martedì 21 giugno 2011

Calchi


Grigiastro è il sibilo dei calchi,
che stridono imperterriti sbattendo,
spalla contro spalla, nell'indifferenza.

Svuotati del contenuto, sono nati
nel tempo del falso progresso.
Si stanno perdendo
il tempo dell'amore e il tempo dell'affetto.

mercoledì 15 giugno 2011

Intervista: Sergio Endrigo raccontato dalla figlia Claudia


Pola (attuale Croazia, nel 1947 era capoluogo dell'Istria), 15 giugno 1933: nasce Sergio Endrigo, uno dei grandi padri della musica italiana. Romeo Endrigo e Claudia Smareglia danno vita a un uomo che regalerà un mondo a generazioni e generazioni di giovani e meno giovani. Il padre di Sergio diviene uno scultore molto conosciuto nella sua città tanto che se uno di noi si ritrovasse a visitare il cimitero di Pola potrebbe ancora ammirare le sue sculture e i suoi bassorilievi in marmo oppure ancora se ci ritrovassimo nelle stanze degli uffici comunali potremmo vedere i busti in gesso di Mussolini e Vittorio Emanuele III che sono stati scolpiti dalle sue mani; Romeo era anche un tenore autodidatta e dal 1922 al 1924 cantò, riscuotendo parecchio successo, esibendosi al Teatro Dal Verme di Milano ne "La Bohème" e nella "Madama Butterfly". La Scala era chiusa a causa dei bombardamenti della prima guerra mondiale e di conseguenza il Dal Verme era il teatro più importante nella Milano del tempo. Sergio Endrigo non riesce però a conoscere veramente suo padre poiché dai tre ai sei anni resta dagli zii a Trieste e proprio quando Sergio ha sei anni il padre muore. Sergio scopre la sua vocazione incredibile al canto all'età di circa dieci anni. Al tempo vive con la madre in una soffitta al quarto piano e sotto casa c'è un'osteria nella quale ogni tanto la mamma lo manda a prendere un po' di vino. Beppi Mustaccia, il padrone del locale, soprannominato così per i suoi enormi baffi, accoglie sempre Sergio con affetto, tanto che lo incita a cantare per la sua clientela mettendolo su un tavolo di fronte al suo primo pubblico. Endrigo canta ogni volta "La Donna Immobile" brano chiaramente impegnativo, soprattutto per un bambino di quell'età e ad ogni esibizione riceve i complimenti e gli applausi del padrone e del pubblico guadagnandosi anche qualche lira (consideriamo che al tempo erano un bel gruzzoletto un paio di lire per un bambino visto che al cinema si entrava con si e no settanta centesimi). Legge tanto il piccolo Sergio, a cominciare da "Il Corriere dei Piccoli" e a otto o nove anni si appassiona al veronese Salgari, noto per essere uno dei precursori del genere fantascentifico in italia ed autore iper prolifico di una miriade di storie fantastiche e di romanzi d'avventura.  La prima chitarra, il quattordicenne Endrigo, la acquista con i soldini guadagnati dalla vendita di una collezione di francobolli regalatigli da uno zio; siamo quasi negli anni cinquanta e Sergio sta per andare in Collego a Brindisi dove rimarrà per tre anni a causa dell'espatrio forzato degli italiani dalla regione dell'Istria (riconosciuta alla Jugoslavia appunto nel '47).  Endrigo affermò poi di aver scelto la chitarra perché al tempo i soldi per un pianoforte non c'erano di sicuro, ma anche perché era uno strumento semplice da trasportare e adatto ad accompagnare la propria voce. Anni prima avrebbe voluto studiare il violino, ma la povertà non lo permise. Continua la passione per la lettura e prima di andare al collegio di Brindisi, nel periodo in cui rimane dagli zii, Sergio si immerge nella lettura di qualsiasi genere di libro, scegliendoli dalla ricca libreria dello zio: Henrik Ibsen ed Henri René de Maupassant i suoi favoriti. Al collegio invece ha occasione di leggere opere dello scrittore scozzese Cronin e dell'americano Steinbeck che Sergio ama particolarmente. All'età di diciassette anni viene espulso dal collegio per aver svolto un tema con un argomento a suo piacimento invece che quello dettato dalla professoressa. Nel 1950 Sergio torna a Venezia con la madre che lavora come domestica presso un maresciallo della Guardia di Finanza; questo permette a Claudia Smareglia di mantenere il figlio in una pensioncina familiare dietro a Piazza S. Marco. Iniziano i primi lavori: fattorino alla Mostra del Cinema, lift-boy all'Hotel Splendin Swisse e ufficiale di censimento. Nel 1953 ha l'occasione, tramite una conoscenza della madre, di entrare a far parte delle Poste a Venezia come portalettere per poi arrivare allo sportello delle raccomandate a seguito della partecipazione ad un concorso interno. Sergio però non è uno "spirito da ufficio" e rifiuta, promettendo alla madre che non gli avrebbe mai chiesto aiuto. Sergio tenta di emigrare in Canada, ma non riesce e rimanendo a Venezia continua a cantare con gli amici, appassionato dalle canzoni americane dell'epoca; predilige Bing Crosby, Frank Sinatra, i Mills Brothers e Jhonny Mathis, le cui canzoni lo avrebbero accompagnato per sette anni, periodo durante il quale canta nei night club suonando la sua amata chitarra, con la quale del resto creerà tutti i suoi pezzi. Nel '52 partecipa a un concorso per