mercoledì 19 aprile 2017

Dimitra Milan: l'Arte del Sogno (the Art of Dream) - it/eng


"Dimitra Milan è un'artista già nota al mondo, fin dai suoi quindici anni (ora ne dicassette, ndr). I suoi straordinari dipinti si trovano in collezioni private di tutta Europa e degli U.S.A. Nata in una famiglia di affermati artisti, Dimitra ha svilpuppato il suo stile e la sua abilità in tenera età, presso il Milan Art Intitute in Arizona, fondato dai suoi genitori, Ellie e John Milan. I suoi dipinti possono essere definiti "realismo astratto", con elementi romantici che ritraggono atmosfere sognanti nelle quali tutto è possibile. I suoi capolavori, attraversano il simbolismo, provocano spesso profonde emozioni. Dimitra esprime amore, speranza, autenticità e bellezza, attraverso i suoi tratti. Trova spesso ispirazione dai sogni che fa la notte. Come disse Van Gogh, "Dipingo i miei sogni e sogno i miei dipinti" e lei vive anche di questo. La donazione per cause di beneficenza continua ad essere una parte importante del lavoro di Dimitra quale artista emergente. I suoi dipinti sono spesso donati a organizzazioni no profit che contrastano il traffico di esseri umani a alla "Comfy Cozied 4 Chemo" che si occupa di assistenza alle famiglie e ai bambini malati di cancro. Attraverso un intenso programma di studio a casa, Dimitra si è diplomata con due anni di anticipo e questo le ha permesso di concentrarsi totalmente sulla sua carriera artistica. Attualmente vive in Arizona con la sua famiglia e viaggia regolarmente, andando in Grecia (e in altre destinazioni sparse nel mondo), per fare nuove esperienze e trovare nuove ispirazioni. Quando non è viaggio, la si può trovare nella sua abitazione vicino a Phoenix, mentre dipinge nel suo studio o si dedica al suo amato cavallo tra i pittoreschi paesaggi del Sud Ovest."

Questa è la traduzione della biografia di Dimitra, tratta dal suo sito ufficiale. Ho scoperto questa meravigliosa artista un po' per caso, per mia grande fortuna e non ho esitato un attimo nel contattarla. I suoi dipinti e disegni, sono di una Bellezza e di una Profondità che ti lasciano senza fiato. Prima si rimane sbalorditi, poi si inizia ad entrare nell'opera ed è davvero come immergersi in un sogno meraviglioso. I suoi dipinti vanno persino al di la' di se stessi, perché si percepisce nettamente la possibiltà di essere partecipi di tutto quel che sta all'interno, dentro, dietro, ai suoi dipinti. Mondi interi da esplorare, sogni divenuti realtà, senza confini, liberi, puri. Il talento di Dimitra è unico, è Speciale, come ho detto anche a lei. E sono davvero molto felice di averla incrociata sul mio cammino; lei, così dolce ed entusiasta, che ti trasmette colore e sogno, anche solo attraverso le parole. [This is the translation of Dimitra's biography, adapted from her official website. I discovered this wonderful artist by coincidence and I didn't hesitate for a moment about contacting her. Her paintings espress a Beauty and a Depth that leave you breathless. At a first glance, they leave you stunned. Than, you start feeling like you're entering the artworks themselves. It's really like stepping into a wonderful dream. Her paintings go even beyond themselves, because it's clearly perceptible the possibility of partaking of all that is within, inside, beyond, of her paintings. Whole worlds to explore, dreams that become reality, borderless, free, pure. Dimitra's talent is Unique, Special, as I also said to her. And I'm really happy that my path crossed whith hers, so sweet and enthusiastic, who transmits colors and dreams, even just through her words.]

 “I want my artwork to inspire people to make them feel anything is possible. I want people to understand their true identity and believe in their destiny.“ ("Desidero che i miei lavori ispirino le persone per far sentire loro che tutto è possibile. Desidero che le persone comprendano qual è la loro vera identità e che credano nel loro destino") Dimitra Milan

"I want my art to be a window into another realm, bringing heaven to earth. Art changes everything, it transforms us from the inside out." (“Desidero che la mia arte sia una finestra verso un altro regno che porta il paradiso sulla terra. L'arte cambia tutto, ci trasforma dal profondo”) Dimitra Milan


Dimitra, immagino che tu abbia iniziato a disegnare e dipingere fin da bambina, ma quando ti sei resa conto che la strada artistica, come per i tuoi genitori, era anche la tua? Hai sempre pensato di portare avanti questa carriera? [Dimitra, I guess you started drawing and painting since childhood, but when did you realize that the artistic path , as for your parents, was even yours? Have you always thought to pursue this career?]

Ho iniziato a dipingere all'età di 12 anni, presso una scuola d'arte allora appena aperta dai miei genitori, il "Milan Art Institute". Mi hanno insegnato tutto: le tecniche ad olio classiche, il disegno, l'astratto, la tecnica mista e il collage. Ho appreso molte delle mie abilità da loro. I miei genitori sono stati per me un punto di riferimento per fare passi avanti nella mia carriera artistica, mi hanno aiutato a spianarmi la strada. Anche loro sono artisti di professione ed hanno passato la vita a vendere le loro opere. È stato sfogliando il loro Porfolio che mi sono resa conto che la passione della mia vita sarebbe stata l'arte, da qualche parte "lungo il cammino" ho trovato la mia voce come artista. Ho realizzato che creare queste atmosfere surreali con caratteristiche e qualità del sogno e raccontare una storia, era qualcosa di unico. Avevo bisogno di andare sempre più in là. Avevo bisogno di proseguire, sentivo fortemente che potevo davvero portare questa visione molto lontano. Più dipingevo, più miglioravo. Si sono dispiegate miriadi di possibilità e le porte si sono aperte. Così ho scoperto che essere un'artista era la mia vocazione. Mi divertivo da impazzire. Non posso dire di ricordare esattamente il momento in cui ho pensato che sarei stata un'artista. Credo la passione si sia sviluppata sempre più nel tempo e più vendevo opere, più mi sentivo sicura.ì del mio stile. E ho pensato... "che altro potrei fare della mia vita?". Credo sia stato tutto molto spontaneo. [I began painting when I was 12 at an art school my parents just opened, the Milan Art Institute. They taught me everything: classical oil techniques, drawing, abstract/mixed media, and collage. I learned many of my skills from them. My parents were a major factor for me advancing into my art career, they helped pave the way. They are professional artists themselves, making a living by selling their artwork. It wasn't until I took their Portfolio class, that I figured out my life-long passion would have been art. Somewhere along the way in that class, I found my voice as an artist. I realized creating these surreal atmospheres with dreamlike qualities, and telling a story, was something unique. I needeed to hold onto it. I needed to pursue this, I felt strongly I could really take it far. The more I painted, the better I became. Opportunities unfolded, and doors opened for me. This was how I knew being an artist was my calling. I thoroughly enjoyed it. I can't say I remember the exact moment of wanting to be an artist. I think it was a developing passion, and the more artworks I sold, the more confident I became in my skills. And I thought... "what else could I do with my life?" I think it was really that simple.]


Sei spesso ispirata dai tuoi sogni, ma... spiegaci cosa accade, cosa succede nella tua testa prima di iniziare un dipinto? [You are often inspired by your dreams, but ... explain to us what happens, what happens in your head before starting a painting?]

Il processo creativo è un qualcosa che cambia ogni volta per me. La maggior parte delle volte, quando sto per iniziare un nuovo pezzo, sono ispirata da una visione. La vedo nella mia mente. Parto da diverse immagini, fotografie, fatte da me o trovate online e dipingo dalle fotografie, cercando di catturare quello che ho visto. Inizio con una mistura di base di colori, ottenendo le forme principali. Poi in ore di lavoro e strati di pittura ad olio, giungo al risultato finale. Mi rendo conto di aver finito quando sono innamorata di ogni area del dipinto. [The creative process is something that changes all the time for me. For the most part, when I'm about to start a new piece, I'm inspired from a vision I see in my head. I start using several pictures or photos, that I may take myself or on the web, as references for my painting, trying to capture what I saw. I start with a loose under painting, getting the major shapes in. Then I'll put in several hours, and layers of oil paint to get the end result. I know I’m done with it when I feel that I can love every part of the painting.]

Quali sono le tue altre principali fonti d'ispirazione oltre ai sogni? [What are your other major sources of inspiration in addition to dreams?]

Trovo ispirazione ovunque. Dalla musica, dai viaggi, dalle fotografie, dai miei sogni, ma sento che.. per la maggior parte l'ispirazione arriva da Dio. Credo che Lui mi dia queste idee, che mi mostri cosa disegnare ad ogni nuovo dipinto. È Lui che mette la necessità nel mio cuore di creare una determinata immagine. E mi aggrappo a questa visione o a questo ricordo ed inizio da lì. Prego e chiedo "qual è il prossimo?" e così arriva a me. [I find inspiration everywhere. Music, travel, photo shoots, dreams, but mostly I feel like... it comes from God. I believe He gives me these ideas. He shows what to paint next. He places this need in my heart, to create a certain image. And I hang on to that vision or memory, and start from there. I pray and ask "what's next?" and it comes to me.]

