Visualizzazione post con etichetta pace. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta pace. Mostra tutti i post

lunedì 13 maggio 2024

Donna poesia (2024)


È blu elettrico, sussurro di beatitudine; è stranezza di un falco, bizzarro. È il lungometraggio senza fine che ti avvolge, la pioggia e il sereno in una stanza, è aria fatta dei veli che indossa, la corsa verso la Luna ed il Sole che l'aspettano. È niente solitudine. Si scrolla di dosso il timore e vibra nel canto di una forza melodica e acuta, come una chitarra che canta il suo respiro la sera d'estate. Il solleticare di un tempo trascorso di pentagrammi vissuti e così ancora vivi accompagna i suoi sogni; è l'eco nitido di un concerto che non ha fine, la bellezza della vicinanza. E le parole di poeti e musicanti sono come il risveglio, il profumo della neve e dell'estate, la percezione tiepida e cordiale dei suoni e dei canti, delle nuvole e dei boschi inventati, delle canzoni, dei passi, del calore e del colore; la parola che è preghiera e dono e amore. È lume che si dà vita da sé come fosse sempre esistito, come se dovesse esistere sempre. Non c'è abbandono né dolore, nemmeno quando il dolore arriva; è la pazienza eccelsa che il cuore ti dona sopportando i deliri, dandoti luce, folgori e tuoni. È la liberazione assoluta, la libertà dei sensi senza limite, infinita come il tutto; spiana i rovi e crea la vita, crede in te perché la ami e sa cosa vuol dire, ululare di se che è divina.

lunedì 11 luglio 2022

Cifra

fuoco, la voce che viene da dentro, senza cifra

La voce che viene da dentro, dal profondo, che ti pesca e ti spacca, così trovi, così chiami, così torni. La voce istantanea, vera che urge di grida, di canti, di tempi e temporali, armoniche grida, sussurri mai vuoti, mai vani. Così calda dalle corde, che fatica,  che infuoca. Ottovolante, vomito emozioni, dammi una ragione per non urlare. Sono sogni che vivo sempre e sono anche sogni infranti, sono vene e sangue e "Mon coeur mis à nu". Sono fuori forma in forma, fuori stampo, avvelenato fuori tema, polmone nero fumo. Quest'aria fresca che consola, eppure il tempo non mi ha dato scampo oggi, mi ha mangiato viva. Sei lì, ti sento, non riesco, ora, a raggiungere il varco. Lo rifarò, ti rivedrò, mi sentirai. Fiume stonato, mi fa male al petto, ma che ne sanno che ne fanno del suono; io ho bisogno di un tuono e forse di un perdono. Come lo spieghi? Come lo dici? Uno su un milione intravede le radici. Nuvole stanche. Piovi cielo appena puoi, piangi anche per noi. E vaffanculo l'ordine e la cifra e quel che so, posso andare altrove, perché paura qui non ne ho. Non temo quel che vedo e sento, non più di me stessa; la rabbia è solo una punta di erisimo per la voce. Eppure poi vedo e mi dispiaccio della mancanza di pace altrui, soccorro e accorro, cosa succede mai? Sono solo inchiostro e musica. Solo, "che dici mai". "La tolleranza che smette di esistere nel momento in cui la nomini", il silenzio non sentito, non ascoltato, non capito. Ho il cielo in fronte, l'universo in mente, il peso in spalla. Sii la tua esistenza, perché non serve immaginarla. E pur sapendo e conoscendo il non sapere, giungendo al punto ancora mi fermo, esplodo e tremo; non sto più nel corpo mio. Firmo righe di parole in coda, che forse comprendo solo io.

