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venerdì 13 novembre 2020

Jung, Campbell, Vogler: l'inconscio collettivo e "L'eroe dai mille volti"

 

angelo con spada, immagini fantastiche, luce

Il racconto e i suoi segreti, la narrazione, le strutture:

Per arrivare all’argomento di questo articolo che è “L’eroe dai mille volti” di Joseph Campbell (1949) dobbiamo partire un bel po’ più indietro, iniziando da Jung, passando per Campbell e arrivando a Vogler. Prendiamo la rincorsa in una sorta di macchina del tempo e andiamo al 1912, anno in cui Carl Gustav Jung (psicoanalista, psichiatra, antropologo, accademico e filosofo che fu pilastro, con Freud, della psicologia moderna e della psicoanalisi) pubblicò “La libido: simboli e trasformazioni”. Quest’opera fu lo spartiacque che allontanò Jung e Freud, per anni amici e collaboratori, il cui rapporto si era già incrinato per le differenti visioni sulla psiche. Jung, con quest’opera, vuole portare la psicologia e la psicoanalisi a un nuovo livello, facendola uscire da quegli elementi caratterizzanti tipici di Freud che, a parer suo, rendevano la stessa quasi una “setta”.

Nel libro Jung parla di tantissime cose, ma l’argomento principale è l’esistenza di una “coscienza collettiva” che viene mostrata e raccontata attraverso miti e leggende che ogni essere umano incontra durante la propria vita e con i quali convive. L’eroe insito in ognuno di noi può destreggiarsi tra gli “archetipici”, che lo accompagnano e guidano tutti noi durante la nostra esistenza. Nonostante egli riesca in qualche modo ad andare oltre a tutto questo, la “coscienza collettiva” o “coscienza madre”, sarà sempre lì e lo porterà ad affrontare dei passi ben precisi, se pur con le varianti determinate dall’individualità. Ciò che poi differenzia Jung da Freud è anche l’approccio verso i pazienti: per Jung non è abbastanza avere la preparazione scientifica e medica per aiutare un soggetto; ciò che fa la differenza sta nel riuscire a comprendere la malattia dell’anima, nella persona che si ha di fronte.

Ci sarebbe molto altro da dire su Jung e tutto quel che ha significato il suo lavoro, ma noi dobbiamo arrivare ad altro. Qualcuno di voi si starà chiedendo: cosa c’entra tutto questo con la scrittura e la narrazione?

"L'eroe dai mille volti" di Campbell:

Si tratta di un’opera di mitologia comparata, ma va ben oltre questo. Ciò che ne scaturisce è un’analisi di sé stessi: l' obbiettivo è quello di riuscire a scorgere il proprio eroe interiore, parlando anche del significato della vita e dell’umanità.

Rifacendosi alle teorie psicoanalitiche di Jung, Campbell racconta leggende e miti dei popoli più disparati e di epoche anche molto diverse tra loro. Si rende conto che, alla fine, quel che accomuna tutto è proprio la centralità della storia dell’eroe. Egli si lancia all’avventura rispondendo alla propria “chiamata personale” o, come afferma Campbell, al proprio “appello”.

Da qui si arriva a una sorta di schema che sempre si ripete, pur con le dovute varianti soggettive: la prima fase è quella della vita ordinaria (o fase dell’innocenza). A seguire c’è una separazione dalla situazione iniziale, con il superamento di una prima soglia per la quale l’eroe si trova a cambiare il proprio mondo di riferimento.

In terza fase c’è l’iniziazione, che porta con sé mille tribolazioni, prove e maturazioni e, infine, c’è il ritorno. All’inizio questo ritorno può essere anche rifiutato, ma la crescita dell’eroe gli fa comprendere di poter ora passare da uno all’altro mondo in totale libertà. I passi veri e propri, se vogliamo schematizzarli, potrebbero essere questi:

  • Vita ordinaria/ innocenza: l’eroe ancora non è consapevole di esserlo e vive un mondo personale molto normale. La normalità però, gli sta stretta e questo lo rende solitamente infelice.
  • La separazione: l’eroe sente la sua “chiamata”, il suo “appello” e decide di rispondere positivamente, partendo per l’avventura verso mondi e luoghi a lui sconosciuti.
  • L’iniziazione: l’eroe incontra qualcuno che potrà considerare come un mentore, una guida, un maestro e questo gli insegnerà tutto ciò di cui potrà aver bisogno. Le idee, i principi, il modo di vedere le cose, cambiano e il nostro protagonista viene iniziato a un mondo nuovo. In questo universo, che inizialmente può anche sconvolgere un po’ il nostro eroe, si ritrova ad affrontare prove, tribolazioni, maturazioni. Incontra amici e nemici, si rinnova e varca così una “soglia”. Scopre di avere mezzi di cui non era a conoscenza e si confronta con le sue più profonde paure.
  • Il ritorno: l’eroe fa ritorno al mondo di partenza e si apre una nuova “soglia” da oltrepassare. Egli deve risolvere i problemi che ha lasciato nel vecchio mondo, stavolta con rinnovata consapevolezza.