cantanti dilettanti e porta la meravigliosa "Semptember Song" di Sinatra arrivando però secondo a un interprete alquanto discutibile, cosa che ovviamente non gli andrà giù. Dopo aaver lavorato per un periodo al Roxy Bar del Lido guadagnando qualche soldo, passa alle Balere, ai dancing e night - club ... da Mestre a Cortina d'Ampezzo fino a Milano e di nuovo a Venezia al famoso Hotel Bauer Grunwald. Nel 1954 presta il servizio militare e nel 1959 entra a far parte del compesso di Riccardo Rauchi nel quale suona il contrabbasso e canta; con quel gruppo incide sei dischi per l'etichetta "La Voce del Padrone". Decide poi di abbandonare i night club per tentare la carta discografica come solista anche perché giunto all'età di ventisei anni non lo entusiasma l'idea di rimanere contrabbassista a vita nei night- club, nonostante il divertimento e il buon tenore di vita; Sergio però vuole andare oltre, per nostra fortuna aggiungerei. Traminte Mario Minasi, suo impresario di allora, firma un contratto come cantante con la Ricordi nel 1960. Dopo aver superato egregiamente il provino con il Maestro Giampiero Boneschi, Nanni Ricordi e Franco Crepax creano il reparto di musica leggera composto dai grandi Gino Paoli, Luigi Tenco, Umberto Bindi, Giorgio Gaber. Il meglio del meglio insomma. Ad accompagnare il loro lavoro in qualità di arrangiatori ci sono i fratteli Reverberi. Appena dopo la frima del contratto, Nanni Ricordi chiede ad Endrigo se per caso scrive canzoni ed egli risponde con un no. Tornato a casa da quel colloquio prende in mano la chitarra e scrive "Bolle Di Sapone", la sua prima canzone in assoluto. Da li in poi prende il via e scrive "I Tuoi Vent'anni", "La brava gente" e "Chiedi Al Tuo Cuore". I quattro pezzi vengono pubblicati poi con la firma Calibi - Toang perché al tempo non è ancora iscritto alla SIAE. Calibi era lo pseudonico di Mariano Rapetti, padre di Mogol, mentre Taong era lo pseudonimo di Renato Angiolini, musicista della Ricordi. Nel '62 Nanni Ricordi lascia la casa discografica per approdare alla RCA di Roma e Sergio Endrigo lo segue ottenendo il suo primo grande successo con "Io che amo solo te" che lo portò ad essere un artista apprezzato anche all'estero. Seguono altri successi come "Aria Di Neve", "Via Broletto 34", "Viva Maddalena", "Era d'estate", "La Rosa Bianca" (da una poesia del cubano Josè Martì). Nel '63 iniziano i live e ad accompagnare Sergio al pianoforte c'è Enzo Iannacci. Inizia la collaborazione col maestro Bacalov che darà origine a pezzi meravigliosi. Come era accaduto per "La rosa bianca", Sergio Endrigo si ritrova a musicare anche una poesia dell'eccelso PierPaolo Pasolini intitolata "Il soldato di Napoleone". Nel '65 Endrigo lascia la RCA e passa alla Fonit Cetra; l'anno dopo partecipa al Festival di Sanremo per la prima volta con "Adesso si". Nel '67 canta al Festival "Dove credi di andare" e nel '68 vince con "Canzone per te" (in coppia con Roberto Carlos). Lo stesso anno Endrigo partecipa al Festival Europeo della canzone con il brano "Marianne" e a Canzonissima con "Camminando e cantando". Nel '69 con "Lontano dagli occhi" arriva secondo al Festival di sanremo e nel '70 ottiene il terzo posto con "L'arca di Noe". Continuano i successi e Sergio Endrigo arricchisce la sua già grandiosa vita professionale interpretando diverse canzoni per bambini scritte con il poeta brasiliano Vinicius De Moraes e musicando alcuni testi di Gianni Rodari. Nel '71 partecipa al Festival della canzone italiana con "Una storia" e nel '73 con "Elisa Elisa" vince il premio come miglior interprete maschile e per il miglior testo. Nel '76 e nell'86 partecipa rispettivamente con "Quando c'era il mare" e con "Canzone italiana". "Angiolina", nel '72, è portata invece a "Un disco per l'estate". Seguono ancora album e grandi successi e Sergio Endrigo canta i suoi pezzi girando tutto il globo e interpretando i brani anche in spagnolo, inglese, greco, francese, slavo. Sono circa duecentocinquanta le canzoni che Endrigo regala all'Italia e al mondo per non parlare delle collaborazioni e dei progetti teatrali e cinematografici. Nel 1995 Endrigo pubblica anche un libro intitolato "Quanto mi dai se mi sparo?" che l'editore stampa con tiratura limitata (verrà poi ristampato nel 2004). Dagli anni '60 Endrigo vive a Mentana per poi trasferirsi con la moglie Giulia Bertolacci, la figlia Claudia e la madre nella bella Roma, nel mezzo degli anni '90. Nel 2000 il maestro Franco Battiato include nel suo album "Fleurs" i due brani di Endrigo "Te lo leggo negli occhi" e "Aria di neve" mentre Ornella Vanoni inciderà in seguito "Io che amo solo te". Nel 2001 gli viene atrribuito il premio Tenco e durante la manifestazione vengono interpretati da più artisti una quindicina di suoi brani; i pezzi verranno racchiusi nel cd "Canzoni per te". A tutto ciò seguono ancora grandi successi, attività sociali legate alla musica, progetti teatrali e orchestrali nonché televisivi fino a che ... il 6 settembre 2005 Endrigo ci lascia dopo una lunga malattia, lasciando a tutti noi la sua musica eterna.