domenica 10 dicembre 2017

Bob Marley: prayers


Credo che tutti (perlomeno me lo auguro) conoscano "Redemption Song" di Bob Marley. Questa poesia, questa canzone, questo inno alla libertà, si è fiondato nelle anime delle persone fin da subito e li è rimasto. È uno di quei capolavori immortali per i quali non ci sono "se" e non ci sono "ma", perché una persona può amare qualsiasi genere musicale, può essere aperta o meno ad altri generi, ma questo pezzo è intoccabile, indiscutibile, musicalmente e umanamente elevato. Bob Marley lo scrisse intorno al '79 e già da un po', purtroppo, gli era stato diagnosticato il cancro che lo portò a mancare. Soffriva già dei dolori legati alla malattia e, in effetti, in tutto l'album ("Uprising", pubblicato nel 1980) il tema del dolore è sempre lì, anche accompagnato dalla speranza, una luce nel buio; come se ci fosse sempre, in ogni caso, un nuovo inizio. È un testamento spirituale e artistico quello dell'ultimo album di Marley (e soprattutto lo è “Redemption Song”) ed è considerato uno dei tre più importanti nella sua carriera (con "Natty Dread", 1974 e "Exodus", 1977).  È evidente in "Comin' in from the cold", nel quale Bob afferma: "In questa vita, dolce vita, noi veniamo dal freddo" e poi prosegue: "È a te che sto parlando. Perché hai questo aspetto triste e desolato? [...] No, niente paura." Al di là di tutto, del sistema a cui fa riferimento, del caos, del suo stesso dolore, Bob ci dice di non avere paura. Anche questo, in qualche modo, è un inno alla libertà quando sottolinea, parlando del sistema e ponendo un quesito a chi ascolta senza mezzi termini, che siamo noi a decidere, che siamo noi a dover essere liberi, mentalmente e spiritualmente. Riflette Bob: "Bene, anche l'uomo più grande è stato un semplice bambino", un po' come a esprimere il suo concentrato di emozioni di una vita che gli ripassa davanti, ma anche un modo per dire alle persone di ricordarsi di quell'innocenza, di quella libertà, del gioco, della creatività, che fanno parte dell’infanzia; consiglia di non perdersi e di mantenere sempre vivo quel bambino. Perché essere tristi? Domanda Bob: "Non lo sai che quando una porta è chiusa molte altre sono aperte?". In "Real situation", invece, fa un'analisi (purtroppo attualissima) della situazione globale: la guerra, i potenti, la tristezza di non riuscire a fermare la violenza diffusa. Di una cosa però si raccomanda. Una cosa che al giorno d'oggi è da ripetere e ribadire, forse ancor più che in passato: "Verifica la situazione reale", sii cosciente di quel che accade davvero e non limitarti alle primissime e più immediate fonti d'informazione, perché lo sappiamo come funzionano. Anche qui però c'è una frase, quasi un outsider rispetto al resto del testo, che sembra essere un pensiero detto ad alta voce per caso, ma che ci riporta ancora all'importanza del bambino: "Una volta uomo e due volte bambino". Perché bambini si ritorna a un certo punto della vita, certo, ma - io credo - anche e soprattutto perché se abbiamo gli occhi, lo sguardo, l'ascolto, aperto al mondo con la curiosità e la forza di un bambino, forse qualcosa la possiamo cambiare. "Bad card" sottolinea, ad esempio, la sua voglia di vita, di musica, di alzare il volume nonostante quello che gli stava accadendo e nonostante la situazione che vedeva, valutava, situazioni in parte personali e in parte globali. "We and Dem": "Noi sappiamo come siamo noi e come sono loro". Alla fine è questo che fa la differenza e chi sparge sangue pagherà. "Qualcuno dovrà pagare per il sangue innocente che loro versano ogni giorno, oh bambini, attenti alla mia parola. È quello che dice la Bibbia, noi sappiamo come siamo noi e come sono loro e potremo risolverla". Ancora, la speranza della pace e la fiducia nei bambini e in un futuro migliore. È un elenco della cruda realtà per cui l'uomo ha distrutto tutto, ha sbagliato tutto, ma c'è comunque la speranza di vedere il male scomparire ed è anche il riconoscere, implicito, della presenza ancora viva di una Bellezza che volendo  potrebbe salvare l'umanità, divisa tra chi distrugge e chi crea. La frenesia è oggetto invece di "Work". Lavoro, lavoro e lavoro, ma anche qui Bob riconferma che uniti, possiamo farcela a cambiare tutto quello che non va.  Stupendo anche il testo di "Zion Train" che semplicemente vi inviterei a leggere tutto. È una preghiera, è un'incitazione, è uno sguardo attento alla luce e una presa di coscienza, così come un invito, perché "La saggezza è meglio dell'argento e dell'oro". “Pimper’s paradise”, un pezzo di denuncia nei confronti della prostituzione, della criminalità e direi anche contro la superficialità in tutte le sue forme. La track list continua con l’amatissima “Could you be loved”, che esorta le persone a pensare con la propria testa, a non farsi schiacciare, a pensare che ognuno di noi ha il diritto di vivere ed essere amato, perché “l’amore non ci lascerà mai soli” e anche quando le cose vanno male è fondamentale vivere e non sopravvivere. In “Forever loving Jah”, un testo spirituale, Bob innalza una preghiera che, come tale, è piena di positività; perché non importa cosa succeda, lui e con lui quelli che hanno Amore resisteranno e ameranno incondizionatamente. Ed eccoci al punto da cui siamo partiti: “Redemption Song”. Letteralmente “La canzone della redenzione” è, in realtà, sin dal titolo molto di più. “Redemption” non significa infatti solo la redenzione nel senso di “purificazione spirituale attraverso una vita giusta”, bensì “liberazione” e “Song”, non significa solo “canzone”, bensì “canto”, una preghiera collettiva. In “Redemption Song” ci sono riferimenti storici e biblici, che accompagnano il testo in un’auto crescita tale da rendere il prezzo un canto che va oltre la storia e le epoche. È musicalmente diversa per Bob, non ha quasi niente a che vedere con il reggae e non penso proprio che la cosa fosse casuale. Bob voleva rendere “Redemption Song” un messaggio universale, che sarebbe arrivato a tutti, non solo a chi seguiva lui o il genere. E ci è riuscito. Eccome.

