Ho pensato e ripensato. Alla fine, anche noi dal basso, lo sappiamo che in Italia ci sarebbero i soldi per fare tutto, volendo. È quel "volendo", che fa la differenza, si sa. In Italia si sono succeduti governi d'ogni sorta, governi dei partiti, destra, sinistra, centro, interscambiabili a seconda delle situazioni. Abbiamo avuto i professori, i tecnici e miriadi di finti salvatori della patria. Ovviamente ognuno di loro si è sempre professato genuino; "è per il bene del paese", "è per il bene del popolo italiano" e bla... bla... bla... Io non sono un'esperta tale da poter dare soluzioni, è normale. Sono solo una cittadina italiana, orgogliosa della Terra Italia e non dello Stato Italia. Come molti. Mi pongo domade, cerco risposte, a volte riesco a farmi più o meno un'idea delle cose, perché alla fine quel che passa dai media, dai giornali, da tutte le informazioni disponibili per i comuni mortali o dai grandi discorsi, è sempre la solita brodaglia. Io ho trentuno anni tra un mese e fin da piccola ho sempre sentito dire più o meno le stesse cose e chi è più grande di me potrà confermarlo credo. In un modo o nell'altro, l'arte della comunicazione è diventata una cosa terribile, perché lo sapete, no? quando un politico (o altro soggetto dotato di qualche tipo di "potere") parla, ha pure uno staff alle spalle: specialisti di "comunicazione". Comunicazione per come la vogliono loro, naturalmente. Teoricamente comunicare, sapete, è una parola bella. Il fatto è che è come una bomba. Mettiamo di essere degli artificeri (stima profonda, ovviamente è solo un esempio). Siamo di fronte a una bomba da disinnescare. Se siamo dei bravi artificeri, avremo tutte le competenze necessarie per far si che la bomba non esploda, se invece non saremo competenti, preparati, devoti al nostro lavoro, quella bomba farà miriadi di vittime. Un altro esempio, giusto per far capire dove vorrei arrivare: siamo in un locale con degli amici. Si parla del matrimonio di due ragazzi del paese, così, per far due parole. Uno degli amici dice all'altro: "Cavolo tra l'altro, lei ha avuto un incidente venti giorni prima del matrimonio, meno male che non si è fatta niente di grave, è solo un po' ammaccata". Una signora dalle orecchie lunghe sente il discorso dei ragazzi e dice al marito: "Oh! ma la figlia del panettiere ha avuto un incidente poverina! deve anche sposarsi!", poi sente che il ragazzo al tavolo pronuncia le parole "macchina distrutta". "Cavolo, cavolo! signur si sarà fatta proprio male!" e il discorso finisce lì. Qualche giorno il marito va al bar e dice a un altro: "Hai sentito della figlia del Beppe? pare che non stia bene!" e l'altro stupito: "Ma dai, cos'è successo?" "Eh, ha avuto un incidente, la macchina è distrutta!". La conversazione si limita a poco altro e poi ognuno va per la sua strada. Il sig. Pippo, conoscente del marito della signora orecchie lunghe, va a giocare a bocce il giorno dopo e sente che proprio accanto stan parlando dell'incidente, così incuriosito si avvicina ai compagni di bocce e chiede: "Allora? cos'è successo?" e uno risponde: "Ah, io ero lì, hanno bloccato la strada, ho visto che la tiravano fuori dalla macchina tutta immobilizzata povera stella" "E poi? si è saputo qualcosa?" "Si lamentava tanto coi soccorritori, aveva male la schiena, le gambe... ahi ahi ahi... poi però non ho saputo niente." Il sig. Pippo si preoccupa ancora di più, perché conosce bene il panettiere del paese e spesso ha visto anche la figlia in negozio. Va a casa e parla con la moglie che, vedendolo un po' turbato, gli chiede cosa lo affligga. "Eh, sai, la figlia del Beppe, il panettiere" e la moglie annuisce, così lui continua "Potrebbe anche rimanere sulla sedia a rotelle per quel che so, l'hanno tirata fuori dalla macchina e aveva tanto dolore alle gambe e alla schiena". La moglie sconvolta: "Povera ragazza, è così giovane... speriamo di no...". Passano i giorni e sul luogo dell'incidente ci sono ancora i segni, qualcuno dice sia in gravi condizioni, perché "qualcuno glielo ha detto ed era presente", non vedeva tutto da dietro le altre automobili, l'ambulanza, il carro attrezzi e così via, però per quel che ha sentito, 'sta povera donna è messa proprio male. Dopo una settimana, la ragazza dell'incidente va in piazza in paese a fare commissioni. Ha solo un collarino ed è un po' ammaccata. Le si avvicina il Pippo, quello un po' più preoccupato e fermandola le dice: "Ma non eri grave? santo cielo, meno male che stai bene!". La ragazza risponde, racconta l'accaduto, che le poteva andare molto peggio, ma che è solo un po' acciaccata, poi chiede: "Ma chi te lo ha detto? e perché non hai chiamato papà se eri preoccupato?". Il sig. Pippo imbarazzato, ammette d'aver seguito le informazioni ricevute da altri e si scusa dicendo che "temeva di disturbare". La ragazza e il ragazzo, felicemente si sposano alla data stabilita. Fine della storiella. Certo, è una storiella di paese, ma il punto è chiaro. La mancanza di comunicazione, quella vera, può far solo che disastri. La comunicazione, dice Treccani tra le altre cose, è questo: "In senso ampio e generico, l’azione, il fatto di comunicare, cioè di trasmettere ad altro o ad altri. In senso più proprio, il rendere partecipe qualcuno di un contenuto mentale o spirituale, di uno stato d’animo, in un rapporto spesso privilegiato e interattivo. Comunicazione d’idee, di pensieri. La comunicazione delle proprie ansie, della propria insicurezza; la comunicazione agli altri del proprio sapere. "L’accettazione della probabile sconfitta è costitutiva di ogni comunicazione che aspiri ad essere virtuosa (Giulio Mozzi)". Più astrattamente, relazione complessa tra persone (di carattere cognitivo, spirituale, emozionale, operativo, ecc.), che istituisce tra di esse dipendenza, partecipazione e comprensione, unilaterali o reciproche." Ora, mi pare che il termine comunicazione, abbia un bel significato, non credete? eppure... sono stati capaci di dare a una parola che solo cose positive dovrebbe far nascere, un'accezione negativa che non doveva avere. Non sappiamo più se chi ci comunica le cose, lo sta facendo perché "si preoccupa di non fare esplodere la bomba" o "se quella bomba la vuole far esplodere perché gli conviene". Non sappiamo più "se chi parla della ragazza si sta preoccupando per lei o se vuol solo far chiacchiere di paese". Noi siamo vittime di "artificieri" incompetenti e "pettegoli", che la comunicazione la usano solo per... i motivi che tutti sappiamo. Salvarsi il posto di lavoro profumatamente retribuito, salvarsi la poltrona quando c'è. Ipocrisia ed egoismo. Persino il Pippo, buon uomo, è stato un po' ipocrita nella storiella che vi ho raccontato. Continueranno a dirci quello che vogliono farci pensare, non certo la realtà. Solo lassù nell' "Olimpo" (senza offesa per l'Olimpo), sanno come stanno le cose. Noi però non possiamo certo darla vinta a questi soggetti, in qualsiasi campo essi operino. Non siate pigri, non dite che per qualsiasi cosa "tanto non cambia niente" oppure che "non ve ne intendete". Se non ve ne intendete siate curiosi! cercate il più possibile di capire cosa succede attorno a voi. E tra l'altro, non solo in Italia, ma nel mondo intero. Passiamo la vita a lavorare, a correre come dei pazzi per portare a casa uno stipendio decente (se siamo tra i più fortunati che ancora hanno un lavoro) e a volte lo diciamo che "siamo noi i loro capi", perché è così, per loro e per tutti coloro che pur se non facenti parte della classe politica, finanziaria ecc. a loro sono inevitabilmente legati, in un modo o nell'altro. E quelle poche volte che qualcuno dice qualcosa di sensato, figurati, se ne inventano a bizzeffe "gli esperti di comunicazione". Non sono esperti di comunicazione, sono esperti di "come fottere la gente". Scusate il termine poco gentile, ma volete davvero continuare a "farvi fottere"? Almeno provateci, a cambiare le cose. Anche poco poco, con i mezzi che avete e nel modo che ritenete più consono a voi, ma vi prego... sento troppa gente dire "Non m'importa". È questo che vogliono: che a voi non importi. Oppure vogliono darvi l'illusione di aver capito qual è la verità, ma la verità, ragazzi, ragazze, signori e signore, la sappiamo tutti. La conosciamo molto meglio di tutti loro messi assieme, senza essere ministri o potenti di qualche altro genere. Noi saremo pure formichine, ma siamo tanti e dal mio punto di vista, farsi schiacciare da loro, è l'ultima cosa da fare. Noi. Siamo tanti. Se ognuno davvero facesse la propria parte, li metteremmo con le spalle al muro e non potrebbero far altro che far quel che devono. Non potremo mai essere tutti d'accordo su tutte le questioni che