Per noi, la figlia Claudia Endrigo:

Dunque Claudia... la premessa è la stessa che ti feci quando ci siamo presentate ovvero che parlare con la figlia di Sergio Endrigo, sapere che sei sangue del suo sangue, mi da un brivido non indifferente... la prima cosa che mi viene spontaneo chiederti è ... qual è il ricordo più immediato che hai di tuo padre?

"L' odore del suo sigaro, impregnava tutto... tende, mobili, auto .... e io lo detestavo... Ora quando sento il suo odore mi commuovo..."

La sua musica ti ha accompagnato fin da quando eri piccina ovviamente... cosa pensi ti abbia donato, al di la' del fatto che era ed è musica di tuo padre?

"Credo mi abbia insegnato ad amare la musica di qualità e ad avere un gusto personale, senza seguire nessuno..."

Mi hai detto che nella vita porti avanti attività legate al ricordo di tuo padre.. raccontaci qualcosa a riguardo...

"Purtroppo riesco a fare ben poco... però ho un sogno: mi piacerebbe che Roma gli regalasse un grande concerto, magari all'aperto..."

Che musica ama Claudia Endrigo? musica di ieri, di oggi?

"Non ho un artista prediletto, salto da Chet Baker ai Rolling Stones, da Aretha Flanklyn a Cristicchi... Insomma  la bella e buona musica la amo tutta!"

Il pranorama musicale odierno è più basato sul commercio rispetto agli anni del grande Endrigo... tu come vedi la situazione dei nostri tempi?

"Maluccio aimè... è pieno di veri talenti, ma non gli viene data la possibilità di emergere..."

Cosa ha comportato per te essere sua figlia? 

"All'inizio non molto, per me era un padre come tutti gli altri. Devo confessarti che solo dopo la sua morte ho capito appieno cosa aveva dato alla musica italiana..."

Dimmi, se tu dovessi descrivere papà Sergio ... e poi il grande Sergio Endrigo cantautore che ha segnato la storia della musica italiana... che diresti..?

"Mah, io posso dirti che è stato un padre meraviglioso; ho auvto due genitori che mi hanno molto amata e mi hanno regalato un'infanzia splendida, insegnandomi l'amore e il rispetto per la natura e per tutti i suoi "abitanti"..."

E che ricordi hai di altri musicisti che erano presenti nella vita professionale e privata di tuo padre?

