Fabrizio Castelli, per tutti Flaco. Per vent'anni ha contribuito a scrivere la
storia del punk rock italiano con i Punkreas, con la sua
inconfondibile chitarra, con la sua vena da cantautore (scrivendo alcuni dei
pezzi più amati della band) ed anche come punto di riferimento, perché lo è sempre
stato per tutti. Ora volta pagina e lo fa con il suo stile inconfondibile. Il
nuovo progetto di Flaco, i Flacopunx, ha esordito con il primo
album "Coleotteri" alla fine del 2016. Ad
accompagnarlo in questa nuova avventura, naturalmente, ottimi musicisti (Checco
Faini alla voce, Mattia Foglia al basso e ai
cori, Matteo Campana alla chitarra, Dario Magri alla
batteria e ovviamente il nostro Flaco, alla chitarra e cori. Ah,
scusate, c'è un "sesto uomo", Carlo Tattoo, di cui
parleremo poi...). Flaco è ancora lì, con la sua inseparabile chitarra, con i
suoi fantastici testi, con la sua voglia di fare e con la grinta di chi ci
crede fino al midollo. È un album in cui l'identità tutta di Flaco si vede, si
sente, in una fusione nitida tra passato e presente, con uno sguardo alto verso
il futuro e l'orizzonte. Flaco è un autore che ama le ispirazioni e le
contaminazioni, che dice - con grande umiltà - di ritenersi fortunato quando
riesce a distillare "una goccia di profumo" da quel che gli capita, dal
caos attorno, dai libri che legge, dai film che vede, dalla vita, sua e del
mondo. Quando lo guardi suonare vedi la stessa passione che aveva dieci anni
fa, quindicianni fa... sapete, non è di quelli che dopo un bel po' di anni che
suonano perdono il gusto perché "si abituano". No, Flaco non si
abitua, si diverte, fa divertire ed è pieno di passione. Propone tematiche non
da poco, il più delle volte, ma lo fa con ironia, vivacità, senza appesantire
nulla. Gli è sempre piaciuta l'idea di portare testi da cantautore nel punk
rock e ci è sempre riuscito. Se dovessi scegliere un brano che mi ha colpito
più di tutti gli altri, in questo nuovo lavoro, è "Dodici ore". Il
testo di "Dodici ore" è qualcosa che va al di là del punk, al di là
del rock, al di là di tutto, perché è un brano che qualsiasi genitore può
sentire suo ed è un brano che anche io che non sono genitore posso sentire mio.
E mi commuove, perché i bambini, i ragazzi, sono il futuro e lo sappiamo. Anche
chi non è genitore e semplicemente si guarda attorno, un po' di preoccupazioni
le ha di certo e spera, pensa, vorrebbe trasmettere il meglio che ha
a chi è più giovane, piccolo, bambino. Le tematiche più varie attraversano
l'album in quella che Flaco stesso definisce una metamorfosi, personale e musicale,
dunque a questo punto, direi di parlarne con lui...
Flaco, il coleottero è proprio un simbolo di trasformazione no? e se si
pensa al testo della canzone che poi da il titolo all'album
("Coleotteri", appunto), è una sorta di presa di coscenza, di
superamento di una fase di cambiamento, emozioni miste e probabilmente una
messa a fuoco sul futuro...?
"Bhe, più del coleottero, che per me rappresenta il ricordo e il
memento della mia animalità, è lo scarabeo egiziano a simboleggiare la
rinascita e per questo l'ho scelto come simbolo. Caso ha voluto che mi trovassi
ad affrontare un cambiamento personale importante (la fine del rapporto coi
Punkreas) nello stesso periodo in cui meditavo sulla necesità di uscire dalla
bolla ideologica tipica della guerra fredda. Ho cercato per quanto possibile di
far coincidere le mie trascurabili vicende biografiche con più importanti
cambiamenti geopolitici e storici."
I testi e la musica sono tutti tuoi, ma il sesto uomo, Carlo
"Tattoo" Ferrè, mi dicevi che è stato fondamentale...