riguardano il nostro Paese, ma credo che su certe cose, nessuno possa batter ciglio, no? Lo so, questo discorso è lungo, ma abbiate pazienza, sono proprio stufa di fare la mia parte per quel che posso e stare zitta. "La propria parte", prima di altra qualsiasi altra cosa, è tentare di informarsi il più possibile, ma non dando retta solo a quel che dicono in TV o sui giornali, se no siamo fritti! Non dico di non leggere i giornali, dico solo di non prendere tutto quel che dicono per vero. Dico solo che se si parla, visto che è il periodo di grande discussione, di Costituzione, bisognerebbe cercare di leggerla, questa benedetta Costituzione, ma così dovrebbe essere per qualsiasi cosa. Tutte le leggi che vengono approvate ci toccano, direttamente o indirettamente. Vi faccio un altro esempio, questo più reale rispetto ai primi. Sapete che in Italia ci sono tanti falsi invalidi e per carità, in TV diverse volte vediamo che la Guardia di Finanza, facendo un buon lavoro, riesce a trovare i "furbi". Diversi governi hanno lanciato campagne di controllo aggiuntive, ci sono state sospensioni di assegni da parte dell'Inps, anche arresti a volte, ma nonostante questo i falsi invalidi continuano ad aumentare. Sembra dunque che i controlli non siano abbastanza o che la modalità (non certo per colpa della Guardia di Finanza), non porti realmente a bloccare questo ignobile fenomeno. È sacrosanto e doveroso, ci mancherebbe, che vengano fatti controlli per beccare i falsi invalidi, ma mi chiedo... poi cosa succede realemente? vengono forse recuperati tutti quei denari persi? uhm... sto cercado di capirlo, ma non credo. Comunque sia, tutto continua. Il problema dunque non è "solo" che ci sono tanti bastardi (perché scusate, ma è questo che sono), ma che ci sono anche miriadi di commissioni corrotte, enti pubblici che dovrebbero controllare e non lo fanno, persone incompetenti, persone disoneste, intorno a questo fenomeno, che permettono che questo accada. Allora, perché non fare dei controlli seri su tutte le Commissioni, sui medici che ne fanno parte, sulle personalità pubbliche coinvolte ecc ecc ecc? È un lavoro lungo, capillare... e allora che lo Stato stabilizzi ed assuma più personale, per merito ovviamente, che si dedichi a questo compito. Avrà un costo per il personale che sia Guardia di Finanza o altra figura professionale (pregherei senza conflitti di interessi), ma poi salterebbero fuori davvero gli altarini che ci sono sotto, perché se ci sono i "bastardi", è perché qualcuno glielo permette, no? Ho fatto una ricerca e ho notato che più o meno si sa quanti sono i falsi invalidi in Italia, continua la lotta, ma se da una parte ne vengono smascherati una buona parte, dall'altra la spesa per le false invalidità continua a crescere. Trovo che ci sia qualcosa che non quadra. Voi che dite? E poi, in questo caos, ci sono persone veramente invalide che hanno difficoltà enormi per ottenere quel che gli spetta di diritto, dal sostentamento economico ai servizi (assenti o malandati). E gli invalidi civili? molti non sanno chi sia "l'invalido civile", magari ne avete sentito parlare, ma non vi tocca direttamente e quindi, magari, non avete approfondito. Anche tra gli invalidi civili ci sono quelli falsi, ma questo è ovvio no? se ci sono tra gli invalidi "in senso generico", ce ne saranno tanti anche tra quelli civili. La differenza qual è però? ve la dico io: alcune delle patologie, scientificamente riconosciute come limitanti, che non permettono alla persona di lavorare, come ad esempio accade per gli invalidi psichici (riconosciuti con miriadi di esami e documentazioni), sono praticamente abbandonati a se stessi. Secondo voi, è possibile che se una persona ha il 73 per cento di invalidità civile, lo Stato gli dia 279,47 euro mensili? come può una persona con un 73% di invalidità e con l'impossibilità, spesso sia psichica che fisica, vivere con 279,47 euro al mese? lo sapevate questo? Poi dovrebbero esserci programmi di inserimento lavorativo facilitato... dovrebbero. Primo perché i Comuni non hanno i fondi, spesso (o fanno finta di non averli in certi casi) per mettere in atto seriamente questi programmi. Secondo, perché sapete, pensando che sia possibile vivere con una certa cifra, se anche la persona trovasse un lavoretto che gli è possibile fare, inserito in un contesto protetto, con tutti i diritti che dovrebbero spettare a una persona con patologia, non potrebbe comunque superare un limite di reddito di 4.800,38 euro lordi l'anno. Perché mi pare ovvio no? con 4.800,38 euro lordi l'anno, una persona può vivere dignitosamente!!! (e tenete conto appunto, in ogni caso, della precedente premessa). Tutto ciò, ed è solo il primo di miriadi di argomenti che si potrebbero trattare, è FUORI LEGGE. Si. È proprio fuori legge. Perché se ogni legge approvata dai governi deve rispettare i principi costituzionali, beh... non mi pare che questa condizione garantisca i diritti fondamentali che riguardano salute, lavoro e dignità.
domenica 16 ottobre 2016
sabato 24 settembre 2016
Massimo Lanatà: falchi, aquile... i sogni in volo
Massimo Lanatà |
Ah, però, fin da bambino dunque. C'è un rapace al quale ci si può affezionare di più, con il quale è più facile stringere un legame? E se si, ci si può affezionare a un animale di questo tipo come ci si affezionerebbe a un cane, a un gatto, a un animale domestico? "Certo, ci si può affezionare in egual modo, dipende tutto dal tempo che dedichi a un animale, non c'è un animale a cui puoi affezionarti più che a un altro, parlando di specie, secondo me."
Ne
hai uno tuo "personale", diciamo così? "Gli
animali sono tutti di mia proprietà ed ognuno ha una caratteristica
diversa che fa si che, di conseguenza, io possa affezionarmi ad ogni
soggetto per un comportamento che ha rispetto ad altri ai quali mi
affeziono in un altro modo. Può essere per il modo in cui l'animale
si approccia all'uomo, come può essere un aspetto totalemente
diverso. Ad esempio, l'aquila gratifica il sacrificio che fai
salendo a mille metri d'altezza, mentre il falco mi accetta in un
modo tale, così vicino, da potermi avvicinare al nido mentre sta
badando alla sua prole. Dunque... non c'è un modo di affezionarsi di
più o di meno, ma emozioni diverse, che non hanno più valore l'una
rispetto all'altra, perché sono profonde tutte e due."
Dunque
il falco si lega più facilmente all'uomo? "Non solo il
falco, diciamo che gli animali che più si legano sono quelli più
intelligenti e... i più intelligenti ad esempio sono gli avvoltoi. È ovvio che nell'immaginario collettivo l'avvoltoio è "quello
che mangia le carogne" ed è visto un po' come un topo, come un
rettile, per dire. Invece sono animali pulitissimi e particolarmente
intelligenti, che si legano all'uomo e possono trasmettere affetto in
quantità inimmaginabili."
Tra
l'altro la specie di avvoltoi che avete al parco non è "il
classico avvoltoio" che siamo abituati a vedere, quello un po'
più "brutto" per l'immaginario collettivo diciamo.
"Beh si... poi il brutto e il bello sono soggettivi, perché di
solito c'è l'abitudine, purtroppo, di collegare la bellezza o la
bruttezza di un animale a quello che rappresenta, non all'animale in
se. Se si pensa all'avvoltoio lo si percepisce in un certo modo, come
brutto, per quello di cui si nutre, non per quel che è realmente. Se
poi invece ti avvicini a un avvoltoio e lo guardi, senza pensare a
quel che mangia, in realtà ti accorgi che è un animale dalle
fattezze bellissime, indescrivibili."
Di
che specie sono gli avvoltoi che avete voi? "Noi abbiamo
avvoltoi grifoni, fulvo e rupellis, avvoltoi capovaccai pileati,
avvoltoi delle palme, avvoltoi Urubu' e avvoltoi Collorosso."
Presumo
che tu sia un amante della natura in generale, è così? "Si,
non credo ci sia una grande differenza tra un falconiere o chi lavora
con i delfini piuttosto che con i felini o gli orsi. Il problema è
solo uno: nel momento in cui ci si avvicina con titolarità
d'ignoranza si commettono degli errori, non si ha quel sapere
finalizzato a poter interagire con l'animale nel modo corretto; nel
caso in cui si conosca invece il linguaggio della specie dell'animale
con cui si sta trattando, si riesce ad interagire con lo stesso
perché si conosce la sua vera natura e dunque si raggiungono grandi
livelli. Livelli per i quali spesso si dice "ci siamo
affezionati di più". In realtà non è così, la realtà è che
siamo riusciti a dialogare di più con l'animale. Il dialogo non
necessariamente deve essere verbale, anzi il dialogo principale è
il dialogo non verbale, del corpo. Se l'animale interagisce con
l'uomo significa che ha trovato il modo per farlo; noi abbiamo un
feedback e l'animale risponde."