"Il ricordo più intenso è sicuramente quello di Vinicius De Moraes, sono praticamente cresciuta sulle sue ginocchia..."

Qual è per te la cosa più importante nella vita secondo te?

"Il sentirsi liberi in tutti i sensi. Sono davvero poche le persone che riescono a vivere in questo modo, liberi dagli schemi e dalle convinzioni sociali e se io ci sono riuscita lo devo ai miei genitori..."

Come vedi la musica in Italia oggi, cosa manca e cosa c'è invece in più rispetto ai tempi in cui c'era tuo padre? 

"La musica oggi la vedo in mano a gente che non ne capisce nulla... Peccato... In più non c'è assolutamente niente. Ripeto, ci sono tantissimi bravi artisti, ma i così detti scopritori di talenti come fu a suo tempo il grande Nanni Ricordi...  non esistono più..."
Grazie di tutto, dolcissima Claudia.

www.sergioendrigo.it 





sabato 11 giugno 2011

Intervista a Livio Magnini: la forza di un'idea.


Dei Bluvertigo si sa tutto o quasi. Non è necessario, credo, riprendere la loro storia che è stata raccontata in mille modi e da miriadi di persone. A me, con quest'intervista, interessa Livio Magnini, compositore, musicista, produttore. Mi interessa Livio Magnini uomo ed artista. Una persona che come altri artisti hanno fatto, ha lasciato il segno e continua a lasciarlo, nella vita di tante persone, come nella mia. Mi interessa parlare di lui e di ciò in cui crede perché credo che, soprattutto per quanto concerne le nuove generazioni, non si sia andati molto a fondo rispetto ad alcuni aspetti umani ed artistici di quest'eccellente artista come del resto di altri, conosciuti per qualcosa di grande di cui hanno fatto parte, ma non quanto meriterebbero come singoli musicisti. Lui è modesto, “non crede di aver avuto una carriera brillante" e si capisce che lo dice con sincerità, per la grande umiltà che fa parte di lui, ma è un dato di fatto Livio, hai avuto una carriera brillante... anche se capisco che tu sia giustamente portato al miglioramento continuo, come ogni grande e vero artista desidera fare...


Allora Livio, comincio col chiederti cosa stai facendo attualmente, così tagliamo la testa al toro subito. Progetti in corso, collaborazioni, tour... dove, come, quando, ti vedremo in Italia? visto che per la maggior parte del tempo lavori fuori patria se non erro ...
"Allora da Febbraio 2010 sono in tour mondiale con i Bloody Beetroots Death Crew 77, la versione live dei Bloody Beetroot (sono stato contattato Da Bob Rifo per mettere in piedi la band dal loro progetto di DJ), sono co - produttore artistico del tour oltre che sound engineer per tutto, ovvero mixo il concerto dal palco e gestisco tutta la parte audio, sequenze dub etc,etc. Per il resto sto producendo il disco solista di Max Zanotti per la Carosello e coproducendo la colonna sonora del film True love (Y o N) dei Fabio&Fabio. Poi sto mettendo in piedi un bel progettone super Top secret!!"

Attualmente, nel panorama musicale italiano, quali sono le cose che più ti intrigano e che secondo te dovrebbero avere più spazio sulla scena? sia parlando di "generi musicali" che di singoli artisti o gruppi più o meno conosciuti...Qualcosa e/o qualcuno su cui consiglieresti di puntare il binocolo, diciamo così...
"Ti risponderò con un manifesto che ho scritto con Flavio Ferri dei Delta V:

