domenica 11 novembre 2012

Grazie a tutti...

La mia prima presentazione è stata meravigliosa... ringrazio Viviana Filippini, moderatrice dell'evento, collaboratrice del "Giornale di Brescia" e grande appassionata di libri; una persona squisita che sono veramente felice di aver conosciuto e con la quale so che collaborerò ancora in futuro. Ringrazio Laura Alghisi, vice sindaco e Assessore alla cultura del mio paese, anche lei una splendida persona e un'amica. Ringrazio la Bcc che ha ospitato l'evento, per la disponibilità, l'entusiasmo e la gioia dimostrata. Ringrazio tutti i miei più cari amici e sostenitori: Elisa, Stefano, Domenico, Tiziana e Battista, il Giba (il grande artista autore dell'immagine di copertina di "Punti senza fine"), tutta la combriccola dei "totali" e tutte le persone presenti alla presentazione (ed anche coloro che avrebbero voluto esserci ma non hanno potuto). Ringrazio la mia famiglia, la migliore famiglia del mondo... e ringrazio il mio compagno, l' amore della mia vita... E grazie... a tutti i miei lettori, dai più affezionati ai più recenti, tutti voi mi date una grande carica. GRAZIE.

giovedì 1 novembre 2012

Le stelle e l'universo: tutto rinasce

 
Nell'immagine: due galassie che si fondono

I buchi neri, come sappiamo, sono gli elementi più misteriosi dell'universo. In realtà molte cose sono state scoperte dagli studiosi, ma il più delle cose, come d'altronde per il resto dell'universo, rimangono un mistero. Sappiamo che ci sono diverse tipologie di buchi neri e in generale, si sa che a un buco nero nulla può sfuggire. La sua forza gravitazionale è tanto forte che anche a miliardi di Km di distanza dal suo orizzonte degli eventi (il punto da cui nessun oggetto può fare ritorno poiché entra nella "spirale" del buco nero) gli oggetti vengono attirati inesorabilmente. Ci sono buchi neri che, per le loro caratteristiche, ci polverizzerebbero nell'immediato da distanze anche molto vaste se noi provassimo ad avvicinarci al loro interno ed altri che ci permetterebbero di arrivare all'orizzonte degli eventi, ma una volta raggiunto, l'effetto rotatorio, la gravità e il riscaldamento degli elementi, ci scioglierebbero di sicuro. Per dirne una e non più di una - anche perché questa non vuole essere certo una "lezione di fisica" o simili - esistono i così denominati "buchi neri stellari" o "buchi neri di massa stellare" che sostanzialmente, secondo gli studiosi, nascerebbero dal collasso gravitazionale di una stella massiccia (che dovrebbe essere grande come o più di venti soli, anche se per vari motivi gli scienziati ancora non sono certi di quanto dovrebbe essere la massa minima di una stella). Quando la stella esaurisce il suo "carburante", quindi gas d'ogni sorta, comincia a collassare su se stessa (ovviamente sto riportando in modo molto semplice ciò che ricordo a memoria; non sono certo una scienziata) per effetto della gravità. La stella continua a lottare per continuare ad esistere e ci sono miriadi di processi e fasi che la stella affronta in questa lotta. Alla fine... non muore davvero! si trasforma di continuo e in ultimo, l'oggetto esplode in una supernova che da vita a una nuova stella (o se vogliamo vederla in questa luce, la stella è sempre la stessa ed è come se rinascesse, come se tornasse bambina). In altri casi, a quanto mi sembra di aver capito, la stella collassata si trasforma in buco nero che, a seconda delle sue caratteristiche viene classificato in una certa tipologia e che può essere più o meno attivo a seconda degli elementi che lo circondano e di cui dunque può nutrirsi. Anche il buco nero ha una sua funzione certamente, anche se l'uomo ancora non è arrivato a capire tutto. Ce ne sono tantissimi, uno al centro di ogni galassia. Perché sto scrivendo tutto questo? semplicemente perché quando si viene a conoscenza di alcuni, solo alcuni, dei processi che fanno parte dell'universo, non solo si pensa a quanto siamo infinitesimali rispetto al tutto (che è alquanto ovvio) ma ... beh... è inevitabile pensare a quanto tutto questo, l'universo e tutti i suoi fenomeni, sia ... perfetto e ordinato, quanto tutto, ma proprio tutto, abbia un ben preciso senso. Anche nel caso la stella diventi buco nero, continua a vivere, anche se in un'altra forma. Pensiamo per esempio a quando due galassie si scontrano... prima o poi accade, perché guarda caso sono tutte in rotta di collisione, compresa la nostra, con un'altra galassia; quella più grande assorbe quella più piccola (noi verremo, tra circa cinque miliardi di anni si dice, assorbiti dalla galassia di Andromeda) dando vita a quello che in gergo scientifico viene chiamato "cannibalismo galattico" ma che a parer mio (dal punto di vista di una non scienziata, tra l'altro appassionata di poesia) è, sì, un evento "catastrofico" per l'impatto e le forze che ne derivano, ma da' comunque vita a un'altra galassia e dunque a qualcosa che, ancora una volta, è estremamente meraviglioso... Dove voglio arrivare? beh, sto scrivendo come sempre facendo susseguire tutte le cose che mi balzano in testa e forse a qualcuno sembrerò anche "disordinata", ma in realtà è semplice: io, da comunue mortale mi dico "no, non è possibile che tutta questa precisione sia casuale" e in effetti non lo è, tutto ha un motivo (nell'universo come nei processi naturali terrestri...) e quando gli studiosi raccontano di questa meraviglia o teorizzano che il nostro stesso sistema solare, in tutta la sua precisa perfezione, sia nato da un'esplosione galattica che, casualmente, ha dato modo alla terra di essere alla distanza giusta dal Sole e dalla Luna o... insomma... come può essere che la vita sia un caso? è opinabile ciò che dico, certo, è solo il mio punto di vista, ma personalmente ritengo impossibile che l'amore, in tutte le sue forme, e la natura, con tutta la potenza e la grandiosità che ne fa parte, possano aver preso vita da un semplice caso o che nell'universo, ciò che accade, sia dettato dallo stesso. Un caso che ha regole e processi, esplosioni che danno vita ad altri mondi, stelle e galassie che in realtà non muoiono mai... E i buchi neri, che sono così terribilmente potenti, ma che anche loro, come le cose negative della vita, hanno un preciso senso e danno vita a qualcosa d'altro. L'uomo continuerà sempre a chiedersi il perché di tante cose, anche le menti più brillanti, ma basta pensarci un po' su, per trovare alcune delle risposte. Credo, in fondo, che tutte le risposte siano già dentro di noi, nel nostro cuore e nella nostra anima. In fondo, siamo davvero, chimicamente fatti di... "polvere di stelle".