Coco e Mango - Avvoltoi delle Palme |
Il
linguaggio vocale, anche in lingue diverse, spiega Massimo a una mia
richiesta di chiarimento, non fa la differenza. Non sono le parole,
ma la voce del falconiere, a fare la differenza. Durante lo
spettacolo, in quarant'anni di questo mestiere, Massimo ha raccolto
ed assimilato frasi e linguaggi in diverse lingue, dunque capita che
durante lo spettacolo possa dire "Vieni qui" in italiano,
piuttosto che in inglese o in ungherese, ma non è la parola in
lingue differenti che dà il via all'animale, bensì l'insieme di
gesti e movimenti del corpo (ndr).
Dopo
tutti questi anni senti ancora quella fascinazione, quella sensazione
di forza, perfezione, che posso aver provato io nell'assistere allo
spettacolo? "Il fascino viene dalla conoscenza... durante lo
spettacolo è tutto diverso. Il pubblico nella maggior parte dei casi
non ha conoscenza rispetto a questi animali, dunque è più facile
che provi una grande emozione. Per uno spettatore non fa differenza
vedere un'aquila volare a mille metri d'altezza o vederla volare a
dieci centimetri dalla propria testa, sarà sempre comunque una
grande emozione perché se una persona non ha mai visto un'aquila ne
rimane comunque affascinato, anche se in realtà c'è un'enorme
differenza tra farla volare basso e farla volare a mille metri
d'altezza. Per far volare un'aquila a mille metri ci vuole una
conoscenza tecnica impressionante, per farla volare basso... diciamo
che è "una banalità" per un falconiere, ma per te che non
hai mai visto volare un'aquila sarà lo stesso. Così sarà se
faccio volare un gufo reale, non l'hai mai visto e ti affascinerà,
senza però sapere che far volare un'aquila è molto più rischioso,
ci vuole molta più preparazione e più tecnica. Ci sono dunque
diversi tipi di fascinazione: se io parlo ad esempio con un
ornitologo, prima che io dica qualcosa, lui saprà già di che cosa
sto parlando, perché è scienza. Durante uno spettacolo io mostro
quel che un animale può fare in quel contesto, ma è una cosa
diversa. La sensazione che una persona prova è legata a quel che sa
di quell'animale. Personalmente, ne sono sempre più affascinato"
Dipende
dalle persone in sostanza... io sono uscita da lì con la voglia,
avendone la possibilità, di provare a fare falconeria, poi c'è
qualcuno che magari resta affascinato, però la cosa si ferma lì.
"Si, è soggettivo, dipende dalle propensioni personali. Io
ad esempio, mentre parlo con te, ho un ragazzino di undici anni
attorno, che viene da Belluno, che è... diverso per così dire, ma è
diverso perché non gli interessano le cose che generalmente
interessano a un bambino di quest'età. Lui non ama i cellulari, non
ce l'ha nemmeno il cellulare e per farsi una foto chiama il padre;
non ama giocare con il computer o su Internet, non gli interessa e
non sa nemmeno come accenderlo un computer, però magari sa che il
canarino che ne so, ti dico una stupidaggine, beve acqua minerale
anziché naturale, per dirti. Questo perché vive gli animali, vive
la natura ed ha attenzione verso alcune sfumature esistenziali che
altri bambini non hanno. Secondo me è ovvio che se cresce in questo
modo cresce bene, mentre se cresce come la maggior parte dei bambini,
beh, cresce incompleto. Mi spiego: tolto da un computer, senza uno
schermo, che è un qualcosa che fossilizza, lui vive la realtà e
viene stimolato ad usare la testa. Prendi un qualsiasi essere umano,
toglilo dalla scrivania e prova a metterlo in campagna, ma per
campagnia intendo, che so, ad aiutarti a disintasare una fogna,
oppure a dirgli "dammi una mano che dobbiamo tagliare la siepe"
o un semplice "guardiamo dove si è fermata la monetina nella
lavatrice". C'è il modo di dire, "Il bisogno aguzza
l'ingegno", ma se tu prendi uno che è sempre stato attaccato a
un computer, aspetta e spera che aguzzi l'ingegno! C'è la lavatrice
intasata dalla monetina? Bene, chiamiamo l'idraulico! Nemmeno ci
pensa alla soluzione, ad ingegnarsi per risolvere un problema. Un
bimbo che vive la natura si abitua spontaneamente a porsi la domanda
e a cercare la risposta, la soluzione, cresce con la voglia di
risolvere il problema e non si ferma di fronte a una mancanza di
conoscenza. Un po' come in matematica: colui che impara a memoria la
formula è un cretino immatricolato, perché se dimentica la formula
non va da nessuna parte; colui che invece sa sviluppare la formula,
andrà sempre a crescere, perché se anche dimentica un pezzo di
formula saprà arrivarci in un altro modo o la saprà ricostruire
unsando la testa."
È un po' come quando io dico che non è detto che un laureato sia
intelligente... "Esatto. Un laureato può essere intelligente
come non esserlo. Essere colti è una cosa, essere intelligenti è
tutt'altra cosa. L'intelligenza è elaborazione: con i mezzi che ho,
trovo una via e risolvo il problema che mi si pone. C'è chi ha,
tornando all'esempio dell' idraulico, un martello, dieci cacciaviti e
chi più ne ha più ne metta e non riesce nemmeno a svitare una vite
per smontare il lavandino; c'è chi ha pochi strumenti, ma con quelli
arriva comunque a sviluppare la soluzione e continua crescere."
Ti
ho sentito parlare di diverse fasi, dall'ammansimento
all'addestramento... "Certo, facendo l'esempio di un
bambino... tu non puoi dirgli solo che due più due fa quattro, devi
cercare il dialogo con lui prima di poterglielo insegnare."
Si
appunto... e come funziona? Sono cuccioli? "Non
necessariamente, sono diverse fasi o meglio è la stessa fase, ma si
affronta in modi diversi. Se tu hai un bimbo che viene dall'Africa e
uno che viene dalla Calabria, non puoi parlare a tutti e due in
francese. Devi trovare il linguaggio per comunicare, ma prima ancora
di far questo devi fare in modo che quel bimbo sia disposto a sedersi
accanto a te e ad ascoltarti."
E
come si fa con un falco, un'aquila...? "Prima lo devi
calmare. Se una persona o un'animale, hanno paura di te, a
prescindere dal linguaggio che usi non ti ascolteranno mai. Devi fare
in modo che sia "disposto a sedersi al tuo fianco",
dopodiché sta a te. Il linguaggio che metterai in campo viene in un
secondo momento. Prima non deve aver paura, deve sapere che non
rappresenti un pericolo, poi sta a te fargli capire che si può
fidare. Non avere paura non comprende il fidarsi di qualcuno, mentre
il fidarsi implica in se che non hai paura. La prima fase è dunque
far si che l'animale non ti tema, poi che si fidi, poi che trovi in
te la fonte per qualcosa. Cibo? Gioco? Quante volte noi insegnamo
qualcosa a un cane attraverso il gioco o attraverso un premio? Quello
è il primo passo del linguaggio; il linguaggio del gioco per
raggiungere un obbiettivo. La mamma, attraverso un dialogo amichevole
fa si che il figlio comprenda una certa cosa, per fare un esempio. Se
il babbo è impaziente e gli dice: "O fai così o ti spezzo le
ossa" è ovvio che l'approccio cambia, non c'è un dialogo, c'è
timore. E visto che i rapaci sono animali selvatici, con una loro
specifica natura, è normale che sia necesario trovare un dialogo
preciso. Un colombo, una cornacchia, sono più propensi ad
avvicinarsi all'uomo perché sanno che dall'uomo possono avere cibo.
I falchi, nel medioevo, ai tempi di Federico II, quando venivano
catturati, non amavano particolarmente l'uomo. Il rapace sa che
l'uomo, in quanto predatore, non è una risorsa, bensì un pericolo.
Nel Medioevo, quando venivano catturati dalla natura per essere
addestrati, non come ora dunque, che sono animali nati già in un
contesto non selvatico, il falco, l'aquila, tentavano di scappare e
dunque il primo passo di quegli antichi falconieri era evitare che
l'animale vedesse l'uomo, il falconiere. Al tempo purtroppo lo
facevano attraverso la cigliatura, gli chiudevano gli occhi e
continuando a passarsi l'animale, da braccio a braccio, l'animale
trovava un suo equilibrio psicofisico, per cui si abituava alle voci.
Dopo questa fase, gli venivano aperti gli occhi e veniva messo in una
stanza senza troppa luce nella quale pian piano potesse cominciare a
vedere il volto del falconiere e ad abbituarsi e via via così. Ora
per fortuna non siamo più nel medioevo e per ammansire un falco si
usa lo strumento del cappuccio, che lo aiuta a stare tranquillo, a
sentirsi al sicuro. Rispetto poi a quei tempi è tutto diverso: devi
pensare che per fare questo tipo di cosa, per abituare l'animale alla
voce, al rumore, ad accettare tutto questo e ad accettare
involontariamente di stare sul braccio, c'erano cinque o sei
falconieri. Ora io, singolo falconiere, non potrei mai fare una cosa
simile giusto? Perché posso anche stare con il falco sedici ore, ma
poi dovrò pur dormire, mangiare e nel frattempo il falco si
destabilizzerebbe e quando poi dovessi ricominciare dovrei ripartire
da zero. Così mi sono inventato un modo per risolvere il problema.