"Amici presenti passati e futuri, Vi scriviamo per raccontarvi un’idea che ci è venuta in mente negli ultimi giorni. Visto la situazione non proprio rosea, diciamo pure di merda, in cui versano sia la musica che tutto il resto, abbiamo pensato che i musicisti e tutti coloro che lavorano in questo simpatico ambiente debbano fare qualcosa, dare un segno vita, cambiare le cose. Non proponiamo nessuna rivoluzione anche se, nel caso qualcuno fosse della partita , non ci tireremmo indietro. Abbiamo pensato che anche da noi sia giunta l’ora di superare le barriere, spesso costruite da altri, che ci dividono. Vogliamo creare un movimento, una “scena" italiana (anzi tante scene per quanti sono i generi musicali che ognuno di noi rappresenta) che possa farsi sentire non solo nel nostro paese ma anche fuori dai nostri confini. Cooperare. Come? Abbiamo individuato per ora due diverse azioni da intraprendere: una che riguarda l’Italia e una che riguarda “l’altrove". Spesso, anzi sempre, ci lamentiamo del fatto che la nostra musica sia troppo spesso schiava delle radio, dei network che non ci passano, che non ci danno spazi, che hanno relegato la musica a un sottofondo per le chiacchiere dei conduttori. In Francia, da quasi 30 anni, un gruppo di musicisti e scrittori ha fondato una radio che si chiama Radio Nova che ha rivoluzionato il modo di fare e ascoltare la radio e che ha aiutato a fare emergere prima in Francia e poi nel mondo intero un vero e proprio movimento. Certo, sarebbe bello creare anche da noi una radio gestita dai musicisti, dagli artisti, da chi veramente vuole proporre qualcosa di diverso dal vendere spazi pubblicitari. La legge sull’emittenza non ce lo consente. Comprare una frequenza radio su Milano, ad esempio, costa almeno tre milioni di euro. Però è anche vero che in Italia esistono più di tremila radio locali che hanno una forte presenza sul territorio. Proposta: e se noi dessimo a tutte queste radio un programma giornaliero fatto da noi, presentato da noi, con la musica che ci piace, con la musica che facciamo, non sarebbe un primo passo che dimostra che anche in Italia c’è una volontà da parte degli artisti di fare qualcosa? In pratica sarebbe molto semplice: a turno ognuno di noi, in coppia con altri artisti, in compagnia del proprio cane, di un giornalista musicale, di un filosofo o di un clown potrebbe registrare (e i mezzi tecnici per farlo oramai li abbiamo tutti) una o più puntate di un paio d’ore in cui potrebbe fare tutto quello che gli pare e poi metterle su un ftp da cui le radio locali potrebbero scaricarlo e trasmetterlo. A loro non costerebbe assolutamente nulla e sarebbero felicissimi di farlo (i contatti li abbiamo già presi). Noi copriremmo tutta l’Italia e riusciremmo a farci sentire e conoscere per chi siamo veramente. Tutto questo avrebbe una ricaduta positiva sul nostro lavoro, sul lavoro di tutti noi. Pensate al fatto che dopo qualche mese, se la cosa funzionasse potremmo cercare sponsors che possano finanziare i progetti della nostra comunità (festival, eventi e quant’altro). Pensate al fatto che arrivando sul territorio potremmo aumentare l’interesse di promoters locali. Tutto questo in maniera assolutamente semplice, onerosa ed impossibile per un singolo ma facile e senza costi per una comunità che abbia gli stessi intenti. Col tempo si potrebbe sviluppare anche una web radio (ma senza l’etere in Italia si corre il rischio di passare inosservati), si potrebbero sviluppare contatti che per un singolo sarebbe impossibile sviluppare. E qui parte l’idea dell’ “altrove" il presupposto è sempre lo stesso. Perché all’estero non riusciamo a far passare la nostra musica? Perché non riusciamo a suonare con assiduità anche fuori dai nostri confini? Perché all’estero quando parli di musica italiana passa solo l’idea del mandolino suonato da pulcinella? Perché negli USA, in Australia o in Inghilterra nessuno sa che gruppi come i Lacuna Coil, i Bloody Beetroots o i Crookers (giusto per citare alcuni esempi di successi all’estero di nostri amici) sono italiani? Perché tutti sanno che i Daft Punk o i Justice sono francesi? Perché lì c’è una scena forte, perché i musicisti cooperano, si aiutano si scambiano contatti e consigli. Qui da noi c’è la tendenza a coltivare il proprio orticello avendo paura che quello dell’altro sia più grande. Prepariamo degli zip di musica prodotta in Italia e facciamoli scaricare gratis pubblicizzando la cosa da tutti su tutti i social networks. Con i fondi degli sponsors raccolti dall’operazione delle radio potremmo pagare uffici stampa stranieri che parlino del movimento di musica italiana. In questo modo si riuscirà a scavalcare le frontiere piano piano ma in massa. Come hanno fatto negli anni ’60 la “british invasion" Necessario per tutto questo è dimenticare l’egoismo e la paura che altri possano avere più successo di noi. Collaborare insieme senza perdere la propria individualità. Collaborare insieme con l’idea che il bene degli altri è anche, e soprattutto, il nostro. Se volete far parte del circo non ci sono né soldi né gloria ma la forza di un’idea. Rispondeteci applaudendo o insultando, proponendo o distruggendo. Noi partiamo da oggi. Flavio e Livio"
Tutti coloro che agiscono al di fuori dei mezzi ordinari di comunicazione e discografia.. e poi dai un occhio sul nuovo singolo dei Lambda Necrologie d'amour e assolutamente il nuovo disco di Max Zanotti oltre che quello di Congo rock!!"
Hai presente battaglia navale Livio? Ecco, direi che mi hai colpita e affondata! Dunque proseguiamo perché non saprei cosa altro aggiungere... sono fisicamente a bocca aperta dalla gioia per ciò che mi hai risposto! Dunque.......... direi di proseguire..................
Hai avuto una carriera brillante fino ad ora, si sa, ma cosa ti piacerebbe fare in futuro? quali sono le tue aspirazioni?
"Non credo di avere avuto una carriera brillante , ma punto sempre a migliorarmi e se possibile confrontarmi con il mondo e non solo con l'Italia. Vorrei produrre qualcosa in campo internazionale e poi fare un bel tour mondiale dove suonare e non solo!!"