Ci sono altre forme d'arte che ami in particolar modo? [There are other forms of art you love in a particular way?]

Amo e apprezzo tutte le forme d'arte. La musica, la danza, la fotografia, la regia, la recitazione e sono convinta che anche la buona cucina sia un'arte. L'arte è trovare la bellezza e incanalarla attraverso il proprio cuore, manentendo al tempo stesso abbastanza libertà per esprimerla al mondo. Ogni prospettiva è unica e bella. Credo davvero che in ogni singola persona, ci sia il potenziale per una creatività illimitata. Solo alcuni di noi però, hanno compreso come sbloccarla. Possiamo trasformare il mondo, una persona alla volta. [I love and appreciate all forms of art. Music, dance, photography, filming, acting and I even think good cooking is an art. Art is finding beauty, and channeling it through our own hearts, while being free enough to express it to the world. Each perspective is unique and beautiful. I truly believe inside every single person, there is the potential to express unlimited creativity. Only some us, have figured out how to unlock it. When we find a way to express ourselves in pure authenticity, we inspire others to do the same. We can transform the world, one person at a time.]


Dimitra, è chiaro, vedendo i tuoi sogni, i tuoi dipinti, che hai un amore folle per la nostra madre terra e sembra che tu voglia trasmettere anche l'importanza del rispetto che l'umanità dovrebbe avere per essa e il rapporto speciale che tutti potremmo avere con la natura se solo ognuno lo desiderasse davvero... è così? [Dimitra, it 's clear, seeing your dreams, your paintings, your love for nature, for our Mother Earth, is great. It seems that you also want to convey the importance of respect that humanity should have for itself and special connection that we all might have with nature if only everyone really wished it ... isn 't it so?]

Sono ispirata dalla natura e dalla bellezza che vedo attorno a me, amo stare all'aria aperta. Le mie opere non sono "letteralmente" ciò che si vede, donne in connessione con la natura. Può esserne il significato per alcune persone, ma non è tutto lì. Dipingo animali, perché credo possano rappresentare qualcosa di più profondo. Per esempio, una tigre può essere simbolo di fiducia, audacia e dell'essere fedele a chi si è veramente. Dipingo donne a animali insieme, per creare una storia che ci colleghi ad essa e che può significare qualcosa di diverso per ognuno di noi. Gli animali, la natura, sono sempre una via per definirci. Sono simboli delle nostre vite. Ho iniziato a dipingere queste cose e ho realizzato di aver dipinto la mia stessa vita e quel che stavo affrontando. Ogni cosa è collegata, ogni esperienza, sogno, pensiero, storia e così è per tutte le sensazioni legate ad esse. [I am inspired by nature and the beauty I see around me, I love being outdoors. My artworks aren't what you literally see, so woman connecting with nature. It can mean that to some people, but that's not all. I paint animals in my artwork, believing they can represent something deeper. For example, a tiger can be a symbol of confidence, boldness, and being true to who you really are. I paint women and animals together, to create a story we can relate to and that can mean something different for each of us. The animals/nature are ways to define us. They are symbols in our lives. I've painted these things, and I realized after that I've painted my own life and what I was facing. Everything is connected, every experience, dream, thought, story, and feeling all eventually connects.]

Tu parli all'anima. Cosa vorresti dire in questo momento alle anime che leggono...? [You speak to the soul. What would you say, at this time, to the souls who are reading ...?]

Potete fare qualsiasi cosa porti il vostro cuore. I sogni si vivono e possono diventare la vostra realtà. Bisogna mettere a fuoco, metterci passione, darsi degli obbiettivi e avere determinazione per arrivare alla meta. Quindi sognate senza paura e andate verso la vita che avete immaginato. Siete spiriti potenti, messi su questa terra con un destino e uno scopo. Siete dotati di una voce unica e il mondo è in attesa di sentirla. [You can do anything you set your heart to. Dreams are living, and they can become your reality. It takes focus, passion, setting goals, and determination to success. So dream fearlessly, and go after the life you have imagined. You are a powerful spirit, placed on this earth with a destiny and a purpose. You are gifted with your own unique voice, and the world is waiting to hear it.]

So che viaggi molto, per scoprire il mondo e per trovare nuove ispirazioni. Qual è il luogo che più ti ha lasciato senza fiato e che ti ha ispirato maggiormente durante i tuoi viaggi...? [I know you travel a lot, to discover the world and to find new inspirations. What is the place which has left you breathless and inspired you the most during your travels ...?]

La Grecia è di gran lunga il luogo che preferisco, da sempre. Sono legata davvero profondamente a questo paese. Le mie origini sono in parte greche ed ho anche dei parenti che vivono lì. [Greece is by far my favorite place, ever. I really connect deeply with this country. My heritage is part Greek, and I have family who live there.]

Stai lavorando a nuove opere giusto? Ci saranno, se vuoi anticipare qualcosa, nuovi intenti? [Are you working on new works, right? There will be new intents, if you want to anticipate something..?]

Si, sto lavorando a nuovi dipinti. Le nuove idee sono diverse. Desidero dipingere qualcosa di più astratto, di più "sciolto" e modelli più drammatici ed evocativi. Spero di riuscire ad ottenere quel che sto immaginando, ma si sa – come accade ad ogni artista - le cose vengono fuori sempre diverse da come si immaginano. E questo a volte è anche diventa anche un vantaggio per me... [Yes, I am working on new paintings. My next few ideas, are something different. I want to paint more abstract, more loose, and very dramatic, evocative models. I hope to achieve the look I'm going for, but as every artist knows, it always comes out different from what you see in your head. And sometimes, this is to my advantage...]

Hai in programma esposizioni? [Are you planning new exhibitions?]

Non ho ancora esposizioni in programma per ora. Spero di farne presto alcune in Grecia, ci andrò quest'estate. [No exhibitions are planned as of yet. I hope to have some in Greece soon, I'll be traveling there this summer.]

Se tu dovessi scegliere un colore che più di tutti ti identifica, riusciresti a scegliere? E... qual è la parola che ami di più in assoluto? [If you had to choose a color that identifies you, what would you choose? And ... which is the word you love most?]

Trovo molto difficile scegliere un colore preferito o che mi identifichi... Penso potrebbe essere un rosa pastello o un blu-grigio. Una delle mie parole preferite è... Fioritura. [It's difficult to me to choose a favorite color or one that defines me... I think maybe a pastel pink or blue-gray. One of my favorite words is... Efflorescence.]

Fioritura... Dimitra Milan. [Efflorescence... Dimitra Milan.]

venerdì 31 marzo 2017

Pixies: "Where is My Mind?"

Pixies. Li conoscete? ve li ricordate? molti li avranno scoperti (o forse sentiti senza sapere chi fossero), nella colonna sonora (scena finale) del geniale film diretto da David Fincher (tratto dall'omonimo romanzo di Chuck Palahniuk), "Fight Club" (1999). Per chi non lo sapesse, i Pixies sono un gruppo alternative rock, considerato tra le più influenti band americane del genere. Hanno aperto le porte a uno stile musicale particolare, una combinazione di noise, power pop, garage rock, surf (rock e pop). La band è nata nell'86, a Boston, dall'unione di Black Francis (chitarra e voce), David Lovering (batteria), Kim Deal (basso) e Joey Santiago (chitarra). Negli anni '80 spopolavano e dopo anni di fermo per via dello scioglimento avvenuto nel '93, si sono riuniti nel 2004 tornando alla ribalta con una serie di tour mondiali di grande successo, con pubblico in delirio e Paz Lenchantin al basso. Se non li conoscete e volete approfondire un po', potete trovare la discografia completa sul loro sito ufficiale www.pixiemusic.com. Per dirvene una, Kurt Cobain, affermò di essersi ispirato alle loro dinamiche per la composizione di "Smell Like Teen Spirit": "Stavo cercando di scrivere per i Nirvana la canzone pop definitiva. In realtà devo ammettere che stavo derubando i Pixies. Quando li ho sentiti per la prima volta mi sono immedesimato subito. Ho pensato che avrei voluto suonare con loro, o almeno essere in una cover band dei Pixies. Abbiamo usato il loro stesso tipo di dinamica sonora: prima morbidi e tranquilli, poi rumorosi e duri." Ai tempi, i R.E.M. rappresentavano "i buoni" e loro "i cattivi", anche se in realtà come spesso affermato da Black Francis, erano ragazzi tranquillissimi, solo che nessuno ci credeva. Forse per il mix tra voce instabile, il nome d'arte un po' nerd e un po' all'opposto e l'aspetto trasandato. Vi ripropongo qui sotto "Where is my mind?", non solo perché le sonorità di questo brano mi mandano in estasi, ma il testo, ragazzi, il testo è un viaggio con molti retroscena. In pochi versi, ci sono diverse esperienze di vita, interpretabili in mille modi. Quindi, pezzo e traduzione a seguito, senza dimenticare però di aggiungere il video di un altro paio di brani altrettanto gustosi.