Se io tolgo il falco dal pugno quando ha trovato un equilibrio, il
falco perde l'equilibrio e non si può addormentare tranquillo,
dunque io lo metto su un altalena e lui si sente tranquillo. In
secondo luogo c'è l'elemento della voce, del parlare, del suonare
uno strumento e dunque io accendo la tv e lì scorre tutto ciò che
serve. Musica, parole... e il falco mantiene l'equilibrio e non
perde il contatto con il rumore delle parole o della musica o quel
che è."
Che
differenza c'è tra falco e falcone? "Il falcone è quello
che un tempo poteva essere solo dei nobili, degli imperatori ed era
il "falco col dente". Il dente è sulla parte ricuva del
becco e tutti i falchi con questo dente, al tempo, venivano
considerati falchi nobili perché di fatto, la maggior parte dei
falchi detti "per la falconeria" avevano questo dente. Poi
all'interno dei così detti "falconi" ci sono le diverse
specie, può essere il Pellegrino, il Sacro, il Falco e così via. E
poi c'era lo Smeriglio, che era considerato il falco delle donne
perché era più piccolo, ma soprattutto perché era delicato e molto
ambito per le sue capacità venatorie. C'erano poi altri tipi di
falchi considerati nobili per la presenza di questo dente, ma che dal
punto di vista venatorio erano meno ambiti perché magari si
nutrivano di piccoli uccelli, lucertole e così via. In sostanza
dunque il termine non è legato alla grandezza, ma alla rilevanza che
questi falchi avevano nella falconeria antica. Ci sono poi rapaci
detti "ignobili", ma non nel senso in cui lo si intende
ora. Erano grandi cacciatori, come lo Sparviero ad esempio, citato
anche da Dante ne "La Divina Commedia", ma solo falconieri
esperti potevano possederne uno, poiché è un animale piccolo,
delicato e se non sei un esperto falconiere è facile farlo morire,
perciò non era adatto ai nobili."
Dicevi
che la maggior parte degli animali che avete al parco sono specie
protette? Mi spieghi un po' di questo? "Tutti
i rapaci sono specie protette, ma si distinguono in due categorie:
"specie protetta" e "specie particolarmente protetta".
"Specie protetta" significa che in natura non ce ne sono
tanti, ma non rischiano l'estinzione, però essendocene pochi
esemplari, per evitare che questo accada, gli Stati che hanno firmato
le convenzioni riguardanti questi argomenti, hanno stilato un elenco
di animali, introducendo quelli che devono essere protetti perché
numericamente pochi. Gli animali invece in via d'estinzione sono
chiamati "particolarmente protetti", perché in natura ce
ne sono pochissimi esemplari. La differenza sostanziale è che gli
animali protetti possono essere prelevati dalla natura, con
autorizzazione speciale. Ad esempio: parliamo di Avvoltoio Grifone
Rupellis. È un avvoltoio che vive in Africa e appartiene alle specie
protette, ma non rischia l'estinzione. Se un anno la riproduzione di
questi esemplari va particolarmente bene e ci sono mille esemplari,
per fare un esempio, in più rispetto a quel che il territorio stesso
può ospitare e rispetto anche alla quantità necessaria perché
questi animali non rischino l'estinzione, lo Stato, dopo aver fatto
studi e censimenti, può prelevarli dalla natura. Seguendo le
normative per il benessere animale, contrassegnandoli e rispettando
tutti i paramentri, li può catturare e commercializzare. Per gli
animali "particolarmente protetti" invece non si può
assolutamente fare e il prelievo dalla natura può essere fatto solo
ed esclusivamente per motivi scientifici. Fondamentalmente accade
questo: sono rimasti quattro esemplari in natura e rischiano
l'estinzione? Ok, si prelevano tutti e quattro, si fanno riprodurre
in cattività con le moderne tecniche ora a disposizione e si
eliminano i fattori che hanno portato l'animale all'estinzione.
Dopodiché, i piccoli che nasceranno verranno messi in natura per
ripopolare la propria specie e saranno così anche più forti. Questi
esemplari unici, i pochi rimasti, vengono affidati a strutture
riconosciute, in modo da essere sempre protetti."
Il
calcolo della velocità: "Il calcolo della velocità
generalmente viene preso in considerazione come avviene per i caccia
militari, dunque in picchiata. Nel caso dei rapaci però, la velocità
importante non è solo quella in picchiata, ma anche quella che
riguarda la destrezza del volo in linea retta. Per fare un esempio,
lo Sparviero è un animale che in volo ha l'abilità di fare
acrobazie pazzesche e solo vedere un filmato rallentato può far
comprendere quanto sia splendido e dargli giustizia. Per quanto
riguarda il Falcone Pellegrino, la velocità è stata misurata ma,
attenzione, con falchi addestrati. Un falco addestrato, nato in
cattività, per quanto sia veloce, non avrà nemmeno un quarto del
potenziale di velocità, forza e agilità che ha lo stesso animale in
natura. Questo perché l'animale nato e cresciuto con l'uomo è
condizionato ed anche un falco da medaglia d'oro o comunque da primo
premio, avrà una struttura muscolare, uno sviluppo, nettamente
inferiore a un animale selvatico. Persino il momento dell'anno in cui
nasce fa la differenza. Per questo non ha senso reale prendere per
buona la velocità misurata su falchi addestrati, che è già
elevatissima, ma non è la reale velocità rispetto a quella che
hanno in natura. Se un falco addestrato arriva in picchiata a 350
km/h, un falco in natura arriverà a velocità di gran lunga
superiori."
Com'è
nata l'idea del centro? "Beh, ai tempi facevo competizioni,
nazionali e internazionali e nel frattempo per mantenermi producevo
accessori per falconeria, cappucci, guanti, borse, questo tipo di
cose, ma se avessi continuato in quel modo avrei dovuto vivere sempre
in giro, fare l'ambulante da uno Stato all'altro inseguendo le
competizioni e certo non era un guadagno che poteva darmi stabilità.
Al tempo non era diffuso Internet, dunque la roba si vendeva, ma si
vendeva più che altro ai raduni e alle competizioni. Volevo dunque
trovare un'alternativa perché non potevo girare in lungo e in largo
per tutta la vita e durante le competizioni mi ero accorto che negli
altri Stati, Germania, Francia, Austria e così via, facevano gli
spettacoli di falconeria. Ho pensato a una location che potesse
permettermi di fare questo tipo di cose e all'inizio facevo
spettacoli itineranti e competizioni e vivevo di questo; nel
frattempo ho studiato quale potesse essere la zona migliore per avere
una "base fssa" dove poter tenere gli animali e mostrarli
al pubblico attraverso gli spettacoli, che oltre ad essere una bella
cosa mi avrebbe permesso di far diventare definitivamente la mia
passione un lavoro. Ho cercato quale fosse la zona a maggior
attrazione turistica e tra le zone individuate ho scelto la riviera
adriatica perché è una zona non solo dove c'è turismo, ma dove il
turismo è particolarmente concentrato. Una volta scelta la zona ho
cercato le zone con castelli, ma anche i castelli dovevano avere
delle particolarità tecniche, un posizionamento, una struttura, un
attraversamento di venti di un certo tipo. Doveva esserci l'ambiente
ideale per il volo, ma anche lo spazio, sia per gli animali che per
il pubblico, dunque parcheggi ecc. Scartandone uno dopo l'altro sono
arrivato a scegliere Gradara e lì mi sono concentrato su tutte le
possibilità che avevo per realizzare il progetto e per farlo
conoscere una volta fosse aperto. Ovviamente il tutto è stato
preceduto dalla fase di progettazione."
Che
è stata molto lunga dicevi... "Si, perché l'unica area in
cui poteva esserci lo spazio necessario era demanio dello Stato,
aveva un vincolo storico culturale, dunque ho cercato con tenacia
tutte le soluzioni possibili e alla fine ci sono riuscito. Certo, se
si dice che la dea fortuna è bendata... come si dice, la mia sfiga
ci vedeva davvero benissimo!" (Massimo ci ha messo quindici
anni ad aprire il centro... ndr).
E
la signora alla quale, durante lo spettacolo, hai dato merito di
essere stata importante per la realizzazione di questo sogno? "Quella
signora è parte di una storia particolare. Ero molto legato a suo
fratello. Quando io tornavo dalla Germania, ragazzo del sud con la
busta di plastica, trovavo appoggio da suo fratello, che mi ospitava
a Cattolica. Tra l'altro, con molta delicatezza, senza mai volerlo
far notare, questo signore – nonostante non fosse un falconiere, ma
solo un appassionato – faceva sempre finta di aver bisogno di
qualcosa. Accessori, cappucci, gli procuravo io i falchetti, ma non
aveva una reale necessità, lo faceva solo per aiutarmi... Quando poi
è mancato, prematuramente, per un tumore, sua sorella, la signora
che hai visto appunto, mi ha chiamato e mi ha donato tutte le cose
che suo fratello aveva comperato da me, tutti gli accessori fatti a
mano, i libri... e me li ha dati in una scatola... che ancora io
conservo, chiusa, perché è davvero difficile per me aprirla. Dunque
a questa famiglia devo molto."