Lara Aversano

giovedì 30 agosto 2012

giovedì 23 agosto 2012

Omar Pedrini: una chiacchierata con Zio Rock



ph Marco Donazzan

Penso sia superfluo tentare di riassumere la storia artistica di Omar Pedrini. Omar ha creato e realizzato talmente tante cose che sarebbe impossibile sintetizzarle senza lasciare da parte qualcosa di importante e bello. Quei pochi dunque che non dovessero conoscerlo, per la sua storia con i Timoria prima e per la carriera solista poi, dovrebbero cominciare prima di tutto ascoltando la sua musica e poi... andando a leggere la sua storia (per esempio sul sito ufficiale: www.omarpedrini.com). Omar è una persona di estrema sensibilità, un uomo riflessivo, un talento innato cresciuto sempre di più attraverso un percorso eccezionale e ricco. Per quel che posso, sono onorata di  potervi accompagnare con questa nostra chiacchierata nel mondo dello Zio Rock.  Dalla Musica alla Poesia, dalla passione per le arti alle collaborazioni e all'amicizia, dal bene verso gli altri a quella parte di mondo che si è persa per strada... 


- Allora Omar... la prima cosa che mi viene in mente di chiederti è... come spiegheresti il termine e il concetto di Musica a qualcuno che non sa che cos'è? Naturalmente senza avere a portata di mano uno strumento musicale e senza cantare! 

"Beh... la musica è un concetto primordiale, è stato il primo modo di comunicare dell'uomo, anche un bambino, qualsiasi essere umano sa cos'è... è un linguaggio universale..."

- Certo ma... se davvero esistesse un posto in cui non c'è musica?

"Beh... da quando esiste l'uomo esiste la musica, dall'uomo primitivo che la faceva percuotendo tamburi all'aborigeno che la crea soffiando nei suoi didgeridoo … da sempre l'essere umano comunica con la musica, quindi... forse potrebbe non esistere in un popolo fatto solo di sordomuti, ma la musica è un linguaggio che è... questo... è una vibrazione ancestrale. La spiegherei probabilmente, se parliamo di un “mondo fantascientifico", dicendo che il battito del cuore di ogni essere umano o di ogni mammifero è già musica, è ritmo, percussione, quindi la paragonerei al battito del cuore se proprio dovessi spiegarla a parole..."

- Ok... Sei un amante della poesia, nel 2001 hai pubblicato anche una raccolta,  "Acqua d'amore ai fiori gialli" ... qual è o quali sono il poeta o i poeti che più ti hanno lasciato il segno?  E, domanda conseguenziale, un libro che ti ha dato più di tutti gli altri?

"Ecco il termine giusto è proprio amante della poesia e non poeta; ci tengo a sottolinearlo, per quanto riguarda ciò che pubblico. Le mie passioni sono tante, quindi ti dirò i nomi che per primi mi vengono in mente perché sono stati sicuramente i più importanti. Quindi ti direi... Pavese, Majakovskij, Pablo Neruda... questi su tutti, poi più recentemente Kavafis. Mi fermo qui perché sono già quattro nomi molto molto importanti direi!"