 

"Con i piedi per aria e la testa sul pavimento,
provi questo giochetto e giri,
la tua testa collasserà
e chiederai a te stesso:
"Dov'è la mia mente?"

La via per uscire dall'acqua
la trovi nuotando.

Stavo nuotando nei Caraibi,
gli animali si nascondevano dietro le rocce.
Tranne il pesce piccolo.
Ma mi hanno detto: "giura",
cercando di parlarmi.

Dov'è la mia mente?


La via d'uscita dall'acqua... la trovi nuotando?"


 

giovedì 2 marzo 2017

Gianni Cazzola, la quercia swing

Gianni Cazzola, il batterista padre del swing italiano


Gianni Cazzola. Ecco. Dire Gianni Cazzola è come dire "jazz", è come dire "swing". Se non lo conoscete, ve lo presento io (giovani e non, siate furbi, accorrete). Quando io e mio marito lo abbiamo incontrato è stato incredibile. Sentivo in me un subbuglio emozionale ascoltandolo parlare e pensando a quanto ha fatto questo artista, quest'uomo, nella sua vita. È un uomo gentile, molto dolce e ha il fare saggio di chi ha visto il mondo e conosce la vita e, più di tutto, la musica. Settantanove anni di carica, grinta, voglia di suonare, suonare e suonare ancora; di gioire e far gioire attraverso la musa. Per rendere un po' l'idea di chi sia, per chi non lo conoscesse, questo batterista è citato nell'enciclopedia Treccani "Tra i musicisti di alto livello espressi dal jazz italiano" e lo presenta così: "Mr. Cazzola è più di un musicista: è un pezzo della storia del jazz. I suoi tamburi hanno sostenuto, suonato e corroborato i più grandi jazzisti che il globo abbia ospitato". Per citarne alcuni, beh, si parla di Billie Holiday, Art Farmer, Johnny Griffin, Clark Terry, Dexter Gordon, Gerry Mulligan, Tommy Lee Flanagan e molti altri padri del jazz internazionale; artisti italiani quali Gianni Basso, Renato Sellani, Giorgio Azzolini, Guido Manusardi e l'elenco è lungo, molto lungo. Si è cimentato anche nel pop, con Mina e l'Orchestra di Augusto Martelli. Non credo di dover scrivere molto altro, perché penso che già quel che ho scritto possa rendere l'idea della sua grandezza. Sentire e vedere suonare Gianni Cazzola, per un amante della musica, è come ammirare le radici di un'imponente quercia, per un amante della natura. Chiacchierare con lui, direi che è una forma di poesia. Alza la cornetta e si preoccupa subito di sapere come sto, ci facciamo due risate e iniziamo a parlare...

Gianni... come ti sei avvicinato alla musica? Ricordi una scena, un momento particolare di te bambino, ragazzino, in cui hai pensato per la prima volta che non avresti mai potuto farne a meno?

"Io mi sono avvicinato alla musica... e alla batteria chiaramente, vedendo mio fratello. Lui era un dilettante, un autodidatta e suonava nelle orchestrine da ballo in Emilia, negli anni '50. Siamo nati in campagna, vicino a Bologna - e stavamo in questa tipica casa in mezzo alla natura nella quale lui, in una stanza, teneva la batteria ed io vedendola ne rimasi subito fulminato, fin dalla prima volta. Così nacque la passione. Forse capii che quella era la mia storia e doveva andare così... Vidi questa stupenda batteria verde, era di una marca che ora non c'è più - Super Alberti si chiamava - ed era molto bella, grande; allora usavano le batterie grandi. Quando lui andava a lavorare io mi fiondavo nella stanza e suonavo. "Picchiavo" più che altro. Inizialmente così, un po' senza senso, poi ho capito - anzi, mi hanno fatto capire - che avrei potuto suonarla veramente. Ero piccolino all'inizio, avevo nove anni. Sono un autodidatta completo, non ho mai studiato con nessuno, dunque sono proprio un musicista della strada... ho imparato ascoltando gli altri."

Cosa ti ha portato ad amare in particolare jazz e swing?

"Eh sai, in casa in quel periodo avevamo un vecchio grammofono e mio fratello aveva i V-Disk, "I dischi della vittoria" della seconda guerra mondiale. In quei album c'erano tutti i grandi: Duke Ellington, Louis Amstrong, Gene Krupa, che al tempo era il mio idolo... e a me piaceva un sacco quella musica; mi piaceva il ritmo, mi piacevano le melodie, dunque il jazz mi è entrato nel sangue fin da allora e poi la passione è cresciuta nel tempo..."

Hai suonato con tanti grandi, ma essendo io particolarmente affezionata a Billie Holiday... ("Ehhh... una bella passione", aggiunge teneramente), ti chiedo... come la ricordi? Come vi siete incontrati?

"Beh, io suonavo in un club di Milano nel 1958, con un mitico quintetto, famosissimo, che si chiamava "Basso Valdambrini Quintet"* e con loro stavo iniziando la mia carriera; abbiamo suonato tantissimi anni insieme. Avevo iniziato l'anno prima con Franco Cerri, poi fui scritturato da loro e, quell'anno, suonammo in questo club che si chiamava "Taverna messicana". Era frequentato da tutti i musicisti perché era un club fantastico, in cui si suonava jazz. E una sera... la vidi entrare: vidi questa donna stupenda scendere le scale con la sua pelliccia meravigliosa e (ride)... si sedette vicino a noi. Era lì per ascoltare la musica, la sera prima era stata in un famoso teatro di Milano - "Lo smeraldo" - e lei era molto... triste; però là, quella sera, avevamo degli amici comuni e pensarono che avrebbe potuto farle piacere se l'avessero portata da noi e così... dopo un po' cantò con noi, tre pezzi. Era una donna dolcissima. Alla fine la ringraziai, lei mi carezzò la schiena e mi disse "Yeah baby...", con la sua voce roca... un'emozione molto bella..."

*Nato nel 1950 da Gianni Basso - sassofonista, direttore d'orchestra e compositore - e Oscar Valdambrini – trombettista tra i massimi esponenti del jazz italiano, il quintetto fu esteso talvolta fino a un ottetto, a seconda delle esigenze. I componenti dello straordinario progetto si esibirono in tutta Italia e all'estero, collaborando con molti dei grandi del jazz italiano. Da Dino Piana e Mario Pezzotta (trombonisti) a Glauco Masetti e Attilio Donadio (sax), Gianni Cazzola – appunto – alla batteria e Renato Sellani (al pianoforte) - ndr.  

Gianni, come spiegheresti la musica a una persona che ipoteticamente non sa cosa sia?

"Ah beh, questo è un bel casino! (ride) Non è per niente facile risponderti! La musica si percepisce, si sente, non si può spiegare. Come un swing, come fai a spiegarlo? è una cosa che hai o non hai, non la studi. Siccome ha il swing lo ha studiato... no, no..."

Lo so, ma te l' ho fatta a posta questa domanda, ero curiosa di sentire cosa avresti risposto tu! ah ah!

"Eh davvero, è un po' dura rispondere qui, ah ah..."

Ellade Bandini, visto che ne abbiamo parlato quando ci siamo visti... Come ti dissi lo adoro, è un musicista incredibile e una persona dolcissima...

"Beh, è un fratello per me, lo sai. Ci vediamo spesso, si, si..." 

Come vi siete avvicinati voi due? 

"All'inizio è lui che si è avvicinato a me. Lui ha otto/nove anni in meno di me e mi seguiva, mi veniva ad ascoltare in giro. Dov'ero io, lui arrivava. Mi ha sempre seguito perché ha sempre amato il mio modo di suonare. E io pure ho amato il suo, molto. Lui è veramente un grande... nel senso che oltre a suonare bene il jazz, è il batterista più completo che io conosca, anche nella musica più commerciale per dirti. Ha suonato con tutti i più grandi come ben sai".

Altra domanda abbastanza classica, ma vista la tua grande esperienza non è fattibile che manchi. Cosa dovrebbe tenere sempre presente un musicista emergente, secondo te?

"Ascoltare. Ascoltare con umiltà i vecchi musicisti, ascoltare la tradizione. Oggi ci sono troppi musicisti che... magari suonano anche bene, ma suonano "la moda". Non conoscono nemmeno, magari, certi batteristi, trombettisti, sassofonisti... perché oggi è cambiata la storia, non è più come prima. Prima era un ascoltarci continuo, adesso se la tirano pure."

E a volte sono pure delle schiappe e pensano di essere chissà chi... ne ho beccati a bizzeffe così – (commento io, ridendo per... non piangere?)

"Esatto!!! ah ah ah! è proprio così!"

E invece guarda caso, di solito i più grandi hanno anche un'umiltà pazzesca. Come dico sempre, se un artista perde l'umiltà...

"Ah si, manca tutto, perde tutto."