La
parte più difficile è il dietro le quinte... "Si, il
mantenimento del posto, prendersi cura degli animali e preparare lo
spettacolo. Anche lo spettacolo se noti è molto dinamico, non si
perde tempo tra una cosa e l'altra ed avendo poco spazio è ancora
più difficile fare questo, perché ci deve essere sempre una persona
che preleva l'animale dal box, un'altra che lo riceve dalle mie mani
e così via..."
Dovete
continuare a passarvi i rapaci perché tutto funzioni. "Si,
perché potrebbero spevantarsi, attaccare, scappare; dobbiamo fare in
modo, in maniera molto precisa, che gli animali siano a proprio agio
e che lo spettacolo funzioni, senza incidenti per nessuno
naturalmente. Poi appunto il mantenimento del luogo, la pulizia, il
fatto che sono tutti animali in addestramento continuo, non sono
animali da zoo, dunque ogni giorno vanno controllati, pesati, per il
loro benessere e anche perché tutto vada come deve andare. La
pulizia è un aspetto fondamentale, anche perché come tutti gli
animali che mangiano carne, anche i rapaci fondamentalmente...
puzzano, dunque noi siamo sempre con la canna dell'acqua in mano, a
pulire e ripulire. C'è un lavoro davvero immane dietro a quel che si
vede nello spettacolo."
Il
peso ideale di cui parlavi anche durante lo spettacolo. Cosa si
intende per peso ideale? "Il
peso ideale o peso forma è chiamato Yarak. È il peso ideale sia per
il benessere dell'animale che per far si che l'animale sia nella
forma migliore per essere addestrato e interagire con il falconiere.
Non deve sentirsi appesantito e non deve essere sottopeso o gli
mancheranno le forze. È poi legato al singolo individuo. Anche
all'interno della stessa specie. Non esiste un peso ideale "per
specie", perché il peso è legato alla grandezza della testa,
dunque ogni giorno io devo controllare che ogni singolo individuo
abbia il peso giusto rispetto alle sue dimensioni specifiche. Oltre a
questo, io definisco lo Yarak, non nella concezione più ufficiale di
peso fisico, ma anche di equilibrio. Come succede a noi, anche a un
animale può capitare di non dormire bene, di svegliarsi più
nervoso, di non essere "dell'umore" e può capitare che il
peso sia quello giusto, il peso forma, ma che l'animale non sia
pronto a interagire con me."
E
da cosa lo capisci visto che il peso è quello giusto? "Me
ne accorgo nel momento in cui ho l'animale sul pugno, dal suo
sguardo, se guarda me o guarda altrove, dai movimenti che fa,
dall'approccio sul guanto, da una moltitudine di piccole cose
difficili da spiegare, che io vedo perché sono quarant'anni che
faccio questo lavoro e che mi fanno capire che l'animale non è in
forma, non perché il peso non sia quello giusto, ma semplicemente
perché, per qualche motivo che io non so, che non posso sapere, non
è la giornata giusta. Dunque appena me ne accorgo, appena percepisco
il suo disagio, praticamente subito, appena lo prendo sul pugno, lo
rimetto tranquillo dov'era e lo lascio stare e quel giorno non farò
nessun lavoro di preparazione con lui. Deve restare tranquillo."
Mi
spiegavi poi della percezione del pubblico, rispetto alla percezione
oggettiva e rispetto – appunto – a quello che è lo spettacolo. "Certo. La percezione del pubblico generalmente non è
oggettiva, nel senso che è naturale che se noi hai mai visto
un'aquila da vicino, non l'hai mai vista volare, la tua percezione
sarà già alta; il discorso però è che io durante lo spettacolo,
ora, non do al pubblico il massimo, perché sarebbe assurdo dare il
massimo e poi non avere nulla di nuovo da proporre l'anno successivo.
Di anno in anno io progetto cose nuove. Anche ora, sto progettando un
sacco di cose, scenografie, una storia, effetti di luci, magia..."
(segue la
spiegazione di quel che Massimo ha ideato, qualcosa di straordinario
che ovviamente non riporterò, dovete andare a vederlo! ndr).
Sei
falconiere, imprenditore (tra le altre cose, Massimo, dai banchi
ambulanti di vendita di accessori per falconeria fatti a mano, è
riuscito ad arrivare a mettere in piedi un'azienda di produzione di
questi accessori con cinquemila clienti, ndr) presentatore,
scenografo, regista... poi?
"Beh, bisogna essere così... sono uno e faccio io, anche perché
al di la' dello staff fisso, sono io quello che si occupa di queste
cose e non posso assumere la figura specifica del presentatore,
quella dello scenografo, ecc ecc ecc... dunque faccio io!"
Durante
lo spettacolo, quando hai fatto provare anche i bambini a ricevere
sul pugno la Poiana del Deserto, dicevi che da mamma riconosce il
bambino. È solo spettacolo o è una cosa reale? Al di là del fatto
che, come spiegavi – e infatti non attaccano neanche gli adulti –
per quell'esemplare c'è una storia di imprinting con te. "È vero, tutti gli animali riconoscono i cuccioli. Prova ne è che ci
sono stati casi di bambini caduti allo zoo negli habitat artificiali
dei gorilla e... il gorilla aveva la tendenda a proteggere il
bambino. Poi è certo anche un collegamento che fa parte dello
spettacolo, è una cosa dolce, è vera, ma è anche spetttacolo ed
io, da falconiere/ presentatore, poi mostro e do l'informazione che
riguarda invece l'imprinting, facendo vedere che – appunto – non
attacca neanche un adulto."
Spiega
l'imprinting. Avviene quando l'animale è cucciolo?
"Ci sono diversi tipi di imprinting. Nel caso dell'imprinting
territoriale non è detto che l'animale debba essere cucciolo. Può
esserlo e crescendo in un posto si lega a quel territorio che
riconosce come suo, ma può essere anche un animale che viene da un
altro posto, ma che si abitua a quel territorio come faremmo noi e
dunque poi, anche lui lo riconoscerà come suo. C'è poi l'imprinting
nei confronti del falconiere. Il legame. Se è cucciolo avviene
subito, se è più grande avverrà negli annni, convivendo con il
falconiere, ma questa cosa avviene veramente in anni ed anni. Ti
ricordi il Grifone grande? Lui ha trentotto anni, da venti ce l'ho io
e ce ne sono voluti diciotto perché lui mi considerasse un
potenziale punto di riferimento. C'è poi l'imprinting sessuale. Se
l'animale cresce con te, una volta che raggiunge la maturità
sessuale ti vedrà come un partner, un compagno vero e proprio e
dunque sarai fin da subito il suo punto di riferimento."
Ma
perché ti vede come compagno e non come padre o capo "branco",
passami il termine.
"È una cosa che l'umana concezione non può concepire. In
natura, tra falchi, padre e patner hanno spesso ruoli
interscambiabili. Se tu prendi una coppia di falchi e dopo un certo
numero di anni provi a togliere la madre e lasci la figlia, la figlia
prenderà il posto della madre; se poi rimetti la madre al suo posto,
lei tornerà ad essere la madre e la figlia tornerà ad essere la
figlia. Per la concezione umana è una cosa mostruosa naturalmente,
ma nel contesto della natura selvaggia è un meccanismo sistematico
che serve a rafforzare i caratteri."
Nel 2010, la falconeria, è
stata dichiarata patrimonio immateriale dell'umanità.
Dopo tutte queste informazioni,
posso solo dirvi che aver assistito a uno spettacolo ne "Il
Teatro dell'Aria" di Gradara, con Aquile, Falchi, Gufi Reali,
Poiane del Deserto e tutte le altre meravigliose specie presenti, è stata
un'esperienza che a me ha lasciato molto. Se ne avrete l'occasione, andateci. La
passione e la professionalità di chi lavora in questo luogo, sono
impagabili.
Non smettete mai di stupirvi.
Che si tratti di un cielo stellato, di un tramonto, di un albero, di
un animale. Smettete di dare per scontata la loro esistenza.
Stupitevi, sempre, come quando eravate bambini. Siate curiosi, tenete
aperti gli occhi, guardate e vedete. Siamo a conoscenza di quanto lottino gli animali, ogni giorno, per sopravvivere.
Per il normale decorso della specie, certo, ma spesso, sempre più
spesso perché è l'uomo a rompere gli equilibri incisi nel loro DNA.
La cosa preoccupante è che anche esserne a conoscenza non basta, è
necessario volerle sapere le cose, non solo esserne a conoscenza.
Persino l'umanità lotta per riuscire a vivere e la causa di questa
continua lotta è sempre l'uomo stesso, di qualsiasi cosa si parli. Sappiamo che è così. La Terra
combatte, sempre, per sopravvivere all'uomo. Cercate di pensarci ogni
tanto, non date per scontato nulla o, come per ogni cosa si faccia e
si pensi "dandola per scontata", sarete cechi.
