Laura
Campisi. Molti di voi ancora non la conosceranno e d'altronde lo
scopo di queste mie presentazioni è proprio quello di mettere in
risalto artisti italiani eccezionali ma conosciuti solo in parte e
che meritano, meritano molto di più. Laura è una cantautrice
italiana eccezionale, nata nella bella Sicilia nel 1984 e immersa
nella musica, nel vero senso della parola, fin dalla tenera età. I
suoi genitori portavano in giro per la Sicilia brani della tradizione
regionale antica, facendo al tempo stesso un lavoro di raccolta e
selezione delle composizioni tipiche di ogni paese in cui si
trovavano ad esibirsi. E' inevitabile dunque che l'avvicinamento di
Laura alla musica sia stato naturale e immediato. “Sono cresciuta
con grandi cantate, chitarre e controcanti improvvisati, tra la
musica tradizionale e quella dei vari cantautori italiani” dice e
aggiunge: “Fu mio padre che, notando questa mia passione, mi chiese
un giorno “Ti piacerebbe studiare canto?”. Io risposi di sì
senza nemmeno pensarci, come se fosse stata la cosa più naturale da
farsi.” Nel 2011 Laura si trasferisce a New York, con la più
assoluta spontaneità, dopo aver portato avanti vari progetti in
Italia e dopo aver terminato la sua formazione: una laurea in
Discipline della Musica, anni di Masterclass e corsi di
perfezionamento – tra i quali il “Nuoro Jazz” e il “Roma
Jazz's Cool” (con i nomi più illustri del Jazz) - e dopo aver
partecipato e vinto diversi concorsi - da solista e da band leader
dei “Lalla Into The Garden”; tra gli altri spiccano la vittoria
al “Lucca Jazz Donna 2009” e al “Bianca d' Aponte 2010”- il
primo è un concorso Jazz al femminile e il secondo un festival che
si tiene ad Aversa dove, lo stesso anno, Laura riceve anche il Premio
per la Migliore Interpretazione. Vive attualmente a Brooklyn a cui è
arrivata dopo essersi resa conto di aver bisogno di nuovi stimoli,
nuovi spazi e possibilità concrete per la sua crescita e la sua
creatività. Resta naturalmente legata la suo paese, alla musica
italiana e ovviamente ai suoi cari: “In Italia cerco di tornare due
volte all’anno, per vedere la famiglia e gli amici, ma anche per
tenere vive le relazioni artistiche con i colleghi e la scena
musicale italiana.” Basta ascoltare la sua voce, il suo stile, la
sua interpretazione, per aver voglia di approfondire la sua storia,
per aver voglia di scoprire la sua musica.
Allora
Laura... è difficile decidere da dove partire con te, hai una
miriade di progetti alle spalle e in corso... Direi di parlare
principalmente del progetto che stai realizzando ora (a fine articolo
potrete leggere altre info e un sunto degli altri progetti, ndr). Si tratta della
lavorazione del tuo primo album ufficiale a quanto ho letto sul sito,
anche se in realtà non è il primo album che incidi. Raccontaci un
po' di cosa si tratta, come si intitolerà, le collaborazioni e, già
che ci siamo, dicci per quando è prevista l'uscita dell'album.
La
storia di questo album è un racconto ancora in fase di scrittura.