Ecco, una domanda che mi è venuta adesso. Visto che inizialmente ti veniva un po' da ridere perché in tutti questi anni, più o meno, ti hanno fatto sempre le stesse domande. C'è una domanda che magari avresti voluto ti venisse posta, ma non te l'hanno fatta? e se si dammi la risposta! ah ah!

"Ehh non mi viene (ride, in maniera dolcissima). Piuttosto, parliamo di questa cosa, a cui tengo molto. Ho creato, anzi non io perché è un'idea del grande Sandro Gibellini, un gruppo sulle musiche di Fats Waller che si chiama "Fatsology": è una delle cose più belle che io abbia fatto negli ultimi trentacinque anni di carriera. La formazione comprende appunto Sandro Gibellini alla chitarra, Alfredo Ferrari al clarinetto, Marco Bianchi al vibrafono, Roberto Piccolo al contrabbasso, io alla batteria e Alan Farrington alla voce. Questo è davvero un bellissimo progetto; saremo anche all'Umbria Jazz, tra le altre cose."

Com'è la tua anima Gianni?

"Tre volte jazz e cinque volte swing..."

Concludo con la mia domanda "canone". Dimmi, di che colore sei....

"Eh... il colore, beh, rosso blu! sono del Bologna! (ride di gusto) Però il mio colore preferito è il verde, fin da piccolo ho sempre amato questo colore. Forse perché sono nato in campagna e ho sempre visto un sacco di verde, che ne so, ah ah!"

Gianni, il primo sulla destra, con Billie Holiday e il Basso Valdambrini Quintet
 
O forse, ho pensato poi io, anche perché la prima batteria con la quale ha iniziato era... verde?

Grazie Gianni... e come dici sempre tu: "Un grande abbraccio swing"...

Gianni Cazzola, Nico Menci, Paolo Benedettini, "Aloner Together", "Smell Swingin' " 2016


"Gianni Cazzola's 4et", live in Jazz Club Torino, 2015


Gianni Cazzola in "Basso Valdambrini Quintet", "Mitigati", 1960

mercoledì 22 febbraio 2017

Claude Debussy, la "Suite Bergamasque" e "Clair de lune"

Claude Debussy

Claude Debussy (1862/1918). Il solo pronunciare il suo nome pare dare il via ad una musica, la sua musica. Di lui Paul Valéry scrisse: "Lo si vedeva concentrarsi non ad ascoltare la musica per se stessa, quanto a tentarne di farne suoi i segreti. Lo si vedeva, lapis tra le dita, prender nota di ciò che riteneva giovevole alla poesia nella musica, cercando di estrarne alcuni tipi di rapporti che potessero essere trasportati nel campo del linguaggio." Debussy è considerato l'iniziatore della musica moderna, per molti esponente massimo del simbolismo e dell'espressionismo in musica, nonostante il compositore negasse l'appartenenza a un determinato movimento artistico. La realtà, a parer mio, è che proprio come desiderava lui, Claude Debussy non è classificabile; non si può dare un genere alla sua musica, perché le influenze, la ricchezza, le sfumature e i diversi colori delle sue opere, fanno delle sue composizioni un prisma attraversato da una luce potente ed eccezionalmente ispirata. Amava Debussy, amava la poesia di Verlaine, amava assorbire come una spungna tutto ciò che della musica e della poesia lo rapivano maggiormente. Per questo nelle sue opere si possono sentire accenni di Wagner, così come di musica sinfonica; si possono percepire immagini e odori d'oriente o in altri casi udire e godere delle sue contaminazioni europee, romantiche, neoclassiche, fino al simbolismo e l'espressionismo, passando per ispirazioni popolari, danze e tradizioni e giungere persino al jazz. Visse in Italia, in Francia, in Inghilterra ed ebbe una vita movimentata sotto diversi aspetti e certamente, perché è un dato di fatto, anche molti di questi avvenimenti ispirarono all'autore diverse composizioni. Sono talmente tante le sue meraviglie, che elencarle e parlare di tutte sarebbe incauto in quest'occasione, perché per parlarne davvero ci vorrebbero pagine e pagine. Allora parliamo di "Clair de lune", uno dei pezzi di Debussy più amati in assoluto. Beh, io vi dico, che se non conoscete l'opera per intero, è davvero un gran peccato e si, dovreste rimediare. "Clair de lune" è il terzo atto de la "Suite Bergamasque", composta tra il 1888 e 1890 e ripresa da Debussy nel 1904, rivista e pubblicata l'anno seguente. E' una suite, appunto, una forma strutturata di più brani ispirati alle movenze di balli cortigiani e popolari: "Prélude" (Preludio), "Menuet" (Minuetto), "Clair de lune" (Chiaro di luna) e "Passepied" (non traducibile poiché si riferisce a un tipo di danza nata in Bretagna). Ciò che lega questa composizione all'Italia, come si può percepire dal titolo scelto, è il termine "bergamasque". Si lega, però, in maniera molto più intricata e interessante di quel che potrebbe sembrare. Al tempo la città di Bergamo era amata dai francesi, perché Stendhal, un secolo prima, l'aveva visitata e ne aveva descritto la parte Alta come il colle più bello che avesse mai visto. Non è questo però, il vero motivo del titolo. Il termine "bergamasque", in effetti, viene da Shakespeare. Ebbene si. In "Sogno di una notte di mezza estate", il grande Shakespeare fa riferimento, più di una volta, a una rustica danza che avrebbe avuto origine proprio a Bergamo; oltre a questo, rendendo il termine in inglese con "a bergamask", Shakespeare intendeva espimere il suo amore per la commedia dell'arte e le maschere (*mask). L'idea di utilizzare questa parola poi, venne in mente a Debussy grazie al suo poeta preferito, Paul Verlaine. Il terzo atto, "Clair de lune", si intitola proprio come la splendida poesia di Verlaine nella quale il sopracitato termine è presente: " "Votre âme est un paysage choisi/ Que vont charmant Masques et Bergamasques/ jouant du Luth et dansant et quasi / Tristes sous leurs déguisements fantasques" (La vostra anima è un paesaggio eletto / per il quale vanno maschere e “bergamasques” / suonando un liuto e danzando quasi / tristi per i loro travestimenti fantastici"). Detto ciò, se non avete mai ascoltato per intero quest'opera vi consiglio di farlo, al di la' del "genere" musicale a voi favorito. In questo modo, ve lo assicuro, potrete dire di aver vissuto qualcosa di magico, prima di riposare in vista del nuovo giorno.

