Visualizzazione post con etichetta laeditinganddigitalmarketing. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta laeditinganddigitalmarketing. Mostra tutti i post

domenica 30 gennaio 2022

Aiuta te stesso: "Ricorda che anche il David di Michelangelo, inizialmente, era un blocco di marmo"

Ricorda che anche il David di Michelangelo, inizialmente, era un blocco di marmo.
Ricorda che anche il David di Michelangelo,
inizialmente, era un blocco di marmo.

Ami scrivere, sei un aspirante scrittore o un'aspirante scrittrice? Aiuta te stesso, aiuta te stessa. Ci sono tre cose che devi avere: 1) pazienza 2) determinazione 3) tecnica. E questo discorso in realtà vale per tutti coloro che aspirano a realizzare qualcosa con la loro più grande passione; che si tratti di scrittura, di musica, di pittura o altro. Perché? Te lo spiego subito.

La pazienza è fondamentale

Devi sempre cercare il miglioramento e se non ne hai, non potrai raggiungere il risultato sperato. Non ci si può improvvisare scrittori e non è saggio pensare che basti il dono che ti è stato dato. Si può nascere con la scrittura nelle vene, così come per tutte le altre arti, ma non basta il talento. Non fare l'errore di pensare di essere al massimo delle tue potenzialità. La pazienza serve anche per attendere il momento più opportuno: a) per scrivere b) per proporsi a un pubblico. Un altro motivo per cui è importantissimo avere pazienza è che se devi catapultarti in un mondo, in questo caso quello editoriale, devi comprendere quali sono i suoi meccanismi e capire qual è la strada migliore per te. Se non hai ben presente questo aspetto, sarà come immergersi in una piscina olimpionica senza saper nuotare e senza avere un bagnino a soccorrerti.

La determinazione è il motore

La determinazione è un motore per te stesso e per il tuo obbiettivo. Prima di tutto, se non credi tu in quello che fai, non ci possono credere gli altri. In secondo luogo, la determinazione ti porta a investire tempo per raggiungere i risultati che speri, per ritagliarti degli spazi solo per te e per la tua grande passione. Anche se hai poco tempo (credimi, te lo dice una persona che ne ha veramente poco). Essere determinati non significa però "solo" crederci, significa impegnarsi davvero, perseverare sulla propria strada comprendendo quali sono i tuoi pregi e quali sono le tue limitazioni. Senza abbatterti da un lato e privo/a di presunzione dall'altro.

La tecnica e gli strumenti

Se vuoi fare il costruttore devi studiare parecchio e una volta fatto questo, devi imparare e riuscire a saper usare gli strumenti di lavoro. Ovviamente se scrivi, se fai musica, se dipingi e commetti un errore, non crollerà una casa, ma potrebbero crollare le tue speranze, la tua motivazione e potresti arrivare a pensare che "hai sbagliato tutto, sei un povero illuso". Se studi, ti impegni, cresci ed impari a usare gli strumenti su cui tanto hai lavorato, noterai un cambiamento incredibile, una maturazione eccezionale che non pensavi potesse fare così tanto la differenza.

In conclusione

Che i risultati raggiungibili siano "piccoli" (ma non sono mai davvero piccoli), "medi" o "grandi", se non fai tutto quello che è necessario per provare ad arrivare alla meta, non saprai mai dove saresti potuto arrivare. Se segui la tua strada con consapevolezza e facendoti aiutare, allora saprai di aver fatto tutto il meglio e, credimi, avrai vinto la tua sfida in ogni caso. Provaci, abbi pazienza, determinazione, tecnica. Aiuta te stesso. Aiuta te stessa.

L.A. Editing&Digital Marketing

Click here for the Facebook Page
Click here for Instagram Page

sabato 11 dicembre 2021

Oscar Mariotti: un autore da tenere d'occhio

Oscar Mariotti: un autore da tenere d'occhio, talento, Sole, scrittura creativa

Oggi è una giornata di Sole ed è una di quelle volte in cui non te lo aspetti, spunta fuori e inizia a splendere. Credo dunque che sia la giornata più giusta per presentarvi Oscar Mariotti, un autore emergente dal talento incredibile, da tenere d'occhio, con cui ho il pregio di lavorare da un po'.

Trovare un autore così talentuoso è veramente raro. Oscar, con la sua personalità, la sua profondità, la sua capacità di raccontare i mondi più disparati, il suo stile unico - e io che ho letto parecchi suoi scritti ve lo posso assicurare - tutto ciò, è raro davvero. Ho riconosciuto in lui un talento da seguire, accudire, coccolare, perché è così che si fa quando si trova un Sole. Non ha ancora pubblicato libri al momento, ma lo farà... uh, se lo farà.