E un libro che ti ha fatto crescere più di altri, che ti è rimasto nel cuore? 

"Beh, i libri della mia crescita sono sicuramente quelli di Herman Hesse; sono stati i libri della mia adolescenza, quindi certamente quelli e poi i classici ... l'Odissea e i testi Omerici..."

Sei un musicista, un intellettuale, un autore, un poeta, sei stato attore, sei un produttore... come definiresti la tua "lente artistica"? come vede il mondo intorno Omar Pedrini?

"Eh … io il mondo lo vedo molto male per quanto riguarda i nostri tempi; credo siano tempi molto superficiali, in cui si stanno perdendo le capacità primordiali di quella che dovrebbe essere la civilizzazione; l'uomo sta perdendo tutto, sta tornando primitivo e maleducato però se faccio questo lavoro è perché cerco di parlare alla parte più sensibile dell'umanità e a volte lo faccio anche con altre forme d'arte, è importante per me... per esempio esprimermi con il teatro. “Intellettuale" è una parola che rifuggo perché per essere intellettuali oggi basta saper usare il congiuntivo purtroppo, un tempo la parola intellettuale aveva un altro peso …"

Infatti non intendevo “intellettuale di plastica"… 

"La cosa importante per me quando insegno all'Università o durante i concerti è comunicare; ecco mi sento un comunicatore, forse è questa la mia dote, la mia essenza..."

Hai realizzato diversi progetti interculturali, come Brescia Music Art e hai partecipato anche a iniziative artistiche nate e portate avanti per beneficenza...

"Per quanto riguarda le cose benefiche beh... sono un' "ossessione" che non riesco a superare perché si rivolgono a me tantissime persone e dico sempre di si; spero un giorno di riuscire a limitare gli interventi benefici perché spreco tante energie, mi pago le spese e tra un po' dovranno fare beneficenza a me!  Se anche solo una persona, tra quelle che hanno beneficiato dei miei concerti, comperasse un mio album sarei Ligabue! Questo per dirti che non lo si fa assolutamente per un ritorno perché ritorno non ce n'è. Poi purtroppo ci sono persone che beneficiano di te, del tuo modo di essere e poi se ne dimenticano... ti ringraziano, ti stringono la mano, ma poi non è che ti mandano i biglietti di auguri per Natale, salvo rarissimi casi... Oramai c'è questa idea per cui l'artista è sensibile e quindi... e nel mio caso purtroppo è così e ti chiedono sempre ti far qualcosa e tu non riesci a dire di no..."

Ma poi spesso ci rimani male...

"La vera beneficenza è quella che facciamo noi, nella nostra vita privata e soltanto le persone che mi stanno vicino potrebbero dirtelo... La beneficenza la faccio perché se la chiedono a me o altre persone che non si impegnano nella beneficenza solo per due concerti all'anno in piazza dove tutti possono vederli, ma anche in tanti concertini, tante partecipazioni, è perché ci sono dei vuoti... ci sono dei vuoti nella politica, nella società e le persone che avrebbero bisogno di aiuto sono lasciate sole... quindi … ecco perché a volte gli artisti sono “costretti" ad andare a fare delle cose; non sarebbe il nostro mestiere no? Perché per esempio non fanno fare certe cose ad altre categorie, molto più ricche di tanti musicisti, come i dentisti, gli avvocati... i calciatori..? se tu dai un'occhiata su Internet il novanta per cento della beneficenza è fatta da musicisti, scrittori... si, ci sono due o tre eventi all'anno in tv, ma di solito hanno anche un ritorno pubblicitario... Insomma mi rendo conto, dopo tanti anni di carriera che quasi sempre è fatta dai musicisti, dai cantanti  e tutto questo lo trovo di “cattivo costume" perché noi, come dice Vasco - che invece è uno che non fa mai niente di benefico pubblicamente, ma fa molto in privato - “la beneficenza io la faccio privatamente, non chiedetemi concerti benefici". Questo è sintomo di onestà e di verità perché spesso nel nostro ambiente ci si mette in mostra attraverso la beneficenza, siamo arrivati anche a questo oggi! Magari qualche anno fa era una cosa più intima e sentita, mentre ora anche riguardo alla beneficenza... non si sa mai se sia un modo per dire “guardate come sono bravo e sensibile" o se invece si tratta di un sentimento vero. Quindi tocchi un tasto su cui mi sto ponendo tante domande ultimamente. Vedo che alcuni miei colleghi fanno solo le cose più grandi, altisonanti, dove c'è la radio o la tv e alla fine sono sempre quei pochi a fare le cose più piccole. Te ne parlo con un po' di dubbi, di tristezza..."

Certo... Nella Capanna dello zio rock c'è una splendida rivisitazione di “Mandami un messaggio" in cui duetti con Morgan che a quanto so è anche un amico oltre che un collega...