domenica 29 gennaio 2017

La storia del cinema (parte 5): il cinema degli artisti, le avanguardie


Fin dagli anni Venti, accanto all'evoluzione così detta "tradizionale" del cinema, si sono fatte strada le avanguardie cinematografiche. In contrasto con il divismo e gli scenari che si stavano sviluppando, fecero il loro ingresso nel mondo delle pellicole poeti e pittori. Gli artisti infatti consideravano il linguaggio utilizzato nei film, solo una copia riportata e tra l'altro alquanto automatizzata del linguaggio già in uso nella letteratura e nel teatro. Consideravano così il nuovo mezzo di comunicazione, terreno fertile per lo sviluppo artistico, andando fuori dagli schemi considerati adatti al cinema "di massa". Ogni opera aveva così un valore aggiunto e soprattutto portò modelli estetici e ideologici. L'analisi del linguaggio che gli artisti portavano avanti, permise al cinema d'avanguardia e più in generale a tutto il cinema, di giungere ad un linguaggio proprio, non più legato alla sopracitata letteratura o al teatro. Nuovi elementi espressivi e formali, l'applicazione di nuove vie di sviluppo lontane dalla normale linguistica, portarono negli anni a un sempre più acceso e creativo sviluppo dell'estetica e del linguaggio stesso. Dopo i primi esperimenti da parte dei futuristi, il cinema d'avanguardia si sviluppò parecchio nell'ambiente del dadaismo internazionale, negli anni successivi alla prima guerra mondiale; il dadaismo diede vita a due poetiche: la poetica dell'opera globale e la poetica del caso. Le due poetiche, tra le altre cose, fungevano da punto di collegamento tra autori ed opere molto diversi tra loro. I pittori e i poeti, cercavano con l'avanguardia nuovi legami con le percezioni sensoriali e relative all'esperienza della realtà, attraverso basi morali ed estetiche certamente considerabili come moderne rispetto alla tradizionale visione. Nascono negli anni successivi anche nuovi legami tra cinema e musica e nuove ritmiche nell'immagine e nella narrazione. Il dadaismo, in sostanza, diede il via allo sviluppo delle avanguardie, che poi continuarono ad evolversi negli anni Venti attraverso il surrealismo. Entrambi i movimenti, pur se in modi ovviamente differenti, si ponevano al pubblico come posizione alternativa, un punto di vista nuovo sul mondo, con nuove filosofie dell'arte e della vita. Spesso nelle singole opere, nei singoli autori, si riconoscono anche influenze di avanguardie diverse, quali il futurismo, il cubismo o il razionalismo e l'insieme di questi autori e delle loro diverse influenze va a formare un discorso generale sull'arte e sul cinema – in quanto nuova arte – in periodi di continuo fermento, evoluzione e trasformazione creativa. Fernand Léger, ad esempio, portò un esempio eccezionale di cinema cubista con il suo "Ballet Mécanique" (1924). Léger è stato un pittore, ma anche un creatore di vetrate e arazzi, uno scultore, decoratore, ceramista, scenografo, costumista e illustratore. Questo film ispirò molti altri artisti, pur non avendo una trama. Si concentra infatti su oggetti inanimati e animati, ripetuti in diversi fotogrammi, con prospettive diverse, immagini a specchio, dettagli, dalle forme geometriche a un sorriso, la silhouette di un uomo, un cappello, una bottiglia, un volto che cambia espressione, miriadi di immagini destreggiate in maniera nuova, con tecniche differenti, il tutto presentato e accomiatato da uno Charlot composto da ritagli geometrici. Anche Marcel Duchamp, con "Anemic Cinema" (1926) si mosse in una direzione simile e l'opera è l'insieme di una serie di ricerche portate avanti dall'artista nel campo della cinetica delle forme; riprendendo oggetti in movimento da diverse prospettive, cercava la poliespressività degli stessi. Intorno al 1921 invece, Man Ray, pittore, fotografo e grafico statunitense, aveva scoperto il rayograph, vale a dire la fotografia senza macchina fotografica. Gli oggetti venivano posti su materiale sensibile, generalmente carta fotografica e posti sotto la luce di una semplicissima lampadina. Il risultato era appunto una rayografia (termine che naturalmente prende forma dal nome del suo scopritore). Il primo film di Man Ray, "Ritorno alla ragione" (1923), fu realizzato in una sola notte con diversi materiali cinematografici; durava pochi minuti ed era costruito al di fuori di ogni struttura formale o razionale; un'opera dadaista, che volutamente in contrasto con il suo titolo, determinava un significato culturale d'impatto, infrangendo le convenzioni della cultura e dell'arte. Un' altra opera molto importante per quegli anni fu "Entr'acte" (1924), realizzato da René Clair (attore, sceneggiatore e regista) in collaborazione con il pittore e scrittore Francis Picabia (anche lui francese), che divenne il simbolo del cinema dadaista nonostante le tecniche cinematografiche utilizzate per la realizzazione dello scenario facessero parte di un'avanguardia rifiutata dal dadaismo, ma essenziale nel cinema sperimentale di quegli anni. "Entr'acte" significa "intermezzo", poiché inizialmente doveva essere solo l'intermezzo cinematografico di un balletto, anche se poi, oltre ad essere esteticamente centrato per quel "ruolo", divenne molto di più. Il film rendeva i caratteri del non-sense dadaista: le situazioni, il gioco, la provocazione, la presa in giro antiborghese. La poetica del film dunque, lo rese, al di la' delle tecniche utilizzate, il più significativo esempio di cinema antitradizionale e dadaista; provocatorio e illogico, dedito al caso e al superamento della cultura e dell'arte borghesi.

rayografia, Man Ray

sabato 10 dicembre 2016

La traduzione di "Creuza de mā" (DeAndrè/Pagani)

 
Ombre di facce facce di marinai,
da dove venite? dov'è che andate?
Da un posto dove la Luna si mostra nuda
e la notte ci ha puntato il coltello alla gola
e a montare l'asino c'è rimasto Dio.
Il Diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido.
Usciamo dal mare per asciugare le ossa dell'Andrea,
alla fontana dei colombi nella casa di pietra.
E nella casa di pietra chi ci sarà?
nella casa dell'Andrea che non è marinaio?
Gente di Lugano, facce da tagliaborse,
quelli che della spigola preferiscono l'ala.
Ragazze di famiglia, odore di buono,
che puoi guardarle senza preservativo.
E a queste pance vuote cosa gli darà?
Cose da bere, cose da mangiare,
frittura di pesciolini, bianco di Portofino,
cervelli di agnello nello stesso vino,
lasagne da tagliare ai quattro sughi,
pasticcio in agrodolce di lepre di tegole.
E nella barca del vino ci navigheremo sugli scogli,
emigranti della risata con i chiodi negli occhi
finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere.
Fratello dei garofani e delle ragazze,
padrone della corda, marcia d'acqua e di sale,
che ci lega e ci porta in una mulattiera di mare.


giovedì 17 novembre 2016

La storia del cinema (parte 4): il disegno animato, dalla "Lanterna Magica" a Walt Disney