Link:
Il Teatro dell'Aria - website
Il Teatro dell'Aria - fb
Link:
Il Teatro dell'Aria - website
Il Teatro dell'Aria - fb
giovedì 11 agosto 2016
eVentiVerticali e "Wanted": tutti con gli occhi verso il cielo
"Wanted"
è solo uno dei tanti progetti, dei tanti spettacoli ideati da Luca e
Andrea Piallini con eVenti Verticali. Se assisterete a questo
spettacolo sappiate che vi ritroverete a godere di una storia
tridimensionale, acrobatica e teatrale, in verticale. In verticale
proprio come il nome della compagnia teatrale suggerisce, poiché è così che i
due fratelli e tutti coloro che lavorano a questa serie di spettacoli hanno scelto di intrattenere il proprio pubblico, raccontando tra
recitazione e acrobatica delle storie sospese nell'aria, sconvolgendo
quello che è il senso di gravità "normale". Voi sarete
lì, con il naso in su, persi nella storia, nella tridimensionalità
e nella naturalezza con cui questi due artisti stanno in orizzontale,
usando come palcoscenico edifici, torri e chi più ne ha più ne
metta. "Wanted", come può far ben intuire il titolo, è
una continua corsa, una fuga, comica ma anche poetica, giocosa ma
anche seria – non seriosa attezione – per la bellezza che da'
vedere la dimensione del gioco e poi il senso di libertà del volo,
tra montagne e oceani. Un video game, un corto, un viaggio in volo e
poi la storia, quella che fino alla fine tiene lì, incantati, in
quella dimensione di stupore e meraviglia tipica del bambino.
"eVenti
Verticali nasce ad Ossi (SS) nel 2006 da un'intuizione dei forlivesi
Luca e Andrea Piallini che, dopo aver seguito percorsi differenti,
l'uno teatrale, l'altro circense, si ritrovano in
Sardegna assunti dalla medesima compagnia. Alla fine del 2006, dopo
alcune esperienze di danse escalade (Antoine le Menestrel, Wanda
Moretti,...), giunge l' ”intuizione verticale”: fondare una
compagnia che lavori solo ed esclusivamente sulla ricerca di un nuovo
linguaggio teatrale per spazi verticali, che riunisca diverse
discipline spesso legate alle nuove tecnologie che proiettino i loro
saperi su questo nuovo luogo teatrale che è lo spazio verticale. Le
pareti allora diventano pavimenti, palchi per danzatori, attori,
performer della musica, del video e della scenografia. Palchi su cui
camminare come fossero pavimenti, spazi nuovi da rileggere e
rifunzionalizzare per poi restituirli al pubblico come nuovo luogo
del teatro. eVenti Verticali studia l' “inganno prospettico”,
quella caratteristica capacità di catturare e confondere
l'attenzione dello spettatore il quale, guardando l'attore in
sospensione, dimentica la corda stravolgendo la sua percezione di
orizzontale/verticale." (www.eventiverticali.com)
ph Karol Stanczak |
Oltre
al link sopraindicato (ill sito ufficiale, sempre aggiornato), vi
propongo un video che può farvi meglio comprendere quanto siano
straordiari questi artisti. Lo spettacolo in questo video è appunto
"Wanted", portato in scena negli ultimi anni dalla
compagnia.
Oltre
agli spettacoli precedenti, c'è sempre in elaborazione e in
evoluzione qualcosa di nuovo, dunque vi invito sinceramente a seguire
il sito e a documentarvi. Se sentirete il nome "eVenti
Verticali", nella vostra zona o in una zona per voi
raggiungibile, non perdete l'occasione di andare a vederli. Nemmeno
vi accorgerete del tempo che passa e solo alla fine, dopo qualche
minuto dal termine dello spettacolo, tornerete a uno stato di
gravità... "normale"?
Wanted" by eVenti Verticali from eVenti Verticali on Vimeo
Dopo questo bellissimo video un ultimo invito: chi di voi dovesse aver già assistito a un loro spettacolo, può scrivere qualcosa riguardo alle proprie sensazioni, un commento, una frase, cliccando qui e sostenendo così questi fantastici artisti, la loro dedizione, passione e originalità.
Per la pagina facebook:
eVentiVerticali - fb
Per la pagina facebook:
eVentiVerticali - fb
domenica 24 luglio 2016
La storia del cinema (parte 3): il cinema comico con Keaton, Laurel e Hardy, Lloyd e Langdon
Buster Keaton |
Parte
tre. Il genere comico. Fino a un certo punto, per
una decina d'anni, il riferimento per questo genere in America è
stato Mark Sennet, che ha fatto scuola a molti attori e registi.
Verso la fine degli anni dieci però, hanno cominciato ad affermarsi
comici caratterizzati da una maggiore indipendenza creativa, che
sostanzialmente hanno messo le basi per un nuovo cinema comico,
fiorente con l'arrivo degli anni venti. Se con la scuola di Sennet la
comicità si basava più sull'aspetto esteriore, con la nascita di
questa nuova comicità si è giunti all'approfondimento dei
personaggi, che avevano ora una dimensione umana e psicologica. Da
quel momento in poi quindi, i comici iniziarono a rappresentare le
varie sfumature degli esseri umani, dall'ironia agli atteggiamenti e
alle situazioni grottesche, dalla satira al puro semplice
divertimento. Questa evoluzione, già presente in Chaplin, si fa
sempre più strada con Buster Keaton, un attore particolare,
caratterizzato da un'espressione stralunata e un po' triste, famoso
per la sua "mimica" e per il suo talento acrobatico nelle
gag. Egli fu anche regista e sceneggiatore ed è stato un personaggio
fondamentale nel cinema comico americano.
Stan Laurel e Oliver Hardy |
Accanto a lui, l'eterna
coppia costituita da Stan Laurel e Oliver Hardy, con i quali la
staticità delle situazioni consente poi lo sviluppo di una comicità
che si basa proprio sull'attesa delle azioni e delle contro-azioni
dei protagonisti. Questa coppia ha lasciato un segno indellebile
nella storia del cinema, erano unici ed unica era anche la loro
grande ed eterna amicizia. Hanno girato insieme ben centosei film e
negli anni d'oro avevano una media di sette/otto film all'anno.
Oliver dichiarò: "Il
mondo è pieno di persone come Stanlio e Ollio. Basta guardarsi
attorno: c'è sempre uno stupido al quale non accade mai niente e un
furbo che in realtà è il più stupido di tutti. Solo che non lo
sa." I personaggi da loro interpretati erano ben definiti e
sempre esilaranti. Nella semplicità assoluta, nella "normalità"
per così dire, felice o meno che fosse, riuscivano sempre a lasciare
la loro impronta. E' veramente difficile descrivere Stanlio e Ollio e
la loro storia a qualcuno che non li conosce o non ha mai visto uno
dei loro film, perciò invito i più giovani, magari quelli che di
fronte a un film vecchio cambiano canale a priori, a non farlo, a
soffermarsi quando capita che vengano trasmessi in tv e se ne hanno
voglia ad approfondire. Hanno fatto talmente tanto che è impossibile
riassumerlo in poche righe. La
loro storia nel cinema, durata dal 1921 al 1951, cominciò a
declinare soprattutto per questioni personali, familiari e di salute,
ma la loro amicizia e il loro spirito comico rimasero intatti fino
alla fine. Quando Hardy si spense, nel 1957, a seguito di un infarto
e due ictus che lo portarono al coma, Laurel ne rimase seriamente
sconvolto e anche a livello artistico, per rispetto all'amico, decise
di non partecipare a nessun altro film. Era stato accanto a lui in
ogni istante, fino all'ultimo. Nel 1961 venne consegnato a Laurel il
Premio Oscar alla carriera, momento che purtroppo Hardy non poté
vivere, così come non poté vedere la nascita di un nuovo interesse
nei confronti dei loro film da parte delle nuove generazioni. Quando,
nel 1963, il regista Stanley Kramer propose a Laurel un cameo in un
suo film, lui rifiutò, . Nel 1965, Laurel venne a mancare e sul
punto di spirare ancora riuscì a mantenere il suo spirito ironico e
comico, tanto che da rivolgere all'infermiera che lo assisteva la sua
ultima gag: "Mi piacerebbe essere in montagna a sciare" e
l'infermiera gli chiese: "Le piace sciare, sig. Laurel?".
"No, lo detesto, ma è sempre meglio che stare qui.". Lo
stesso Keaton riconobbe il loro la coppia più divertente di sempre.
Buster Keaton |
E tornando a parlare proprio di Buster Keaton, pseudonimo di Joseph Francis
Keaton, egli ebbe una carriera – iniziata nel 1917 – di appena un
decennio, ma già dopo tre anni dal suo esordio fu considerato uno
dei maggiori comici americani. La sua carriera fu dunque breve, ma
folgorante. I film di Keaton erano ricchi di gag divertenti, molto
apprezzate dal pubblico, tanto che i suoi film, anche a livello di
incassi erano sempre in posizioni molto alte. Anche quando Keaton non
lavorò più a pieno regime, una sua apparizione, un piccolo cameo,
davano ai film un tocco speciale. Nonostante il
successo con il pubblico fosse ampio, in realtà Keaton non fu capito
seriamente da molti, ma solo da una ristretta cerchia di ammiratori.