Quali sono le cose che ami di più in assoluto oltre alla musica? 
"Amo la cucina anche se non si direbbe , mi piace molto cucinare e mangiare , amo la filosofia orientale e quindi in qualche modo anche essere sempre in contatto con il mio corpo attraverso lo Yoga , ma non sono un adepto della "new age". Mi piace trovare ciò che c'è di valido in ogni tipo di dottrina e filosofia. Amo la scienza, ma anche la spiritualità. E non per ultimo amo l'amore verso tutti e tutto."
E non per ultimo amo l'amore verso tutti e tutto" ... e ... La musica che ascolti di più?
"Tutta!! Ultimamente classica ed elettronica (electro, dubstep, new wave)."
I migliori artisti italiani del nostro tempo secondo te?
"Non riesco a stilare classifiche e sicuramente dimenticherei qualcuno. Comunque direi Battiato, DeAndrè, Battisti, DeGregori, Dalla ed altri."
Tu sei anche produttore cosa consigli ai giovani, agli emergenti che tentano la strada della musica?
"Fate quello in cui credete senza preoccuparvi del successo e credendo fino in fondo in ciò che fate. Siate autocritici e severi con voi stessi e non cercate il successo facile, la qualità paga sempre. Datevi da fare , il musicista del 2011 non è solo musicista , ma è cittadino del mondo e conosce i mezzi di comunicazione. Si auto - produce, si finanzia , si promoziona , insomma ha una visione a 360 gradi."
Di qualcosa che ti viene in mente adesso...
"Se dobbiamo vivere nella globalità cerchiamo di conoscere il mondo in tutte le sue forme, razze e colori. L'ignoranza distrugge la civiltà e senza cultura siamo poco più che animali pensanti."
Grazie Livio, sei eccezionale.

Link:

giovedì 9 giugno 2011

Grazie


Dove mi porterà
questa strada lunga e grama?
saltello da un sasso all'altro,
tra un filo d'erba e l'atro,
tra un ramo secco
e una bacca caduta a terra.
Dove mi porterà
il cielo che sto vedendo?
Piango e rido,
mi arrabbio e mi proteggo,
ti abbraccio e mi rafforzi...
Se non ci fossi tu,
nemmeno ci sarebbe la strada,
se non ci fossi tu,
nemmeno mi chiederei
dove la strada possa portarmi
e, probabilmente, non sarei più qui.
Se non ci fossi tu,
sarei già soffocata tra i rovi
e non vedrei più i miei sogni
e i miei oceani di parole.