Sapete, essere scrittori è una condizione dell'essere, dunque - magari anche qualcuno di voi che legge - sappiate che non aver ancora pubblicato non significa non esserlo. Anzi, quanti "non scrittori" vediamo in libreria e negli store? Certo, può diventare un vero e proprio mestiere con qualcuno che ti appoggia e anche con un bel po' di fortuna, diciamolo, perché ahimè - almeno nel nostro bel Paese - il talento e il merito non bastano.

Ad ogni modo, non vorrei dilungarmi troppo, vi dico solo che per me lui è "Pupil", uno scrittore come "non né leggevo da tempo" e una persona a cui, inevitabilmente, ora sono anche parecchio affezionata. Di seguito, una sua breve presentazione e il piccolo estratto di un suo spettacolare racconto.

Nato a Merano (BZ) nel giugno del '76 e vissuto in Toscana da quando aveva quattro anni, Oscar Mariotti ha iniziato la sua vita parlando solo tedesco. A sentirlo parlare ora però, non si sente affatto! Crescendo in maremma, in un paesino lungo la costa, s'innamora sempre di più della lingua italiana, vivendo di lettura, Sole e salsedine. Vive di Sole e di ombre, un po' come tutti ed accusa il colpo dei lunghi ed umidi inverni all'ombra dei pini secolari. Inizia a scrivere tardi, tra il 2018 e il 2019, spinto dalla voglia dell'avido lettore di cercare il rinnovamento. Non lo sapeva, però, quanto fosse grande, questo suo talento; è restato lì, a lungo nascosto, come se anch'esso fosse restato all'ombra dei pini per un po'.
 
Riguardo all'inizio della sua sua avventura dice:  "Sentivo che le grandi lezioni degli autori del XX° secolo non erano state recepite e ho sentito l'impellenza di scrivere io stesso per provare a interpretarle a modo mio. Senza grandi pretese, ho iniziato a scrivere fino a che - inaspettatamente - una rivista di genere che si chiama "Il Grimorio del Fantastico", ha pubblicato un mio racconto dall'ambientazione fantasy. Ho continuato a cimentarmi nella scrittura cambiando genere e sviluppando uno stile che, benché acerbo, posso ora dire, mi contraddistingue. Mi è stato insegnato, mi è stato fatto capire, perché è importante avere qualcuno che individua "il tuo stile" e ti aiuta a percorrere le strade giuste. Per me è stato così: pochi mesi dopo la pubblicazione ho fatto l'incontro più importante della mia vita artistica e ho cominciato a pensare da scrittore". 
 
Proprio così Oscar, "pensare da scrittore", vivere da scrittore. Prima di tutto iniziando dall'anima.
 
 



Lara Aversano

venerdì 25 settembre 2020

Gli atti della narrazione

tronco d'albero, story me, racconto, narrazione, atti della narrazione, editing


Questo articolo chiamato “Gli atti della narrazione”, vorrebbe essere parte e continuazione della rubrica “Il racconto e i suoi segreti”, ma ho deciso di dedicare all'argomento una titolazione a parte perché, in realtà, la tecnica narrativa in “atti” può andare ben oltre il racconto.

Prima di tutto: da dove nasce la struttura in atti?

Per chi di voi non lo sapesse, dobbiamo questa struttura ad Aristotele (è ispirata infatti alla sua "Poetica": cliccando sul titolo troverete l'intera opera). Essa proviene, infatti, dal principio della Dialettica (uno dei principali metodi argomentativi della filosofia), che è suddivisa in “Tesi”, “Antitesi” e “Sintesi”. Aristotele, in questo, ha fatto la differenza rispetto ad altri grandi filosofi, ma qui cambieremmo argomento, perciò meglio non divagare troppo.

I tre atti corrispondono molto semplicemente a tre fasi: “Inizio”, “Svolgimento”, “Fine”. Sembra banale, ma dovete pensare che tutto ciò che noi ora vediamo come “normalità”, viene dal pensiero di qualcuno che ci ha riflettuto, che ha studiato, che ne ha posto le basi. Secondo questa tecnica, le tre parti dovrebbero essere proporzionate. Si parla ad esempio di una trentina di pagine per primo ed ultimo atto e di circa il doppio per la parte centrale, il “secondo atto” o “svolgimento” che dir si voglia. Ecco perché ci si può spostare dal racconto e arrivare al romanzo, di qualsiasi genere esso sia.

Alcuni studiosi, nel tempo, hanno “protestato” questa forma, facendo passare il concetto che sarebbe troppo meccanica. In realtà, come per ogni tecnica narrativa, quella che viene data è una traccia. Per intenderci, potreste scrivere un primo atto di sessanta pagine, un secondo atto di centoventi e un terzo atto di quaranta. Il concetto è che dovrebbe esserci una buona proporzione tra le parti. Non ha senso avere un inizio di dieci pagine, uno svolgimento da duecento e un finale da trenta, per intenderci.