Se volete approfondire l’opera di Campbell, una lettura assolutamente consigliata per chi scrive, potete iniziare leggendone la struttura (la trovate tranquillamente su Wikipedia cliccando qui).

E Vogler? Chi è? Cosa c’entra con questo percorso di cui stiamo parlando? E quali sono state le conseguenze artistiche di questi fondamenti? Ne parliamo la prossima volta, sempre qui, con la “rubrica” de “Il racconto e i suoi segreti”.

sabato 11 luglio 2020

Il racconto e i suoi segreti (parte prima)

scrittura, racconto

Non tutti si chiedono da dove derivi il termine "racconto". Facendo una veloce ricerca però, vi renderete conto che è facile capire da dove venga questa parola. Riassumendo l’interessantissimo contenuto proposto da “Una parola al giorno” (cliccate per approfondire, consiglio la lettura integrale dell'articolo), l’etimologia di questo termine è davvero particolare. “Raccónto” da “raccontare” contiene in sé “contare” nel senso di “narrare”, collegato a sua volta a “computare” (latino) e rafforzato dal prefisso -ra.

Questo “computare” significa “contare” e nella nostra concezione è una parola apparentemente lontana per significato dalla narrazione. In realtà, come vedrete dal sito sopracitato che ha fatto l’esempio perfetto per rendere il concetto (e lo riporto così com'è) se parliamo di un “contaballe” sappiamo che si intende una persona che racconta bugie e non che le conta. Il legame sta nel fatto che il racconto è una narrazione calcolata; in parole semplici potremmo dire “inventata e organizzata”. Lasciamo ora questo aspetto, ma ribadisco, leggete se potete l’intero testo pubblicato dal sito da “Una parola al giorno” (link home).

Il racconto è una forma letteraria fenomenale. Da molti sottovalutata, è in realtà un ottimo modo per allenarsi a scrivere e migliorare, fino a che magari – dopo diversi racconti – potreste riuscire a creare un libro che li raccolga o trasformare uno di questi racconti in un romanzo, perché no? In scrittura creativa esistono molti esercizi che puntano a far sviluppare aspetti necessari alla stesura di un racconto e dunque anche di un libro intero. In effetti, il racconto, ha tutte le caratteristiche di una narrazione più lunga. La differenza è che essendo necessariamente più breve è anche strutturalmente più semplice.

Rispetto al romanzo, il racconto avrà meno personaggi e forse solo uno, se non nessun personaggio secondario. Sarà concentrato su un evento in particolare e di conseguenza non avrà sottotrame interne (o sarebbe un gran casino per il lettore!) e anche a livello temporale e spaziale sarà più limitato: non possiamo scrivere un racconto che comprenda anni di storia (possono essere ore, giorni, pochi mesi) e non possiamo parlare di troppi luoghi diversi o confonderemo il lettore.

Certamente molto fa la lunghezza del racconto stesso che, a livello tecnico, ha una suddivisione di questo tipo:

  • “Flash story” o “racconto brevissimo”
  • “Racconto breve”
  • “Racconto"

Alcuni dicono che un racconto possa arrivare sino a 20.000 parole, altri che debba fermarsi sotto le 8.000. In realtà credo che al di là della suddivisione sacrosanta e generale, la lunghezza possa variare per il “racconto” anche di molto, ma ciò che lo rende un racconto è soprattutto la struttura, come è impostato, qual è il suo fine. Storicamente però, è bene approfondire – leggendo e studiando – i racconti dei più grandi scrittori (ne vedremo alcuni).

Tantissimi scrittori che conosciamo - di libri anche lunghissimi - hanno sperimentato per tanto tempo e iniziato la propria carriera con la stesura e pubblicazione di racconti. Un tempo, se avete studiato un po’ la storia della letteratura lo saprete già, esistevano anche i racconti lunghi o romanzi brevi “a puntate”, pubblicati su giornali quotidiani (non dunque su riviste specializzate). Che bei tempi, aggiungo. 

L.A. Editing&Digital Marketing