Walt Disney
Chi di noi non ha amato i classici Disney? Chi di noi non si è appassionato, da bambino – e non solo! - almeno a un film animato? Chi di noi non rimane affascinato, quando si trova a vedere, magari un po' per caso, sul web o in tv, un filmato che illustri le techiche di disegno usate in tempi lontani per creare animazioni fantastiche, così come le techiche odierne, così avanzate e attente al dettaglio? La "quarta parte" di questo susseguirsi di articoli, si concentra proprio sulla nascita del disegno animato. Già intorno agli anni dieci, parallelamente alla produzione comica, i "cartoons", in America, hanno cominciato a farsi notare, anche se le sue primissime origini sono da ricercare addirittura a prima dei fratelli Lumière. La maggior parte di essi, nel muto prima e nel sonoro poi, hanno preso ispirazione dai fumetti, che avevano interessato già da tempo generazioni intere di lettori. Assomigliavano molto, in effetti, ai loro "padri" cartecei. Raccontavano dello stesso tipo di situazioni comiche, avventurose o grottesche e presero sempre più piede nel decennio successivo, quando la produzione comica risultava essere troppo vuota di contenuti. Come in diversi ambiti del cinema però, anche il cinema animato entrò in crisi per almeno un decennio, nel momento in cui i produttori tentarono di passare ai lungometraggi, perché sostanzialmente non si trattava di grandi produzioni. Furono gli anni Trenta a dare vera vita al mondo animato. Se inizialmente si trattava solo di illustrazioni umoristiche in movimento, con l'arrivo di Walt Disney vi fu una vera e propria svolta, nelle tecniche e nei contenuti. Il cartone animato iniziò a raccontare storie più serie, più emozionanti rispetto alle prime produzioni e vi furono poi autori che al tempo stesso cominciarono a considerare il disegno animato un'arte sperimentale, da utilizzare anche per la satira o a scopo pedagogico. Nacquero miriadi di personaggi tuttora conosciuti: dallo storico Popeye, nato dalle "daily strips" e portato all'animazione, sino a Betty Boop (1931-1939), creata appositamente per il cinema. Disney, Warner Bros e Metro-Goldwyn-Mayer furono le prime grandi case di produzione nel campo dell'animazione. La Warner Bros lanciò personaggi quali Duffy Duck, Wile E. Coyote e Bugs Bunny e la casa di produzione Metro-Goldwyn-Mayer/ Hanna e Barbera presentò invece gli intramontabili "Tom e Jerry", "I Flintstones" e "Lo scoiattolo Picchiatello". E' Walt Disney, in ogni caso, ad essere considerato il vero padre del film d'animazione. Egli detiene tuttora un incredibile primato: le sue produzioni vennero candidate all'Oscar ben cinquantanove volte e di queste, ventidue furono le statuette ricevute, senza contare ben quattro Oscar alla carriera e un David di Donatello vinto nel 1956 per "Lilly e il Vagabondo". Walt Disney ebbe una visione nuova e fondamentale fu anche la sua collaborazione con l'eccellente disegnatore ed amico di una vita Ub Iwerks, interrotta solo per sei anni, quando dopo alcuni dissapori Iwerks fondò una propria casa di produzione che però, senza il genio creativo ed imprenditoriale di Walt, non ebbe successo. I due tornarono ben presto a lavorare insieme risolvendo i propri personali screzi e il binomio tra i due fu essenziale nella storia dell'animazione. Walt Disney sviluppò, tra le altre cose, un rapporto tra immagini e musica che mai nessuno aveva usato prima e creò effetti speciali assolutamente innovativi e decisivi. Al tempo, nonostante disegnatori e registi, facessero un lavoro enorme per portare al pubblico i loro film d'animazione, erano più i personaggi a rimanere nella memoria, oscurando un po' le fatiche di chi li aveva creati con grandi sacrifici. Persino Walt Disney ebbe delle difficoltà in questo. Gli fu rubato il personaggio di "Lucky Rabbit" e fu proprio quell'episodio a spingerlo ad aprire degli studi di produzione che portavano ben in evidenza il suo nome. I diritti poi, per il magico Rabbit, furono riconquistati dalla Disney solo nel 2006. Dietro al lavoro di quest'uomo vi furono non anche dei sacrifici naturalmente.. Ad esempio, quando la Warner Bros lanciò il primo film animato sonoro, Walt Disney, capendo di dover dare una svolta alle proprie produzioni, arrivò a vendersi l'automobile pur di raccogliere il denaro necessario per realizzare il primo film in sonoro di Topolino (un personaggio che poi, come sappiamo, diede il via ad altri meravigliosi soggetti, quali Minnie, Paperino ec ecc). Oggi ci sono film d'animazione a dir poco meravigliosi e tante volte ci pare quasi che i personaggi e le loro emozioni siano reali. Il film animato è diventato un mezzo per lanciare messaggi sociali, ma anche un modo per ricordare agli adulti cosa significa essere bambini o per sottolineare con dolcezza valori di pace ed amicizia che nel nostro tempo l'umanità fatica a portare con se. La fantasia, l'immaginazione, sono tra le cose più preziose che abbiamo e di certo, nel film animato, sono un ingrediente essenziale; ma torniamo più indietro, molto più indietro. Si perché, se fino ad ora vi ho raccontato di cose che più o meno tutti sappiamo, forse la maggior parte di noi – io compresa, prima di fare ricerche – non sa che i primordi del disegno animato risalgono addirittura al 1675. Si, avete letto bene! Il lontano 1675 è infatti l'anno in cui il gesuita e filosofo tedesco Athanasius Kircher inventò la "lanterna magica", il primo esempio di proitettore di immagini fisse. Grazie a questo strumento era possibile proitettare su vetri trasparenti disegni ingranditi e dipinti, utilizzando come fonte luminosa lanterne o candele. La "lanterna magica" conquistò tanto le persone da diffondersi in tutto il mondo e fu il primissimo passo verso l'invenzione di numerosissimi strumenti che portarono poi alla nascita ufficiale del disegno animato, nel 1892, con il "teatro ottico" di Émile Reynaud. L'ingegnoso strumento di quest'ultimo aveva il nome di "prassinoscopio" (1877) ed era costituito da un prisma di specchi, posizionati al suo interno in diverse angolazioni che permettevano una visione più chiara delle immagini riflesse. Prima di quest'invenzione invece, uno strumento d'animazione diffuso era il "cineografo" (1868), un piccolo libro illustrato in ogni sua pagina che sfogliato molto velocemente dava vita a piccole storie animate. Impossibile non citarlo, visto che molti di noi da bambini hanno provato a crearne uno! Passando per sperimentazioni e continue invenzioni (arrivando anche alla decisiva invenzione dei fratelli Lumière), si giunse alla creazione del primo cartone animato moderno nel 1908, con Emile Cohl. Egli creò infatti il primo vero e proprio personaggio, un piccolo clown di nome Fantôche sul quale Cohl lavorò per tre lunghi mesi per un prodotto finale di un paio di minuti. Per comprendere il perché di un periodo di lavorazione così lungo, basta pensare al fatto che quei due minuti d'animazione erano frutto di ben settecento disegni. Settecento. Avete presente quanti sono settecento disegni? Il problema di Cohl fu che non depositò mai un brevetto per le sue invenzioni e questo lo portò ad essere superato dagli americani che presero spunto dalle sue tecniche durante il suo soggiorno in terra statunitense. Nonostante avesse prodotto durante la sua carriera ben trecento film, morì in miseria e senza riconoscimenti e solo in tempi più recenti è stato ricordato e riconosciuto per il suo grande lavoro. Molti registi europei, oltre a Chol, viaggiarono oltreoceano e fu proprio questo, come accennato in parte prima, a dare il via anche in America a questo genere cinematografico. Prima di Walt Disney, nonostante come già detto gli anni Venti non si distinguano per giganteschi passi avanti perlomeno per quanto riguarda la parte tecnica, vi furono tre persone, in particolare, a risultare storicamente importanti per lo sviluppo di quest'arte: Pat Sallivan, creatore della serie "Felix the Cat" (1919) e i fratelli Max e Dave Fleisher inventori di "Popeye the sailor" e "Betty Boop", ma anche di "KoKo", un clown protagonista di diverse avventure. Pat Sallivan ebbe una vita molto travagliata; ebbe infatti una contesa per l'attribuzione della creazione di Felix, passò nove mesi in carcere e morì a soli quarantasei anni per alcoolismo e polmonite. La contesa fu mossa da Otto Messmer, che