Lo sviluppo, poi, di tante altre tecniche narrative e di numerosi espedienti, dà a questa base la possibilità di trasformarsi. È un po’ come se stessimo parlando di un disegno, il cui schizzo deve avere come origine, per proporzionalità, delle figure geometriche tondeggianti (pensate alla realizzazione di un bozzetto per disegnare un corpo umano, partendo dal viso con un ovale, passando alle braccia con ovali di grandezze diverse e così via). Il disegno finale sarà ricco, dettagliato, vario, quindi non bisogna pensare agli atti come a un limite, ma come un terriccio di ottima qualità nel quale coltivare la pianta dei propri sogni.

Facciamo un esempio, semplice, che possa rendere l’idea:

Un impiegato di banca vive la sua ordinaria vita in maniera assai monotona. Un giorno però, dopo miriadi di vessazioni da parte del suo direttore, si ribella e decide di continuare a lavorare nella sua filiale mettendo a punto, allo stesso tempo, una rapina.

Questa situazione, sviluppata, potrebbe tranquillamente essere un “Inizio” o “Primo atto”. Una situazione normale viene scombussolata da qualcosa e, al momento, il protagonista non ha ancora agito, ma sta pianificando.

Tra un atto e l’altro vi sono i così detti “Turning Point”, dei punti di svolta e di collegamento, in questo caso, tra il primo e il secondo:

L’impiegato, oramai convinto dell’idea di rapinare la banca, si documenta e studia tutto ciò che può essergli utile. Nel frattempo affina il suo piano in ogni dettaglio.

Questo può essere un Turning Point. Un punto di svolta, in questa specifica situazione “preparatorio”, che permette al protagonista di acquisire strumenti che gli saranno utili.

Inizia successivamente il secondo atto, con una fase chiamata “Midpoint” (punto di mezzo): in questa fase il protagonista è messo di fronte alle difficoltà, a tentativi di riuscita che non vanno a buon fine, incontra e si scontra con l’antagonista, vede a volte una soluzione al problema, ma si rivela illusoria. Nel nostro esempio potrebbe andare così:

L’impiegato di banca si rende conto che vi sono sistemi di sicurezza di cui non era a conoscenza. Cerca un “aiutante”, qualcuno di esperto che lo possa aiutare a realizzare il colpo, ma… in questo caso, l’aiutante si rivela anche “antagonista”, poiché questo personaggio prova a sabotare il protagonista per tenersi tutti i soldi.

Nel mezzo, solitamente, c’è un ulteriore Turning Point: sembra che non ci sia soluzione al problema:

L’impiegato scopre il piano del suo antagonista, ma non sa come fermarlo visto che oramai è tutto programmato.

Inizia il terzo atto e si giunge al famoso “Climax”, il punto di più alta tensione emotiva, la scena portante:

Durante il colpo, l’impiegato ha un’illuminazione e mette in atto un piano che gli farà “sconfiggere” il suo antagonista. Visto che voleva fregarlo, lo frega a sua volta.

In questa parte portante, il narratore rivela caratteristiche del suo personaggio che lo renderanno vincente rispetto all'antagonista (come in questo caso) o perdente (dunque si intuisce che l’antagonista avrà la meglio).

La fine, ultimo atto detto anche “Epilogo”. L’epilogo in sé non è obbligatorio, la storia potrebbe rimanere in sospeso e far intravedere diverse possibilità di fine vicenda, lasciare nel dubbio o “far capire che”, senza però palesare con certezza come va a finire.

Se l’epilogo è presente, leggeremo la fine della storia e i cambiamenti che sono avvenuti in conseguenza alle azioni del protagonista. Nella nostra storia, in cui il protagonista, inizialmente un semplice impiegato, si trasforma in tutto e per tutto in un rapinatore (e gli va anche bene), potrebbe finire così:

“L’impiegato ribelle” incastra il suo antagonista e riesce a dileguarsi col bottino. In una scena finale, lo “vediamo” godersi la nuova vita. Non del tutto però, perché sa che vivrà, nel suo caso, da “persona sospetta”, “scomparsa”, “in fuga”. Tutto quel che può pensare è che la sua partenza non passerà inosservata, dunque si domanda come andranno le cose in futuro.

Il senso della storia si fa strada proprio nell'Epilogo. Una sorta di “morale”, in questo specifico caso. Cambia anche l’interiorità del protagonista, poiché non sarà mai più la persona di prima. Nel bene e nel male.