"Gli antichi pirati, si, mi hanno rapito,
venduto alle navi dei mercanti,
(pochi) minuti dopo avermi preso
dal pozzo senza fondo (in cui mi ero rintanato).
Ma la mia mano è diventata forte,
attraverso la mano dell’Onnipotente.
Andiamo avanti in questa generazione. Trionfalmente.
Non aiuteresti a cantare questa canzone,
questo canto di liberazione?
Perché tutto ciò che ho sempre avuto,
(sono questi) canti di redenzione.
Emancipate voi stessi dalla schiavitù mentale,
nessuno, se non noi, può liberare le nostre menti.
Non abbiate paura dell’energia atomica,
perché nessuno di loro può fermare il tempo.
Per quanto ancora dovranno uccidere i nostri profeti
mentre noi stiamo lì in piedi a guardare?
Qualcuno dice sia solo un assaggio.
Dobbiamo adempiere al Libro.
Non aiutereste a cantare questo canto,
questo canto di liberazione?
Perché tutto ciò che ho avuto,
sono questi canti di redenzione."



giovedì 29 marzo 2012

Poetami _ Carme


Portami con te, mia pace.

Basta il flebile tocco delle tue tempeste
per regalarmi riposo, per regalarmi

rinfrescato giacilio dal quotidiano
peso che frastuona i sensi.

Adoro la tua forza,
semplice parola, bellezza.

Semplice respiro di muse, di te, 
geniale creazione del Poeta più grande.

domenica 5 febbraio 2012

Senza pretese


Tornano le nebbie, il gelo confonde le idee di molti, ma in questi luoghi di parole, altri orizzonti destano gli occhi: le prime lettere, accolte da fogli ben curati o da Zettel di strana fattura, sono la casa spoglia in cui trovare pace, in cui vivere la premura di quel  prendersi cura di se che fa la differenza. Scaldano, con l'autenticità di un piatto povero e gustoso, senza pretese, colorate, lettere.