rivendicava la paternità di Felix. Ci fu un ricorso e alcuni sostengono che anche al giorno d'oggi non sia possibile sapere quale sia la verità, anche se in realtà, come sottolineato da molti, nel 1917 Sallivan aveva già creato un prototipo di Felix con un film intitolato "The Tail of Thomas Cat" e la grafia in "Feline Folies" nel quale Felix fu inserito, era la sua. Arrivato dall'Australia, il giovane Sallivan iniziò lavorando come assistente ad un altro animatore e dopo aver fatto un po' di esperienza, creando anche un paio di strisce a fumetti, decise nel 1916 di aprire un proprio studio e creò un cartone animato chiamato "Sammy Jhonsin" al quale aveva iniziato a lavorare anni prima. Il suo vero e proprio boom però arrivò proprio con Felix, il famoso gattino nero alle prese con avventure giornaliere. Il progetto ebbe un successo fenomenale, sia per la storia creata da Sallivan che per le tecniche utilizzate e così il famigerato gatto divenne una vera e propria star del cinema muto, tanto da arrivare anche in Italia con il "Corriere dei Piccoli", che pubblicava le sue storie ribattezzandolo Mio Mao. Così come lo aveva creato però, Sallivan lo distrusse. Alla fine degli anni Venti, con un successo sempre più in crescere di Mickey Mouse, egli si rifiutò di aggiungere il sonoro alla serie e la interruppe. Negli anni Trenta, volendo rilanciare il personaggio, annunciò che avrebbe convertito il suo Felix al sonoro, ma oramai era evidentemente troppo tardi e per il pubblico il divertente gattino era già un ricordo. Max Fleisher, a differenza di Sallivan, ebbe una vita più tranquilla. Nel 1914 inventò con il fratello Dave la tecnica del "rotoscopio", brevettata l'anno successivo, che permetteva una resa decisamente migliore nel movimento delle immagini e garantiva un aspetto dei personaggi nettamente superiore. Con il rotoscopio le immagini del cartone animato venivano prima di tutto fotografate; in seguito, le stesse venivano proiettate su un pannello trasparente ed ogni fotogramma era poi ricalcato con lo stile del fumetto ma in modo molto più realistico. Questa tecnica permise loro di dare vita a molti personaggi di successo e in particolare, come già detto, agli ancora amatissimi Betty Boop e Braccio di Ferro (1930/1933). Oltre a questi due noti personaggi però, la tecnica venne utilizzata con grande successo nella serie "Out of the Inkwell" (1918-1929), nella quale venne adottata una "tecnica mista" per la quale attori reali e cartoni animati potevano "recitare" insieme e così fu anche per la splendida invenzione del clown Koko. E' interessante, tra l'altro, il modo in cui Koko il clown fu ideato. Il prototipo usato per realizzarlo infatti, fu proprio il fratello di Max, Dave, che venne fotografato da lui vestito da clown proprio per sperimentare sulla sua nuova invenzione. Koko, che nel tempo fu modificato ed evoluto e cambiò anche diversi nomi, prendeva spesso vita nel cartone uscendo da un calamaio ed interagendo poi con oggetti, animali ed anche con il suo stesso disegnatore. Con il capolavoro di Betty Boop, Fleisher introdusse anche Braccio di Ferro, che fece la sua prima apparizione proprio in un episodio della bella e seducente ragazza jazz. Purtroppo, la serie di Betty Boop, anche se molto amata, dovette essere interrotta dopo nove anni a causa di diverse proteste. Il personaggio, seducente ed ironico, non piaceva a tutti perché "troppo succinto" secondo alcuni. Betty ricordava tra l'altro una cantante molto popolare in quegli anni, soprattuto per la sua voce da bambina e la cantante, Helen Kane, fece causa a Fleisher per aver utilizzato senza permesso la sua personalità nel personaggio creato, anche se poi in realtà perse la causa. Quando però, nel 1934, vi furono ampie proteste da parte del pubblico conservatore, Betty Boop venne rilegata in abiti diversi, venne vestita molto di più e portata ad occuparsi di faccende di casa e simili. Il che ovviamente le tolse tutto lo charme che l'aveva portata al successo e la serie fu per l'appunto interrotta, nel 1939. A livello commerciale, Fleisher continuò ad avere grande successo e guadagno per i diritti riguardanti le animazioni di Braccio di Ferro che addirittura divenne il più diretto concorrente di Mickey Mouse. E' importantissimo sottolineare però chi fu il padre originale di Braccio di Ferro. Fleisher lo portò all'animazione, ma il suo disegnatore originale, fumettista, fu Elzie Crisler Segar. Se non fosse uscito dalla sua matita, è ovvio che non sarebbe esistito nemmeno il cartone animato, così come per tutti i disegnatori, padri reali di molti dei personaggi che abbiamo amato. Proseguendo nella sua carriera, Fleicher si cimentò nell'animazione di altri personaggi già esistenti, tra i quali anche Superman e nonostante i costi fossero stati molto alti, egli riuscì ad ottenere grandi soddisfazioni anche da questo lavoro. La crisi per Fleisher giunse con alcune scelte sbagliate, tra le quali il tentativo – che non ebbe appunto grande successo – di animare “I viaggi di Gulliver”. A questo si aggiunse lo scoppio della seconda guerra mondiale e alla fine, dopo aver lavorato ad alcune pellicole didattiche per l'esercito ed aver avuto problemi anche con il fratello, Max perse il controllo dei suoi Studios e passò a lavorare dalla Paramount alla Columbia. Nel 1958 si risollevò producendo altri cento episodi di “Out of the Inkwell”, stavolta a colori e destinati alla tv. Contemporaneamente al lavoro di Sallivan e dei fratelli Fleisher vi furono ovviamente altri animatori d'interesse, anche se loro rimangono quelli di maggior successo e in sostanza sbaragliarono la concorrenza, perlomeno fino a che Walt Disney e le altre grosse case di produzione non iniziarono seriamente ad essere un passo avanti rispetto a tutti gli altri. Gli anni Quaranta e Cinquanta, in ogni caso, furono terreno fertile per la creazione di miriadi di personaggi, alcuni dei quali inventati e animati anche da disegnatori e tecnici che avevano lasciato gli Studios della Disney a seguito di uno sciopero, per creare – negli anni Quaranta - una propria casa di produzione, nota come U.P.A. (United Production of America). Questa diede i natali, tra gli altri, a personaggi come “Mr. Magoo” (di John Hubley), un miope personaggio alquanto scontroso e “Dick Tracy” (del fumettista Chester Gold), incorruttibile poliziotto di Chicago le cui avventure vennero ambientate negli anni Trenta. Rispetto ai lavori della Disney, della Warner e della Metro-Goldwyn-Mayer che puntavano molto alla resa realistica delle animazioni, la U.P.A. utilizzava sfondi meno realistici e personaggi molto più bidimensionali, ma nonostante questo, le loro tecniche – anche se più semplici – vennero apprezzate e riprese da diverse case di produzione fino agli anni Sessanta e Settanta. La U.P.A. chiuse ufficialmente nel '64, mantenendo licenze e diritti su personaggi come Mr. Magoo e rimanendo fonte di ispirazione per molte case che ripresero i loro personaggi, come ad esempio la Columbia Pictures, per la quale già prima aveva prodotto diversi cortometraggi di animazione. Per quanto riguarda l'Italia, i primi lungometraggi uscirono intorno agli anni Cinquanta. Il primo si intitolava “La rosa di Bagdad”, prodotto e diretto da Anton Gino Domenighini e il secondo, uscito lo stesso anno (1949), fu “I fratelli Dinamite”, prodotto da Nino Pagot. “La rosa di Bagdad” era una storia in Technicolor e narrava dell'amore tra Zelia, figlia di un sultano, e il flautista di corte Amin. Nella storia i due ragazzi vengono ostacolati da un visir, Jafar, che a tutti i costi vuole sposare la ragazza e impadronirsi del regno, anche se poi l'amore vince e i due giovani riescono a sposarsi e a vivere felici. La pellicola venne però apprezzata più all'estero che in Italia, anche se successivamente è stata rivalutata e restaurata. Ci sarebbe davvero molto altro da dire sulla storia del disegno animato, dai personaggi degli animatori francesi, terra dalla quale tutto era nato, agli altri innumerevoli capolavori della Disney (“Biancaneve e i sette nani”, “Dumbo”, “Pinocchio”, “Fantasia”, “Alice nel Paese delle Meraviglie”, “Cenerentola”, “Peter Pan”...). Dalla nascita, con MGM dell'Orso Yoghi e Braccobaldo, fino all'arrivo dell'animazione giapponese, di tutt'altro stampo e con una storia e uno stile molto diversi.