Non so ancora quando uscirà e se verrà pubblicato da un’etichetta
o se sarà invece un’auto produzione dalla A alla Z. Al momento
comunque, io ne sono stata la produttrice esecutiva ed artistica, con
l’aiuto fondamentale di un generoso deus ex machina dietro
le quinte e naturalmente degli stupendi musicisti che hanno
collaborato. È infatti una soddisfazione nonché un privilegio aver
raccolto una squadra davvero d’eccezione per un progetto direi poco
usuale: un doppio trio (due bassi e due batterie) ad accompagnare una
voce. Il gruppo è composto da Gregory Hutchinson (celebre musicista
americano) alla batteria, Ameen Saleem al contrabbasso (mio carissimo
amico, americano di Washington DC e membro fisso del Roy Hargrove
Quintet e Big Band), Gianluca Renzi (ciociaro trapiantato a New York)
al basso elettrico e al contrabbasso e il mio concittadino espatriato
a Londra Flavio Li Vigni, alla batteria. Non mancano anche due
stupendi special guests: Giovanni Falzone alla tromba e Vincent
Herring al sax. Il repertorio è una miscela di pezzi riletti e
reinterpretati dalla tradizione jazzistica, rock e più in generale
“moderna” con mie composizioni in lingua inglese. La band si è
andata formando pian piano, dapprima nella mia mente per poi
diventare reale, come un bel puzzle. La disponibilità e la
professionalità di ognuno dei ragazzi che hanno preso a cuore il
progetto ognuno a proprio modo, ha reso quest’esperienza unica. Ho
imparato tantissimo da ognuno di loro, e sto imparando molto anche da
me stessa; dagli errori commessi imparo a rialzarmi ogni volta e ad
inventarmi e reinventarmi sotto luci e ruoli diversi.
Premettendo
che la tua voce è jazz, è vibrazione pura e lo è anche quando non
stai cantando una canzone dalle evidenti sonorità jazz dal mio punto
di vista, sul tuo sito si trovano pezzi in cui l'anima jazz si
percepisce fin dalle prime note, proprio perché come accennavo le
caratteristiche del jazz sono ben percepibili, ma si possono
ascoltare anche pezzi più legati alla musica cantautorale italiana,
pur se affrescata da un tocco alternativo e ho potuto ascoltare anche
un delizioso pezzo in dialetto siciliano... Tu come come ti vedi?
come ti senti? Più vicina al jazz in ogni caso o... come dire... una
miscela di stili?
Diciamo
che non sento la necessità di definirmi e credo sarebbe anche un
compito abbastanza arduo... Sono nata col Jazz ma sono sempre stata
attratta da tutta la buona musica e in ogni fase della mia esperienza
artistica fino ad oggi posso ritrovare le influenze non solo di
quello che ho studiato e cantato, ma anche di quello che ho
ascoltato, ballato, fischiettato. Per ciò sì, mi sento più una
miscela di stili. Questo vale sia per ciò che canto che per ciò che
scrivo. Anzi, è proprio nella scrittura che i vari stili e generi
hanno totale libertà di confluire creando contaminazioni.
E
come ti sei innamorata del jazz? in che contesto lo hai scoperto?
Al
Jazz sono arrivata quasi per caso: la scuola di canto che ho
frequentato a Palermo per vari anni era una scuola di musica Jazz ed
è così che mi sono avvicinata a quel genere; prima solo durante le
lezioni, poi sempre di più nei miei ascolti di piacere e nella vita
quotidiana. Anche se quando ho cominciato a studiarlo, a tredici
anni, non lo ascoltavo ancora, nel cantarlo ho sentito da subito una
profonda affinità, un senso di appartenenza, come uno specchio nel
quale riconoscermi.
I
testi dei tuoi pezzi li hai sempre scritti tu e sono poetici,
accurati, colmi di emozione. Ciò che si percepisce è la volontà di
trovare la parola giusta per ogni secondo per poi interpretarla per
come quella singola parola va interpretata e vestita. Questa è la
mia impressione insomma. La stesura dei tuoi testi è sempre stata un
atto spontaneo, istintivo, fin da quando hai iniziato a cantare e
magari ancora non avevi un gruppo o c'è stato un momento in
particolare che, come dire, "ti ha dato il La"?
In
realtà ho cominciato a scrivere molti anni dopo aver cominciato a
cantare. La scrittura è arrivata per caso, senza bussare, è sempre
stato un atto istintivo e, come tale, spesso repentino ma anche poco
costante. Ci sono stati naturalmente periodi in cui ho scritto di più
e periodi in cui non ho scritto, momenti in cui era difficile mettere
insieme le idee e altri in cui la scrittura ha invece rappresentato
un vero e proprio strumento di chiarezza e guarigione ed è così
tutt'ora.