"E' sicuramente soprattutto un amico. Se faccio qualcosa, delle collaborazioni, le faccio sempre con amici più che con colleghi perché sono molto geloso della mia musica, quindi solitamente coloro che entrano a far parte della mia musica, dei miei album, sono prima di tutto persone a cui voglio bene e così è anche per Morgan..."

E perché hai scelto proprio Morgan tra i tuoi amici...?

"Ho scelto lui perché siamo stati a lungo amici, compagni di merende, si usciva alla sera... quando ho letto che era in difficoltà mi sono riavvicinato a lui, poi mi sono accorto che quel testo era perfetto e gli ho detto “dai facciamo qualcosa insieme". Noi per stare insieme dobbiamo fare qualcosa che sia del nostro mondo, la nostra musica, il nostro lavoro, altrimenti non ci si vede mai perché vedi, quando c'è da fare qualcosa insieme ci si trova per le prove, si va in studio, poi si va a cena perciò siamo stati tre giorni insieme e se ascolti le parole di quel testo ti rendi conto del perché tante persone, essendo venute a conoscenza delle difficoltà avute da Morgan e sentendo il pezzo sono rimaste colpite. Io sono uno in perenne difficoltà e quando diciamo “Partiremo insieme se lo vuoi, questo oro è finto/ Lasceremo insieme se lo vuoi questo labirinto/Fuggiremo insieme se lo vuoi, questo oro è finto" … beh tanta gente che non aveva mai sentito “Mandami un messaggio" ha detto: caspita, l'hai scritta proprio per lui! per un amico che offre una mano tesa a un altro amico; invece, come tu sai, la canzone era già uscita con i Timoria, anche se devo dire che questa collaborazione ha dato nuova linfa al pezzo e credo sia stata una cosa positiva. Penso tu abbia fatto bene a parlarne, credo sia il momento più toccante de “La capanna dello zio rock" o sicuramente uno di essi..."

Sai che amo l'argomento emergenti quindi... hai qualcuno da segnalare?

"Per gli emergenti ti segnalo un'emergente già mamma, già grande e bravissima che è Gildalì; lavora con me ed è una donna di una dolcezza infinita, quasi surreale. E' una mamma, una persona ed un'artista delicatissima, quindi in questo momento segnalerei proprio lei... Il suo non è rock, è un genere completamente diverso dal mio ma è molto toccante, delicata..."

Che mi dici riguardo alle esperienze di insegnamento all'Università di Milano, Brescia...?

"Beh è bello! è bello perché sicuramente ho a che fare con un “élite" intellettuale e quindi lì posso favorire il mio lato più sottile e lasciare in eredità qualcosa del mio percorso; quando sono lì cerco di lasciare a questi ragazzi le “armi" acquisite durante il mio percorso per affrontare il mondo dello spettacolo e della comunicazione, basandomi sul mio vissuto insomma."

Le tue collaborazioni sono state tantissime, con artisti italiani e stranieri. Ce n'è una che ti ha lasciato qualcosa di più? Che ti ha aiutato a crescere più di altre?

"Fammi pensare... l'incontro con Jodorowsky è stato molto toccante..."

Per spiegare a chi non lo conosce chi è cosa diresti ?

"E' impossibile raccontare Jodorowsky. Bisogna conoscere il suo approccio magico alla realtà, quindi invito ad andare a vedere con un click tutto ciò che ha fatto! con il cinema, nella letteratura, nel teatro... perché non sono degno di spiegare Jodorowsky! siamo ai confini tra la realtà e altre forme di energia! posso dirti certamente che è un incontro che mi ha segnato molto."

Il tuo incontro con il Dalai Lama...

"Dalai Lama significa oceano di saggezza quindi... è come abbracciare quest'oceano di saggezza, è... luce pura. L'ho incontrato tre mesi fa l'ultima volta, ho questo privilegio. Lo direbbe chiunque incontra persone di un tale carisma, un po' come per chi ha incontrato Giovanni Paolo II; certamente ha provato emozioni di questo tipo. Però il Dalai Lama rappresenta anche un popolo che è perseguito, ucciso e che sta per essere eliminato con la pulizia etnica dalla Cina; è  anche un leader politico ferito in questo momento sua Santità, non è soltanto un leader religioso..."


Omar, il colore del tuo spirito è...

"Il mio spirito spero... non saprei dirlo in realtà. Nasciamo con lo spirito... trasparente, poi purtroppo con l'età anche il mio … cerco di tenerlo tale, però … nel tempo mi sono anche armato di forza e a volte anche di rabbia... per difendere l'arte, per difendere il mio lavoro, per difendere i più deboli, quindi sono un “poeta armato" come ho detto in “2020 Speedball". Io se fossi il Dalai Lama cercherei di difendere il mio popolo quindi pur non amando la violenza... probabilmente adesso è grigio..."

La parola che ami di più...

"La parola che amo di più è … TERRA."