Tutte queste cose possono farci capire quanto il mondo animato sia una forma di cinema con una storia indipendente e al tempo stesso incrociata a quella del cinema "tradizionale" e quanto sia enorme, incredibile, l'evoluzione che quest'arte ha avuto in centinaia di anni. Da quella “lanterna magica”... fino ad oggi.

domenica 16 ottobre 2016

L'Italia siamo noi

Ho pensato e ripensato. Alla fine, anche noi dal basso, lo sappiamo che in Italia ci sarebbero i soldi per fare tutto, volendo. È quel "volendo", che fa la differenza, si sa. In Italia si sono succeduti governi d'ogni sorta, governi dei partiti, destra, sinistra, centro, interscambiabili a seconda delle situazioni. Abbiamo avuto i professori, i tecnici e miriadi di finti salvatori della patria. Ovviamente ognuno di loro si è sempre professato genuino; "è per il bene del paese", "è per il bene del popolo italiano" e bla... bla... bla... Io non sono un'esperta tale da poter dare soluzioni, è normale. Sono solo una cittadina italiana, orgogliosa della Terra Italia e non dello Stato Italia. Come molti. Mi pongo domade, cerco risposte, a volte riesco a farmi più o meno un'idea delle cose, perché alla fine quel che passa dai media, dai giornali, da tutte le informazioni disponibili per i comuni mortali o dai grandi discorsi, è sempre la solita brodaglia.  Io ho trentuno anni tra un mese e fin da piccola ho sempre sentito dire più o meno le stesse cose e chi è più grande di me potrà confermarlo credo. In un modo o nell'altro, l'arte della comunicazione è diventata una cosa terribile, perché lo sapete, no? quando un politico (o altro soggetto dotato di qualche tipo di "potere") parla, ha pure uno staff alle spalle: specialisti di "comunicazione". Comunicazione per come la vogliono loro, naturalmente. Teoricamente comunicare, sapete, è una parola bella. Il fatto è che è come una bomba. Mettiamo di essere degli artificeri (stima profonda, ovviamente è solo un esempio). Siamo di fronte a una bomba da disinnescare. Se siamo dei bravi artificeri, avremo tutte le competenze necessarie per far si che la bomba non esploda, se invece non saremo competenti, preparati, devoti al nostro lavoro, quella bomba farà miriadi di vittime. Un altro esempio, giusto per far capire dove vorrei arrivare: siamo in un locale con degli amici. Si parla del matrimonio di due ragazzi del paese, così, per far due parole. Uno degli amici dice all'altro: "Cavolo tra l'altro, lei ha avuto un incidente venti giorni prima del matrimonio, meno male che non si è fatta niente di grave, è solo un po' ammaccata". Una signora dalle orecchie lunghe sente il discorso dei ragazzi e dice al marito: "Oh! ma la figlia del panettiere ha avuto un incidente poverina! deve anche sposarsi!", poi sente che il ragazzo al tavolo pronuncia le parole "macchina distrutta". "Cavolo, cavolo! signur si sarà fatta proprio male!" e il discorso finisce lì. Qualche giorno il marito va al bar e dice a un altro: "Hai sentito della figlia del Beppe? pare che non stia bene!" e l'altro stupito: "Ma dai, cos'è successo?" "Eh, ha avuto un incidente, la macchina è distrutta!". La conversazione si limita a poco altro e poi ognuno va per la sua strada. Il sig. Pippo, conoscente del marito della signora orecchie lunghe, va a giocare a bocce il giorno dopo e sente che proprio accanto stan parlando dell'incidente, così incuriosito si avvicina ai compagni di bocce e chiede: "Allora? cos'è successo?" e uno risponde: "Ah, io ero lì, hanno bloccato la strada, ho visto che la tiravano fuori dalla macchina tutta immobilizzata povera stella" "E poi? si è saputo qualcosa?" "Si lamentava tanto coi soccorritori, aveva male la schiena, le gambe... ahi ahi ahi... poi però non ho saputo niente." Il sig. Pippo si preoccupa ancora di più, perché conosce bene il panettiere del paese e spesso ha visto anche la figlia in negozio. Va a casa e parla con la moglie che, vedendolo un po' turbato, gli chiede cosa lo affligga. "Eh, sai, la figlia del Beppe, il panettiere" e la moglie annuisce, così lui continua "Potrebbe anche rimanere sulla sedia a rotelle per quel che so, l'hanno tirata fuori dalla macchina e aveva tanto dolore alle gambe e alla schiena". La moglie sconvolta: "Povera ragazza, è così giovane... speriamo di no...". Passano i giorni e sul luogo dell'incidente ci sono ancora i segni, qualcuno dice sia in gravi condizioni, perché "qualcuno glielo ha detto ed era presente", non vedeva tutto da dietro le altre automobili, l'ambulanza, il carro attrezzi e così via, però per quel che ha sentito, 'sta povera donna è messa proprio male. Dopo una settimana, la ragazza dell'incidente va in piazza in paese a fare commissioni. Ha solo un collarino ed è un po' ammaccata. Le si avvicina il Pippo, quello un po' più preoccupato e fermandola le dice: "Ma non eri grave? santo cielo, meno male che stai bene!". La ragazza risponde, racconta l'accaduto, che le poteva andare molto peggio, ma che è solo un po' acciaccata, poi chiede: "Ma chi te lo ha detto? e perché non hai chiamato papà se eri preoccupato?". Il sig. Pippo imbarazzato, ammette d'aver seguito le informazioni ricevute da altri e si scusa dicendo che "temeva di disturbare". La ragazza e il ragazzo, felicemente si sposano alla data stabilita. Fine della storiella. Certo, è una storiella di paese, ma il punto è chiaro. La mancanza di comunicazione, quella vera, può far solo che disastri. La comunicazione, dice Treccani tra le altre cose, è questo: "In senso ampio e generico, l’azione, il fatto di comunicare, cioè di trasmettere ad altro o ad altri. In senso più proprio, il rendere partecipe qualcuno di un contenuto mentale o spirituale, di uno stato d’animo, in un rapporto spesso privilegiato e interattivo. Comunicazione d’idee, di pensieri. La comunicazione delle proprie ansie, della propria insicurezza; la comunicazione agli altri del proprio sapere. "L’accettazione della probabile sconfitta è costitutiva di ogni comunicazione che aspiri ad essere virtuosa (Giulio Mozzi)". Più astrattamente, relazione complessa tra persone (di carattere cognitivo, spirituale, emozionale, operativo, ecc.), che istituisce tra di esse dipendenza, partecipazione e comprensione, unilaterali o reciproche." Ora, mi pare che il termine comunicazione, abbia un bel significato, non credete? eppure... sono stati capaci di dare a una parola che solo cose positive dovrebbe far nascere, un'accezione negativa che non doveva avere. Non sappiamo più se chi ci comunica le cose, lo sta facendo perché "si preoccupa di non fare esplodere la bomba" o "se quella bomba la vuole far esplodere perché gli conviene". Non sappiamo più "se chi parla della ragazza si sta preoccupando per lei o se vuol solo far chiacchiere di paese". Noi siamo vittime di "artificieri" incompetenti e "pettegoli", che la comunicazione la usano solo per... i motivi che tutti sappiamo. Salvarsi il posto di lavoro profumatamente retribuito, salvarsi la poltrona quando c'è. Ipocrisia ed egoismo. Persino il Pippo, buon uomo, è stato un po' ipocrita nella storiella che vi ho raccontato. Continueranno a dirci quello che vogliono farci pensare, non certo la realtà. Solo lassù nell' "Olimpo" (senza offesa per l'Olimpo), sanno come stanno le cose. Noi però non possiamo certo darla vinta a questi soggetti, in qualsiasi campo essi operino. Non siate pigri, non dite che per qualsiasi cosa "tanto non cambia niente" oppure che "non ve ne intendete". Se non ve ne intendete siate curiosi!  cercate il più possibile di capire cosa succede attorno a voi. E tra l'altro, non solo in Italia, ma nel mondo intero. Passiamo la vita a lavorare, a correre come dei pazzi per portare a casa uno stipendio decente (se siamo tra i più fortunati che ancora hanno un lavoro) e a volte lo diciamo che "siamo noi i loro capi", perché è così, per loro e per tutti coloro che pur se non facenti parte della classe politica, finanziaria ecc. a loro sono inevitabilmente legati, in un modo o nell'altro. E quelle poche volte che qualcuno dice qualcosa di sensato, figurati, se ne inventano a bizzeffe "gli esperti di comunicazione". Non sono esperti di comunicazione, sono esperti di "come fottere la gente". Scusate il termine poco gentile, ma volete davvero continuare a "farvi fottere"? Almeno provateci, a cambiare le cose. Anche poco poco, con i mezzi che avete e nel modo che ritenete più consono a voi, ma vi prego... sento troppa gente dire "Non m'importa". È questo che vogliono: che a voi non importi. Oppure vogliono darvi l'illusione di aver capito qual è la verità, ma la verità, ragazzi, ragazze, signori e signore, la sappiamo tutti. La conosciamo molto meglio di tutti loro messi assieme, senza essere ministri o potenti di qualche altro genere. Noi saremo pure formichine, ma siamo tanti e dal mio punto di vista, farsi schiacciare da loro, è l'ultima cosa da fare. Noi. Siamo tanti. Se ognuno davvero facesse la propria parte, li metteremmo con le spalle al muro e non potrebbero far altro che far quel che devono. Non potremo mai essere tutti d'accordo su tutte le questioni che riguardano il nostro Paese, ma credo che su certe cose, nessuno possa batter ciglio, no? Lo so, questo discorso è lungo, ma abbiate pazienza, sono proprio stufa di fare la mia parte per quel che posso e stare zitta. "La propria parte", prima di altra qualsiasi altra cosa, è tentare di informarsi il più possibile, ma non dando retta solo a quel che dicono in TV o sui giornali, se no siamo fritti! Non dico di non leggere i giornali, dico solo di non prendere tutto quel che dicono per vero. Dico solo che se si parla, visto che è il periodo di grande discussione, di Costituzione, bisognerebbe cercare di leggerla, questa benedetta Costituzione, ma così dovrebbe essere per qualsiasi cosa. Tutte le leggi che vengono approvate ci toccano, direttamente o indirettamente. Vi faccio un altro esempio, questo più reale rispetto ai primi. Sapete che in Italia ci sono tanti falsi invalidi e per carità, in TV diverse volte vediamo che la Guardia di Finanza, facendo un buon lavoro, riesce a trovare i "furbi". Diversi governi hanno lanciato campagne di controllo aggiuntive, ci sono state sospensioni di assegni da parte dell'Inps, anche arresti a volte, ma nonostante questo i falsi invalidi continuano ad aumentare. Sembra dunque che i controlli non siano abbastanza o che la modalità (non certo per colpa della Guardia di Finanza), non porti realmente a bloccare questo ignobile fenomeno. È sacrosanto e doveroso, ci mancherebbe, che vengano fatti controlli per beccare i falsi invalidi, ma mi chiedo... poi cosa succede realemente? vengono forse recuperati tutti quei denari persi? uhm... sto cercado di capirlo, ma non credo. Comunque sia, tutto continua. Il problema dunque non è "solo" che ci sono tanti bastardi (perché scusate, ma è questo che sono), ma che ci sono anche miriadi di commissioni corrotte,  enti pubblici che dovrebbero controllare e non lo fanno, persone incompetenti, persone disoneste, intorno a questo fenomeno, che permettono che questo accada. Allora, perché non fare dei controlli seri su tutte le Commissioni, sui medici che ne fanno parte, sulle personalità pubbliche coinvolte ecc ecc ecc? È un lavoro lungo, capillare... e allora che lo Stato stabilizzi ed assuma più personale, per merito ovviamente, che si dedichi a questo compito. Avrà un costo per il personale che sia Guardia di Finanza o altra figura professionale (pregherei senza conflitti di interessi), ma poi salterebbero fuori davvero gli altarini che ci sono sotto, perché se ci sono i "bastardi", è perché qualcuno glielo permette, no? Ho fatto una ricerca e ho notato che più o meno si sa quanti sono i falsi invalidi in Italia, continua la lotta, ma se da una parte ne vengono smascherati una buona parte, dall'altra la spesa per le false invalidità continua a crescere. Trovo che ci sia qualcosa che non quadra. Voi che dite? E poi, in questo caos, ci sono persone veramente invalide che hanno difficoltà enormi per ottenere quel che gli spetta di diritto, dal sostentamento economico ai servizi (assenti o malandati). E gli invalidi civili? molti non sanno chi sia "l'invalido civile", magari ne avete sentito parlare, ma non vi tocca direttamente e quindi, magari, non avete approfondito. Anche tra gli invalidi civili ci sono quelli falsi, ma questo è ovvio no? se ci sono tra gli invalidi "in senso generico", ce ne saranno tanti anche tra quelli civili. La differenza qual è però? ve la dico io: alcune delle patologie, scientificamente riconosciute come limitanti, che non permettono alla persona di lavorare, come ad esempio accade per gli invalidi psichici (riconosciuti con miriadi di esami e documentazioni), sono praticamente abbandonati a se stessi. Secondo voi, è possibile che se una persona ha il 73 per cento di invalidità civile, lo Stato gli dia 279,47 euro mensili? come può una persona con un 73% di invalidità e con l'impossibilità, spesso sia psichica che fisica, vivere con 279,47 euro al mese? lo sapevate questo? Poi dovrebbero esserci programmi di inserimento lavorativo facilitato... dovrebbero. Primo perché i Comuni non hanno i fondi, spesso (o fanno finta di non averli in certi casi) per mettere in atto seriamente questi programmi. Secondo, perché sapete, pensando che sia possibile vivere con una certa cifra, se anche la persona trovasse un lavoretto che gli è possibile fare, inserito in un contesto protetto, con tutti i diritti che dovrebbero spettare a una persona con patologia, non potrebbe comunque superare un limite di reddito di 4.800,38 euro lordi l'anno. Perché mi pare ovvio no? con 4.800,38 euro lordi l'anno, una persona può vivere dignitosamente!!! (e tenete conto appunto, in ogni caso, della precedente premessa). Tutto ciò, ed è solo il primo di miriadi di argomenti che si potrebbero trattare, è FUORI LEGGE. Si. È proprio fuori legge. Perché se ogni legge approvata dai governi deve rispettare i principi costituzionali, beh... non mi pare che questa condizione garantisca i diritti fondamentali che riguardano salute, lavoro e dignità.