"Il mio vecchio amico Carlo ha anche fornito spunti importanti dal
punto di vista musicale, suggerendo arrangiamenti e soluzioni a cui non avevo
pensato. Tuttavia, per quanto mi riguarda, il suo massimo merito sta
nell'avermi convinto che potevo scrivere qualcosa di nuovo e di valido e
nell'aver sostenuto il mio sforzo in un momento in cui ero piuttosto
sfiduciato. Non penso che ce l'avrei fatta senza il suo appoggio e la sua
fiducia nelle mie qualità."
"Gorky". È ispirata al romanzo di Martin Cruz Smith?
"No, in realtà è più ispirata a un noto saggio di Hobsbawm intitolato
"Il secolo breve", in cui lo storico britannico tratteggia i
caratteri della società europea dal 1914 al 1991, mettendo bene in rilievo il
potere evocativo della rivoluzione russa su tutta la produzione intellettuale e
politica del '900. Solo che l'.U.R.S.S. non c'è più e prima o poi ce ne
renderemo conto anche in Italia (mai disperare). Casualmente in quel periodo ho
rivisto un mediocre film, penso tratto dal libro e intitolato "Gorky"
ed ho pensato che il parco più famoso di Mosca fosse perfetto per il
titolo."
Andando in ordine beh, che dire... "Codice rosso". Le tematiche
sono tante. Cosa pensavi o cosa hai pensato mentre scrivevi il testo di questo
pezzo?
"Ho pensato che non potevo sopportare che una cultura le cui ultime
produzioni intellettuali degne di questo nome e libere dal controllo religioso
risalgono al XII-XIII secolo d.C., venisse a infettarci con le sue
fantasie teologiche. È stata dura "liberarsi della Chiesa": sono
seviti Cartesio, Kant, gli Illuministi e poi Nietzsche, Marx, Freud. Tutto
questo percorso di secolarizzazione e relativizzazione del sentimento religioso
l'Islam non l'ha affrontato. Usano la tecnologia occidentale, le armi, i
computer e le droghe occidentali, ma li innestano utilitaristicamente su una
cultura ingenuamente religiosa con tratti di violenza per me inaccettabii. Non
parlo solo dei cosiddetti martiri che ammazzano bimbe di otto anni ai concerti
pop. Parlo anche di un sistema patriarcale che tiene le donne sotto il giogo
maschile, impedendone l'emancipazione. Capisco che uno nato e cresciuto
nell'insegnamento islamico non possa pensare altrimenti, ma è compito suo
evolversi e io non gli devo nessuna particolare comprensione né tolleranza."
Come immagini il futuro? In tutti i sensi, per questo progetto e anche in
generale...
"Quanto al progetto ovviamente aspiro al massimo di successo. Dirlo
ora che non mi si fila nessuno fa un po' ridere, ma ho la convinzione di essere
semplicemente in anticipo sui tempi e basterà avere la pazienza di aspettare
per capire chi ha ragione. In generale, invece, penso che le differenze
culturali e le rigidità che separano popoli e nazioni siano destinate
all'estinzione, ma per questo temo che ci vorranno secoli. La tendenza è
inarrestabile, ma le resistenze sono molto forti."
"La canzone di Adamo"? Mi chiedevo... a chi si rivolge (se si
rivolge a qualcuno)?
"Adamo non è altri che Adam Smith, noto economista sostenitore del
liberismo e dell'automatica capacità delle leggi di mercato di operare per il
meglio (la cosiddetta "mano invisibile"). Si rivolge a tutti quelli
che negli ultimi decenni hanno sostenuto i miracoli del libero mercato e spinto
per privatizzazioni e deregulation. La verità è che il nostro sitema di
produzione, se non controllato e direzionato verso un'equa distribuzione, tende
naturalmente ad arricchire i ricchi e impoverire i poveri. Fino al punto in cui
i disagi dei poveri sono così forti da mettere a rischio il patto sociale. Ci
stiamo avvicinando."
E poi c'è "Bubblegum". È una denuncia e questo è abbastanza
evidente e forse c'è anche del timore per il futuro. Il messaggio è quello di
non farsi prendere da tutto ciò che ci può in qualche modo togliere umanità e
renderci solo... gomma da masticare?