sabato 4 giugno 2011

No silence


Sono seduta sul divano e la mia dolce metà è già a nanna perché domani lavora. Gli unici rumori che sento sono il leggero ticchettio dell'orologio da parete - a forma di batterista che suona - , il grillo di fuori, che ora ha smesso ma fino a che non ci ho pensato ha continuato a cantare (sarà telepatico? forse un mentalista?) e il fruscìo di qualche automobile che passa ogni tanto. Penso di aver accoppato tutte le mosche che stanotte potrebbero infastidirmi e ho appena finito di leggere qualche pagina di un bel libro (che avendo fatto "il suo dovere" ora sta godendo del meritato riposo sul tavolino bianco). Tornando a noi e al motivo per cui l'istinto mi ha portato alla penna, penso che il modo più giusto di iniziare sia quello di raccontarvi cosa la mia mente ha immaginato, in pochi secondi, prima di iniziare a scrivere. Ho visto la chiara immagine di un quadro vivente: era un monotono di color ocra giallo scura e la rappresentazione in movimento (pur se lieve), era costituita perlopiù da sagome di persone; un gruppo di persone sulla destra, come se fossero un'unica amalgamata chiazza di colore senza definizione tra le sagome: quasi una mistura di colla e acrilico se devo dare materia all'immateriale. Dunque, ho visto queste persone appostate su un pavimento e uno sfondo dello stesso colore, parlare tra loro, borbottare, chiaccherare. E' la prima immagine che la mia testa - e ovviamente il mio spirito - hanno associato al pensiero del silenzio inteso in modo "universale" o che dir si voglia "plurisignificante". Tutto questo "viaggio mentale" ha avuto origine dalle pagine di quel libro: parlavano di un' Italia che stava perdendo i suoi valori (trentasei anni fa). Non potevano, quelle pagine, non farmi partire quello che io giocosamente chiamo "il criceto del cervello". Dove voglio arrivare? calma e sangue freddo: il criceto ha i suoi tempi. D'altra parte lessi un giorno che "quando la vita è sogno, la libertà è romanzo" e in questi momenti mi ritrovo sempre nel sogno e nel romanzo, pur parlando di cose concrete. Bene (o meglio sarebbe dire male visto l'argomento): il silenzio lo vedo nel decadimento generale, lo vedo nella diffidenza (spesso giustificata e per questo ancora più triste). Il silenzio lo vedo "nel mercato", lo scorgo nella scelta di non dir nulla di tanti. Lo vedo negli occhi rattristiti, preoccupati, amareggiati. Lo vedo in quegli occhi che invece strabuzzano fuori "dalle loro orbite" per smania di potere, fama, soldi. Il silenzio lo vedo nelle menzogne spacciate sino allo sfinimento come verità. Lo vedo nella freddezza e nelle persone che per disperazione non credono più che qualcuno possa voler dare tanto senza voler nulla in cambio e che lo fanno solo perché credono in qualcosa di grande. Il silenzio lo vedo in tanti giovani che, più fragili di altri, hanno smesso di lottare. Lo vedo persino nella sigaretta che sto per accendere anche se non potrei. Lo vedo nei "casi irrisolti", nei "misteri" così falsamente indecifrabili; lo vedo nella perdita di passione nella vita e per la vita. Lo vedo nelle poche possibilità dei talenti di emergere, ma anche in coloro che hanno smesso di tentare di cogliere quelle poche. Lo vedo nella mancanza di occasioni per il futuro dei più, nella paura diffusa, ma anche nella perdizione diffusa (e di perdizioni ce ne sono tante). Lo vedo nell'incoscoscienza di coloro che fanno delle nozioni tutto e del sapere il nulla. Lo vedo nelle brutalità degli uomini verso altri uomini (serve un elenco?). Lo vedo nella mancanza di giustizia e verità, nella falsa tolleranza che già nell'uso è intollerante e per questo intollerabile. Lo vedo nelle lacrime ignorate e per forza di cose in coloro che le ignorano. Lo vedo ovunque il silenzio, in tutte le forme possibili.. parlando in questo momento delle sue forme negative naturalmente. Si perché, io dico, è certamente meglio il silenzio paradisiaco che mi circonda in questo momento (il grillo intanto ha ricominciato a cantare). Ad ogni modo, per mia natura, non riesco proprio a tacere.

giovedì 26 maggio 2011

Nonsense



Se fosse,
il delirio delle genti
un non senso artistico
avrei di che gioire.
Se fosse,
il massacro della bellezza
un assurdo poetico
avrei di che rallegrarmi.

lunedì 23 maggio 2011

Reality


Volti sciolti in successione
voci di piombo, il terrore.
Gli occhi tuoi sbarrati,
il respiro affannato dalla corsa.
Non avere paura.
Non possono farti del male
se non lo vuoi: tu non volerlo.
Quando avrai timore della paura,
la paura stessa ti sbranerà.

martedì 17 maggio 2011

domenica 15 maggio 2011

Una notte con le sue parole


Sto leggendo "Lettere luterane" di Pasolini che fu, come saprete, uno dei più grandi intellettuali e artisti italiani del novecento. Un'anima indescrivibile e, per chi la vuole accogliere, leggibile. Facendo scorrere queste sue righe mi immagino il timbro meraviglioso e riconoscibile ad occhi chiusi della sua voce dolce, affettiva e ferma.

E' notte e in qualche modo posso dire di essere tra il tramonto e l'alba.

Mi sembra proprio di averlo qui, un po' stanco ma ancora acceso; mi sembra di essere di fronte a lui, incantata dalle sue parole e dalla maestria con la quale egli le sa far entrare nel mio cuore e nella mia testa con eleganza e delicatezza.