Terra. Quante cose dice questa parola... Grazie Omar, di tutto. Per la tua musica, per le tue parole, per i tuoi silenzi, per i tuoi sospiri e i tuoi percorsi. Per questa chiacchierata e per tutte le chiacchierate che fai con tutti coloro che ti seguono, attraverso la tua arte.




venerdì 20 luglio 2012

Nel vento


Scalcia l'aquilone
e le dune dei poeti
si fanno vie del ristoro.
Armi senza lama.
Per vincere vuoti
re di se stessi e di nessuno.

sabato 23 giugno 2012

Omar Pedrini - Live a Quinzano d'Oglio: incroci di energie



Omar Pedrini ieri sera si sentiva come a casa. Quinzano d'Oglio (Bs), sede del fanclub fondato in suo onore, lo accoglie al "Festorio", una festa che di anno in anno diventa sempre più bella e grande grazie alla passione e all'impegno degli organizzatori e di tutti coloro che ci lavorano, con una bella dose di entusiasmo. Fan storici giunti dal Piemonte stanno in prima linea davanti al palco con gente del posto in attesa del suo arrivo, mentre altre persone, giovani e non, si siedono alle loro spalle. Dopo aver gironzolato qui e la' dando un'occhiata ai libri sulle bancarelle e tentando di reidratarmi con acqua frizzante vista l'afa, cominicio a prendere posto vicino al mixer, il punto migliore per ascoltare il concerto. Luci: una sagoma comincia a sputare dal retro, Omar è arrivato e viene accolto naturalmente da un caloroso applauso. Nei saluti d' inizio concerto decide di raccontare le ragioni della serata parlando di "incroci di energie" e appunto, del suo sentirsi a casa... Ed è proprio questo sentimento ad introdurre la meravigliosa "Casa mia", portata a Sanremo con i Timoria nel 2002 e che lo stesso Omar dedica al pubblico bresciano variando sul finale in un bell'incrocio con "L'isola di Wight". Omar si augura che le nuove generazioni possano vivere in situazioni migliori delle attuali e sa per esperienza che spesso il vento va nel verso opposto al nostro percorso; la vita è piena di sorprese, ma il coraggio sta anche nel saper prendere il volo, anche controvento; saper combattere per i propri sogni e ideali nonché per il proprio diritto alla Vita. E' con l'augurio alle nuove generazioni che introduce "Senza vento", altro brano di grande peso nella storia dei Timoria: "Qualcosa di mio lo lascerò in questo mio tempo. Saltando nel vuoto aspetterò il nostro momento. Sono pronto, per volare senza vento". Coraggio ragazzi, siamo forti. Da qui il collegamento ad un accenno di "Riders On The Storm" (Doors)... [c'è un lieve venticello, più tardi pioverà?] e l'atmosfera si fa certamente ancora più magica. A fine del brano Omar chiama sul palco Enrico Ghedi, storico amico e tastierista dei Timoria con il quale si ritrova per questo tour e che va ad unirsi al bravissimo Giancarlo Zucchi che fino a quel momento ha suonato con Omar: tastiera, chitarra, voce. Niente di più semplice, ma come Omar stesso ricorda, le cose semplici, spesso non sono semplici da realizzare e sono generalmente le meglio riuscite. Per farla breve: "semplice" non è, ovviamente, da confondere con "semplicistico". Quanto adoro il peso delle parole. Bellissimi gli sguardi d'intesa tra i musicisti, fanstastica l'energia che si crea sul palco fin dall'inizio. Divertentissimo lo sketch iniziale all'entrata del maestro Ghedi: Omar ed Enrico decidono di salutarsi in stile giapponese e con un accenno di Omar, dal testo personalizzato e dedicato all'amico, de "Il ballo del mattone": ".... con te! con te! con te! che sei la mia passione! io suono, Via Padana Superiore!". Omar ci tiene a ricordare il libro scritto e pubblicato dal maestro Ghedi affermando che "trasuda sangue e vita" ed è in quel momento che Ghedi comincia ad accompagnare il poeta Igor Costanzo nella lettura di una delle poetiche contenute nel libro. A fine poesia, Ghedi e Costanzo scendono dal palco per tornare successivamente. Ghedi risale sul palco poco dopo e insieme danno il via alla precedentemente citata "Via Padana Superiore": "Cade la pioggia e piovono i ricordi, a questo foglio non so che dire ormai"; la voce di Omar è calda, bella, direi "in forma". Continuando a ringraziare Giancarlo Zucchi (o Giancarlo 'Manzarek' Zucchi, come lo chiama Pedrini) arriva il momento di "Lulù" e "l'incantesimo delle sue labbra" riempie l'aria attarverso la voce del cantautore. Ecco, ora è dura. Arriva... sta per arrivare... Personalmente "Sangue impazzito" mi "distrugge", positivamente questo è certo. Omar introduce il pezzo raccontandone la nascita: una mattina, di ritorno da una serata di eccessi, Omar incontra alcune persone che stanno per andare in chiesa e qualcosa scatta dentro di lui, così nascono i meravigliosi versi di una delle canzoni/poesie, che a parer mio e non solo, rimane una delle più belle in assoluto del repertorio Timoria: "... e penso che un tempo, quel tempio era mio e mi chiedo perché un giorno ho detto... addio ". Dopo aver coinvolto anche uno degli storici fan nei cori, oltre che il maestro Ghedi e Gilda Reghenzi, Omar ricorda l'intramontabile "Joe" e lo spettacolo continua. "Scalda la voce Gilda, che fra poco tocca a te!" - e in effetti poco dopo Gilda risale sul palco per cantare "Ultima Poesia" un brano scritto da Omar proprio per lei. Arriva poi un altro momento di personale grande emozione: "Sole Spento". Gilda rimane sul palco, Ghedi e Zucchi "play together" (in tutti i sensi: suonano e giocano). Nell'esecuzione del brano c'è spazio anche per una deviazione su "Get Up, Stand Up" di Bob Marley, per poi ritornare sulla meravigliosa "Sole spento". Dopo questo brano Omar e tutti gli altri fanno una breve pausa e al richiamo dei fan più vicini Pedrini rientra, parlando del delicato tema delle morti sul lavoro e introducendo così "Giorno per giorno" (da "La capanna dello zio Rock"), una canzone scritta in occasione della tragedia che colpì gli operai della Tissen. Un pezzo richiesto, non previsto ma ben riuscito: "Iniziamo. In Là minore" dice. Si è quasi giunti alla fine ed Omar ricorda di quando, ricoverato in ospedale... diciamo così:  "rimase colpito" dalla bellezza di una delle infermiere che lo assistevano e in particolare racconta di come fu positivamente "scioccato" da un episodio che coinvolse la donna e che gli ispirò per l'appunto il brano "Shock" (da "Pane, burro e medicine"): divertente, ironico, realistico. A chiudere il concerto un'improvvisata "Mexico" e i saluti finali: "Grazie a tutti, al prossimo anno e auguri Hidalgo". Alla prossima Omar...