"La tecnologia digitale e la biogenetica portano con sé minacce di una
grave disumanizzazione. Non vedo soluzioni private efficaci. È un movimento
storico e collettivo, perciò non basta "astenersi". Temo che tra
qualche anno si passerà dalla miocentesi alla selezione preventiva del
patrimonio genetico ai fini della riproduzione, che a quel punto non sarà
nemmeno più una ripoduzione sessuale. Ci penserannno i medici a far incontrare
ovuli e spermatozoi selezionati. Tecnicamente ci siamo già molto vicini. Penso
che contro questa tecnicizzazione del bios, della vita, risorgeranno fanatismi
religiosi e superstizioni violente. Al momento non trovo un posto confortevole
né da una parte né dall'altra. Sono nato umano e credo che da umano morirò. Ci
tengo."
Adesso la mia preferita. "Docici ore". Racconta tu, è tanto bella
che preferisco sia solo tu a parlarne.
"Bhe, questa è proprio una canzone scritta per i figli. Innanzitutto i
miei, ma poi per i figli in generale. Molti artisti a un certo punto della loro
vita sentono il bisogno di lasciare un messaggio in bottiglia alle future
generazioni. Questo è il messaggio che sento di poter lasciare io. In sintesi:
non aspettarti che il passato e nemmeno il presente abbiano una particolare
stabilità, soprattutto oggi. E non dimenticare che se il presente è sempre e
comunque il frutto del passato (e per questo bisognerebbe studiare la storia
prima e più di qualsiasi altra disciplina, scienza compresa), tuttavia il
futuro è sempre aperto, "unwritten" come diceva Joe Strummer. Almeno
finché resteremo "imprevedibili esemplari umani". Non
ho - purtroppo o per fortuna - molte altre verità da
consegnare ai miei figli."
Dici che 'siamo quasi fuori dalla "Zona d'influenza" ', quella
che avrebbe portato all'americanizzazione generale e globale... come la
intendi? Perché secondo te saremmo quasi fuori da questa zona d'influenza?
"Perché il secolo americano è finito. Oggi altri attori importanti si
affacciano e prendono posto nelle dinamiche culturali, economiche, politiche. Cambiano
i rapporti di forza e l'America, da Impero, sta lentamente - ma io penso
inesorabilmente - trasformandosi in uno dei tanti centri di potere. L'elezione
di Trump, ben lungi dall'essere un incidente di percorso, mi sembra il sigillo
che gli americani stessi hanno messo sulla loro oscura consapevolezza di aver
terminato la loro parabola imperiale iniziata con l'intervento durante la prima
guerra mondiale. Ci vorrà ancora molto, sia chiaro. Dopotutto hanno qualcosa
come quattordici portaerei e controllano tutti gli oceani, ma questa è la
tendenza."
Fermiamoci un attimo. Se tu dovessi pensare a qual è la canzone che hai
scritto alla quale sei più legato in assoluto... riesci a individuarne una
sola?
"Sono particolarmente legato a "Cuore nero". Forse perché
sia musicalmente che a livello di testo è un po' anomala. Sicuramente perché
nel video la protagonista è mia figlia Melissa, all'età di otto anni, vestita
di bianco e coi capelli al vento: quanto di più vicino alla pura innocenza e
alla bellezza in sé, la bellezza in quanto tale. Scrivere, registrare e dare
un'immagine a quella canzone è tata un'emozione unica e particolare."
In "Scura", oltre che parlare delle guerre, dei massacri, di
tutta quella povera gente che scappa e non sa più da che parte andare... sembra
tu abbia perso un po' la speranza che le cose possano migliorare in futuro. È un'impressione o è così...?
"No, non direi. Ho un rapporto problematico con quella canzone. Mi
piace musicalmente – c'è anche lo zampino di Carlo – ma il testo è stato
scritto sull'onda dell'emozione. L'emozione è importante, ma in politica serve
a poco e anzi, rischia di essere dannosa. Sull'immigrazione va fatto un
discorso non ideologico e non emotivo. Accogliere e respingere in blocco mi
sembrano ambedue reazioni emotive poco sensate. Se dovessimo prendere decisioni
in base alla pura emotività, le tragedie del mare ci porterebbero ad aprire
tutte le frontiere senza distinguo, ma gli orribili attentati di cui si sono
macchiati gli integralisti ci spingerebbero in un direzione opposta altrettanto
irrealistica e insensata. Direi che l'emozione va bene per una canzone, ma è
bene che resti confinata lì."