E
scrivi "solo" testi di canzoni o ti dedichi anche alla
scrittura in generale?
Delle
mie canzoni scrivo tutto, sia la musica (melodia e armonia) che i
testi, ma mi è anche capitato di scrivere testi per pezzi già
esistenti o di tradurre e, per meglio dire, creare liriche italiane
su canzoni pre-esistenti in inglese. Ho scritto versioni in italiano
per due brani di Tom Waits (“San Diego Serenade” e “Long way
home”) e per lo standard jazz “Never will I marry” e creato
testi su pezzi strumentali come “Nardis” (Miles Davis e Bill
Evans), “Naima” (John Coltrane), Torre Ligny (Salvatore
Bonafede), “Mirella” (della pianista romana, da molti anni a New
York, Patrizia Scascitelli – brano che, con il mio testo originale,
è parte della colonna sonora del documentario sul Jazz del regista
Gianluca Bozzo “Walnut Street Station”, di recente presentato in
Italia). Mi piacerebbe molto provare l’esperienza della scrittura a
quattro mani, collaborare con altri cantautori e musicisti, magari
anche ritrovarmi a dover scrivere la musica su un testo
pre-esistente.
Oltre
alla musica qual è la disciplina artistica che più ti attrae?
Amo
leggere e mi attrae l’ipotesi di scrivere, sono affascinata dal
mondo del giornalismo, soprattutto della critica. Ho la sensazione
che prima o poi mi ritroverò a scrivere dei racconti o un romanzo.
D’altra parte anche le canzoni sono racconti a modo loro e sarebbe
stupendo potermi ritagliare del tempo per cimentarmi in qualcosa di
tanto nuovo per me.
La
mia amata e spesso utilizzata richiesta finale. Dimmi tu ora, quello
che ti passa per la testa per concludere...
Naturalmente
un ringraziamento a te per questa opportunità di raccontare qualcosa
di me e per costruire un ponte in più con la scena italiana, dalla
quale manco – se non per brevi tratti – da quasi tre anni ormai
(quattro se si considera la prima volta che mi sono innamorata di New
York). Spero di trovare sempre più opportunità per portare la mia
musica dove sono nata e dove mi sono fatta le ossa, come spero che
l’Italia presto si risollevi da un momento tragico non soltanto per
la musica e l’arte, ma per tutti. Quello che sento di dire in
conclusione è che è bello avere due cuori, uno qui e uno là.
Laura
Campisi... Ora qualcosa in più di lei lo sapete, ma credetemi non
basta... Potrete leggere di seguito, come promesso, il sunto dei suoi
principali progetti, ma soprattutto... entrate nel suo sito e andate
a ascoltare la sua musica, le sue composizioni, la sua voce
incredibile.
Grazie
a te Laura, ti auguro il meglio del meglio e che il mondo della
musica ti scopra davvero come meriti, all'estero come in Italia.