 



 





sabato 9 giugno 2012

Sul filo


Ondeggia, traballa,
dondola, cade, forse.
Logoro, bruciato, schiacciato,
devastato, ha paura, forse.
Paura del buio,
la stessa che aveva da piccolo,
ma ora se lo va a cercare, a volte.
Paura di quello che vede
in se stesso di sicuro,
intorno, è quasi certo.
Consuma e si consuma,
perde tempo, lo rincorre,
non lo trova, forse.
"No, non ho paura,
non ho paura", grida.

martedì 5 giugno 2012

Quadrittico


Vedo alla finestra un flebile scorcio di luce, non c'è nebbia oggi, ma le nuvole si apprestano a coprire il cielo, forse pioverà; le piante sembrano assonnate, verdi talune, rossastre e gialle in altri casi, vestite di foglie ciondolanti. Le case vicine, lo scorcio del cielo dell'orizzonte, un giorno che cala, un altro che fra poche ore di sonno inizierà.

Vedo alla finestra un cielo cupo, non c'è luce e il freddo entra nelle ossa più che durante altri inverni. Le piante sono in letargo, ghiacciate, ma non nei sensi; durante il sonno sognano, sogni belli. Le case sono come tane, accolgono i bambini di ritorno da scuola tutti infreddoliti, imbottiti di sciarpe e guanti, così come le mamme, i papà, gli innamorati che finalmente si ritrovano al nido e tutti gli altri. Il giorno cala presto, in questo periodo vuole riposare un po' e il calore di noi stessi, delle persone vicine, della nostra dimora, è la dimensione in cui vivere il nostro giorno, fino a quello dopo.

Vedo alla finestra un candido scorcio di luce, non ci sono nuvole oggi e il cielo s'appresta a farsi gioia di se, di certo per oggi non pioverà; le piante si stanno vestendo di colori diversi, i fiori contornano le rive del paese, proprio come il contorno felice di un fiume che si risveglia con la nuova stagione. Le case hanno luce nuova, l'orizzonte festeggia e quando il giorno cala per lasciar posto alla serena sera, si intravede già il rossastro presagio di un giorno che viene.

Vedo alla finestra una luce potente, quasi accecante, la meraviglia. Il cielo è di un azzurro come pochi, sembra dipinto a mano da un impressionista o ... da un surrealista! Durerà a lungo, durerà tanto e le piante si stanno ricaricando di vita nuova, di energia sincera. Le case sono aperte al mondo e si cullano in quest'abbondanza di luce vagabonda che in ogni cosa trapela. L'orizzonte è infinito, ancora di più e quando la sera arriva è luce che si ristora, come a dissetarsi, nell'attesa del nuovo Sole.

giovedì 31 maggio 2012

Intervista a Giuseppe Suma: foto, video e musica


Giuseppe Suma è un ragazzo che ha donato se stesso alla fotografia a soli cinque anni e che ha incontrato la musica alla tenera età di otto. Un uomo di indiscutibile intelligenza, un professionista serio con il valore aggiunto dell'umiltà e di una sensibilità che non molti hanno. Chi lo conosce meglio sa che ciò che a parole non dice, lo trasmette con i suoi splendidi scatti, con i suoi lavori e nella passione per la musica che lo accompagna da sempre. Sono dunque orgogliosa di potervi presentare una delle più belle scoperte fatte negli ultimi anni: Giuseppe Suma e il suo AinteXt Project. 