Veniva chiamato "l'uomo che non ride mai" e la sua comicità
sembrava essere apparentemente distante dalla realtà quotidiana
degli spettatori. In realtà, la sua mimica, facciale e corporea, il
suo approccio alla comicità, erano volontariamente uno specchio
deformato proprio della realtà circostante. Il suo "non ridere"
venne percepito perlopiù come una costante del personaggio, ma in
realtà, osservando bene i suoi lavori, chi più era attento poteva
percepire nelle sue espressioni, nei suoi grandi occhi, tanta vita e
molteplici sentimenti, la realtà deformata dalla fantasia, ma pur
sempre realtà. Altri due comici noti negli anni venti furono Harold
Lloyd e Harry Langdon, entrambi attori, registi e produttori
cinematografici, molto diversi tra loro ed entrambi stelle del cinema
muto di quegli anni. Lloyd approdò, a differenza di Langdon, anche
al cinema sonoro, ma l'affacciarsi di una nuova generazione di comici
e commedianti, di nuove espressioni, portò entrambi a ritirarsi
dalla scena. Nel 1952, Lloyd fu premiato con un Oscar alla carriera
per essere stato "un maestro della commedia e un buon
cittadino". La comicità di Sennet e delle slapstick si era
dunque modificata durante gli anni venti, si erano creati personaggi
con caratteristiche precise e il cinema comico era maturato,
diventando poi un pilastro del sistema cinematografico. In
contemporanea allo sviluppo e alla crescita del cinema comico/
commedia, vi fu una grande produzione di film animati, essenziali sia
nel cinema muto che nel sonoro. Questa però, è un'altra storia... alla prossima!
venerdì 15 luglio 2016
Rinaldo Donati: "La meraviglia si grida e si tace"
El coche - Rinaldo Donati |
"Some
say that we're reckless./ They say we're much too young./ Tell us to
stop before we've begun./ We've got to hold out till graduation./ Try
to hang on Maxine." Questi versi sono tratti da "Maxine",
un prezzo di Donald Fagen, dall'album "The Nightfly"
(1982). "Alcuni ci dicono che siamo spericolati, dicono che
siamo troppo giovani. Ci dicono di fermarci ancor prima d'avere
iniziato. (Che) Dobbiamo aspettare fino alla laurea. Provo ad
aggrapparmi a Maxine." Questo tratto di "Maxine" è la
prima cosa che salta all'occhio sul sito www.maxine.it
di Rinaldo
Donati,
fotografo
e musicista,
che tra poco, qui sotto, potrete conoscere un po' di più. L'album di
Fagen era un concept album autobiografico, in cui sostanzialmente lui
ripercorreva la sua giovinezza e Maxine, il suo primo amore, è
raccontata nel pezzo per come allora vedevano il mondo, con nostalgia
e probabilmente con gratitudine perché quelli erano gli anni della
scoperta, dello stupore, della meraviglia per il mondo e della
curiosità nei confronti della vita e del mondo stesso. Per Donati il
nome "Maxine" è diventato simbolo della propria visione
della vita. Nel parlarne, Donati esprime un'intepretazione del pezzo
e di come lo ha vissuto. "E' come il piccolo principe [...].
I bambini sono la luce del futuro, per essere così prossimi al
massimo livello di creatività per il quale un legnetto diventa una
vera astronave, quindi Maxine è la mia isola, non di separazione ma
di salvezza." Le
migliori parole per farvi capire chi è Rinaldo Donati, sono proprio
le sue perché "entrare nelle sfumature e nei chiaroscuri è il
senso della sua vita" e la cosa va oltre la fotografia, oltre la
musica, poiché oltre è la sua visione, uno stile di vita, appunto.
"Sono un uomo in viaggio che esprime un ideale di bellezza
attraverso la musica e le arti visive" dice Donati e si descrive
come "un compositore e un fotografo". "L'uno vive
nell'altro. [...] Sono attratto dagli spazi ampi, dalle forme
seducenti e dai volti che, come gli oggetti che ci guardano, vivono
sul confine misterioso fra realtà e immaginazione. Così quello che
vedo e sento diventano una cosa sola, musica e immagine. L'una
contiene sempre l'altra. Amo la musica dal linguaggio complesso e un
certo tipo di musica pop, ma mi entusiasmo per lo stridore di una
locomotiva di inizio secolo." Il progetto fotografico e quello
musicale si uniscono nel live. Simple,
il suo progetto
musicale/d'arte visiva
e i musicisti che con Donati prendono parte al progetto, suonano con
lui improvvisando – perlopiù – una colonna sonora per le
immagini che vengono proiettate in ordine casuale sugli schermi.
L'invito al pubblico è quello di provare a farsi trascinare, nella
musica e nelle immagini, perché in ogni sequenza, in ogni
fotografia, in ogni accostamento, c'è una storia da poter
immaginare. Personalmente ho avuto la fortuna di poter visitare la
mostra fotografica in contemporanea alla performance musicale e
d'arte visiva del progetto Simple, dunque in quel caso la mostra è
stata visitabile durante, prima o dopo il live stesso. La mostra
fotografica appunto, si chiama "Grace
Roule Hot"
ed è allestita in una piccola roulotte, simbolo del viaggio. La
liaison linguistica fa intendere la volontà di guardarsi attorno, di
guardare il mondo e osservare, le grandi cose e i piccoli dettagli,
la Grazia della Bellezza. Il calore della vita e della vitalità
fanno da contorno a questa visione alla quale il visitatore può
approcciarsi attraverso microfotografie e lenti speciali per
osservarle. Non posso aggiungere altro, se non proporvi la nostra
chiacchierata e presentarvi di conseguenza la visione artistica di
Rinaldo Donati. Dunque, buona lettura...
Mi pare di aver compreso
- visione che adoro - che sono più le immagini a catturare te,
piuttosto che tu a catturare le immagini... giusto?
Cachinho - Rinaldo Donati |
"Le
foto più belle sono quelle nel ricordo degli occhi, così come la
musica più alta non è quella incisa nei dischi ma è quella che
volteggia nell’aria. Così le immagini si colgono nell’incontro
casuale, all’incrocio di una via, uno sguardo, sono loro che
decidono di concedersi mentre le cerchiamo per fermarle. Adoro
scattare foto con il grand’angolo dove tutto è convesso, spaziale
come in un grande abbraccio al mondo, ma per una questione metrica
significa addossarsi molto al soggetto invadendo il suo spazio
privato e può diventare complicato, quasi aggressivo, come un furto.
Con un teleobiettivo, da lontano, è molto più semplice ma non c’è
prospettiva quindi non l’ho mai usato. A volte mi diverto a
scattare foto molto ravvicinate fra la gente, per strada e succede
che, per come le persone stesse si muovono, si compongono il
movimento, la luce e gli spazi. Le foto progettate, luci, riflessi e
posture non mi interessano... così come quelle che ritraggono la
realtà esattamente com’è : per quella ho già i miei occhi …
cerco la meraviglia."
Nativa - Rinaldo Donati |
Cos'è
per te la Bellezza? E cos'è Poesia?
"Entrambe sono gratitudine, come senso di appartenenza al mondo, una forma di dovere."
"Entrambe sono gratitudine, come senso di appartenenza al mondo, una forma di dovere."
Ti
capita mai di sentire, dentro di te, le fotografie che scatti o la
musica che crei, come se vivessero di vita propria? hai mai questa
sensazione nel rivedere le immagini o nel sentire la musica che tu e
i tuoi musicisti state improvvisando? O per tentare di esprimermi al
meglio: essendo il tuo un progetto che comprende diverse arti,
musica, fotografia che diventa ed implica nella performance l'arte visiva... come senti tutte queste cose? ti perdi tu stesso in quel
viaggio ogni volta?
Il granchio |
"La
musica e le immagini vivono sempre di vita propria ancor di più
quando non sono preordinate o non esiste il controllo .. sono un po’
come la vita che decide per ognuno di noi e tutto è sempre perfetto
anche quando stride. Non è così semplice perdersi perché per
riuscirci bisognerebbe aver raggiunto una meta molto alta, di
simbiosi fra suono e non pensiero… percorriamo una strada. Per il
pubblico può essere più semplice rispetto a noi che siamo
nell’azione del suono; il pubblico può abbandonarsi ai simboli e
appunto al gioco creativo dei suoni."
Mentre
suoni, sei realmente consapevole di quel che sarà? non a livello
pratico di quel che stai facendo ovviamente, ma a livello sensoriale,
di percezione tua e del pubblico e... le immagini, alle quali tu
stesso ogni volta ti approcci in modo diverso in qualche modo, a
seconda della casualità in cui sono proiettate (e i tuoi musicisti
con te)... immagino tu le senta e le viva in modo diverso rispetto a
quando le hai scattate... è così?
Tremzinho - Rinaldo Donati |
"C’è
un software appositamente progettato che invia le immagini in
sequenze casuali ai proiettori, quindi ogni volta si “scrivono”
storie diverse che noi stessi attraversiamo con la musica, cercando
un equilibrio nel quale la musica possa diventare colonna sonora e le
immagini colonna visiva della musica."
Quando vedi un paesaggio, un dettaglio, un volto, una scena di vita... avrai certamente delle sensazioni, emozioni che ti spingono a scegliere di scattare proprio in quel momento e in quel luogo. Pensi mai, una volta fatte o visualizzate le immagini, cosa potrebbero evocare - a livello sensoriale e/o emotivo - per le persone?
