui giornali e che sempre più avevano avuto successo negli anni. In breve tempo i serials si diffusero diventando addirittura una moda. Per quanto riguarda il cinema d'oltre oceano, fu il western a diventare il genere americano per eccellenza, soprattutto con l'arrivo degli anni dieci e Thomas Harper Ince ne fu immediatamente il rappresentate più qualificato. Con il western il pubblico poteva apprezzare l'apertura dell'uomo verso spazi infiniti, l'azione, il sentimento storico di un tempo non molto lontano e il richiamo alla tradizione culturale e alla letteratura. Per questi motivi la gente lo amò fin da subito. Dopo il 1912 Ince, dopo centinaia di film, lasciò il testimone ad altri registi e in particolare a Ford, Barker e Hart. Hart, come attore e regista, fu per anni il simbolo del West e i suoi film furono spesso prodotti in collaborazione con Barker. Ebbero comunque una rilevante supervisione da parte dello stesso Ince, che in sostanza divenne il terzo grande del cinema americano accanto a Sennett e Griffith.