Che fortuna, penso tra me e me, per chi almeno una volta nella vita ha potuto chiamarlo Pierpaolo.

Proprio ieri sera ho rivisto uno speciale in tv che trattava della sua morte, dei misteri, dei possibili retroscena. Evidentemente la prima volta che lo vidi mi ero persa qualche pezzo. Non avevo visto la scena più orribile e forse non è un caso, forse al tempo non ero pronta per assistervi.

Il suo viso, quel viso così rassicurante, interessante, con quello sguardo incredibile, pieno, reale più che mai... Il suo viso... completamente sfigurato, spappolato, orrendamente deturpato.

Anche in quel caso, insomma, la barbarie disumana ha avuto il sopravvento sulla bellezza dell'essere umano.

Troppo scomodo, troppo autentico, tanto da risultare pericoloso.

Che bello, mi soffermo un secondo, sto scrivendo a matita e il rumore del suo scorrere è un perfetto sottofondo per questa notte; questo fluire però non basta a levare dai miei occhi il suo viso prima e il suo viso poi.

In tv oramai si vede di tutto e di più, ma vedere il viso di Pierpaolo così, mi ha sconvolto come fosse stato un caro amico, un maestro, un familiare. Così rifletto e non mi è difficile pensare che tutto questo mio sconvolgimento non ci sarebbe stato se lui non fosse riuscito con così tanta spontaneità a dare a me e a tanti altri un universo da esplorare, un mondo da vivere e sentire, il suo mondo nudo e crudo, ma anche speranzoso e sognante. 

In letture precedenti come per "Lettere luterane" scorgo questo suo essere spaventosamente e meravigliosamente nitido. Nitido si, è il termine esatto.

Lui, come ogni grande, sapeva che generazioni molto lontane dalla sua lo avrebbero letto ed è sconvolgente quanto questa sua premunizione si incroci alle predizioni di accadimenti che oggi abbiamo di fronte agli occhi ogni santo giorno.

Lo immagino anche come un uomo molto dolce, del resto era ed è poeta...

Me lo immagino ancora bambino nel mezzo della bella natura friulana che gli ha ispirato i suoi primi versi; me lo vedo adolescente e giovane adulto nell'amata Bologna, lottare passionale e impegnato fino al midollo per ciò in cui credeva e per ciò che di nascita di era stato donato.

Donato. Nato. Nato poeta. Si, poeti si nasce.

Mi sembra strano, forse presuntuoso da parte mia, ma d'altronde ciò che sto per dire è semplicemente ciò che lui stesso mi ha dato e mi sta dando; ciò che sto per scrivere timidamente altro non è che ciò che mi ha fatto sentire e con passo felpato mi appresto ad esprimerlo, con reverenziale pudore.

Mi sembra di sentire ciò che aveva nel cuore, nel profondo dell'anima, nella testa, come se fosse vivo e come se io avessi avuto la grande fortuna di conoscerlo.

Queste percezioni, questo forte sentire è cosa grande e rara.

Non solo perché ovviamente non tutte le persone amano così tanto la scrittura e la lettura da essere spontaneamente coinvolti in un simile accento di emozioni, ma anche perché tra i grandi artisti c'è sempre quello o quelli che più di altri ci rapiscono il cuore.

Non è solo una questione di "gusto personale", io credo; è una sorta di pura e incondizionata affinità spirituale per tutto ciò che queste potenze della natura hanno saputo darci nel mezzo della nostra frenetica vita.

Per non allargare troppo il discorso concluderei dicendo semplicemente che è terribile, spaventoso e dall'altra parte della medaglia meraviglioso, quanto quell'immagine mi abbia sconvolto.

Ad ogni artista, poeta o musicista, pittore o scultore che sia, che nella nostra esistenza ha lasciato e continua a lasciare un segno profondo, dovremmo trovare il tempo, intimamente, per dire grazie, anche se magari, come in questo caso non c'è più e non ci può sentire...

"Grazie... perché dentro di me ci sei anche tu ... Buona notte, Pierpaolo."


venerdì 13 maggio 2011

Negli occhi


Ecco: quando gli occhi ti chiedono consenso per vedere e sopportare i delitti dello sguardo. Occhi destinati a vedere la bellezza, strappati alla meraviglia per essere violentati da immagini di metallo. Ti chiedono consenso perché non vorrebbero e tu nemmeno. Volgi allora lo sguardo altrove sperando e in quello sguardo puntato verso il sogno, incidi tutto l'amore che hai.