Link:
Performance
e collaborazioni:
Laura
ha suonato con varie formazioni musicali in tutta Europa e America e
continua a produrre una vasta gamma di musica: dal jazz al folk e al
rhythm&blues sino alla tradizionale musica siciliana e
mediterranea. Scrive canzoni in inglese, italiano, siciliano e canta
in italiano, inglese, spagnolo, portoghese, francesce, siciliano e
napoletano. Da segnalare tra le performance internazionali e
nazionali il tour italiano a Gennaio 2014, con il "Back Home
Trio" (special guest l'internazionale sassofonista Gianni Gebbia), ma
anche quello del Gennaio 2013, con il "Laura Campisi Roma
Quartet" e ancora, un'apparizione nel documentario del registra
Nello Correale nel film documentario "La voce di Rosa"
ottenuta grazie al suo ruolo attivo nella diffusione della musica e
della cultura siciliana nel mondo. E poi New York, con il tour
avviato nell'inverno 2010, il primo posto al al "Bianca d'Aponte
Award" e al "Lucca Jazz Award" e una performance,
assolutamente da sottolineare, all'Ambasciata italiana a Lisbona per
la Festa della Repubblica. Nel 2008 un tour a Parigi e una serata
anche al "Langau Jazz Festival" nel 2004, in Svizzera. Nel
2014 Laura appare anche nel film documentario dedicato alla scena
jazz amercana e italiana intitolato "Walnut Street Station",
del regista italiano Gianluca Bozzo. Si esibisce regolarmente con il
bassista Ameen Saleem ed ha suonato con numerosi musicisti affermati
a livello internazionale: Jon Davis, Tommy Campbell, Saul Rubin, Paul
Jeffrey, Salvatore Bonafede, Gianluca Renzi, Fabio Morgera, Christos
Rafalides and Gianpaolo Casati, per nominarne alcuni. Laura si sta
anche cimentando in una collaborazione con la comunità culturale
pakistana a New York, suonando con musicisti del luogo e mescolando
così le sonorità tipiche della cultura pakistana con il jazz e la
musica italiana, sperimentando tra l'altro le tradizionali
composizioni in sanskrito e la musica Panjabi. Di recentissimo avvio
anche un gruppo al femminile ("The Shook Ones") di genere completamente diverso,
un'esperienza punk rock. Si è esibita in molti prestigiosi locali e
luoghi di New York, tra i quali "The Kitano", il "Bar
Next Door", il "Zeb's", la "New York University",
il "Westchester Italian Cultural Center" e l' "Italian
American Museum" nonché al "Lincoln Center’s Avery
Fisher Hall", con un bel pubblico di tremila persone, in
compagnia della SGI Youth Ensemble.
Progetti:
"Vedrai
Vedrai" Luigi Tenco & More:
Un
progetto che parte dalla selezione dei pezzi più intimi del grande
Luigi Tenco e passa per gli altri grandi cantautori italiani, da
Fabrizio DeAndrè a Sergio Endrigo sino a Ivano Fossati. Miscelando
con i suoi musicisti il cantautorato italiano con le sonorità jazz,
Laura traduce pezzi italiani in inglese, senza rinunciare però a
qualche assaggio in siciliano e napoletano. Un viaggio musicale
arricchito da pezzi firmati proprio da lei.
"Overseas
Quartet":
Quattro
musicisti, tutti nati a Palermo e un dialogo musicale. Questo è il
"quartetto d'oltreoceano", un progetto nato nell'inverno di
quest'anno dalla riunion di Laura Campisi con il bassista Gabrio
Bevilacqua e che sarà presentato al pubblico, con molta probabilità,
proprio quest'estate. Ed è così che Laura ha incontrato anche
Marcello Pellittieri, anche lui stabilitosi a New York, batterista e
insegnante al Berklee College of Music. I tre, con l'arrivo del
pianista Mauro Schiavone, diventano appunto un quartetto e propongono
un repertorio sofisticato, che spazia dagli standard jazz ai classici
italiani e americani, fino a composizioni proprie, portando al
pubblico la propria, a dir poco unica, voce.
"Face & Bass":
Un
duo, voce e contrabbasso, un incontro musicale che Laura ha sempre
amato e che l'accompagna sin dai suoi inizi in Sicilia. Con il suo
caro amico e bassista affermato Ameen Saleem, propone un divertente,
scintillante, repertorio. Unendo sensualità e ironia, intimità e
scalanatura, questo duo mostra contagiosa allegria e la bellezza di
un dialogo musicale basato sull'ascolto reciproco e la vera
interazione.
"Lalla
Into The Garden": E' il primo progetto cantautorale di
Laura Campisi. Iniziato nel 2009 nella sua terra d'origine come
sestetto (voce, due chitarre, violoncello, fisarmonica e
percussioni), si trasformò negli anni continuando a mutare nella
tipologia di strumenti e nelle sonorità sperimentate. Il nocciolo
però è sempre stato lo stesso: i pezzi in italiano di Laura
Campisi, alcuni dei quali l'hanno portata a vincere diversi premi
nazionali e internazionali.