Quali sono i tuoi ascolti adesso e cos'è cambiato rispetto a vent'anni fa?
"Non molto a dire la verità. A parte il fatto che leggo sempre molto
più di quanto ascolto, non mi sembra che negli ultimi dieci anni sia uscito
qualcosa di indimenticabile. L'ultimo gruppo cui concederei lo statuto di
"irrinunciabile" sono i RATM e il loro disco migliore è del 1992. In compenso
sono costretto, sempre grazie ai miei figli, a spararmi pesanti dosi di rap
italiano contemporaneo e a sentirmi questi ragazzini che si dipingono come
pericolosi criminali perché hanno tre grammi di fumo in tasca. Sopporto e ogni
tanto storco il naso, anche per dargli la soddisfazione di una disapprovazione. È importante che i figli si sentano sostenuti e compresi, ma è altrettanto
importante che ogni tanto io dichiari la mia totale estraneità al loro mondo,
musicale e non. Se no che ci sto a fare?"
"1861". È un anno in cui sono successe un sacco di cose
storicamente parlando. Nel pezzo sembri fare riferimento più allo
"spegnimento", come lo definisci tu, di tutte quelle comodità e dell'
"agio", se così possiamo chiamarlo, derivato dal boom economico,
dall'arrivo anche qui del consumismo di massa e così via. Tutto ciò a causa
delle/ della crisi, nazionale e internazionale e forse da un decadimento che
sembri, almeno dal testo, ritenere naturale perché... "la storia si
ripete"? Sembri poi riportare il discorso proprio a quell'anno, il 1861,
in cui c'erano i primi segni dell'unione d'Italia, in cui è stata coniata la
Lira... e in America al tempo stesso si formavano pian piano gli Stati Uniti e
arrivava Lincoln come 16° presidente americano. Che mi dici riguardo a tutto
questo?
"Bhe, hai già detto molto tu. L'Italia è nata in condizioni molto
particolari, ultima tra le principali nazioni europee e tramite la fusione di
un Nord e un Sud molto diversi e piuttosto ostili l'uno all'altro. Dopo la prima
e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale abbiamo goduto di una rendita di
posizione (strategica) particolare. Da noi la guerra fredda è stata piuttosto
"calda", se consideri il terrorismo e le stragi di stato. Tuttavia
eravamo importanti per le grandi potenze che facevano arrivare i loro aiuti.
Oggi non è più così. O (ri)scopriamo il senso di una politica e un interesse
nazionali o finiremo frantumati."
"Testata nucleare". Non c'è molto altro da dire, nel senso che
già il titolo è una denuncia verso i potenti che minacciandosi gli uni con gli
altri per le loro smanie, se ne fregano altamente delle persone.
"Sai, a volte l'impressione è che ai grandi progressi in campi come la
tecnologia militare non siano corrisposti da adeguati aggiustamenti antropologici.
Siamo sempre delle vecchie scimmie litigiose, ma invece dei bastoni oggi
abbiamo le atomiche. La cosa è un po' inquietante."
Stai già scrivendo altri pezzi?
"Comincio in questi giorni a lavorare su delle tracce accumulate negli
ultimi mesi. Vorrei uscire con un paio di pezzi nuovi entro fine anno.
Vedremo."
Cosa augureresti alle nuove generazioni di musicisti e cosa alle nuove
generazioni in generale?
"Ai musicisti non saprei. Tendo a considerarli una razza in via di
estinzione dal momento che il digitale ha reso la musica tanto disponibile
quanto insignificante, se non come sottofondo sonoro. Restano giusto gli
adolescenti a ritenerla una parte importante della loro esistenza. Per tutti
gli altri, l'augurio è di studiare e conoscere abbastanza il passato per non
ripeterne gli errori nel futuro. Non è vero che la storia non serve a nulla e
che tutto si ripete uguale a se stesso. Diciamo che gli insegnamenti della
storia sono un po' più complessi di quelli della matematica e non possono
avvalersi della sperimentazione per fare le verifiche necessarie. Quelle
arrivano dalla storia stessa, con calma e non si possono produrre in
laboratorio."
This is Flaco!