Giuseppe ... presumo che la fotografia per te sia stata prima una passione e poi un lavoro giusto? e che comunque continui ad esserlo... com'è iniziata la tua avventura in questo senso?

"Avevo cinque anni la prima volta che ho scattato una foto, fu un autoritratto: la macchina fotografica era troppo in alto per me, arrivarci era diventata una questione di principio. Raggiunto l'arcano strumento con la punta delle dita, sentii un click, il suono più semplice e stimolante mai udito fino a quel momento. In meno di dieci minuti avevo esaurito il rullino. Il mio secondo soggetto furono le basi stellari fatte con le costruzioni. Ancora non lo sapevo, ma foto e lego mi avrebbero accompagnato per tutta la vita."

Cosa ti ha così tanto affascinato di questo mondo, cosa ti fa provare scattare e vedere i tuoi lavori finiti?

"Le possibilità infinite, le combinazioni, le rielaborazioni e i significati che derivano dall'accostamento e dalla composizione dei miei soggetti nei loro contesti.  Non sono un fotografo da “scatti a raffica", il click è l'ultimo passo di un percorso psicologico e fisico più o meno conscio: psicologico perché inevitabilmente io sono la somma delle mie esperienze e quello che scatto rappresenta in larga parte quello che sono; fisico perché prima di scattare trattengo il respiro, contraggo i muscoli e li rilascio solo dopo aver fatto la foto (spesso resto in apnea per diversi secondi). Una foto racconta molto di più di quello che ci ho visto dentro io, perché è soggetta all'interpretazione di chi la sta guardando. E' una porta aperta sull'iperuranio, stimola e connette diverse persone a diversi mondi."

Nella tua produzione creativa... a cosa ti ispiri?

"Non ho riferimenti particolari, digerisco e metabolizzo tutto ciò che mi accade e le situazioni che affronto, con una certa incoscienza. Non mi ritengo un genio e neanche un artista, mai piaciute le etichette, ma se proprio devo definirmi userei la parola “autore". La mia non è ispirazione, è ricerca: sono affascinato dalle chiavi di lettura “popular" (o pop), da un linguaggio audio-visivo che raggiunga il maggior numero di persone per la sua semplicità ma al tempo stesso caratterizzato da una forte impronta personale. É un'utopia che si risolve solo nei risultati, ma è proprio la ricerca dell'equilibrio assoluto che mi guida nelle mie produzioni audiovisive e fotografiche."

Com'è l'ambiente a Bologna artisticamente parlando? eventi, mostre... e che ne pensi?

"Bologna è viva ma non vegeta. Ci sono ancora troppe realtà artistiche chiuse negli scantinati e negli hard disk di questa città, poche le occasioni di alzare la testa dal mucchio. Se parliamo di passioni, ho incontrato persone che camminano senza toccare il suolo, ma quando si tratta di lavoro tutto cambia e io ne so qualcosa: dopo la laurea ho passato due anni a farmi licenziare in ogni posto in cui andavo; comunicare la mia energia e le mie idee è stato impossibile. Stavo per lasciare Bologna, pensavo non fosse il posto giusto per me. Fino a quando non ho incontrato il mio attuale collega di lavoro (il fotografo Andrea Testi), la prima persona che è riuscita a vedermi per quello che sono e non per quello che avrebbe voluto che io fossi. Oggi lavoriamo spesso insieme su progetti e clienti importanti, ci occupiamo prevalentemente di foto industriali (www.effedueotto.com). Non avrei mai immaginato di emozionarmi anche fotografando una linea di produzione! Alla fine Bologna mi sta dando più di quello che le ho chiesto, questo significa che c'è speranza per tutti."

E tu hai mai pensato di allestire una mostra con le tue opere?

"Quando arriverà il giorno che qualcuno vorrà esporre le mie foto, allora accetterò con grande onore."

Parlaci del progetto fotografico, musicale e visivo AinteXt...