Bonde boy - Rinaldo Donati |
"Si,
mi capita di pensare cosa potrebbero evocare quando le rivedo io
stesso e scopro cosa evocano in me. Ho vissuto per tanto tempo
lontano dal mondo reale, immerso nella musica, in un modo solitario
ed immaginario, quindi la fotografia è arrivata quando potevo
comprendere il senso di vivere nel presente, nel “qui e ora”.
Scattavo le foto poi le riguardavo di notte per scoprire di far parte
di quell’universo di persone, di essere per quelle strade. Non
sarebbe mai avvenuto con foto “realistiche” ma con questi scatti
alterati ho trovato nelle immagini la traduzione visiva di ciò che
nel mio immaginario vedevo con la musica quindi, oggi, i due aspetti
si fondono. Non ho preoccupazioni intellettuali, mi basta fotografare
la vita semplice, le forme, gli oggetti, frammenti di vite non
vissute, riverberi da viaggi immaginati e credo che altre persone
potranno sentirsi attratte da questa traduzione se troveranno aspetti
che li riguardano, così come capita nel condividere la musica."
Come
spieghi durante le performance Simple e anche sul tuo sito, le
immagini non sono modificate nei colori o nelle forme facendo uso di
software, bensì sono utilizzati filtri e "white setting".
Ci spieghi meglio questo aspetto? ad esempio, usi filtri "manuali"
sulla macchina o filtri digitali? e riguardo al bilanciamento del
bianco, lo fai attraverso strumenti digitali appunto o - per così
dire - da artigiano?
Sombras - Rinaldo Donati |
"Posso
spiegarlo … ma non proprio svelarlo! Così come un pianoforte è
accordato nel sistema temperato, la macchina fotografica chiede
parametri di bianco per restituire i colori di tutta la gamma
cromatica. I miei scatti nascono nella combinazione di filtri e
riferimenti “white/bianco” completamente fasulli. Questi
riferimenti sono passe-partout - chiavi diverse del bianco - né avrò
costruiti una cinquantina ma ad oggi me né funzionano una mezza
dozzina e portano la macchina ad avere buchi cromatici. Questo fa si
che, per strada, prima di uno scatto, in combinazione con la luce e
il “senso” del luogo io indirizzi la macchina verso “tonalità
relative”. Bronzo, gamma degli arancioni, verde bianco, argenti,
pirite .. in combinazione con lenti fortemente convesse ne esce un
mondo parallelo che mi affascina. Quelli sono i negativi, nessun edit
dopo lo scatto."
Nella
sezione dedicata proprio ad alcune delle tue immagini, appare
evidente la scritta "The truth is out there", dunque "La
verità è là fuori". Anche questa frase, come spesso accade
nelle espressioni artistiche, è interpretabile in diversi modi, un
po' come il viaggio che tu proponi con i Simple. Cosa però, vorresti
trasmettere tu con questa frase?
Indian Love Call - Rinaldo Donati |
"Credo
che il senso ultimo stia sempre nascosto dietro le cose. Il viaggio
da soli in luoghi sconosciuti è l’occasione perfetta per
osservarci ed osservare dunque il cambiamento. La nostra crescita, la
nostra libertà... sono in mezzo alla gente, fuori per le strade."
Come è nato il nome "Simple" per il progetto musicale e visivo che proponi con i tuoi musicisti?
Lou - Rinaldo Donati |
"Simple è un occasione per giocare, un “luogo”, anche per il pubblico per entrare nel proprio spazio creativo. Nella creatività c’è il senso dell’uomo e non sta nella chitarra o nella scatola di colori in sè, bensì è un attitudine da coltivare fermando il turbine dei pensieri, così come un bambino trasforma un legnetto in un astronave." La musica da sola sembra non bastare più, oggi siamo accellerati, la mente si distrae e diventa impossibile dedicare un’ora di silenzio solo per ascoltarla. Le immagini... ci riempiamo gli occhi negli schermi. Le due, insieme, possono avvolgerci e trascinarci, sta a noi lasciarci andare. Riguardo al momento di scelta del nome, beh... era notte e rientravo da un viaggio solitario in Messico con una macchina fotografica. Avevo rimesso “Chavez Ravine” di Ry Cooder e “Mulholland Falls” di Dave Grusin, che erano state la “colonna sonora” di quei giorni e rivedevo le foto che il computer inviava sullo schermo. La sequenza casuale delle immagini e del suono, mi fece rendere conto che nasceva una storia, così ho provato con altre musiche e foto di altre latitudini, altre vite, altri colori. Senza volere, mi sono accorto di come nel senso si costruissero nuove narrazioni. Un esempio? Un bimbo con lo sguardo severo, una donna che ride sguaiata, un pescespada in una pescheria, una bici caduta … ognuno ha la sua storia anche se gli scatti vengono da diverse parti del mondo. Simple è un termine che per me significa... "voglio fermare il flusso di pensiero? è semplice (simple), dovrò entrare nel mio spazio creativo, in questo caso la narrazione, il viaggio."
Spiega
a chi non ha ancora avuto la fortuna di assistere alla tua meravigliosa mostra fotografica, in
cosa contiste, in sostanza, la visione di queste microimmagini e il
perché, anche, di questa scelta, di questa visione.
"Grace Roule Hot, è una "mobile microphoto exhibition"
(esposizione mobile di microfotografie, ndr). Pensavo a quanti uomini
hanno messo la loro vita in una valigia andandosene dall’altra
parte del mondo. Se volessi scoprire chi sono, nella mia metterei
delle piccole foto e la musica che amo. La roulotte è una casa e
molti si avvicinano ad essa con pudore, come fosse la camera da letto
dei genitori. E' un mezzo "per andare", quindi,
metaforicamente, il viaggio, la vita, sono in corso. La musica, che
amo, è un filo nell’aria. Le lenti di ingrandimento sono la chiave
dell’esposizione perché inducono gli ospiti al gioco, quindi ciò
che colgono è nella loro creatività, nella leggerezza e nel non
giudizio. Ho visto occhi meno colorati di fronte a foto giganti
guardate da dieci metri. Avrai notato che su Grace c’è un libretto
per le firme di chi passa di li: è fatto con carta da lucido, da
disegno tecnico. Una firma, un commento, le frasi, traspaiono e si
intravedono anche nelle pagine seguenti facendolo diventare un mondo
trasparente di energia grafica e di “segni”. Osservo come ci
alterniamo nella ricerca del nostro territorio o ci mischiamo come
acqua scrivendo fra le firme degli altri."
Quanto
è importante per te la dimensione del gioco? quanto è importante la
meraviglia?
"Il gioco è la forma più alta di creatività, di concentrazione assoluta, di presenza nel qui e ora. E’ la freccia che scocca, la curva perfetta, il boomerang che ritorna è l’acqua di Marzo. La meraviglia? è l’anima del gioco, "la meraviglia si grida e si tace" (cit. Claudio Sanfilippo "La Meraviglia")."
"Il Cinema è una meravigliosa forma di raccontare storie, ma di fronte ad un film lo spettatore rimane passivo, reagisce a ciò che riceve ma senza creare un percorso attivo e personale (dipende poi dall'immaginazione che una persona ha... aggiungo io - ndr). Pittura e scultura .. sinceramente non saprei."
"Il gioco è la forma più alta di creatività, di concentrazione assoluta, di presenza nel qui e ora. E’ la freccia che scocca, la curva perfetta, il boomerang che ritorna è l’acqua di Marzo. La meraviglia? è l’anima del gioco, "la meraviglia si grida e si tace" (cit. Claudio Sanfilippo "La Meraviglia")."
Mi
chiedo anche quanto, in un artista come te, siano importanti o meno,
le altre discipline artistiche. Cinema, pittura, scultura... anche
perché la mia sensazione è che questo progetto, consapevolmente o
meno, comprenda un po' anche di queste arti. Tu che lo proponi come
la vedi?
"Il Cinema è una meravigliosa forma di raccontare storie, ma di fronte ad un film lo spettatore rimane passivo, reagisce a ciò che riceve ma senza creare un percorso attivo e personale (dipende poi dall'immaginazione che una persona ha... aggiungo io - ndr). Pittura e scultura .. sinceramente non saprei."
Orologio - Rinaldo Donati |
Navio na baia - Rinaldo Donati |
Cosa ami di più della vita e cosa di più del mondo?
"L’immaginazione."
Danny Car - Rinaldo Donati |
Se tu dovessi dare un colore e una nota a te stesso e alla tua arte, quali sceglieresti?
"Viola
e Rosso Cardinale: sacro e profano. Una nota...? Re bemolle maggiore
7, che è parente del Fa minore."
Beh, non posso far altro che ringraziare Rinaldo Donati per questa interessante chiacchierata ed invitarvi a visitare i link sotto riportati e naturalmente, se ne avete occasione, vi consiglio vivamente di andare alla sua mostra fotografica e/o ad assistere alla performance del progetto Simple.
Beh, non posso far altro che ringraziare Rinaldo Donati per questa interessante chiacchierata ed invitarvi a visitare i link sotto riportati e naturalmente, se ne avete occasione, vi consiglio vivamente di andare alla sua mostra fotografica e/o ad assistere alla performance del progetto Simple.
Iscriviti a:
Post (Atom)