"Il progetto AinteXt è una condizione necessaria oltre che un acronimo: Autoprodotto in Tutto e per Tutto (appunto A.in.t.eXt.). Alla fine dello scorso millennio suonavo tre strumenti col mio gruppo musicale ed era impossibile per me farlo in contemporanea. Nacque così l'esigenza di fare tutto da solo: imparai a suonare tutto ciò che mi serviva per potermi esprimere secondo il mio esclusivo gusto personale. Parallelamente studiavo all'università tecnologie multimediali, perfezionando le mie conoscenze in ambito video e fotografico. Stessa filosofia, stessa passione, scarsissimi i risultati. Col tempo le soddisfazioni in termini di gradimento sono arrivate, un po' di gloria anche, ma non ci fai la spesa al supermercato. Avevo bisogno di collimare passione e lavoro e alla fine ci sono riuscito. A dire il vero non ho mai voluto fare la rock star o almeno ho smesso di pensarlo a diciassette anni. Mi basta comunicare, nel bene e nel male, con tutti i medium a me congeniali, che sono parte di un tutto e allo stesso tempo hanno un'identità propria: la fotografia, il video, la musica. “Il suono è un'esperienza visuale" scrivo spesso prima di pubblicare una nuova traccia audio, riadattando un'affermazione del sociologo McLuhan. Il sequestro dei sensi che deriva dalla visione di una foto, di un video o dall'ascolto di una musica, attiva e stimola la nostra esperienza sensoriale. Per molti è una reazione ad un'azione, per me è il punto di partenza di un atto creativo: vedere la musica, ascoltare una foto, immaginare un video. Ed è così che inizia tutto nella mia testa, con una “visione" di come dev'essere ciò che sto per fare. É un viaggio spesso lungo, pieno di cambi di direzione ed è una ricerca, appunto."

I fotografi a cui ti sei ispirato maggiormente e/o a cui ti ispiri...

"La storia della fotografia ha già i suoi eroi; è il presente che mi stimola di più: come nel cinema, anche nella fotografia i linguaggi visivi sono codificati da sempre, hanno una loro grammatica, abbondantemente esaurita nei primi anni del novecento. E' difficile dire qualcosa di nuovo, proprio perché è già stato detto molto. Passano anche decine di anni prima di trovare una voce fuori coro e un nuovo punto di vista. L'avvento delle tecnologie digitali poi ha aperto nuovi mondi e nuove possibilità, praticamente a tutti, generando una quantità di informazioni difficile da seguire. Oggi ho la fortuna di conoscere, e spesso  di lavorare, con diversi fotografi; alcuni eclettici e mezzi pazzi, altri coraggiosi e sperimentatori. Di sicuro devo molto al mio collega e amico Andrea Testi, una sorta di maestro Jedi della fotografia e talent scout di successo! Poi... Non ho ancora avuto il piacere di incontrarlo, ma seguo con ammirazione Marco Vernaschi, importante fonte di ispirazione sia per la tecnica che per i grandi risultati. Rimango stregato dall'uso del mosso volontario, dai trattamenti evocatori del bianco e nero, dalla scelta di soggetti forti e del loro impatto emotivo sullo spettatore. Porto grande rispetto a fotografi come Giovanni Gori e Lenny Pellico, maestro del ritratto il primo e foto concertista infallibile il secondo. Ogni loro scatto mi spinge a superare i limiti della mia ignoranza e a sforzami per fare meglio e di più. Rappresentano un'ideale di ordine e pulizia, una sorta di faro nel caos della mio percorso di apprendimento. Youness Taouil, talento in esplosione, manipolatore abile, compositore di storie fotografiche incredibili. Con lui il tanto inflazionato Hdr ha assunto una dimensione nuova, estrema e bilanciatissima al tempo stesso. Per l'irriverenza e l'assoluta spregiudicatezza vorrei citare Anthony De Luca, fotografo col chiodo fisso, amante del bello e della provocazione, inesauribile fonte di idee originali. Nella prossima vita vorrei essere uno di loro, ma in questa mi va bene come sono."

Il tuo sogno nel cassetto?

"Non ho cassetti e i sogni li lascio a chi ha il tempo di dormire. Se poi mi chiedi cosa mi piacerebbe fare nel futuro di veramente impegnativo... Girare un film, in stile AinteXt: occuparmi della regia, delle riprese, del montaggio ed essere autore della colonna sonora. Attore meglio di no."

E per finire... l'immagine più bella che ti viene in mente in questo istante, un'immagine che ti viene dal cuore e che vorresti vedere in un tuo scatto futuro...

"Una figlia."
@Lara Aversano

mercoledì 30 maggio 2012

Oltre


Dell'ardire e del dire,
del nostro passo perso
e di colui che lo accompagna,
del tremare e dello scontro,
della pace e del vedere,
del tuo cantare gioia di filastrocche.
Della frutta matura,
dei semi che esplodono vita,
delle catene spezzate, dei sentieri percorsi.
Delle interperie, dei cieli rasserenati,
delle vibrazioni amate, delle onde sonore.
Dell'acrilico e delle mani sulla carta,
nella carta, dentro colori scelti.
Del clamore e del tempo perduto,
dell'amore e del tempo vissuto,
del presente, del futuro,
dell'insegnamento del prima.
Della non storicizzazione,
perché è meglio, perché suona.
Della tenacia e dell'audacia,
del fuoco, dell'acqua, del vento, del verde.
Di noi, di loro, di tutti coloro che,
di un tanto che è poco e significa niente,
di un poco che è molto e significa tutto.

lunedì 28 maggio 2012

Vulcano


Nell'attesa fremente,
nello scalpitare appassionato,
nello slancio verso un tutto:
che è grande, che è tanto.